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Autore: lolasmiley    24/12/2015    2 recensioni
Aria, una bambina di sette anni, confessa il suo più grande desiderio alla carta scrivendolo sulla letterina destinata a Babbo Natale perché, infondo, lui esaudisce sempre i desideri dei bambini.
Ashton per qualche settimana all'anno si cala nei buffi panni di uno degli elfi di Babbo Natale, è un ragazzo solitario, che cerca di soffocare e dimenticare un passato triste e complicato regalando un sorriso a chi non ce l'ha.
E' proprio lui a trovarsi tra le mani la lettera di Aria che lo commuove con le sue parole sincere e profonde. Ashton si sente responsabile, perché alla fine è a lui che la piccola ha chiesto aiuto, ma sa di non poter fare nulla. Si sente colpevole, perché non è riuscito a cambiare il “mondo dei grandi” e a renderlo un po’ meno brutto.
Sa che non è giusto quello che sta succedendo ad Aria e, che se non troverà il modo per realizzare il suo desiderio, la mattina del venticinque dicembre lei smetterà di credere nella magia, nel Natale, e si ritroverà faccia a faccia con la realtà cupa, triste e amara degli adulti.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(1)

White Christmas

Sei anni prima, 20 dicembre 2015

 

 

 

 

I’m dreaming of a white Christmas, 

just like the ones I used to know, 

where the tree-tops glisten

and the children listen

to hear sleigh bells in the snow.

 

 

Una leggera nuvoletta di vapore bianco si sollevò dalle sue labbra dischiuse mentre si appoggiava alla vecchia panchina vuota, che aveva bisogno di una seconda mano di vernice verde. La fresca aria dicembrina gli pungeva un po’ i polmoni, ma lui continuava a fare dei profondi respiri. Si sarebbe beccato l’influenza, forse, vestito com’era, lì fuori al freddo. Ma non gli importava.

Erano quasi le dieci di sera, e il centro commerciale stava chiudendo.

Gli piaceva il suo lavoro. Gli piaceva davvero, anche se con i suoi amici fingeva di infilarsi in quel costume un po’ ridicolo, che avrebbe dovuto togliersi prima di uscire, solo perché erano “soldi facili”. 

I suoi non erano dei veri amici, in fondo. Forse avrebbero potuto esserlo. Ma non lo erano, perché non sapevano davvero chi fosse quel ragazzo. Nessuno lo sapeva, tranne lui. Sapeva chi era, quello che faceva e perchè, che cosa voleva fare nella sua vita, ma ancora non sapeva come. Stava cercando il suo posto nel mondo. Ma non un posto qualunque, un riparo di fortuna a cui adattarsi, plasmandosi a misura delle circostanze e della società. Lui cercava il suo posto. Sapeva quale sarebbe dovuto essere, ma non dove trovarlo. 

Temporeggiava, alla ricerca del suo posto, tenendo gelosamente nascosti i suoi progetti, le ambizioni, i desideri e i sentimenti, come se avesse avuto paura che qualcuno avrebbe potuto strappargli via la sua personalità. 

Il suo sguardo era perso a contemplare la luce bianca e brillante di una stella, quando si sentì tirare per la manica. Si voltò e inizialmente non vide nessuno, ma poi si accorse di una bambina appesa al suo maglione. Il sorriso che le rivolse istintivamente era così dolce e gentile che la bimba, inizialmente intimidita e un po’ imbarazzata, si lasciò scappare un sospiro di sollievo e una leggera risata.

«Ciao» disse lui, piegandosi sulle ginocchia per essere alto quanto lei e riuscire così a guardarla negli occhi.

«Tu sei un elfo di Babbo Natale, vero?» chiese la bambina, speranzosa, con gli occhi che le brillavano. Lui sorrise, togliendosi il berretto a punta e accennando una leggera riverenza, poi le porse la mano.

«E’ così!» mentì, come faceva sempre. In realtà non gli piaceva definirle bugie. Le bugie erano una cosa brutta, ingiusta, mentre la possibilità di un bambino di volare sulle ali della fantasia era qualcosa di meraviglioso e fondamentale.

«Mi chiamo Ashton» aggiunse, mentre la piccola manina della bimba veniva nascosta nella sua.

«Io sono Aria! Sei alto per essere un elfo!» esclamò divertita. Ashton scrollò le spalle.

«Ho mangiato troppi icciaspi!» ribatté con finta aria noncurante. Aria lo osservò meravigliata.

«Icciaspi?! Cosa sono?»

«Spinaci!» rise lui, mentre le labbra della bambina si storsero in un’espressione disgustata.

«Posso provarlo?» chiese poi, indicando il berretto che Ashton si era poggiato di nuovo sui riccioli dorati. Lui annuì, chinando il capo per lasciare che lei lo prendesse più facilmente. La bimba lo indossò e guardo il ragazzo tutta sorridente, in attesa di un parere.

«Ti sta molto bene! Hai mai pensato di diventare uno degli elfi di Babbo Natale?»

«Davvero?»

Prima che Ashton potesse rispondere, una voce alle sue spalle attirò l’attenzione di Aria, che sollevò un braccio e salutò. L’elfo si alzò in piedi e notò una ragazza dall’aria piuttosto affannata e i capelli scompigliati tinti di un rosso acceso correre nella loro direzione. 

«Aria! Grazie al cielo! Mi hai fatto morire di paura!» si lamentò non appena fu al fianco della bambina, poggiandosi una mano sul cuore palpitante a causa della corsa e probabilmente anche dello spavento.

«Scusa Chris» Aria si guardò le punte dei piedi, visibilmente dispiaciuta «Babbo Natale se ne stava andando e io non ero riuscita a dargli la letterina... Poi ho visto lui uscire» indicò Ashton, che le regalò un sorriso di incoraggiamento «e ho pensato che se l’avessi data a lui, forse...»

«Avresti almeno potuto avvisarmi!» il tono della ragazza si addolcì quando notò l’espressione avvilita di Aria «senti... io non sono arrabbiata, mi ero semplicemente preoccupata! Quindi per favore, la prossima volta avvisami prima di allontanarti, okay?» chiese, posandole una mano sulla spalla. La bambina parve rincuorata da questo gesto e abbozzò un sorriso, annuendo.

Chris si voltò quindi verso il ragazzo, allontanando leggermente Aria da lui con fare protettivo. Lo squadrò, un po’ preoccupata. Un ventenne con un maglioncino a righe rosse e bianche, una saloppette verde e due fossette sulle guance non poteva certo sembrare un soggetto pericoloso, ma in diciannove anni Chris aveva sentito troppe cose brutte per fidarsi di un estraneo. Anche di un elfo troppo cresciuto.

«E tu chi saresti?»

«Mi chiamo Ashton» allungò la mano verso di lei, che la strinse piuttosto forte, senza staccare gli occhi dai suoi.

«Chris. Sono sua sorella» indicò Aria con un cenno del capo. Ashton annuì, e poi si rivolse di nuovo alla bambina.

«Quindi c’è una certa lettera che volevi far avere a Babbo Natale?» 

«Sì!» esclamò lei, entusiasta. Si sfilò lo zainetto a forma di orso di peluche dalle spalle e aprì la cerniera, procedendo poi a rovistare alla ricerca di una busta. Chris e Ashton attesero in silenzio finchè la bambina non lanciò una piccola esclamazione di vittoria. 

«Scusa, si è un po’ stropicciata» sussurrò Aria, porgendo la busta ad Ashton, che, come sempre, sorrise.

«Non fa nulla» scrollò le spalle e si rigirò la letterina tra le mani. Al posto dell’indirizzo del destinatario, Aria aveva disegnato con cura la slitta e le renne, colorate poi con i pastelli e decorate a dovere. Ashton si sfregò le dita: dei brillantini dorati vi erano rimasti appiccicati.

«Disegni davvero bene!» si complimentò.

«Chris mi ha aiutata, lei è una vera artista!» ribatté Aria, voltandosi verso la rossa, che arrossì di colpo. 

Era vero, però. Chris era portata per le cose manuali. Passava molto tempo con il suo quaderno, e quando  aggiungeva anche un tocco di colore i suoi disegni sembravano prendere vita. Quelle piccole opere d’arte non era dato permesso a nessuno di vederle. Erano il suo rifugio, una calda coperta da stendere sopra il mondo quando esso si faceva troppo ostile. L’unica a riuscire a sbirciare tra le fitte pagine del blocco da disegno di Chris era Aria. 

«Amh» mugugnò Chris, preda dell’imbarazzo che le aveva imporporato le guance. Si passò una mano tra i capelli mentre teneva lo sguardo fisso a terra. Prima di tutto, non aveva mai imparato come rispondere ai complimenti. Inoltre, odiava che le persone parlassero di una parte così intima di lei.

«Dovremmo andare, comunque. E’ tardi» tagliò corto, cercando la prima scusa per potersi levare da quella situazione spiacevole, senza preoccuparsi di controllare davvero che ore fossero.

«Se volete vi accompagno» si offrì Ashton. Chris era già pronta a rifiutare, ma Aria rispose prima di lei, con un “sì” così entusiasta che impedì alla ragazza di ribattere in qualsiasi modo.

«D’accordo» concesse la sorella maggiore «la macchina è da questa parte» indicò un punto nel parcheggio di fronte a lei e fece strada agli altri due. Aria la seguiva trotterellando al fianco di Ashton.

«Ma tu vivi al polo nord?»

«No, niente polo nord per me» 

«E perchè?»

«Perchè si può lavorare per babbo Natale in ogni angolo del mondo, non serve per forza stare al polo nord in mezzo ai pinguini...e poi, vedi, io sono allergico»

«A cosa?»

«Ai pinguini!»

Aria rise.

Chris si trattenne dallo sbattersi il palmo in fronte e scuotere la testa. Allergico ai pinguini? Accelerò il passo, impaziente di arrivare alla macchina, guardandosi alle spalle di tanto in tanto per controllare che sua sorella e l’elfo la stessero ancora seguendo e che lui si stesse comportando da bravo aiutante di Babbo Natale. 

La rossa scorse l’auto una fila più in là, così schiacciò il pulsante sul telecomando delle chiavi che aveva già preparato nella mano e i fari dell’auto si illuminarono, seguiti dall’apertura delle portiere con il classico “bip”.

«Eccoci qua» annunciò, voltandosi verso gli altri due con una piccola piroetta, entusiasta di potersene tornare al caldo.

«Allora ciao» disse Aria, sorridendo radiosa ad Ashton.

«È stato un onore conoscerti» lui improvvisò una piccola riverenza che fece ridacchiare la bambina. 

«Aria, il cappello. Non credo sia tuo» osservò Chris, indicando il berretto a punta da elfo. Aria alzò gli occhi per cercare di vedere che cosa aveva in testa, anche se sapeva perfettamente di che si trattava. Se lo tolse sospirando e lo porse ad Ashton, e anche se era consapevole che era la cosa giusta da fare le si leggeva la tristezza sul viso.

«Ah, hai ragione... Tieni»

Ashton sorrise, mostrando ancora le sue fossette, e respinse dolcemente la mano di Aria.

«No, non fa nulla, tienilo pure. Ne ho un altro a casa»

«Davvero?!» Aria saltellò un po’ dalla felicità, poi si buttò verso Ashton e lo abbracciò di slancio. Lui restò piuttosto sorpreso ma ricambiò stringendola leggermente e lanciando un sorriso un po’ imbarazzato a Chris.

«Grazie! Sei l’elfo migliore del mondo!» esclamò Aria prima di lasciarlo andare e di fiondarsi in auto. Si allacciò la cintura e lo salutò attraverso il finestrino mentre Chris saliva al posto del guidatore. Chiuse lo sportello e mise in moto.

Ashton restò lì per un secondo e proprio quando stava per voltarsi e andarsene, Chris abbassò il finestrino mentre gli passava vicino.

«Ehi, emh» lei si morse il labbro, alla ricerca di qualcosa da dire, ma, in mancanza di idee migliori, si limitò a un «grazie» abbozzando un sorriso di cortesia piuttosto imbarazzato «grazie. Davvero»

Lui si illuminò e annuì, salutandole poi con la mano.

«Di nulla! E buon Natale!»

«Sì, be’, anche a te» ricambiò la rossa, prima di richiudere il finestrino. L’auto si allontanò abbastanza in fretta mentre Aria continuava a salutare il suo nuovo elfo preferito attraverso il vetro.

Ashton restò lì in piedi finchè la macchina sparì del tutto dalla sua visuale, poi tornò indietro con l’intenzione di andare a recuperare la sua giacca che aveva lasciato all’interno del supermercato.

 

 

 

Una decina di minuti dopo, Ashton aprì lo sportello dell’auto e si infilò all’interno, ma prima di inserire le chiavi nel quadrante, attaccare il riscaldamento e partire, prese la lettera che aveva riposto con cura nella tasca della sua giacca. Era davvero curioso di aprirla e leggere cos’era che Aria voleva così tanto da inseguire un ragazzo vestito da elfo perché Babbo Natale non era riuscito a riceverla.

Strappò delicatamente la busta e fece scivolare fuori il foglio ripiegato che vi era contenuto, aprendolo subito dopo. La calligrafia era tonda e un po’ incerta, parole scritte con un pennarello rosso e adornate da qualche stellina di porporina dorata qua e là. 

Dopo aver letto le prime righe, il sorriso che si era dipinto sul volto del ragazzo iniziò a svanire piano piano.

 

Caro Babbo Natale,

So che ogni tanto quest’anno non mi sono comportata benissimo e mi dispiace tanto, però voglio comunque chiederti una cosa per Natale...

All’inizio volevo chiederti se per favore quest’anno mi potevi portare la nuova Barbie delle feste... Però ho cambiato idea, adesso non la voglio più. 

Vorrei che facessi una magia! Vorrei che facessi tornare felici la mia mamma e il mio papà. Sono sempre tristi! Sono tanto strani: non si abbracciano più e non si parlano quasi mai. Di notte a volte li sento gridarsi delle cose brutte, però quando ci sono anche io fanno finta di niente. Non ho capito che cosa è successo e gli ho anche chiesto perché le cose adesso sono cambiate e perché non mangiamo più tutti insieme... perché il papà di notte dorme sul divano e perché alla domenica non giochiamo più tutti a nascondino in giardino con Jonsy e Charlie. 

La mamma mi ha detto che capirò quando diventerò grande. 

Tutte le mie amiche vogliono diventare grandi, come Charlie e anche come la mamma, ma adesso che i grandi sono diventati tutti tristi non so più se voglio crescere.  

Comunque le ho detto che ho sette anni e sono già grande, perché non lo posso sapere ora? Lei non mi ha risposto.

Adesso facciamo sempre le cose divisi. Non siamo mai tutti insieme: se c’è il papà, la mamma va via, e se c’è la mamma se ne va il papà. Quando Charlie esce e non posso andare con lei, la mamma chiama la nonna perché mi porti da qualche parte così non devo restare a casa. Le prime volte ero felice: mi piace andare dalla nonna, perché così posso ascoltare le storie del nonno e coccolare il loro gattino che è tanto bello... però adesso io vorrei di più restare a casa con la mamma e il papà, ma loro non vogliono. 

Nessuno vuole dirmi che cosa succede! E’ colpa mia se litigano? Non glielo voglio chiedere perché tanto nessuno mi risponde mai e poi ho paura che direbbero una bugia. Ultimamente le dicono sempre.

Alla sera dico anche delle preghierine perché non so con chi altro parlare, ho chiesto di far tornare tutto com’era prima però Dio non ha ancora fatto succedere niente... Se è colpa mia non è giusto che siano la mamma e il papà ad essere tristi! 

Tu fai sempre felici tutti i bambini, quindi quest’anno ti vorrei chiedere di fare felici i miei genitori!

Ti prego!

 

Ti voglio tanto bene, 

Aria.

 

Man mano era andato avanti a leggere, la stretta attorno a cuore di Ashton si era fatta sempre più forte. L’ondata di tristezza che lo aveva investito non accennava a voler passare. Si strofinò gli occhi. Non avrebbe certo pianto. Appoggiò la lettera sul sedile del passeggero e afferrò il volante, preso dalla necessità di aggrapparsi a qualcosa che, per una volta, lo aiutasse a restare a galla anziché portarlo giù con sé.

Ad Ashton piaceva calarsi nei panni di elfo, per qualche settimana all’anno, per fare felici i bambini. Certo, c’erano quelli che un po’ lo irritavano, quelli più viziati a cui interessava non della magia del Natale ma dell’ultimo giocattolo che, alla fine dei capricci, mamma e papà gli avrebbero regalato e dopo un paio di giorni sarebbe finito sul fondo nell’armadio insieme a molti altri. Non era per loro che Ashton si infilava quel ridicolo cappellino.

Era per giocare con i bambini più timidi che non avevano coraggio a parlare con il grande Babbo, con quelli più soli che arrivavano senza un amico, con quelli tristi perché avevano avuto una brutta giornata, con quelli delusi perché i genitori non erano riusciti a dedicargli del tempo, con quelli in scalpitante attesa della neve, con quelli amanti degli animali che passavano il pomeriggio ad accarezzare le renne di peluche accanto alla grande slitta. 

Ashton cominciò a capire che quella che aveva interpretato come felicità negli occhi di Aria non era altro che speranza. Quella bambina credeva ancora in Babbo Natale, negli elfi, le favole. Credeva ancora nel lieto fine. 

Ma Ashton intuì che non ci sarebbe stato nessun lieto fine. Il cuore di quella piccola bambina si sarebbe spezzato in mille pezzi. 

La mattina del venticinque dicembre, una volta accorta che il suo desiderio non era stato esaudito, Aria avrebbe smesso di credere nella magia, in Babbo Natale, avrebbe capito che le favole non esistono, che non sempre il principe azzurro è così perfetto e che spesso sono i cattivi a vincere.

A sette anni sarebbe stata strappata al mondo innocente dei bambini e gettata in malo modo in quello cupo, triste e amaro degli adulti. Sarebbe stata costretta a diventare grande troppo presto, per adattarsi alla realtà che sarebbe cambiata drasticamente attorno a lei.

Forse Aria non avrebbe più creduto nemmeno nell’amore.

Ashton si lasciò sfuggire un’imprecazione a bassa voce. Per anni aveva ingenuamente coltivato la speranza che nessun bambino dovesse affrontare qualcosa di simile a quello che era toccato a lui. Certo, sapeva bene che non sarebbe potuto essere possibile e sapeva che Aria non si trovava nella stessa situazione che aveva colpito la sua stessa famiglia, ma tutto questo lo faceva stare ugualmente male.

Si sentiva responsabile, perché alla fine era a lui che la piccola aveva chiesto aiuto, ma non avrebbe potuto fare nulla. 

Si sentiva colpevole, perché non era riuscito a cambiare il “mondo dei grandi” e a renderlo un po’ meno brutto.

Lungo tutto il tragitto in auto regnò il silenzio più totale. Non che di solito Ashton si mettesse a parlare da solo, ma era molto strano che facesse un viaggio in macchina, anche di pochi minuti, senza accendere la radio. Fissava la strada quasi deserta, imponendosi di non distrarsi troppo durante la guida. Era difficile non dare corda ai pensieri che gli affollavano la mente e dimenticarsi di quella bambina e quella ragazza. Quella ragazza dai capelli rossi dall’aria schiva ma anche affascinante.

Certo, lei avrà avuto diciotto anni e di certo aveva già smesso di credere alla fantasia ma non era comunque giusto, nemmeno nei suoi confronti.

Il biondo parcheggiò davanti al condominio dove viveva e scese dall’auto senza dimenticarsi di prendere la triste richiesta d’aiuto di Aria. Camminò a passi spediti verso l’edificio e si lanciò su per le scale, impaziente di tornare al familiare tepore del suo appartamento, e magari di farsi una tazza di tè. 

Strofinò le suole sullo zerbino, prima di entrare, e poi richiuse la porta a chiave. Appese la giacca e si sfilò le scarpe, abbandonando tutto accanto alla porta e dirigendosi poi verso la cucina. Riempì il bollitore dell’acqua e preparò una tazza con una bustina di tè nero. Uno di zucchero.

Restò un attimo con lo sguardo perso nel vuoto, poi, con un gesto seccato e arrabbiato, aggiunse un secondo cucchiaino di zucchero e aspettò che l’acqua bollisse per poi ritirarsi sulla poltrona con la tazza fumante stretta in una mano e la lettera nell’altra.

Cosa avrebbe potuto fare per quella bambina?

Sapeva che non era giusto quello che le stava accadendo, e avrebbe voluto davvero poter cambiare le cose. Rigirò il cucchiaino, soprappensiero, alla ricerca di una risposta. Rilesse la lettera, una, due, tre volte.

 



e finalmente sono iniziate le vacanze, e io ho il raffreddore
non ho voglia di fare nulla.
spero che ci sia qualcuno che sta leggendo questa storia ahaha fatemi sapere
vi saluto, buon natale! 


-lola

 
  
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