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Autore: RickishMorty    24/12/2015    5 recensioni
Vari capitoli autoconclusivi visti dal punto di vista di un personaggio estremamente sottovalutato, ma che ha avuto un impatto psicologico su di me micidiale. E' come un abisso: infinitamente vasto ciò che c'è da dire, oscuro e gelido il modo in cui lo si legge.
Potrebbero esserci accenni Sonadow, non ne ho idea, dipende da cosa l'ispirazione mi consiglia. In genere non apprezzo le raccolte di flash-fic, ma con lui ho fatto questo esperimento. Inserisco i rating Yaoi e (per il momento) Giallo per correttezza e sicurezza, nonostante non tutte le storie saranno così. Ad esempio la prima è su Shadow e Maria, quindi vi consiglio di leggere all'inizio di ogni capitolo la breve descrizione per capire se possa interessarvi. Nei capitoli comunque appariranno tali personaggi:
1. Shadow/Maria
2. Sonic/Shadow
3. Sonic/Shadow
4. Shadow/Rouge
5. Sonic/Shadow
6. Dr. Eggman/Shadow
7. Shadow/Maria/Sonic
8. Shadow/Infinite
Buona lettura e grazie.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Maria Robotnik, Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona Vigilia a tutti! Scusate il capitolo lungo, ma c'era un po' da dire... è un "confronto" (in realtà no) fra Shadow, Sonic e Maria. Scriverò ancora di loro tre, sono le chiavi di Shadow, per come la penso io. Grazie a tutti, a The Visored Storyteller per aver selezionato la mia storia fra le storie scelte, a f9v5 per seguirmi sempre e per le recensioni da paura (questa definizione stavolta ci sta :p) che mi lascia sempre, a ladyzaphira per seguirmi e per appoggiarmi un po' di Sonadow (:p) e a Vicarious10 per aver iniziato a seguire questo progetto.
Grazie a tutti e Buon Natale!!


Andare avanti.
Questa frase rimbombava da anni nelle menti di entrambi, una ancora alla vita, ai respiri e ai battiti. L’altra in una dimensione diversa, che seguiva quell’ombra sulla Terra, incessantemente, da… sempre.
I pensieri che scatenava in ognuno di loro erano diversi, quasi antitetici.
“Vai avanti. Ricordati di me solo per sorridere di noi”.
“Non passerà mai. Non è possibile ricominciare senza di te”.
Maria lo guardò, invisibile, mentre Shadow faceva a pezzi l’ennesimo avversario. Non facevano che arrivargli addosso, nel tentativo inutile di arrestare quella potenza senza controllo, venendo spazzati via con un solo pugno, come mosche. Lo guardò afferrare l’ultimo soldato per la camicia, ormai privo di sensi; nonostante questo Shadow lo colpiva, spaccandogli la faccia, riversando la rabbia su quel volto sconosciuto, serrando i denti come spesso gli accadeva di fare, nascosto.
Maria era dietro di lui, guardando quei lineamenti ormai tumefatti  smettere di contorcersi, nel momento in cui Shadow lasciava cadere il corpo a terra. Lo sentiva ansimare per lo sforzo, l’adrenalina, notando come il rosso della sua pelliccia si confondesse a quello del sangue che non era suo.  Shadow si voltò verso di lei, senza poterla vedere: Maria fissò i suoi occhi rossi come lava, irriconoscibili. Non erano quelli gli occhi che aveva conosciuto lei.
«Cosa ti ha fatto il mondo per cambiarti così?»
Una domanda che si perse, impossibile da ascoltare. Shadow aveva spostato lo sguardo a terra, finendo di riprendere fiato, stranamente immobile: sembrava star sentendo per un solo singolo attimo il peso del sangue su di sé. Si sedette su un masso, continuando a guardare in basso; Maria sollevò una mano, passandola con una carezza sulla sua chioma di aculei: non poteva sentirli, ma ricordava come erano fatti.
Shadow rabbrividì, sollevando lo sguardo nel punto in cui era lei, senza vederla: sembrarono quasi starsi guardando reciprocamente, perfettamente allineati com’erano. Per un attimo Shadow sembrò avere lo sguardo di cinquant’anni prima.
Maria sorrise, bevendosi quell’espressione con gli occhi, prima che scolorisse velocemente, tornando cupa, inaccessibile. Shadow piegò le braccia, come prendendo la spinta prima di distaccarsi da terra, prendendo il volo ed allontanandosi a velocità supersonica da quel bagno di sangue. La ragazza lo seguì con gli occhi, vedendolo scomparire fra le nuvole.
 
A Shadow ogni tanto sembrava quasi di sentirla. Come una sensazione elettrica, di stranissima tensione, a metà fra il calore di un momento e la paura di sentirne la mancanza. Seduto su un tronco caduto, alzò gli occhi sul lago davanti a sé: persino lui sentiva il bisogno di una nuotata rigenerante, di lavarsi via tutto il sangue di dosso, suo e degli altri. Non che lui riuscissero a farlo sanguinare così spesso, si intende.
Ancora bagnato, gli aculei lievemente riversi all’indietro, sentiva le gocce d’acqua scivolargli sul viso, sulla schiena, ma non provò alcun brivido: rabbrividì nel sentire di nuovo quella sensazione. Sospirò profondamente, chiudendo gli occhi. Maria era lì. Ed era come se non ci fosse. Rimaneva una sua percezione, di cui non poteva essere sicuro.
La ragazza  lo osservò, sentendo il cuore pesante: bizzarro per qualcuno di incorporeo sentirsi pesante.
«Non volevo questo. Non volevo vederti passare la tua vita lontano da tutto e tutti, incapace di dimenticare e perdonare. Tu meriti di più, meriti di essere felice come lo eravamo insieme, di nuovo, con qualcun altro. Non volevo questo per te, Shadow. Io volevo salvarti».
Era vero. Non era tanto per salvare l’umanità intera che lo aveva spedito via in quella capsula all’arrivo dei militari. Voleva davvero che LUI si salvasse, che vedesse la Terra come dovevano fare insieme, che realizzasse i sogni di entrambi per entrambi. Quanto era evidente che non era così…
Si avvicinò a lui, passando la mano fra i suoi aculei, quasi pettinandoli nel seguire la piega che avevano preso per l’acqua. Shadow strinse gli occhi, cercando di definire meglio quella sensazione, di renderla più uniforme, quasi palpabile, fisica. Trattenne il respiro, concentrandosi… Doveva vederla. Doveva vedere Maria.
«È proprio da te. Persino la Vigilia giochi a fare il Principe delle Tenebre solitario ed isolato».
Shadow aprì di scatto gli occhi, riconoscendo all’istante quella voce arrogante e provocatoria. Si girò, sentendo affievolirsi la sensazione, maledicendo Sonic per questo, appoggiato su un ramo come se niente fosse.
«Ma che bel regalo mi ha mandato Babbo Natale… ed io che pensavo di essere stato un bambino cattivo», sogghignò il riccio nero, sollevando massi intorno a sé con la forza del Chaos, pronto a scaraventarglieli addosso. Maria guardava Sonic, con un piccolo sorriso accennato: le era sempre piaciuto quel riccio blu; diverso da Shadow come fosse la sua nemesi, eppure non poteva fare a meno di apprezzarlo, di stimarlo, di ritenerlo indispensabile per il riccio nero. Se non si fossero incontrati probabilmente la strada presa da Shadow sarebbe stata molto, molto più nera. Le ombre l’avrebbero divorato, portandolo a scegliere la parte peggiore di sé. Shadow non era perduto, però… Maria lo sapeva.
Che fosse stato Sonic a salvarlo?
«Non ci sarebbe mai stato abbastanza carbone per te… Hanno deciso di mandarti me come punizione. Io direi che ti è andata bene» sorrise Sonic, scendendo giù dal ramo, avvicinandosi a lui sicuro.
«A te, invece, non poteva andare peggio» Shadow mosse velocemente le mani, scaraventando i massi contro il riccio, che cominciò a saltare a velocità supersonica da un albero all’altro, in un’impercettibile scia blu. Shadow continuava a muovere le mani, concentrato, seguendo quella scheggia impazzita con gli occhi, anche loro impazziti, frenetici. Sonic si diede una spinta proprio su uno dei massi, rispedendolo al mittente. Shadow lo evitò, saltando, lanciandosi contro il riccio in un combattimento corpo a corpo.
La ragazza li guardava, indifferente agli oggetti che volavano da una parte all’altra, piegando la testa nell’osservarli: ogni volta che si incontravano, finivano per battersi, tranne rarissime eccezioni. Era inevitabile. A dire il vero per Shadow era difficile non battersi; eppure con Sonic era diverso. Di rado vedeva quell’odio e quella rabbia cieca che lo guidavano negli altri scontri; c’era qualcosa di più “sano” nel loro battersi, una voglia di confronto, di sfida. Ossessivo, si, ma in fondo nessuno dei due era molto equilibrato…
Maria guardò Sonic, il suo sorrisetto sprezzante, i suoi occhi verdi che gridavano vita e non poté fare a meno di ringraziare che i loro destini fossero legati. Forse lui… forse…
Forse lui avrebbe permesso a Shadow di andare avanti. Di dimenticarsi di lei.
Sorrise appena, abbassando il volto, chiudendo gli occhi, prima di sparire, il cuore appena meno pesante.
«Te lo affido, Sonic».
«Eh?» il porcospino blu abbassò la guardia, guardando oltre Shadow interrogativo, come cercando di vedere meglio qualcosa. Si distrasse troppo però. Un montante lo colpì proprio sotto al mento, spedendolo qualche metro più in là. Sonic si rimise in piedi, massaggiandosi la mascella dolorante, mentre Shadow incrociava le braccia, guardandolo compiaciuto.
«Per essere così veloce hai i riflessi lenti…» lo provocò, con un sogghigno appena accennato, osservandolo rimettersi in piedi.
«Mi sono solo distratto. Mi pareva di aver visto qualcosa alle tue spalle. Sembrava quasi una ragazza. Bionda», lo disse quasi sovrappensiero, ignaro di cosa davvero significasse quella frase per il rivale.
Il sorriso di Shadow svanì di colpo, mentre le sue pupille si riducevano ad una fessura, nel voltarsi di scatto alle proprie spalle. Che cosa aveva detto?
Scattò verso Sonic, sollevandolo da terra nel prenderlo per il collo: «Cosa?? Che diavolo hai detto, Faker? Cosa faceva, cosa diceva?».
Sonic portò le proprie mani a quelle di Shadow, tentando di togliersele di dosso, spiazzato dalla reazione del rivale: «C-cosa? Nulla, non sono neanche sicuro di averla vista! Lasciami, dannazione!»; fece partire un calcio in sua direzione, che Shadow schivò, lasciandolo.
Il riccio blu si massaggiò il collo, guardandolo di sottecchi: forse ce l’aveva fatta ad impazzire del tutto, non c’era altra spiegazione. Shadow guardava a terra, senza capire, stringendo i pugni: com’era possibile? Allora Maria era davvero lì? E perché quello stramaledetto riccio era riuscito a vederla, e lui no? Continuava a spostare lo sguardo da terra a Sonic, trattenendo la voglia irrefrenabile di dargli un altro pugno in faccia.
Sonic sbatté le palpebre, rinunciando a capire. In fondo, c’erano sicuramente un’infinità di cose sul rivale che era sicuro di non sapere. Ne era certo. Sospirò a lungo, non abituato alla sensazione di sentirsi inutile: eppure con Shadow era così; non poteva domandargli, poteva solo aspettare. E sperare che prima o poi si fidasse di lui.
«Fa freddo. Andiamo via, Shad. C’è una bella cena che stanno organizzando Amy e Cream, verrà anche Rouge. Era per questo che ti stavo cercando» non aggiunse altro, cercandolo con lo sguardo e trovandolo sfuggente. Sembrava combattuto, più del solito. Forse neanche l’aveva sentito parlare.
Rimasero in silenzio per un po’, prima che Sonic sospirasse, scuotendo la testa. Si voltò, pronto ad andarsene.
«Se vuoi, noi siamo lì».
Lo guardò oltre la spalla per un altro po’, prima di arrendersi. Non avrebbe spiccicato un’altra parola. Era chiaro.
Shadow lo guardò saltare via, allontanandosi fra le fronde, scivolando via rapido. Deglutì, prima di portarsi una mano al volto, massaggiandosi le palpebre. Non era pronto. Non era ancora pronto. Ma semmai lo fosse stato, era convinto che sarebbe stato Sonic a sapere di Maria. Lo avrebbe raccontato a lui.
 
  
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