Prologo
Il fischio di un treno.
Pochi secondi. Il convoglio si mise in marcia. Il
mondo, scorreva, sempre più veloce, oltre il finestrino
mentre il buio, lentamente, all’esterno, calava.
La testa appoggiata contro il freddo vetro, osservai
il paesaggio, annoiato.
Il diretto, che mi avrebbe portato nella nuova città,
era veloce, ma non abbastanza, per i miei canoni. Difatti,
non dovevo nemmeno concentrarmi, per individuare due persone, un uomo ed una
donna, fermi in mezzo ad un campo innevato, giocare con delle palle di neve.
Sbuffai tenendo lo stesso lo sguardo fisso
sull’esterno, senza vederlo realmente. L’unica cosa che riuscivo
a percepire, al momento, era la musica, che stavo ascoltando,
ininterrottamente.
La testa appoggiata contro il sedile, canticchiavo
mentalmente una canzone dei Linkin Park quando, all’improvviso, un profumo mi
avvolse. Fingendo indifferenza, continuai ad osservare il panorama finché, la
nuova venuta, non appoggiò una mano sulla mia spalla, delicatamente. Solo
allora, mi voltai, il sopracciglio destro sollevato, un sorriso accattivante
sul volto.
Un secondo. Bastò un solo secondo e, come accadeva
sempre, la persona di sesso femminile che mi stava di fronte, arrossì.
“Io…io…” balbettò la bella ragazza bionda dal cappotto
nero.
“Si?” interloquii io, sfoderando ora il più dolce dei
sorrisi.
La ragazza mi osservò, sempre più imbarazzata ed io
riuscii a vedere, nei suoi occhi, il mio riflesso. Un
ragazzo, i capelli neri, scalati e un po’ sparati in fuori davanti mentre
dietro, abbastanza lunghi da sfiorare il collo. La carnagione bianca,
perlacea. I profondi occhi scuri, sorta d’abisso.
“Io…io…” ricominciò lei, qualche
istante dopo per poi fermarsi un altro paio di secondi, prima di ricominciare
“E’ questo il treno per Padova?”
Il sorriso, sul mio volto, si allargò ancora di più, realizzando che, siccome il treno era partito da più di
mezz’ora, a questo punto, una domanda del genere non poteva essere che vana. O una scusa davvero troppo mal congeniata. “Si, tranquilla,
è il treno giusto…”
“Che fortuna!” esclamò lei,
gli occhi incollati nei miei. Immobile, nel corridoio, continuò ad osservarmi,
ora in silenzio, probabilmente meditando un'altra scusa per prolungare la
conversazione.
Io ricambiai il suo sguardo, scrutandola a mia volta,
prima che il mio peculiare sorriso accattivante si fece di
nuovo strada sul viso. “Perché non ti siedi?!”
La ragazza, arrossì, un sorriso le illuminò il volto.
“Volentieri!” rispose subito, accomodandosi accanto a me.
Il capo piegato un po’ verso
sinistra, continuai ad osservarla. Lei, imbarazzata, spostò una ciocca di
capelli biondi. Il suo profumo mi colpì di nuovo. Il sorriso si allargò sul mio volto, mentre il mio sguardo, in un istante, si
fece cinico. Lei, ovviamente, non se ne accorse
e mi sorrise.
Senza che lei potesse
rendersene conto, sogghignai.
Mia cara, non hai la benché minima idea del guaio in
cui ti sei andata a cacciare…
Driiin!
Il cellulare squillò a lungo, prima che la
proprietaria accettasse la chiamata.
“Hallo?” disse una voce femminile.
“Sturm, sono Jens…”
La giovane donna di nome Stürmlin, i corti capelli biondi, sorrise “Sei arrivato, Jens?”
“A Milano, intendi?” interloquì subito lui “Si, sono
arrivato, ma non è per questo che ti ho telefonato…”
“C’è già qualche novità?” iniziò Stürmlin,
la voce allegra “Non dirmi che hai già trovato la
discendente!”
Un secondo di silenzio, poi Jens
parlò, la voce un po’ seccata “No, ovviamente no…E poi, non fingere di credere
davvero che si trovi qui. La pista più accredita, come
sai bene, è Venezia, non Milano…”
La ragazza sbuffò. “Ti prego, Jens,
non ricominciare con questa storia… Milano è probabile quanto
Venezia...”
“Certo…Come no…Difatti, tu sei qui con me…” commentò
lui.
Stürmlin tacque, poi rise “Cos’è, Jens?! Un modo per dirmi che ti manco?!”
Anche lui rise poi, dopo un attimo, tornò serio
“Veramente, no… Facevo solo notare che se davvero pensassi
che la discendente si trovi qui, non saresti a Venezia… So perfettamente quanto
tu ci tenga a metterle le mani addosso, ma non è questo che mi urta, a dir la
verità…”
“E cosa allora?” domandò la
bionda.
“Toi…” ringhiò subito lui.
Stürmlin sbuffò nuovamente “Proprio per
questo Toi è a Venezia, e tu a Milano…”
“Toi, mi irrita
comunque…Non capisco per quale motivo tu gli abbia affidato un compito delicato
come Venezia… Io sarei indicato tanto quanto lui…”
La voce di Stürmlin si fece seria “Lo so, Jens, nessuno
lo mette in dubbio…”
“Allora perché?”
La ragazza espirò “Perché ho deciso
così, perciò non si discute!”
Questa volta, fu lui a sbuffare, prima di rispondere,
la voce addolorata “Quello che realmente non comprendo
è perché diavolo hai incluso Toi in tutto questo…Lo
sai come è fatto…”
“Proprio per quello…” concluse
subito lei, la voce decisa, mentre un ghigno appariva sul suo viso “Nessuno è
perfetto quanto Toi… Spietato, quanto Toi… Per non parlare del fatto che affronta questa ricerca
con entusiasmo…”
“E ti sembra carino?”
continuò ancora Jens “Toi
non prende nulla sul serio…Per lui è solo un gioco…”
Stürmlin, dall’altro capo del telefono, rise “Pensi che io non lo sappia, fratellino?!? Ti ripeto che è
proprio per questo… Non c’è nulla che diverta Toi,
quanto la caccia… Con lui, siamo in buone mani…”
Jens espirò “Convinta tu… Cerca solo di non pentirtene… Ci
sentiamo, Sturm…”
Clack.
Dopo che suo fratello ebbe riattaccato, Stürmlin fissò il cellulare per alcuni secondi, un ghigno
sulle labbra.
Tranquillo, Jens… So
perfettamente ciò che sto facendo…