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Autore: hiromi_chan    25/12/2015    7 recensioni
Se questa fosse una fiaba (cosa che non è) inizierebbe così: c'era una volta un ragazzo chiamato Merlin. Sì, beh, capisco che già il nome possa far venire in mente robe magiche e simili, ma vi garantisco che non c'è un bel niente di fantasy, in questa storia.
… Anche se abbiamo una mezza specie di bestia e una donna che ha tutte le credenziali per essere definita strega cattiva.

{La Bella e la Bestia retelling; modern!AU}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balinor, Galvano, Hunith, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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~Parte quinta~


 


Merlin correva nella neve, guardandosi indietro col cuore in gola per assicurarsi di non essere seguito. Ecco, qualcuno tra coloro che stanno ascoltando questa storia (… sì, proprio tu) mi ha fatto notare come sia stata una mossa un po' scema, nascondersi proprio tra i boschi. Ma provateci voi a ragionare a mente lucida dopo aver scoperto che il vostro padrone di casa è un uomo iper-rancoroso e, molto probabilmente, un serial killer che vuole farvi fuori per aver violato la sua privacy.

Comunque, Merlin stava correndo, e forse avrebbe continuato a farlo in tondo fino a che Kilgharrah non lo avesse avvisato dell'arrivo di suo padre, quando successero due cose; la prima: Kilgharrah, nella tasca di Merlin, vibrò improvvisamente e poi... morì (l'avevo detto che aveva l'abitudine di morire nei momenti meno opportuni). Sì, Merlin lo sentì proprio smettere di vibrare di colpo, e allora si fermò anche lui di botto in mezzo alla neve, come un imbecille.

Seconda cosa: qualcuno, a poca distanza da lui, ululò. Beh, per quanto improbabile, Merlin sperò ardentemente per quattro o cinque secondi che a ululare fosse stato qualcuno e non qualcosa, perché la prospettiva di un tizio pazzo che ululava per i boschi era comunque un filino migliore di quella che ci fossero veramente dei lupi. Ma un ringhio, basso e continuo, fugò ogni suo dubbio.

Merlin sentì un brivido gelato corrergli fino ai piedi; la paura lo immobilizzò completamente, e la sua maestra di ballo delle elementari sarebbe stata fiera di lui, nel vederlo con la schiena così dritta, una volta tanto.

«Ci sono dei lupi, qui?» bisbigliò insensatamente, muovendo solo gli occhi con così tanta forza che sentì dolore dentro la testa.

«A-uuuuuuh!» rispose ovviamente un lupo, senza però farsi vedere.

«Ci sono davvero dei dannati lupi, qui?» disse Merlin, vagamente disperato, ora, ma anche so done with everything, perché, andiamo, chi diavolo si teneva dei lupi dietro casa? Sul serio, signor Pendragon?

Nel silenzio riuscì a percepire dei soffici passi affondare nella neve dietro di lui e, ohmiodioohmiodio, okay, buttarsi a terra e fingersi morti si faceva con gli orsi, ma sarebbe andato bene anche con i lupi, giusto?

«Dannazione» soffiò tra i denti, scivolando a terra con le mani sopra la testa.

Fu allora che i passetti si moltiplicarono e divennero prima falcate e poi una corsa e – addio, mamma!

«Mordred!» urlò qualcuno, e Merlin, dalle fessure delle dita davanti agli occhi, intravide un uomo fiondarsi come un razzo verso di lui.

Ebbe il tempo di pensare 'Perfetto, il lupo mi smembrerà e il suo padrone getterà i miei resti nella spazzatura' prima di sentire il fiato della bestia sul collo.

«Ohmiodio» squittì, e nello stesso istante il lupo guaì e il signor Pendragon sbraitò qualcosa e poi l'animale ringhiò e Merlin si girò e vide che... che il signor Pendragon teneva per la collottola un lupetto non ancora del tutto cresciuto, che si agitava nella sua presa.

«Mordred – accidenti a te, smettila!» disse il signor Pendragon all'animale, scuotendolo appena.

«Oh... mio dio» disse Merlin, sollevandosi sulle braccia tremolanti. Il signor Pendragon... era venuto in suo soccorso? Dunque non aveva intenzione di farlo sparire nella spazzatura tagliato in tanti cubetti? Oppure stava rimproverando il lupetto perché non aveva mirato alla gola di Merlin? Ma il signor Pendragon... era qui. Era fuori di casa. Ed era la prima volta che Merlin lo vedeva per davvero, tutto intero – senza che lui gli stesse urlando addosso, comunque. E appariva scarmigliato; il naso rosso e i capelli biondi sparati di lato gli davano un'aria stralunata... giovane. Merlin si tirò su, la testa che girava.

«Merlin...» disse il signor Pendragon, il dito ancora puntato a mo' di rimprovero contro... come l'aveva chiamato? Ah, sì, Mordred. «Stai bene?»

«Oh, mio dio!» disse lui, arrancando nella neve e afferrando un braccio del signor Pendragon per reggersi in piedi. Mordred guaì di disappunto.

«Sei... stato colpito alla testa?» chiese il signor Pendragon, a metà tra il preoccupato e lo schifato. «Perché mi sembri-»

«Tiene davvero un dannato lupo intorno casa?»

Sopracciglio arcuato. «Non è... non è un lupo. Idiota. È un cane lupo. Ed è solo un cucciolo, non vedi? Deve averti creduto un ladro, per questo ti ha attaccato.»

«Un ladro?»

Merlin fissò Mordred. Il lupetto, che aveva un impressionante paio di occhi color ghiaccio, scoprì i denti alla sua volta; Merlin si ritrasse un po'.

«Beh» disse il signor Pendragon, «non è che Mordred sia abituato a vedere tutti i giorni gente sconosciuta che corre in tondo nel bosco, sai.»

«Oh mio dio...» si lamentò Merlin, tenendosi un fianco.

Il signor Pendragon rilasciò il cucciolo, lasciandogli una goffa pacca sulla testa. Quello, per tutta risposta, forse scambiando la sua mano per lo spuntino che non gli era stato concesso, la addentò e poi zampettò via, soddisfatto.

«L'ha morsa?» urlò Merlin, andando nel panico. «Oh m-»

«Non ricominciare!» disse il signor Pendragon, alzando i palmi in aria – su quello morso era ben visibile il danno. «È solo un graffio. Mordred va un pochino... addestrato meglio, tutto qua.»

«Addestrato meglio?» urlò ancora Merlin, strabuzzando gli occhi, e probabilmente avrebbe urlato frasi interrogative fino alla fine dei suoi giorni, perché lì erano tutti fuori di testa. «Mi dia la mano» disse, sfilandosi la sciarpa.

Il signor Pendragon rimase in silenzio per qualche momento, lo sguardo puntato sulla destra di Merlin, tesa verso di lui, la sciarpa sul palmo. «Questa cosa che tu mi dai ordini deve finire subito.»

«Mi dia la mano» ripetè Merlin, il tono di chi non vuole sapere altrimenti. Lo stesso che usava per riprendere i bambini che si infilavano il pongo nelle narici, tanto per intenderci.

Il signor Pendragon, miracolosamente, fece come gli era stato detto. Mentre Merlin annodava la sciarpa intorno alla sua mano, entrambi evitarono di commentare alcunché riguardo al tremore delle dita di Merlin – il che fu strano, perché Merlin si aspettava una qualche frecciatina saccente. Che, in effetti, arrivò dopo, ma solo in seguito a una strana, lunga, imbarazzante pausa.

«Andiamo, donnicciola, falla finita. Non è successo nulla» disse il signor Pendragon, strattonando via la mano fasciata dalla sua presa. Poi se la esaminò con sufficienza, dicendo qualcosa a proposito di orribili e goffe fasciature del tutto inutili – ma che diavolo? Merlin non era mica un infermiere! Il signor Pendragon doveva essergli grato, anche se ora la sua mano sembrava coperta da un guanto da forno.

«Le chiedo scusa, signore, se non so fare di meglio in una situazione di forte stress dovuto a un pericolo appena scampato» disse quindi, inchinandosi pomposamente.

«Quale pericolo? Hai avuto bisogno di essere salvato da un cucciolo.»

«Ringhiava!» sbracciò Merlin. «E c'erano – c'erano degli ululati!»

Il signor Pendragon alzò gli occhi al cielo molto, molto, moooolto lentamente. «Mordred è del tutto innocuo.»

«Ma se l'ha morsa!»

Il signor Pendragon abbassò quasi impercettibilmente lo sguardo. «Non è vero, non l'ha fatto.»

La mascella di Merlin toccò terra. «Lei... è forse il tipo che si ostina a negare che le facciano del male anche quando vede qualcuno ferirla con i proprio occhi?»

Il volto del signor Pendragon si mosse con un piccolo scatto all'indietro, quasi avesse inconsciamente voluto ritrarsi; stava guardando Merlin come se si trovasse di fronte a una creatura bizzarra. Senza spianare le sopracciglia, gli diede la schiena, diretto verso la villa.

Merlin si accigliò. «Ma... non mi aspetta? Mi lascia qui? Testa di fagiolo» brontolò, trotterellandogli dietro.

«Dovrebbe essere un insulto?» disse il signor Pendragon, continuando ad andare a passo di marcia.

«È così scemo che nemmeno si rende conto di essere insultato...» bofonchiò Merlin, le suole che scivolavano sul terreno viscido.

«Come?»

«Dicevo, è così scemo che nemmeno si rende conto di essere... adulato...»

«Scemo

«No, volevo dire...»

Andarono avanti così finché Merlin non sentì tornare la sensibilità alle dita, e così si rese conto che erano rientrati. Stava blaterando qualcosa a proposito dell'arte sopraffina di sapersi inventare insulti e, di colpo, il discorso prese a sbiadire pian piano; il fatto era che, alla vista delle spalle rigide del signor Pendragon, della nuca appena incurvata tra di esse, come se pesasse tantissimo... alla vista di lui che continuava a camminare verso le scale, verso la sua stanza isolata, nel tepore della villa, il cuore di Merlin si era ristretto. Improvvisamente e molto, molto dolorosamente.

«Aspetti solo un attimo» disse, toccandogli il braccio con uno slancio.

L'espressione severa del signor Pendragon parve incrinarsi per la sorpresa e – uuugh, che stava succedendo a Merlin?

«Mi... ehm... mi aspetti nel salone, va bene? Vado a prendere del ghiaccio per la sua mano.»

«... Dunque l'avevi capito anche tu che quella sciarpa era decisamente inutile.»

«Lei non si accontenta proprio mai, eh?» disse, camminando all'indietro. «Voglio dire, sa almeno cosa significa avere buone intenzioni? Io non ci giurerei. Eppure dovrebbe. Insomma, è una capacità propria di tutti gli essere umani, e poi siamo vicini a Natale e a Natale siamo tutti più buoni e...»

Continuò a blaterare a voce sempre più alta a mano a mano che si allontanava dall'espressione contratta e un po' smarrita del signor Pendragon. Arrivato in cucina, per qualche strano motivo, si sentì ardere le guance. Afferrò la busta del ghiaccio, la esaminò per un secondo o due e poi... se la schiaffò in faccia, sospirando.

Quando entrò nel salone, vide che il signor Pendragon aveva occupato la poltrona rossa davanti al camino. Un ceppo ardeva piano piano e lui lo fissava, lo sguardo lontano, accigliato.

«Non ti sentivo più chiacchierare» disse. «Credevo ti fossi perso... o che fossi riuscito a chiuderti dentro il frigorifero.»

Merlin gli si avvicinò a passi lenti fino a che la punta dei suoi stivali toccò la poltrona. «Molto divertente» disse, sedendosi in ginocchio sul pavimento.

Il signor Pendragon aveva le mani appoggiate sul suo grembo, i palmi rivolti verso l'alto. Merlin gli prese il polso destro avvicinandolo a sé con delicatezza e sciolse la sciarpa, rivelando la pelle già violacea. Ci premette sopra la busta del ghiaccio e il signor Pendragon sobbalzò appena.

Merlin si morse il labbro. Gli doveva delle risposte per il modo in cui l'aveva trattato prima, nella stanza inaccessibile. «Perché è così ostile nei miei confronti?» Non era un attacco, non voleva delle scuse... solo delle spiegazioni.

Vide la bocca del signor Pendragon stirarsi in una linea sottilissima; la pelle lesa e più scura intorno all'occhio sinistro, che pendeva verso il basso, si increspò in tante onde.

«No... lei è ostile nei confronti di tutti, non è così?»

Il signor Pendragon sospirò profondamente, una vena sul collo forte che si muoveva come se stesse masticando la sua risposta.

«Perché vive nascosto?» chiese ancora Merlin. «A parte per l'orrido carattere, ovviamente.»

«Non permetterò a un mio dipendente di portare avanti un interrogatorio nei miei confronti!» sbottò, ritirando il polso dalla sua presa.

Ma Merlin aveva notato il suo imbarazzo nella posa dura del busto, nel mondo in cui, ostinatamente, gli occhi del signor Pendragon non avevano ancora incontrato i suoi.

«Per quale motivo non vuole che nessuno la veda, eh?» chiese, appoggiandosi ai braccioli della poltrona. «Lo impedisce perfino a sé stesso. Quando sono arrivato, teneva la casa tutta buia, e all'inizio ho creduto fosse perché lei era tremendamente tirchio, ma ora...»

Le pupille del signor Pendragon si dilatarono per il più piccolo dei secondi, la fiammella del fuoco che danzava nel nero.

«Merlin... o sei incredibilmente sfacciato e indelicato, o sei stupido in modo impressionante. E io penso...» e si voltò con lentezza, finalmente, a incontrare il suo sguardo, «... che siano un po' tutte e le due cose insieme.»

«È per il suo viso, davvero?» Sussurrò Merlin.

Lo fissò, quel viso che chiaramente non era abituato ad essere guardato, se il modo in cui il signor Pendragon si spostava appena suggeriva giusto. Era un viso che un tempo, indiscutibilmente, era stato bellissimo, uno di quegli esempi di perfezione statuaria ed eleganza naturale che a Merlin facevano venire in mente il David – la sua bellezza marmorea e la severità stupenda delle linee che faceva innamorare chi le guardava.

Era ancora bello agli occhi di Merlin, in qualche modo, ma più rozzo; come un frutto che viene stretto con forza in una mano.

«E io che cedevo che lei fosse un mostro a due teste con i tentacoli» disse Merlin, ma il tono uscì niente affatto ironico – più che altro, senza fiato. «Fino... fino a poco fa ho pensato pure che se ne andasse in giro con i capelli blu, pensi... Certo, all'inizio può fare un po' d'impressione, specie se corre verso la gente urlando e con palesi intenzioni omicide. Ma in realtà non è così male, davvero.»

«Lo sono. Un mostro.» Il signor Pendragon tornò a fissare il camino, le palpebre appesantite da qualcosa di lontano.

Merlin sospirò, soprassedendo al fatto che l'altro avesse ignorato gran parte di ciò che aveva detto. Appoggiò la schiena alla poltrona, piegandosi verso il fuoco. «Lo è stato prima, con il modo in cui si è comportato.»

«... Suppongo di doverti...» Il resto si perse in borbottii indistinti.

«Mh?»

«Non volevo... spaventarti o umiliarti. Di questo, mi scuso. Ma hai-»

«Ho violato le sue regole e la sua privacy, sì, lo so» interruppe Merlin. «E di questo sono io a scusarmi. Mi dispiace molto.»

Entrare in quella stanza significava molto di più che violare una regola, Merlin l'aveva capito. Era un po' come entrare nel mondo del signor Pendragon, in tutto quello che vi aveva celato accuratamente, tenendolo segreto.

Il signor Pendragon si chiarì la gola. «Sì. Io...» Le sue dita tamburellarono sul bracciolo per un po' e Merlin chiuse gli occhi.

«Vai a letto, Merlin.»

Merlin lo guardò: sembrava sfinito. Forse non era abituato a chiedere scusa, ma sembrava che lo fosse ancora meno a ricevere scuse dagli altri.

Il ragazzo si alzò e si congedò con un mezzo inchino goffissimo. Poi rifece sbucare la testa nella stanza. «Ho ancora il mio lavoro, quindi?»

Gli occhi che ruotavano al cielo del signor Pendragon potevano solo significare sì.

«Ah...» aggiunse quest'ultimo, una mano intorno alla bocca. «La torta che mi avevi portato... era caduta.»

Merlin ridacchiò, sentendosi il cuore leggero. «Oh, non importa, era immangiabile. Potrei averci messo il sale al posto dello zucchero. Per sbaglio, ovviamente.»

E se la diede a gambe, seguito da un oltraggiato 'MERLIN!'.

 

~

 

Puoi prendere qualche libro dalla biblioteca, se significa che non ti avrò tra i piedi e non ti sentirò cantare.

A. P.

 

 

   
 
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