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Autore: LaTuM    08/03/2009    4 recensioni
“Allora affido a te il compito che tuo padre non è riuscito a portare a termine…”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Out with the old, in with the new


Disclaimer: tutto appartiene a JKRowling, io non ci guadagno nulla.


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Out with the old, in with the new

di Lokex aka LaTuM

 


“E si riparte!” esclamò eccitato James abbandonandosi sul sedile davanti a quello del fratello seduto accanto a Rose.

L’anno precedente James aveva viaggiato insieme ad alcuni ragazzi più grandi che probabilmente l’avevano invitato solo perché figlio del famoso Harry Potter, altrimenti dubitava fortemente che avrebbero acconsentito di buon grado a passare il lungo viaggio in compagnia di un marmocchio eccitato all’idea di iniziare Hogwarts.

“Beh, perché sei così agitato? Hogwarts è magnifica, ti piacerà davvero! Faremo colazione insieme tutte le mattine proprio come a casa e poi i dormitori del primo, secondo e terzo anno sono sullo stesso piano e vedersi è facilissimo.”

“Sembra fantastica la tua Sala Comune” mormorò Rose con un sorriso ripensando a tutto quello che le avevano raccontato i suoi genitori riguardo quello che era successo quando loro frequentavano Hogwarts.

“Vorrai dire la nostra sala Comune…” la corresse James “Non vorrete dirmi che avete davvero paura di non essere smistati a Grifondoro?!”
I due non dissero nulla, si limitarono a rivolgergli uno sguardo carico di preoccupazione.
James sbuffò.

“Siamo i figli dei più famosi membri di quella casa appena dopo Silente e Godric Grifondoro” ci tenne a fargli notare.
Quelle semplici parole parvero rassicurare i due novellini che si lasciarono finalmente andare contro i sedili dello scompartimento ascoltando il maggiore dei Potter che aveva iniziato a raccontare – come non aveva smesso di fare per tutta l’estate – i bei momenti passati l’anno precedente a scuola. Gli era piaciuta talmente tanto la scuola che aveva potuto giurare di essersi divertito persino a studiare.

“Studiare è bello…” mormorò Rose ricevendo un’occhiataccia dai due fratelli al che si affrettò a rispondere “Si, lo so. Papà mi dice che da questo punto di vista ragiono esattamente come mamma, ma è stato lui a raccomandarmi di battere il figlio del signor Malfoy in tutti gli esami.”

“E tu ovviamente non ti asterrai dal farlo, vero?” gli domandò speranzoso James. Non che gli importasse particolarmente, ma lo eccitava l’idea di avere finalmente la possibilità di battere in qualcosa il figlio della paterna nemesi scolastica. O – per lo meno – se non direttamente, ci avrebbe sicuramente pensato Rose.

“Studierò per me, non are inizio alla sciocca ed inutile rivalità tra Case!” mise in chiaro la ragazzina tirando fuori Libro degli Incantesimi Standard e aprendolo al capitolo sette.

“Femmine…” sbuffò James venendo però completamente ignorato dalla cugina per poi rivolgersi al fratello domandandogli davvero perplesso“Ma hai davvero così paura dello Smistamento?”

Albus si limitò ad annuire.

“Per Merlino! Ma ti chiami Albus, come Silente!”

“E Severus, come Piton.”

“Quella è una formalità.”

Il moro sbuffò e poi sorrise in direzione del fratello: “Quali sono i piani per questa sera, allora?” domandò, facendo brillare gli occhi di James dalla felicità.

“Un giro per il castello sotto il Mantello di papà e con la Mappa del Malandrino. Potrei portarti direttamente nelle cucine ma dopo il banchetti di questa sera non so se avrai ancora fame.”

“Non lo s… La Mappa di cosa?”

“Ti ricordo quel foglio che ho preso qualche tempo fa dalla scrivania di papà?”

Il moro annuì.

“Beh, quella cosa si chiama Mappa del Malandrino e l’hanno disegnata nonno James, zio Sirius e Remus quando andavano ad Hogwarts. Non avevo idea di come funzionasse ma quando gli ho puntato contro la bacchetta dicendogli che ero James Sirius Potter e che volevo sapere cosa fosse, sono apparse dal nulla delle frasi che mi hanno rivelato chi fossero i cartografi e le parole d’ordine per farla funzionare. Ovviamente mi hanno fatto i complimenti per le scelte che ha fatto papà in fatto di nomi” sogghignò il maggiore dei Potter.

“E cos’avrebbe di tanto speciale quella mappa?”

“E’ una pianta della scuola che ti mostra dov’è chiunque e in qualunque momento del giorno e della notte.”

“Wow…”

“Con quella e il mantello è pressoché impossibile essere beccati da qualche professore.”

“Ma Neville era a scuola con loro, sicuramente saprà dell’esistenza di quegli oggetti!”

“Si, ma è il nostro Capocasa e un occhio lo chiuderà di sicuro. Poi l’anno scorso l’ho passata liscia, andrà bene anche quest’anno, no?”

Chiusero la conversazione nel momento in cui arrivò la strega con il carrello dei dolci pronti a lanciarsi nella loro rituale sfida “mangia un’intera confezione di Gelatine Tutti i Gusti più Uno senza sputare” in cui il moro aveva imparato ad eccellere nonostante i rimproveri della cugina.

§


Le ore trascorrevano lente e nel pomeriggio Albus sentì il bisogno di alzarsi e andare a farsi un giro dato che aveva gli arti inferiori anchilosati.

“Attento ai Serperverde già smistati o futuri che siano” lo raccomandò il fratello ma Albus si limitò ad annuire senza prestargli troppa attenzione ed uscì dallo scompartimento.

Il treno procedeva a velocità costante, sobbalzando di tanto in tanto rischiando di fargli perdere l’equilibrio. Ogni scompartimento era affollato da ragazzi e ragazze di tutte le età intenti a mangiare dolci, leggere o far sfoggio della loro magia. Anche Albus aveva portato con sé la sua bacchetta nonostante non fosse necessario. Non era ancora in grado di compiere alcun incantesimo, eccetto forse Lumos, ma dubitava fortemente che gli sarebbe servito. A meno che non ci fosse un blackout improvviso sul treno, ovviamente.
Distratto dal paesaggio e dal il lago che il treno stava fiancheggiando, Albus non si accorse di dove stava andando e si scontrò poco piacevolmente con un ragazzino che aveva visto quella mattina sul binario della stazione.

“Scusami, ero distratto.”

“Dovresti stare un po’ più attento a dov- Potter?!”

“Si. E tu sei Malfoy, giusto?”

“Già.”

Due si scrutarono attentamente, cercando di capire l’uno gli intenti dell’altro. A qualcuno quell’istante avrebbe facilmente richiamato alla memoria quel primo settembre in cui Harry Potter e Draco Malfoy si erano scontrati per la prima volta, dando così inizio a sette anni di ostilità e inimicizia. Poi le cose sembravano essere migliorate, a detta di entrambi i padri, ma nessuno dei due aveva mai voluto approfondire l’argomenti più del dovuto. Si erano sempre e solo limitati a dire che l’odio era scemato perché la guerra – necessariamente – ti costringe a trovare nei tuoi nemici degli alleati.
Entrambi avevano sentito a lungo parlare di quell’incontro, di quel rifiuto e di tutto ciò che era conseguito, ma non avrebbero mai immaginato che si sarebbero potuti ritrovare nella medesima situazione. Malfoy però – Scorpius Malfoy – non gli offrì la mano; semplicemente gli sorrise.

“Beh, ci si vede in giro, Potter.”

“Ciao Malfoy…” lo salutò a sua volta il moro osservandolo sparire dentro uno scompartimento, non prima però che il ragazzo si fosse girato ad osservarlo un’ultima volta.

Quando Albus tornò dal fratello non gli disse nulla di quell’incontro. L’unica cosa che sapeva per certo era che il suo incontro con Malfoy non era stato come aveva immaginato. Sicuramente era stato ben diverso da quello che avevano avuto i loro rispettivi padre molti anni prima. A dire il vero il ragazzo gli era sembrato quasi simpatico e gli aveva persino sorriso.

Forse loro non sarebbero stati destinati ad odiarsi come avevano fatto i loro genitori.

§


Albus sapeva che l’arrivo a Hogwarts aveva dell’incredibile, ma non credeva che la scuola potesse essere così maestosa vista alla luce della notte mentre la si raggiungeva su delle piccole barchette che attraversavano il lago. Molti glielo avevano raccontato, ma vivere di persona quel momento non aveva eguali.
Hagrid li aveva scortati dalla stazione fino alle scalinate dell’ingresso dove ad accoglierli avevano trovato la professoressa McDougal che – dopo avergli spiegato brevemente le regole fondamentali della scuola – li condusse verso la Sala Grande.
Albus ovviamente, come James, era già entrato in quella Sala ma quel giorno non c’erano le quattro tavole imbandite e colme di studenti o il tavolo dei professori in cui, ogni due sedie, riconosceva un volto amico come quello di Neville Paciock – insegnante di Erbologia – o di Blaise Zabini – professore di Incantesimi e Capo della casata verde-argento che era, inspiegabilmente, diventato un buon amico dei suoi genitori - o della professoressa Cooman che insegnava Divinazione e che, stando a quello che gli aveva raccontato suo padre, aveva inconsapevolmente segnato la sua vita.
Al centro di una pedana davanti al tavolo dei professori – al quale si era unito anche Hagrid che aveva ripreso il suo ruolo di guardiacaccia e insegnante di Cura delle Creature Magiche – era stato posizionato uno sgabello a tre piedi e su di esso faceva mostra di sé il Cappello Parlante. Il millenario copricapo era ancora più logoro dato che portava i segni di quando Voldemort aveva tentato di dargli fuoco.
Il brusio proveniente dai tavoli cessò quando il preside Caldwell prese la parola per dare il benvenuto ai nuovi studenti e rammentare a tutti le regole fondamentali della scuola (quali il divieto di accesso alla Foresta Proibita che era stato ignorato più e più volte da quasi tutti i suoi antenati… escluso forse lo zio Percy).
Dopo di ché l’uomo tornò a sedere e uno squarcio sul cappello si aprì, dando così modo alla voce dell’oggetto magico di riecheggiare nella sala.

Siete pronti per farvi smistare
Trovare la casa per imparare.
Indossatemi all’istante e io vi dirò:
Grifondoro sarete se di coraggio, forza e cavalleria
Nei vostri cuori scorgerò più di una scia.
Tassorosso potrete diventare
Se un lavoro di pace vorrete conquistare.
Corvonero sarà il vostro simposio
Se il vostro ingegno non conosce riposo.
Serpeverde sarà la vostra casa Natale
Se astuzia e ambizione non vi fan male.
Indossatemi e vi dirò
Il futuro che in voi io sentirò!
*


A filastrocca conclusa i cappello s’inchinò in direzione di ogni tavolo e la professoressa McDougal iniziò a chiamare gli studenti in ordine alfabetico.
Siderus Aberdeen fu il primo ad essere chiamato e dopo pochi secondi il Cappello Parlante decretò che il ragazzo sarebbe stato un Corvonero.
Mentre la strega chiamava uno ad uno i nuovi studenti, Albus sentiva una strana ansia attanagliargli lo stomaco. Non era normale avere così paura, non era logico e non era un comportamento da vero Grifondoro. Suo padre però gli aveva ricordato che la paura più grande è la paura stessa e che, stando a quello che un suo mentore gli aveva detto, era una cosa molto coraggiosa.
Il moro tocco il braccio alla cugina vedendo con sollievo che anche l’espressione di lei era abbastanza irrigidita, come quella di molti altri che lo circondavano. Tirò un sospiro di sollievo prima che l’occhio gli cadesse sul figlio del signor Malfoy: sembrava tranquillo, conscio di quale sarebbe stato il suo futuro e per nulla spaventato. Quando fu chiamato per essere smistato – dopo che una ragazzina dai capelli rossicci, più scuri rispetto a quelli della sorella o della madre, divenne una Grifondoro – ci volle circa un minuto prima che il Cappello decretasse che sarebbe divenuto, come tutti avevano previsto, uno studente della casata verde-argento.

“Come aveva previsto papà!” gli sussurrò Rose eccitata “Tra poco tocca a te.”

Albus deglutì e di fatti, poco dopo, la professoressa lo chiamò, mentre gli altri studenti avevano iniziato a mormorare eccitati. I Potter erano pur sempre i Potter e probabilmente l’idea che lui portasse quei due nomi, l’uno l’antitesi dell’altro, era un qualcosa a cui il mondo magico non si era ancora abituato, benché tutti i presenti – professori esclusi – fossero i figli dei combattenti che avevano vinto la guerra per loro. Suo padre in primis.
Il moro assunse un’espressione rigida e si avvicinò allo sgabello cercando di rimanere impassibile fin quando non gli venne posato il cappello sul capo.

“Un altro Potter… Uhm…Siete tipi molto difficili da gestire. Trovate sempre da ridire sulle mie scelte…” sentì Albus, quando il cappello gli coprì l’intera visuale della Sala Grande.

“Papà me l’aveva detto.”

“Si, tuo padre mi ha dato del filo da torcere, ma siccome saranno le vostre scelte a mostrare quello che sarete veramente, ho ritenuto giusto fare il suo volere.”

“Me l’ha detto, e ti ringrazia tanto per averlo smistato a Grifondoro.”

“E tu?”

Albus fece un respiro profondo e diede all’oggetto magico l’unica risposta sensata che gli venne in mente: “Io mi chiamo Albus Severus.”
Il ragazzo non era certo che il Cappello Parlante potesse ridere, ma era più convinto che quello che udì si avvicinasse molto ad una risata.

“Quindi accetterai la mia decisione, qualunque essa sia?”

Albus mormorò un roco ‘si’.

“Allora affido a te il compito che tuo padre non è riuscito a portare a termine…” gli disse il Cappello prima che lo squarcio si aprisse, facendo risuonare la parola ‘Serpeverde’ in tutta la Sala, lasciando basito ogni singolo Grifondoro e anche un buon numero di Serpeverde che di certo non si aspettava di veder arrivare un Potter nella loro casa.

Albus raggiunse il tavolo dove Scorpius, per qualche strana ragione, gli aveva tenuto il posto. Prima di sedersi il ragazzo lanciò uno sguardo al tavolo della cara rosso-oro dove suo fratello lo guardava ancora incredulo. Lui si limitò ad alzare le spalle e sedersi vicino al biondo.
Non aveva idea di quale fosse il compito che non era riuscito a portare a termine suo padre, ma era sicuro di poterlo fare, e la mano di Scorpius sulla sua spalla sembrò incoraggiarlo a sufficienza.




[17 febbraio – 4 marzo 2009]


* La poesia del Cappello Parlante fa pena, ma è una cosa che mi ero inventata nel 2002 e che ho vergognosamente riciclato.


Note dell’autrice:
E’ sconvolgente slashare due personaggi che non esistono per l’autrice, dato che la sottoscritta ha ripudiato il 7° libro. Eppure slash *soft* fu.
Il titolo è un modo di dire inglese di cui sono venuta a conoscenza grazie ad una storia di Beren, anche se i contenuti di quel racconto non hanno nulla a che fare con questo. Ho semplicemente usato a mia volta la stessa espressione idiomatica ^^
Questa storia è strana: l’ho scritta, l’ho finita ma la trovo rigida. Non sono abbastanza in confidenza con i personaggi, probabilmente u.u
   
 
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