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Autore: MissSmoak    26/12/2015    2 recensioni
La Seconda Guerra Magica è ormai un ricordo, sempre presente e pressante, nelle menti di chi l'ha vissuta.
Non può essere dimenticata, e forse la vittoria non è quella che tutti si aspettavano.
Tornando ad Hogwarts, dopo pochi mesi dalla fine della Battaglia, tutto è cambiato, eppure sembra che nessuno voglia ammetterlo.
"Gli davano il voltastomaco, tutti quei teatrini per far credere al Mondo Magico che la guerra fosse finita, quando in realtà nessuno ancora aveva iniziato a sentirsi al sicuro. Persino – o forse soprattutto – Hogwarts era un covo di sospettosi studenti che sobbalzavano al minimo rumore, che si guardavano intorno come animali braccati; qualcuno scoppiava a piangere nel mezzo di una lezione o del pranzo, altri si rinchiudevano nei Dormitori in cerca di solitudine."
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Capitolo IV

 

“Fighting”

 

I think I'm drowning
Asphyxiated
I wanna break this spell
That you've created

You're something beautiful
A contradiction
I wanna play the game
I want the friction

You will be the death of me

 

Muse – Time is Running Out

 

Harry e Hermione avevano ripreso la discussione con Ron il giorno dopo, ma lui era stato irremovibile riguardo il suo punto di vista sulla faccenda e se n'era andato dalla Sala Comune con l'aria imbronciata e nessuna soluzione per giungere a un compromesso.
La verità era che nessuno dei tre aveva intenzione di giungere ad un compromesso, perché la faccenda era così delicata che o la vedevi nera, oppure bianca, ma nessuna sfumatura di grigio poteva metterli d'accordo.
Estremamente delusa dal comportamento dell'amico, Hermione era giunta alla conclusione che stava passando un periodo di confusione, in cui qualsiasi appiglio poteva essere utile per uscire dal lutto per la morte di Fred. Perdere un fratello è un qualcosa che ti segna per tutta la vita e, forse, quella rabbia che veniva indirizzata verso gli Slytherin e, in particolare, verso Malfoy, sarebbe scomparsa con il tempo.
Harry non la vedeva proprio così. Anche lui aveva perso tanto ma, diceva, riusciva ancora a capire cosa fosse giusto e cosa invece fosse sbagliato; prendersela con coloro che avevano avuto una minima parte di responsabilità nella guerra che si era consumata prima dell'estate e negli anni precedenti non avrebbe giovato a nessuno, perché la colpa di ciò che era accaduto era di Voldemort, delle sue idee, e basta; instaurare una nuova dittatura d'odio, anche se portato avanti da uno schieramento diverso, avrebbe reso loro i nuovi colpevoli.
Accendendo il fuoco nel camino della Sala Comune Gryffindor con un colpo di bacchetta, Hermione non poté fare a meno di pensare che Ron era soltanto un anello in una catena di situazioni che la preoccupavano. I segni sul suo collo erano quasi sbiaditi, e in ogni caso ogni mattina li copriva con del fondotinta per evitare che Harry, o qualcun altro, facesse domande scomode. Ma se anche i danni fisici erano stati messi da parte, rimanevano quelli psicologici.
Ligia al suo proposito, Hermione aveva completamente ignorato Draco Malfoy e, per stare sul sicuro, anche Nott e Zabini. In un primo momento si era risentita per il fatto di dover evitare anche Daphne Greengrass, a cui voleva da tempo fare delle domande, ma poi si era rassicurata pensando alla scena a cui aveva assistito in Infermeria: Draco che sussurrava qualcosa all'orecchio della sua biondissima compagna di Casa. Come era avvenuto con Malcolm Mitchell, Daphne avrebbe senza dubbio tenuto la bocca chiusa riguardo la faccenda, se le avesse fatto delle domande.
Così, come sempre succedeva quando si ritrovava quasi tutte le possibilità precluse, si era buttata sui libri. Aveva trovato un incantesimo che avrebbe potuto causare l'abrasione sulla caviglia di Malcolm, una sorta di “sgambetto a distanza”, che però poteva essere lanciato solo ad una distanza massima di cinque metri dal soggetto. Ciò includeva tra i sospettati quasi l'intera popolazione studentesca presente in Sala Grande durante l'orario dei pasti.
Riguardo la pozione, invece, ancora non aveva trovato nulla. Aveva letto più e più volte l'intero manuale, senza risultati.
Sulla Gazzetta del Profeta le notizie riguardanti la scomparsa di Lucius Malfoy erano estremamente ridondanti, riportando fino allo sfinimento gli stessi dettagli che erano stati già discussi nel primo articolo uscito; a firmarli era ovviamente Rita Skeeter, che con la guerra non aveva perso il tono tagliente e maligno, né la sua capacità di mantenere una storia in prima pagina anche a costo di eviscerarla più e più volte.
In generale, la situazione era così tremendamente stabile da farle prudere le mani.
Quel pomeriggio Harry sarebbe andato a giocare a Quidditch, il che l'avrebbe costretto a vedere Ron. Lei, invece, voleva continuare le sue ricerche in biblioteca, scorrendo altre infinite liste di acronimi che potessero ricondurla al significato delle quattro lettere trovate sul foglietto nella cella del Signor Malfoy: AOTP.
Dopo un pranzo all'insegna dell'ira repressa del rosso, di occhiate oblique di Harry all'amico offeso, del più totale disgusto di Ginny e dell'angoscia di Hermione, quest'ultima si alzò con una scusa da tavola e ignorò abilmente lo sguardo di Malfoy che, da quel giorno, ogni dannatissima volta che si trovava nella sua stessa stanza, le scorreva addosso come una carezza fredda.
La Caposcuola Gryffindor aveva seri dubbi riguardo il significato di quello sguardo: voleva parlarle? Voleva farla diventare matta? O voleva semplicemente metterla tremendamente a disagio?
L'abitudine di far finta che lo Slytherin non esistesse stava entrando sempre più a far parte di lei, tanto che sembrava quasi naturale. Ovviamente era tutta una gran montatura e lei proprio non riusciva ad escluderlo dalla sua visione periferica, né dai suoi pensieri.
Aveva così tanta voglia di fargliela pagare che aveva ripetutamente pensato a vari modi per ferirlo, fisicamente, più o meno gravemente. A volte si ritrovava con un sorrisetto ebete e soddisfatto, da iena, mentre lo vedeva scivolare sul ghiaccio che si era formato sui gradini d'ingresso al Castello, e cadere per almeno metà rampa di scale.
Poi si sentiva una persona orribile e si ributtava a capofitto nei libri, vergognandosi di se stessa.
A proposito di libri, Hermione entrò in quel momento in Biblioteca con passo deciso, prendendo posto nel primo tavolo libero, dietro un enorme scaffale ricolmo di volumi. Aveva già il materiale con sé, così tirò fuori un paio di tomi dalla borsa e li appoggiò sul tavolo.
Ne aprì uno a caso e cominciò a leggere, gli occhi che scorrevano velocemente da una parola all'altra, da una riga a quella successiva. Sapeva che probabilmente nessun libro le avrebbe svelato il significato di quell'acronimo, ma nel dubbio era sempre meglio tentare.
Quando il libro le fu chiuso di scatto sotto gli occhi, Hermione sobbalzò sulla sedia. Una mano dalle dita pallide e affusolate era ancora ferma sul suo libro, con il palmo rivolto contro la copertina. Riflettendo distrattamente sul fatto che ognuno di quei polpastrelli avesse ancora una lontana eco sulla pelle del suo collo, Hermione alzò lo sguardo su Draco Malfoy. Vedendolo in piedi lì davanti, con il mantello ad avvolgere la sua figura e gli occhi fissi su di lei, la ragazza si domandò quando diavolo si fosse avvicinato, perché lei di certo non aveva sentito alcun rumore.
In ogni caso, sembrava alquanto scocciato. La situazione peggiorò quando Hermione, senza battere ciglio e complimentandosi con se stessa, abbassò di nuovo gli occhi sul tavolo e aprì un altro libro, poggiandoselo sulle gambe.
Ciò le impedì di vedere l'espressione basita di Draco, la quale, per la rarità con cui era solita apparire sul volto del ragazzo, sarebbe stata certamente di suo gradimento. Momentaneamente disorientato dal fatto di essere stato ancora ignorato, per di più in maniera così plateale, lo Slytherin afferrò malamente una sedia e l'avvicinò alla ragazza, sedendosi con un gesto veloce ma elegante.
Lei non diede segno di essersene accorta, e girò una pagina.
Draco le lanciò un'occhiata ammonitrice, ma dato che Hermione era molto concentrata a leggere, cadde nel vuoto più totale; allora, con un sospiro, il ragazzo afferrò un libro e lo aprì alla prima pagina utile, scorrendo velocemente le parole.
Gli studenti che fossero passati in quel momento davanti al tavolo, avrebbero assistito alla curiosa scena di Draco Malfoy ed Hermione Granger seduti molto vicini, entrambi incredibilmente impegnati nella lettura. Fu una fortuna che soltanto qualche nanerottolo si ritrovò davanti quella recita, in quanto la loro giovane età li metteva al sicuro da tutti i pregiudizi che avrebbero reso quell'istante motivo di pettegolezzi per mesi e mesi.
Passato un quarto d'ora, Hermione aveva iniziato a stancarsi. Le metteva agitazione averlo così vicino, sentire il suo braccio sfiorarla ogni volta che voltava pagina, il suo respiro leggermente più lento rispetto al proprio, le sue dita che scorrevano sulla pagina per tenere il segno.
Così giunse alla conclusione che doveva fare qualcosa. Chiuse il libro e lo ripose in borsa, insieme agli altri che aveva poggiato sul tavolo. Fece per issarsi la borsa in spalla e andarsene, ma qualcosa la bloccò.
- Per evitare che io ti segua per l'intero Castello, aspettandoti fuori dalla Sala Comune Gryffindor, il mio consiglio per te è: rimettiti seduta e finiscila con questa sceneggiata.
Draco aveva parlato con una voce estremamente soffice e lei rabbrividì inavvertitamente. Il modo in cui riusciva a cambiare il tono del discorso era incredibile, ed Hermione ancora non ci si era abituata. In ogni caso, rimase in piedi a ponderare.
Dopo qualche secondo, senza sedersi, appoggiò la borsa di nuovo a terra. - Dimmi cosa vuoi in fretta, ho da fare.
Nel parlare, gli aveva rivolto risolutamente le spalle. La risata di Draco, tuttavia, la raggiunse perfettamente e le sembrò quasi di vedere le sue labbra piegarsi in quel riso leggero di cui le era giunto solo il suono.
La verità era che Hermione non sapeva come affrontare la sua presenza, o almeno non più. In circa due settimane aveva visto mille sfaccettature del suo carattere, parti diverse di Draco Malfoy che non aveva conosciuto in anni e anni di spiacevole frequentazione. Ciò le provocava un'ulteriore avversione per quella figura allampanata e pallida, ma allo stesso tempo si rendeva conto di non provare un fastidio reale ad averlo vicino, soltanto una tensione che era incapace di decifrare e sopportare a lungo.
Il fatto che lui si fosse comportato come un vero stronzo e che lei non ce l'avesse cosi tanto con lui – non quanto avrebbe voluto, almeno – faceva sì che il disprezzo che Hermione provava per se stessa aumentasse in maniera esponenziale.
Dunque, tutta questa serie di emozioni e dubbi che la avvolgevano come una coperta ruvida facevano si che un momento volesse malmenare il biondino, mentre l'attimo dopo volesse osservarlo in tranquillità come si osserva un leone particolarmente raro nel suo ambiente naturale.
- Hai le spalle rigide – osservò candidamente Malfoy, e dalla sua voce Hermione si accorse che si doveva essere alzato, e ora si trovava con tutta probabilità in piedi a un passo da lei.
Ancora voltata, la ragazza sbuffò, - Dimmi cos'hai da dire una volta per tutte così posso mettere la maggiore distanza possibile da te.
Libero di dare sfogo alle sue emozioni, dato che lei non le avrebbe viste, Malfoy aggrottò le sopracciglia in un gesto contrariato; osservò sovrappensiero i boccoli di lei che ricadevano sulla linea tesa della schiena, e pensò che non ce l'avrebbe mai fatta a chiederle scusa per quell'episodio.
- Non era mia intenzione fare quello che ho fatto, l'altro giorno – buttò lì, estremamente vago e con un tono di voce che sembrava più un'accusa che altro. Nonostante ciò, Draco notò con una certa soddisfazione la Granger rilassarsi immediatamente, e cominciò subito a pregustare sul palato quel dolcissimo gusto di trionfo.
- Lo so – rispose lei dopo un ragionevole lasso di tempo, e poi aggiunse – ma ciò non lo rende meno grave. Posso andare ora?
Draco, confuso da quella risposta, si passò una mano tra i capelli in un gesto esasperato. In che modo avrebbe dovuto reagire a quelle parole? Cosa avrebbe dovuto dire per far sì che lei smettesse di ignorarlo e tornasse ad aiutarli? Le parole di Blaise erano state molto chiare: qualche giorno era passato, e loro avevano bisogno dell'appoggio di qualcuno per risolvere quella situazione. Nonostante all'inizio fosse totalmente contrario a questa ipotesi, ed anche ora avesse dei seri dubbi, aveva più volte ripetuto che la motivazione principale alla base del suo rifiuto di considerare l'eventualità di essere aiutati era che certamente gli altri avrebbero preso questa debolezza come occasione per affondarli tutti; vedere la costanza con cui la Granger aveva continuato a ficcare il naso, in maniera quantomeno non negativa per la loro incolumità, gli aveva fatto pensare che forse quel suo stupido essere Gryffindor avrebbe evitato problemi relativi all'approfittare del loro momentaneo punto debole.
- No – rispose Draco, spiccio. La verità era che stava prendendo tempo, ma lei non conosceva questi trucchetti, con tutta probabilità.
A quel punto, Hermione si voltò. La stava facendo innervosire ed era stato proprio per quello che aveva deciso di girarsi: voleva dirgliene quattro, una volta per tutte, sulle sue manie di controllo, sui suoi scatti d'ira e su quei toni mielosi che usava nei momenti meno opportuni, e voleva spingerlo lontano da sé, perché per tutto il tempo aveva sentito il suo respiro sul collo e quello stato di cose la stava facendo impazzire.
Tutto ciò che fece, però, fu spalancare appena gli occhi, constatando che la distanza che si aspettava ci fosse tra loro era di gran lunga minore, mentre ciò che disse, riacquistando quanta più compostezza possibile, fu – No?
- No. Sto ancora parlando, ed è maleducazione andar via quando si è nel bel mezzo di una conversazione. - Per la verità, a Draco veniva un po' da ridere, un po' da piangere, un po' da spaccare qualcosa di vetro contro un muro. Da ridere perché vedere la Granger arrossire di rabbia era sempre molto divertente per lui, sin da quando era piccolo; da piangere perché proprio non riusciva a capire cosa avrebbe dovuto fare o dire per ottenere il suo scopo; da spaccare qualcosa, rigorosamente di vetro, solo per sfogare un po' la frustrazione.
- Malfoy, fammi per lo meno il piacere di non fare l'idiota – lo riprese lei, incrociando le braccia al petto per mettere maggiore distanza tra loro.
Un lampo gelido passò negli occhi grigi di lui per quell'insulto, - Idiota è il secondo nome di Weasel, non certo il mio – ribatté, con un tono a dir poco polare, - Comunque, preferirei andare a parlare in un luogo meno esposto.
- E io preferirei non stare da sola con te in luoghi non esposti, e anche porre fine a quest'inutile conversazione. Se vuoi che ti dica che ciò che hai fatto è perdonato, allora sappi che no, non è perdonato, né lo sarà a breve, né mai, probabilmente. Se, invece, vuoi solo l'assicurazione che non ti starò più tra i piedi, allora posso assicurarti che per il momento sarà così, e che se avrò bisogno di qualcosa andrò dal Caposcuola Zabini, tentando, ovviamente, di passare il più lontano possibile dalla tua regale figura – e lo disse come se avesse appena pronunciato le parole “disgustosa” e “persona” - perciò, direi che qualsiasi cosa tu voglia dire o, meglio, tu stia tentando di dirmi, è in ogni caso una totale perdita di tempo.
E dopo questa tirata degna di un'eroina romantica, Hermione girò i tacchi e si diresse verso l'uscita della Biblioteca, con il cuore che le batteva velocemente nel petto, neanche avesse appena affrontato un drago.


Tornando dal campo da Quidditch, Harry si pentì di non essersi portato qualcosa di più pesante da mettere dopo la doccia. Nonostante fosse appena metà settembre, un vento gelido percorreva l'intera vallata e il percorso dagli spogliatoi fino al Castello non gli era mai sembrato più lungo. Tentava di stringersi nel mantello per evitare di morire congelato su un anonimo gradino della scalinata dopo essere sopravvissuto a Lord Voldemort, ma al momento non stava avendo molto successo.
Tra l'altro, il gelo aumentava se si considerava che a due passi di distanza, Ron faceva finta di non averlo nemmeno visto, il che era piuttosto pretenzioso dato che Harry gli stava proprio davanti la faccia.
L'allenamento era stato disastroso. Quando c'erano tensioni tra i giocatori per motivi personali, era l'intera squadra a pagarne le conseguenze. La rabbia con cui venivano lanciati i bolidi, le parate che sembravano tentativi di aggressione e lui, Harry, il cui unico obiettivo era prendere il boccino e supervisionare gli allenamenti da lontano, che era stato colpito tre volte nel giro di quaranta minuti.
Improvvisamente troppo stanco di quella situazione insostenibile, Harry si bloccò e si voltò per incontrare lo sguardo di Ron.
- Basta così – disse, con un tono più duro di quanto avesse voluto.
Il rosso si fermò, ma continuò ad osservare un punto lontano al di là della testa dell'amico. - Che altro vuoi? - lo apostrofò, acido.
- Ti sembra normale quello che sta succedendo tra di noi? - alzò le braccia al cielo in un gesto esasperato. Gli sembrava impossibile che il ragazzo che si trovava davanti in quel momento e Ron Weasley fossero la stessa persona. - Ne abbiamo passate di molto peggio, ma deve essere una situazione del genere a dividerci?
La domanda di Harry sembrò perdersi nel vento freddo.
- Chissà se crederesti ancora di stare dalla parte degli innocenti, se ti dicessi quello che so – sibilò Ron, alzando gli occhi per guardare l'altro. Sembrava che non avesse sentito una parola di quello che Harry aveva appena detto; mentre parlava, aveva una luce maligna ad illuminargli lo sguardo, una luce che mai e poi mai a memoria d'uomo era appartenuta al più piccolo dei fratelli Weasley.
- Di che stai parlando? - domandò Harry, preso in contropiede.
- Allora Lavanda aveva ragione: non lo sai. Ma come, tutta quella sincerità, quella comunione di opinioni, e ti nasconde una cosa del genere?
Il moro rispose a quella domanda con uno sguardo stralunato, come se ci fosse qualcosa nelle parole di Ron che proprio non riusciva a cogliere, ma che sapeva essere molto importante.
- Beh – continuò Ronald, tutt'un tratto molto più impettito, - A quanto pare Draco Malfoy, il tuo innocente nuovo amico, ha aggredito Hermione proprio pochi giorni fa.
Harry sbiancò, - Ma di che parli?
- Libero di non credermi, ma fossi in te indagherei sulla questione. Potresti, ad esempio, chiedere a Ginny, che a quanto pare è troppo occupata ad avercela con me per parlare di queste cose al suo ragazzo.
- Ron, smettila. - Un ringhio basso, che non scalfì la strafottenza che in quel momento si era impossessata del rosso.
- Ovviamente la mia adorabile sorellina si sente super partes, ancora, ma capirà presto come stanno le cose e credo proprio che a quel punto farà la scelta giusta. D'altronde, non ha motivi per restare dalla tua parte quando è chiaro che tu pensi costantemente al bene dell'umanità e non a quello di mia sorella.
I pugni di Harry si strinsero, e nonostante il freddo le guance si tinsero di rosso per la rabbia. Ignorando gran parte del discorso di Ron, si limitò a chiedere – Cosa le ha fatto? - con voce pericolosamente incolore.
- Questo ancora non è chiaro – rispose l'altro, e per un attimo l'ira incrinò anche la sua voce, che fino a quel momento voleva suonare del tutto indifferente rispetto alla situazione, - Dovresti chiederlo a lei.
Harry rimase qualche secondo immobile, non sapendo né che cosa dire, tantomeno cosa fare. Poi, lasciando a Ron un ultimo sguardo furente, prese a correre verso la scuola, ora totalmente incurante del gelo che gli sferzava il viso e penetrava prepotentemente nei vestiti.
Varcò l'ingresso e salì i gradini a due a due, in cerca di Hermione. Voleva parlarle, chiederle se le parole di Ron fossero vere e, in quel caso, sapere perché diavolo gli aveva tenuta nascosta una cosa del genere. Se Malfoy le avesse fatto davvero del male...
Continuò a correre, tentando di ritagliarsi un istante di pausa nel vorticare dei suoi pensieri sull'accaduto per capire dove dovesse andare. Si ricordò quasi subito che Hermione gli aveva detto che sarebbe stata in Biblioteca per tutto il pomeriggio, cercando di decifrare l'acronimo trovato nella cella di Lucius, così senza esitazione imboccò il corridoio che si apriva sulla sinistra. Giunse davanti al portone in legno in meno di cinque minuti, e si fermò solo un attimo per prendere un profondo respiro.
Aprì la porta, deciso, e si ritrovò davanti Draco Malfoy con la mano allungata nell'atto di afferrare la maniglia. Immediatamente gli occhi di Harry si fecero lucidi d'ira, mentre lo Slytherin gli restituiva uno sguardo vagamente perplesso.
Passarono un paio di secondi, durante i quali il Gryffindor tentava di controllare l'accesso di rabbia che gli faceva pizzicare le mani, mentre lo Slytherin lo studiava attentamente con l'intento di capire perché lo stesse osservando come se volesse lanciargli un Avada Kedavra. Certo, non che solitamente lo guardasse con amore, rifletté distrattamente Draco, ma ultimamente sembravano aver raggiunto un tacito accordo secondo cui avrebbero ignorato quanto più possibile l'esistenza dell'altro, mentre ora, con grande disappunto del biondo, l'accordo era stato infranto.
- Potter, è stato un autentico piacere – disse Malfoy, e quella parola suonò distintamente come “agonia”, - ma ora ho da fare. - Fece per avanzare, con l'intento di uscire da quella dannata Biblioteca, ma l'altro rimase completamente immobile davanti l'uscio, bloccandogli la strada.
Draco incrociò le braccia al petto, consapevole di essere giunto ad un'impasse. Stava per ripartire con un commento acido ed eventualmente uno spintone, quando Harry chiuse gli occhi e cominciò ad inspirare ed espirare, e vide le sue spalle contrarsi. Fu in quel momento che a Draco venne in mente che soltanto un qualcosa che aveva a che fare con i suoi amici poteva ridurre lo Sfregiato in quelle condizioni; i suoi amici, per l'appunto, erano la Granger e Weasley e, dato che con il pezzente non aveva avuto a che fare – grazie a Salazar – per mesi, il fatto in questione doveva necessariamente riguardare lei. E, di seguito, lui.
Tutto questo ragionamento portò Draco a socchiudere le labbra in un'espressione appena stupita, mentre le braccia gli ricaddero lungo i fianchi. - Te l'ha detto? - domandò, brusco.
Harry, che con il metodo “pensa che Hermione non approverebbe, prima di fare cazzate” stava raggiungendo notevoli risultati – tanto da riuscire persino a distendere i pugni – si ritrovò a spalancare gli occhi per le parole di Malfoy, che al suo udito giunsero come la conferma di ciò che Ron gli aveva detto poco prima.
- Hermione? - chiese Harry tra i denti, scuotendo la testa, - Oh, no, lei non mi ha detto niente. - sussurrò, contrariato, - E in effetti non è che stessi cercando te. Volevo chiedere spiegazioni a lei. Ora che sei qui, però... - si interruppe, improvvisamente perplesso, e quando riprese sembrò essersi dimenticato ciò che stava dicendo fino a un attimo prima, - Aspetta un attimo, tu che ci facevi in Biblioteca?
Soltanto il proverbiale autocontrollo di Draco – che, a dire il vero, ultimamente stentava a sostenerlo – lo salvò dall'impallidire. Si limitò a fissare Harry per un paio di lunghissimi secondi, nel tentativo di capire cosa dovesse dire per uscire alla svelta da quella situazione. Alla fine, però, ricordandosi che la bugia si nutre dei dettagli, si limitò a mormorare – Quello che solitamente si fa nelle Biblioteche: leggevo un libro.
Harry perse un battito prima ancora di sentire la sua risposta che, sapeva, sarebbe stata una colossale stronzata. Ormai si fidava così tanto del suo sesto senso – nonostante le numerose volte in cui l'avesse portato a situazioni quantomeno spiacevoli e tendenti alla morte, negli anni precedenti – che fu certissimo di aver colto nel segno quando disse – Stavi cercando Hermione, vero?
- Non vedo per quale motivo avrei dovuto cercarla – ribatté l'altro, freddamente, - e vorrei davvero rimanere qui a chiacchierare con te, ma si da il caso che sia il nostro turno per gli allenamenti di Quidditch, quindi se potessi andare ad importunare qualcun altro il più lontano possibile da me te ne sarei grato.
Harry fremeva, ma riuscì a rimanere abbastanza calmo da continuare a portare avanti quello che riteneva il punto focale del discorso, - Quando mi avrai detto che cosa le hai fatto, potrai andare dove diavolo ti pare.
- Potter – sbottò Draco, palesemente infastidito, - Ti risulta che ci sia qualche tipo di rapporto, tra noi, che mi obbliga ad esaudire le tue richieste?

- Il nostro rapporto è iniziato nel momento in cui tu hai deciso di mettere le mani addosso a Hermione – chiarì Harry, che stava assumendo un colorito pericolosamente simile a quello del rosso della cravatta.
Qualcosa in quella risposta fece indietreggiare Draco di un passo, - Non le ho fatto nulla, lei sta benissimo.
- Questo lascialo decidere a me – rispose l'altro, facendo un passo avanti per mantenersi alla stessa distanza dal biondo.
- Potter, ti consiglio di allontanarti subito...
- Altrimenti?
Un lampo gelido gli congelò gli occhi, - Altrimenti è la volta buona che metta le mani addosso a te. - L'immediato irrigidirsi delle spalle era indicativo del fatto che Draco non stava affatto scherzando. La sua condizione era già abbastanza precaria prima che lo Sfregiato ci mettesse il carico, e poteva benissimo sostituire la sua voglia di “spaccare qualcosa di vetro” con quella di “spaccare il naso a Potter”. Anzi, sarebbe stato persino più soddisfacente.
Allo stesso tempo, Harry percepì distintamente il sottinteso di quella risposta, che riguardava la sua volontà di picchiarlo, ma invece di esserne spaventato o quantomeno preoccupato, si irrigidì ulteriormente e sentì la mano chiudersi a pugno, il braccio alzarsi e scattare all'indietro per avere maggiore spazio e dare più potenza al colpo.
Naturalmente Draco era consapevole che ciò sarebbe potuto accadere, per cui si spostò velocemente e osservò lo Sfregiato tentare di rincorrere i suoi stessi piedi per non cadere. Approfittando della situazione, si lanciò su di lui prima che potesse avere il tempo di riprendersi.
Caddero entrambi a terra, Harry con la schiena sul pavimento e Draco su di lui con tutta l'intenzione di restituirgli il pugno. Il movimento del Gryffindor fu sorprendentemente veloce e corse ad afferrargli il braccio appena in tempo, tentando di rotolare su un fianco per scrollarselo di dosso.
In tutto ciò, due o tre ragazzi si erano alzati e osservavano quello spettacolo con immenso interesse, senza che a nessuno venisse in mente di intervenire per dividerli.
Tra una gomitata, uno sgambetto, un paio di destri e altri colpi che definirli bassi sarebbe un eufemismo, la loro conversazione sembrava essere ancora nel suo pieno svolgimento.
- Non... - calcio, - le ho fatto... - schivata, - niente!
- Come ti sei, - parata, - permesso di metterle, - mani alla gola, - le mani addosso!
Malcolm Mitchell entrò in Biblioteca, aggirò i due che continuavano a rotolarsi sul pavimento, e si affiancò agli altri ragazzi che stavano per formare un circoletto intorno alla rissa. - Chi vince? - chiese.
- Non riesco a capirlo – rispose Terry Steeval.
- Ahia – interloquì un Hufflepuff del terzo anno, osservando il pugno di Draco abbattersi finalmente sul naso di Harry, - Adesso sembra sia in vantaggio il biondo.
- E' Draco Malfoy – osservò Blaise Zabini, uscito in quel momento da dietro uno scaffale e fermatosi al fianco di Malcolm.
- Ciao – lo salutò il bambino, per poi tornare a rivolgere gli occhi davanti a sé e trattenere il fiato quando notò che, in pochi secondi, Harry era riuscito a mettersi a cavalcioni sullo Slytherin e gli aveva appena aperto una ferita sullo zigomo.
- Ciao Mitchell, ti vedo bene. – rispose Blaise, per poi aggiungere, con aria pensosa, - Sai, erano così già da piccoli. Pensavo che sarebbe successo prima, a dire il vero. Hanno accumulato così tanto rancore...
- Staranno bene? - domandò il piccolo, sinceramente preoccupato.
- Oh sì – disse Blaise, laconico, - una favola.
- Lei è mia amica! - urlò nel frattempo Harry, e Draco preferì rispondere con una smorfia disgustata mentre tentava di bloccargli il braccio dietro la schiena.
Forse fu proprio l'urlo di Harry, più acuto rispetto ai precedenti, o forse il fatto che il resto della Biblioteca, sentiti rumori sospetti, si stava avvicinando in massa, in ogni caso il risultato fu che Madama Pince si materializzò in modo così improvviso da far sussultare tutti gli spettatori.
Troppo scioccata per poter avere una reazione diversa dal diventare letteralmente viola dalla rabbia, l'anziana donna rimase in piedi per qualche secondo a sobbollire e balbettare qualcosa che nessuno comprese.
Al che Blaise, il cui sangue freddo era proverbiale quasi come quello di Theodore Nott, tirò fuori la bacchetta e con un gesto secco li divise, mandando a sbattere Draco da una parte e Harry dalla parte opposta.
Ancora ansanti e in pessime condizioni, i due rimasero a fissarsi con odio; Malfoy si asciugò il sangue dal labbro e dallo zigomo con il maglione, mentre Harry tentava di riprendere fiato in silenzio e immobile.
- DAL PRESIDE! TUTTI DAL PRESIDE! TUTTI QUANTI! CHIAMATE MINERVA! 
Minerva McGranitt, il cui Ufficio era quasi dall'altra parte del Castello, pensò di aver sentito qualcuno chiamarla. 


***


Salve di nuovo e buone feste a tutti quanti!
Spero che abbiate passato un buon Natale, per me è stato così. Per altro, sono infinitamente contenta perché presto partirò per Dublino, camminerò tanto, morirò di freddo e farò mille foto. Vi farò una domanda che scommetto ancora nessuno vi ha posto finora: voi che fate per Capodanno? 

Spero che il capitolo vi piaccia, e la buona notizia è che dovrei riuscire a tenermi al passo con la scadenza settimanale che mi sono prefissata.
Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno inserito Crystalised tra le preferite o le seguite, e chi ha recensito. A questo proposito, mi farebbe molto piacere se lasciaste un commento per farmi sapere cosa ne pensate, e mi sarebbe alquanto utile. :)

Per la rubrica settimanale: la prima fanfiction che vi consiglio è, ovviamente, "The Ground Beneath Her Feet" di Savannah che, oltre ad essere la mia prima lettura su questo sito, è anche quella che preferisco in assoluto (sebbene un altro paio siano altrettanto belle). So che molti di voi già l'avranno letta, e sono contenta di ciò, mentre per chi ancora non ne avesse avuto l'occasione: FILATE! 
Merita davvero, e mi piace ancora di più la seconda parte, "Original Sin". 
Per quanto riguarda i libri invece, vi invito a prendere in considerazione un evergreen: "Jane Eyre", di una delle tre sorelle Bronte, Charlotte. E' uno dei libri che preferisco in assoluto, e se riusciste a leggerlo in lingua originale (cosa che io ancora devo fare, ma che farò) sarebbe ancora meglio. 

Alla prossima settimana, e ricordate di ascoltare le canzoni citate nei capitoli! Io me ne vado a rivedere Star Wars... 
Bacio,

MissSmoak 

   
 
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