Anime & Manga > Creepypasta
Segui la storia  |       
Autore: cielscheckmate    27/12/2015    1 recensioni
Una ragazza - una ragazza fantasma, per puntualizzare - non ricorda nulla del perchè non è piú viva, o chi era prima di morire. Non conosce neppure il suo nome, eppure è curiosa per il suo passato. Cerca indizi ovunque, invisibile agli occhi del mondo. Finchè non incontra qualcuno che può vederla, e che l'aiuterà. La nostra cara protagonista non si sentirà più tanto sola, anche quando affronterà momenti difficilissimi e scelte orribili, alla ricerca di chi era prima.
NB: avevo già postato questa storia sul mio profilo wattpad, ohwowser, ma ho deciso di postarla anche qua.
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Drowned, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

No Past 

chapter two.

Tum. Tum. Tum. 
Era questo il rumore che rimbombava nella stanza buia, fiocamente rischiarata dalla sinistra luce bluastra del cabinato. Se fossi stata umana, l'avrei probabilmente scambiato con il battito del mio cuore che accelerava per il terrore. Nonostante avessi una gran voglia di girarmi e tornare sui miei passi, o meglio, letteralmente darmela a gambe, i miei occhi erano incollati sulla scena.
C'era un uomo, riverso sul pavimento. Anche se era buio, sembrava avere un viso giovane. Attorno a lui non c'era altro che una pozza nera, sembrava catrame nel buio di quello stanzino puzzolente. Non era altro che sangue. Il suo. 
Fu la prima cosa che vidi: il viso di uno sconosciuto ancora contorto in una smorfia di paura o dolore. O entrambi. Qualcosa si agitò nel mio stomaco, mi portai instintivamente le mani al viso quando vidi... Lui, l'assassino. 
Era in piedi di fronte al cadavere, stringeva tra le mani un grosso martello. Notai che l'uomo morto aveva una grande ferita sul cranio, dalla quale il sangue scorreva ancora copioso. 
Il mostro aveva un'espressione terrorizzata, ansimava. Lasciò cadere il martello ai piedi del cadavere, ed esso creò un grosso buco nel pavimento lercio. Cadde sulle ginocchia e sferrò un violento pugno al cabinato, — non credo che l'avesse usato, ma che l'avesse piuttosto acceso per farsi luce —che tremò tutto. 
“Cosa ho... Cosa ho fatto? Quella maledetta... Cosa...” Disse l'uomo tra i singhiozzi. 
Forse non aveva intenzione di uccidere l'uomo ai suoi piedi. Dal tono della sua voce, capii che stava piangendo. 
“John... Mi dispiace... Devo... Devo andare a casa a...“ L'uomo non finí la frase. Si alzò in piedi e si avvicinò al cadavere. Pulí il martello insanguinato con gli abiti della vittima e lo nascose sotto il suo giubbotto, largo e di un colore indefinito. Si alzò in piedi e si asciugó violentemente le lacrime, scappando fuori. Lo seguii a ruota, e senza nessun indugio gli corsi dietro. 
L'uomo camminava a passo spedito, con un'espressione contrita. Le strade erano più o meno deserte, l'inverno aveva portato la sera molto presto e a nessuno piaceva essere in giro di notte. Gli alberi e le panchine, illuminati dalle luci smorte dei lampioni, lanciavano ombre inquietanti sulla strada. Gli alberi spogli sembravano mani pronte ad afferrare me e l'uomo e a trascinarci giù, in un posto molto lontano dalla superficie.
Lanciai uno sguardo al cielo. Le stelle continuavano a brillare fredde e crudeli su quella notte di sangue. A loro non importava che una vita fosse stata spezzata.
A strapparmi dai miei pensieri fu il rumore degli scarponi dell'assassino, che si arrestò. Egli era in piedi davanti alla porta di una casa, la targhetta ad essa appesa diceva “Mark B.” Intuii che il nome dell'uomo fosse quello. 
Mark inserí le chiavi nella toppa e girò un paio di volte. La porta si aprí cigolando sinistramente su un soggiorno buio, illuminato dalla luce di un televisore acceso. 
Posó il martello sul tavolo e afferrò un controller da qualche parte. Non si curò di accendere la luce. 
La console era già accesa. Il televisore mostrava il menù di pausa di un gioco. Riuscivo ad intravedere, sotto ad esso, un personaggio vestito di verde con i capelli biondi, ed una statua che sembrava la sua copia dietro di lui. 
Mark tolse il gioco dalla pausa, e iniziò a giocare. La musica di sottofondo era inquietante, palesemente suonata al contrario.
Il personaggio sullo schermo correva, e dietro di lui continuava a comparire la statua. Sembrava una maledizione. 
L'uomo imprecò, dirigendosi verso quello che sembrava un lavatoio. Premette ripetutamente un tasto sul controller, e il ragazzo vestito di verde annegò, mentre al suo fianco compariva la sua inquietante statua e una risata stridula risuonava nella stanza. 
Sullo schermo comparve una scritta, “Dawn Of A New Day”. Quando il quadro comparí, Mark lanciò il controller a terra e urlò disperatamente. 
“Che... Cosa vuoi da me?!“ strillò. “Bastardo... Cosa sei?!” 
Si alzò di scatto, scappando verso una stanza in fondo al corridoio. 
Io rimasi a guardare lo schermo, come incantata. Il... Tipo del videogioco... Sembrava che mi stesse fissando. Con quel suo sguardo vuoto, spaventoso. Mi avvicinai, sempre tenendo gli occhi incollati al televisore. Era come se mi vedesse, come se... Sapesse che ero lí. Fin da quando potessi ricordare, mi ero abituata agli sguardi vacui delle persone, ai loro occhi che mi passavano attraverso. Mai mi ero sentita cosí... Osservata. Sbattei le palpebre, e mi sembrò di vederlo distogliere lo sguardo. Indietreggiai, scappando fuori dalla casa di Mark.
Appena fui fuori dalla porta, corsi il più velocemente possibile verso la collina. Inciampai un paio di volte, maledicendomi per quanto ero maldestra, ma ringraziando qualunque cosa ci sia lassù per il fatto che i fantasmi non sentono il dolore. Corsi a perdifiato, fin quando non mi ritrovai al centro del mio posto segreto. Mi lasciai cadere sul prato, nonostante non sentissi alcuna stanchezza. 
Guardai di nuovo il cielo stellato e sperai che mi cadesse addosso, che mi avvolgesse e mi togliesse di dosso quella sensazione, la sensazione degli occhi di quel tizio nel videogame, che mi ridesse il mio passato, che mi facesse capire chi ero. Desiderai di non essere costretta a quella non-esistenza, di essere solo un normale cadavere, costretto ad essere smangiucchiato dai vermi per sempre. Ma ero qualcosa, e dovevo accettarlo. Dovevo capirne di più. 
Sospirai, chiudendo gli occhi e respirando la brezza fresca della notte. Volevo dormire e dimenticare. Pian piano, cullata dal canto delle cicale in lontananza, caddi tra le braccia di Morfeo e scivolai nel solito, lungo sonno senza alcun sogno.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Creepypasta / Vai alla pagina dell'autore: cielscheckmate