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Autore: Classicboy    27/12/2015    4 recensioni
storia scritta a quattro mani con Lady White Witch
Superhero!AU, Mutanti!AU, X-man!AU
principalmente Spamano con altre coppie
“Chi sono i mutanti?
L'umanità teme da sempre quello che non riesce a capire. La mutazione è la chiave della nostra evoluzione, ci ha consentito di evolverci da organismi monocellulari a specie dominante sul pianeta. Questo processo è lento e normalmente richiede migliaia e migliaia di anni, ma ogni centinaio di millenni l'evoluzione fa un balzo in avanti...”
Lovino vive a New York assieme al fratello, e l'unica cosa che gli interessa e andare avanti senza essere disturbato da problemi quali i mutanti e il loro folle mondo.
Ma dovrà ricredersi quando, aiutando un gruppo di ragazzi in fuga, scoprirà di farne parte.
E così tra scuole in cui le persone hanno ali d'angelo e attraversano pareti, ragazzi che controllano il fuoco e ti invitano a uscire e pazzi uomini mascherati e i loro scagnozzi, riuscirà questo collerico italiano ad accettare il suo nuovo mondo e ottenere risposte su chi lui sia davvero?
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP.5: CHAT IMBARAZZANTI E FUGHE IN MOTO: CHI HA DETTO CHE LA VITA DA MUTANTE È NOIOSA?

 

 

Westchester, New York

Istituto Xavier per giovani dotati

La mattina dopo

 

''Aspetta... quindi un novellino avrebbe salvato il culo ad Antonio?''
''Oui, e non è tutto: suo fratello è immune ai miei feromoni!''
''Kesekesekese... ma chi hanno portato all'Istituto, Franny? Vi divertite proprio quando io non ci sono? Il Magnifico è profondamente offeso''
Francis sorrise, mentre si sistemava meglio sulla poltroncina. La connessione ultimamente lasciava a desiderare, ma era sempre meglio di niente. Almeno, poteva parlare via Skype con Gilbert. Il suo amico era dall'altra parte del mondo, in Europa, a cercare di riprendere i contatti con un gruppo di mutanti lì presente, per accertarsi che non fossero stati sterminati o adescati dalla Confraternita. E, cosa ancora più importante, doveva anche controllare suo fratello minore, che viveva con una sua amica ungherese. Era sicuro che anche lui fosse un mutante, solo non aveva ancora sviluppato i suoi poteri. Il francese non l'aveva mai visto, ma Gilbert non faceva altro che parlare di lui, le rare volte che si degnava di rimanere a scuola a lungo. Era un giramondo, il ragazzo. E dato il suo potere, poteva anche permetterselo.
''Mon ami, ieri è stata una giornata... particolare''
''Me ne sono accorto. Ma almeno questo qui è carino?''
''Mhm... non ti saprei dire, non l'ho ancora visto - ammise a malincuore il mutante - Spero che non sia immune anche lui ai miei feromoni, come il suo fratellino. Sarebbe estremamente frustante. Due nuove leve a scuola, e nessuna possibilità di socializzare''
''Franny, l'ultima volta che hai provato a socializzare, come dici tu, Abel ti stava spedendo sulla faccia blu della Luna''
''Sono particolari''
''Oh certo, come no. E Antonio? Lui che ne pensa del nuovo arrivato?''
''E' rimasto tutta la giornata con lui''
''No, davvero? Kesekesekesekese... questa è proprio bella!''
''Cosa?'' chiese il diretto interessato , arrivato proprio in quel momento e sedendosi su uno dei braccioli della poltroncina.
''Ehilà Tonio! - lo salutò Gilbert - Stavamo proprio parlando di te''
''Oui, di te e del nuovo arrivato''
Antonio inarcò un sopracciglio.
''Feli non è il mio tipo'' disse, pensando di stroncare sul nascere eventuali pettegolezzi da parte dei suoi migliori amici.
''Eh? Mon ami, non ci riferiamo a lui, ma a suo fratello maggiore - precisò Francis, armatosi di tanta santa pazienza. Per certe questioni, il suo amico era veramente ottuso - Sono andato a trovare Emma, e lei mi ha detto che ieri avete passato tutto il pomeriggio in sua compagnia''
''Oohhh... Lovinito''
''Gli hai già dato un nomigniolo? E' cotto!'' scherzò Gilbert.
''Non essere acido, Gil. Questa è la forza dell'amour!''
''Ragazzi, non credete di esagerare?''
''Porquoi? L'amore sboccia nei momenti più inaspettati. Non ti ricordi di Claudio e...''
''MA PORCA PUTTANA! QUESTA SCUOLA E' UNA MERDA!''
Francis fu interrotto da un italiano furioso e completamente fuori di sè. Lovino entrò nella saletta e sbatté la porta con un tale strattone da far vibrare gli oggetti più delicati lì presenti.

Francis non aveva sentito mai nessuno imprecare tanto. Certo, anche Gilbert e Abel spesso e volentieri sembravano dei marinai. Ma qui... oh, qui si raggiungevano tutt'altri livelli.
Antonio, al contrario, non si scompose più di tanto.
''Lovinito! - esclamò, salutando il nuovo arrivato - Non hai una bella cera. E' successo qualcosa?''
''Vorrei vedere te, bastardo. Non posso tornarmene a casa!''
''Non ti piace stare qui?'' gli chiese, quasi deluso. Delusione notata sia da Francis sia da Gilbert. Eccolo il misterioso fratello maggiore di Feliciano. In effetti, la somiglianza c'era. Ma in quanto a carattere, non potevano essere più diversi.
''Ehi, non fare quella faccia. Mica ho detto che voglio andarmene via''
''Ma hai detto...''
''So quello che ho detto - lo interruppe l'italiano - Feli mi ha chiesto un favore. Devo recuperare delle nostre cose... personali, a casa. Solo che la vostra preside non mi vuole fare uscire. Per quale cazzo di motivo, non lo so!''
''Ehm... sai che East Tiger è ancora là fuori, e probabilmente ti starà cercando?''
Lovino rabbrividì appena, ricordando la disavventura del giorno prima. No, quel tipo era l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare. Solo, aveva fatto una promessa a suo fratello. E, cascasse il mondo, lui le sue promesse le manteneva sempre.
''Andasse a fanculo, io devo tornare a casa. Ho promesso a mio fratello che avrei recuperato... una certa cosa per lui''
Antonio lanciò uno sguardo eloquente a Francis. 'Ti prego, fallo calmare' gli voleva dire. I feromoni del mutante funzionavano sia su uomini che su donne, variando gli effetti a seconda dei suoi desideri. E se voleva, poteva persino convincere qualcuno a desistere dai propri proposito. Come dimenticare quando riuscì a far calmare Abel, quando quest'ultimo aveva tutta l'intenzione di spezzare le ossa ad Antonio, dopo la rottura con Emma?
In questo caso, era evidente come lo spagnolo non volesse che il giovane se ne andasse dalla scuola, verso una probabile missione suicida.
Ah, com'era dolce vedere i primi germogli del dolce amour!
''Tonio ha ragione - disse il francese, caricando bene le parole - Dovresti rimanere qua, al sicuro. La preside ha le sue ragioni per non farti uscire, è una donna molto saggia. Che ne diresti di rimanere un po' qui, con noi?''
Doveva funzionare. In quel momento stava usando tutto il suo potere, certo che, su di lui, avrebbe funzionato. Antonio si era allontanato, per non rientrare nel suo raggio d'azione. Certo, aveva imparato col tempo a resistere agli effetti dei feromoni del suo amico, ma questo non gli impediva ogni santa volta di cascare nei suoi trucchi. Entrambi i mutanti, più Gilbert che stava assistendo curioso alla scena da Skype, erano in trepidante attesa.
Lovino squadrò Francis, e sbottò: ''Scusa, ma tu chi cazzo sei?''
''Eh?''
''Perchè fate quella faccia? Sembra che vi sia morto il gatto''
''Tu... tu non mi hai ascoltato...''
''Senti coso, ho altri cazzi a cui pensare. Devo trovare il modo di andarmene via per qualche ora da questa scuola di matti''
Gilbert ,dallo schermo del pc, rideva sguaiatamente, mentre Francis e Antonio erano rimasti impietriti.
''Due... due persone immuni '' mormorò il biondo, stranito. Non era mai successo che qualcuno gli resistette. E ora, arrivavano due nuovi mutanti in grado di contrastare il suo potere. Ma da dove erano usciti?
Intanto, Antonio si riprese subito dalla sorpresa. Lovino voleva uscire, in barba alle regole e al buon senso? Perfetto, lui l'avrebbe aiutato a non farsi beccare a non morire. Mhm... forse non necessariamente in quest'ordine.
''Non preoccuparti, Lovi. Io conosco un modo sicuro per uscire dalla scuola e tornare subito''
''Mi pigli per il culo?''
''Io? Non potrei mai! Solo, ti dirò quello che so se mi permetterai di venire con me. Sono abbastanza versato col mio potere, ti potrei proteggere in caso di incontri indesiderati''
''Io non ho bisogno di nessuno che.... - poi, ricordandosi del dolore della pugnalata, si corresse - Ok, farò un eccezione per te, bastardo. Ti avverto , non fare troppe domande, e non toccare niente quando saremo lì. Intesi? ''
''Sei stato cristallino, Lovinito''
''E non chiamarmi Lovinito''
''Come vuoi... Lovi''

 

Gli schiamazzi dei bambini che giocavano riempivano la stanza.

Emma si ritrovò a sorridere. Era appena stata rilasciata dall'infermeria e ne aveva subito approfittato per andare a trovare i bambini dell'istituto, abbandonati lì perché i genitori temevano fossero mutanti e non volevano averci niente a che fare.

Lei adorava quei ragazzi e, sarà stato per il fatto che era orfana e non aveva mai avuto una vera famiglia, però teneva a quei bambini come se fosse la loro madre. Inoltre facendo visita lì poteva anche andare a trovare suo fratello minore Sigfried.

Stava proprio chiacchierando col ragazzino quando questo fu chiamato da un altro giovane, con i capelli biondo paglia tagliati in un caschetto e due imponenti sopracciglia sopra agli occhi blu come il mare.

“Sieg! Vieni, abbiamo bisogno di te! Ci manca il sesto per un tre contro tre sul campetto di basket!” urlò il ragazzino mentre indicava l'esterno.

“Sì, Peter, arrivo ora” urlò in risposta il giovane. Dopodiché si voltò in direzione della sorella e si esibì in un occhiata di scuse.

Emma sorrise: “Vai, non c'è problema”

Il fratello si esibì in un sorriso a trentadue denti prima di correre verso l'esterno. Emma stava per tornare in camera quando notò una bambina con dei capelli biondi tagliati corti e oranti da un fiocco rosa che se ne stava seduta in disparte a osservare fuori dalla finestra con aria sconsolata.

La belga le si avvicinò: “Ehi, Lily. Tutto bene?” le domandò con voce dolce dandole una leggera pacca sulla spalla.

La bionda si voltò con aria sorpresa, salvo poi rilassare le spalle e tornare a guardare fuori: “Più o meno...” disse con un sussurro.

“Cosa c'è che non va? Dai, sai che a me puoi dirlo” le sorrise e le si sedette di fronte.

La bambina si mordicchiò nervosamente il labbro per poi alla fine cedere: “Si tratta del fratellone. Questo mese non mi ha chiamato” rivelò.

“Oh, tuo fratello, già... Vash, giusto?”

Lily annuì. Emma aveva sentito parlare solo di nome del fantomatico fratello della bambina. Le poche cose che sapeva erano che una sera si era presentato alla porta dell'istituto questo bambino che avrà avuto sì e no nove o dieci anni e che portava con sé questo fagottino, che altri non era che la sua sorellina. Dopo averla data in custodia, dicendo che erano entrambi mutanti e che la loro famiglia non li voleva, se ne era andato. Successivamente col passare degli anni era ricomparso più volte a farle visita. Poi man mano che crescevano le visite si erano fatte sempre più rade ma lui si era sempre premunerato di chiamarla per telefono almeno una volta al mese.

“Magari aveva degli impegni ed è troppo occupato per chiamarti” azzardò Emma.

“Però è anche possibile che sia nei guai o...” la bambina si bloccò. Emma le mise una mano sulla gamba. Sapeva cosa l'altra voleva dire: morto. Poteva essere nei guai oppure morto. Daltronde era un mutante, e purtroppo nella società in cui vivevano ciò non era visto di buon occhio.

“Dai, sono sicurissima che stia bene. Del resto a quanto ho sentito è un mutante molto potente. Ti richiamerà, ne sono certa!” si esibì nel suo migliore sorriso alla quale la bambina rispose incurvando leggermente le labbra.

“Hai ragione” mormorò sollevata.

In quel momento le due furono raggiunte da un trafelato Antonio.

“Emma, per fortuna ti ho trovata - si chinò sulle gambe e prese profonde boccate d'aria dopo la corsa fatta per raggiungerla - Ho bisogno del tuo aiuto”

“Di che si tratta?” chiese la ragazza pronta ad aiutare l'ex-fidanzato.

“Ecco, ho bisogno che tu distragga per un po' di tempo i professori” le sussurrò lo spagnolo.

La giovane aggrottò le sopracciglia: “E come mai? Ti prego, dimmi che tu e Francis non ne avete pianificata una delle vostre” sbuffò. Era Gilbert l'elemento casinista del gruppo ma anche in assenza del tedesco gli altri due riuscivano in imprese a dir poco epiche (a loro parere, per gli altri erano solo l'ennesima prova del fatto che erano degli idioti a cui piaceva mettersi in mostra).

“Oh no no - si affrettò a difendersi il castano - Ecco devo aiutare Lovinito a uscire di nascosto dalla scuola per tornare nel suo appartamento. La preside non vuole che lasci l'istituto e quindi dobbiamo andarcene senza farci notare”

La belga notò in quel momento il castano che se ne stava fermo poco distante e aspettava impaziente.

Lentamente la bionda fece due più due: “Ma è un appuntamento!” esclamò non preoccupandosi di tenere basso il tono della voce.

A sentire quell'esclamazione l'italiano si fece rosso: “Ma non scherziamo! Il bastardo deve aiutarmi a prendere delle cose che ho lasciato a casa!”

“È un appuntamento - dichiarò alla fine la giovane scrollando le spalle. Tornò a fissare Antonio - Ad ogni modo fidati di me. Chiederò anche aiuto ad Heracles, basta che facciate in fretta”

“Grazie Emma, sei sempre la migliore!” esclamò il ragazzo prima di stamparle un sonoro bacio fraterno sulla guancia (cosa che se Abel avesse visto probabilmente non ci avrebbe pensato due volte a togliere l'ossigeno in tutta la zona attorno al corpo del ragazzo).

“Andiamo Lovi!” esclamò a quel punto il castano prima di precipitarsi fuori. Il giovane lo seguì.

“E ora che si fa, bastardo? - domandò Lovino - Ti ricordo che ci troviamo a Westchester. Hai idea di quanto sia distante da New York? Mi auguro che tu non abbia intenzione di fartela tutta a piedi!”

“Non ti preoccupare Lovi - lo rassicurò con un sorriso furbo Antonio. Erano usciti e ora si stavano dirigendo verso una siepe nascosta dalle fronde degli alberi - Qualche tempo fa nei garage della scuola io e i miei amici abbiamo rinvenuto una vecchia moto. Abbiamo chiesto ad Eduard di aggiustarcela e lui l'ha fatto in maniera egregia”

Lo spagnolo si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno che li stesse guardando, dopodiché si avventurò attraverso una macchia del cespuglio solo apparentemente fitta ma che in realtà era una copertura e che permetteva di uscire nascosti dalla scuola. Lovino, leggermente diffidente, lo seguì e si ritrovò a pochi metri dalla strada. Antonio nel frattempo si era diretto verso lo scheletro di una vecchia casa bruciata probabilmente da un incendio. Facendo attenzione tirò fuori una moto scintillante e due caschi.

“Forza Lovi. Salta su!” esclamò dopo aver lanciato all'altro il casco ed aver acceso con un rombo il veicolo.

Il giovane storse diffidente la bocca: “Sei sicuro di sapere come si guida un affare del genere?”

“Ma certo! Non è la prima volta che io e Franny usiamo questo vecchio bolide per sgattaiolare fuori dalla scuola per andare a qualche festa a New York. Ora avanti monta su!”

Il giovane alla fine cedette, indosso il casco e salì sulla vettura.

“Puoi anche stringerti a me, se ti fa sentire più protetto” disse con finta innocenza il castano.

“Ma sei fuori?!” chiese arrabbiato Lovino contento che il casco mascherasse il rossore che gli ricopriva le guance.

“Potremmo anche fermarci a mangiare qualcosa fuori io e te da soli Lovi, che ne dici?”

“Ma sei rincretinito, proprio?! Prendiamo le mie cose e poi torniamo diritto difilato qui, che non ci tengo ad incontrare un altro di quei pazzoidi. Su parti!”

Lo spagnolo si scrollò le spalle e diede gas allontanandosi dalla scuola.

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”,

Da qualche parte poco fuori New York,

Rifugio della confraternita mutante


Silenzio. Troppo silenzio. Sadiq tese le orecchie, come a voler captare dei suoni. Niente. E questo gli faceva sospettare che ci fossero guai in arrivo. Specie se avevi come due sottoposti degli idioti amanti del casino e di Gangam Style. Sospirò. Come poteva realizzare un mondo in cui erano i mutanti a comandare, se aveva a che fare con degli idioti? E sopratutto, si doveva accontentare come base provvisoria di un manicomio abbandonato con il minimo indispensabile, come armi e cibo. E con una tecnologia che neppure i Kree avrebbero voluto copiare. Com'era che era in quello stato? Ah sì... Fenice. Tutta colpa sua, sua e di quei dannati Generation X. Prima poteva contare su un arsenale da far tremare l'intera America. Ora era al massimo capace di spaventare qualche politico in vista. Attentati, assassinii... non erano niente, in confronto a quello che dieci anni prima faceva a New York. Bei tempi...
''Ehi, capo - gli chiese Cam, uno dei pochi membri della confraternita con un po' di sale in zucca - Avete notato che c'è troppo silenzio?''
''Purtroppo sì''
''Quei due sono di nuovo usciti a fare casino?''
''Fosse utile, almeno. Ieri non hanno neppure ucciso nessuno''
''Si vorranno rifare.''
''Tsk, da soli e senza un piano? Preparati a chiamare Winter, per stasera scommetto che dovremo far evadere due imbecilli''

 

New York,

Casa Vargas

 

L'appartamento era accogliente. Certo, il pavimento era costellato di felpe sgualcite e tavole da disegno, ma nonostante ci vivessero due adolescenti da soli, senza la costante osservazione dei genitori, era in ottime condizioni. Per esempio, se lui, Francis e Gilbert vivessero insieme, non si troverebbe niente al suo posto, e probabilmente i loro vestiti finirebbero anche sopra il lampadario. Una simile possibilità era remota, considerato il fatto che erano mutanti, giovani e che le ali di Gil fossero difficili da nascondere per molto senza provocare un terribile mal di schiena al suo proprietario.
"Non avete degli amici che vengono a dormire qui?" chiese distrattamente lo spagnolo, mentre si guardava attorno, toccando i vari soprammobili e gli schizzi lasciati in giro da uno dei due giovani Vargas. Davvero, quel posto era troppo in ordine per i suoi standard.
''Che cavolo ti frega?”
"Scusa Lovi, ma..."
Lui l'interruppe, rispondendogli: "No, nessuno dei nostri amici viene mai a dormire qui. Anche perché io non ne ho e quelli di Feli hanno paura di me."
"COSA?"
L'italiano si massaggio l'orecchio, vittima della voce concitata del mutante.
"Perché sei così sorpreso, stronzo? Non so se l'hai notato, ma ho un carattere di merda. Sono uno stronzo con cui nessuno vuole avere a che fare, pigro, inutile e senza alcuna particolarità. Feli è un artista, io non so fare un cazzo. Ovvio che la gente preferisca avere a che fare xon lui, piuttosto che con me"

Lovino strinse con forza il pugno chiuso per impedire che l'amarezza trapelasse fuori dalla sua voce. Visto che l'altro non gli rispondeva alzò la testa e vide che lo stava guardando con gli occhi spalancati. Finalmente Antonio parlò: "Scusa, e questa idiozie chi te le avrebbe dette?"

Lovino sollevò un sopracciglio: "Nessuno coglione, lo so da me come sono fatto, non ho bisogno che nessuno mi ricordi che razza di perdente sono..."

Lo spagnolo lo prese per le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi: "Stammi bene a sentire: puoi insultarmi, prendermi a testate, fare quello che vuoi. Ma non osare mai più dire una cosa del genere di fronte a me, sono stato chiaro?"

"Ma che cazzo stai dicendo, bastardo?"

"La verità : ti conosco da poco ma so che sei una persona leale e sincera, forse insicura ma fantastica. Di certo so che colui che mi hai descritto non farebbe mai ciò che hai fatto tu salvando la vita a me e ad Alfred, quindi non dire mai più una cosa del genere"

Lovino arrossì come non aveva mai fatto in vita sua. Non credeva che al mondo ci potesse essere veramente qualcuno che lo ritenesse degno di alcuna considerazione.

Nessuno, eccetto suo fratello. Ma Feliciano non contava, erano parenti stretti, soli al mondo e con un parente che se ne fregava altamente di loro. Avevano bisogno l'uno dell'altro. Un po' melenso da pensare, ma era la verità. Ora quel bastardo, quell'Antonio... non lo conosceva che da meno di tre giorni, e già con assoluta sicurezza gli diceva che era una brava persona. Cosa aveva nella testa, pomodori secchi?

''E' un emerita stronzata''

''Hai salvato delle vite, Lovi. Quanti dei cosiddetti amici di tuo fratello l'avrebbero fatto? In 900 anni di tempo e spazio, non ho mai incontrato nessuno che non fosse importante''

L'italiano inarcò un sopracciglio, e ribatté: ''Doctor Who? Sei serio? Andiamo, bastardo!''

L'altro ridacchio appena, imbarazzato: ''Forse è un po' da nerd, ma io amo quella serie. Troppo inglese, vero... ma molto spesso credo di capire come si debba sentire il Dottore''

''Questo non cambia che tu gli abbia appena rubato una frase da speciale di Natale''

''E tu come fai a saperlo?''

Fu la volta di Lovino di sentirsi in imbarazzo.

''Mio fratello - farfugliò lui - E' stata colpa sua''

''Oh, allora anche lui è un fan?''

''No, preferisce Da Vinci's Demons. E non sono sicuro che sia per la trama''

''Piace anche a Francis, sai?''

''Il biondino? Chissà perchè, non me ne stupisco''

"Che ci vuoi fare. Siamo un gruppo di nerd"

"E l'albino? Quello con cui stavate chattando stamattina? Anche lui ha una serie per cui va pazzo?"

"Oh sì: Teen Wolf, ma per adesso l'unica stagione che gli è piaciuta davvero è stata la prima le altre le ha tutte trovate piuttosto deludenti"

"Ah..." Lovino non potè fare a meno di pensare che quella scena non aveva alcun senso: eccolo lì, nel soggiorno di casa sua a parlare con un ragazzo conosciuto l'altro ieri di serie TV, cosa che non aveva mai fatto con nessun'altro ad eccezione di suo fratello. Perché con quello spagnolo si sentiva a suo agio al punto da comportarsi così? Non aveva senso!

<< È così che ci si sente ad avere... un amico? >> si domandò mentalmente. Poi scosse la testa. No, in Italia aveva avuto degli amici ma con nessuno di loro si era mai sentito così attaccato e a suo agio.

Distolse lo sguardo dal castano completamente rosso in viso prima di dirigersi verso la camera di suo fratello: "Avanti bastardo, prima prendiamo le nostre cose, prima la finiamo con queste stronzate e torniamo a scuola, limitando il rischio di incontrare pazzi psicopatici"

"Ehm... okay Lovi"

''Cazzo, e non chiamarmi Lovi''

''Perchè? - chiese, quasi come se fosse un cucciolo bastonato - Lo trovo carino''

''Io non sono carino''

''Ma di specchi ce ne sono in questa casa? Andiamo, sei messo decisamente meglio rispetto ad Abel, te lo dico io''

''C-cosa?''

"Ma sì mi hai sentito. Io trovo che tu sia molto carino" esclamò con un sorriso Antonio. Lovino si fece più rosso di un pomodoro.

"Oh, Lovi sei così tenero quando ti imbronci" il castano si sporse e gli pizzicò una guancia.

A quel punto Lovino agì d'istinto. Ovvero tirò una testata in pancia al ragazzo mandandolo a finire contro la libreria.

"Smettila di sparare cazzate!- urlò infuriato -Oppure comincierò a pensare che tu ti sia ubriacato di tequilla già a quest'ora!"

''Preferisco la sangrìa''

Lovino si passò esasperato una mano sul viso. Allora ci aveva visto giusto: quel tipo era proprio un idiota. Non è che fingeva, lo era veramente. Eppure, perchè aveva il sospetto di trovarsi di fronte a un abile attore? Argh, decisamente non avrebbe dovuto seguire quel corso di teatro, a scuola. Corso seguito giusto per tre lezioni, ma l'aveva pur sempre seguito.

''Bando a ste stronzate - disse, sperando che non si notasse più il rossore che gli colorava le gote - Devo trovare la foto di Feli e prendere dei vestiti puliti''

''Foto? Quale foto?''

''Fatti i cazzi tuoi''

Stava per dirigersi verso la camera del fratello, però tutt'a un tratto si bloccò di botto.

"Querido, è successo qualcosa?" chiese candidamente lo spagnolo. L'italiano nel frattempo era in subbuglio. Non voleva che l'altro vedesse la foto che andava a prendere. Già lo disturbava il fatto di averlo dovuto portare fin nel suo appartamento, e ora non aveva nessuna intenzione di condividere qualcosa di intimo e personale come la foto di sua madre. Come fare quindi? In quel momento trovò la soluzione.

"Ehm, senti bastardo, perché tu non rimani qui a controllare un paio di robe? Mi sembra che sia finito qualcosa sotto la libreria e vorrei recuperarla, ti va?"

"Certo Lovi, nessun problema!" esclamò il castano che si mise subito a gattoni. Lovino ghignò malefico prima di andare nella camera del fratello.

Nel frattempo Antonio controllò dappertutto, ma l'unica cosa che trovò furono ciuffi di polvere, due graffette e un vecchio pennello.

<< Mah, si sarà sbagliato >> pensò. Si rialzò in piedi, si spazzolò i pantaloni e prese a guardarsi in giro. Rabbrividì: quel posto era davvero troppo ordinato per i suoi gusti. Prese a camminare su e giù per la stanza, quando la sua attenzione venne catturata da una foto appoggiata sopra una mensola. La prese: ritraeva due ragazzi castani, uno pareva avere sei anni, l'altro era poco più piccolo. Se ne stavano seduti sopra una tovaglia da pic-nic in una giornata di sole. Il più grande era stato colto nell'atto di addentare sorridente un pomodoro, mentre il più piccolo stava sollevando una forchetta su cui erano avvolti una miriade di spaghetti. Sorridendo riconobbe i due ciuffi che caratterizzavano i fratelli Vargas. Certo che da piccoli erano proprio teneri, soprattutto Lovi. In quel momento però notò che la foto aveva qualcosa che non andava. Aguzzò la vista e notò che lo spazio tra i due fratelli era leggermente sfocato, come se qualcuno lo avesse rovinato, oppure modificato...

"Ehi bastardo!"

La voce di Lovino lo riportò alla realtà. All'istante si voltò verso il più giovane.

"Che stavi facendo?"

"Niente! - rispose mentre si nascondeva l'immagine dietro alla schiena - Recuperata la tua foto?"

''Mhm... diciamo di sì...''

La foto era al solito posto, per fortuna. Solo, non sapeva come fare per non portarla sgualcita o rovinata a suo fratello. Perciò, teneva la cornice stretta al petto, non volendo che lo spagnolo guardasse. Ma, a quanto pare, quel ficcanaso non aveva perso un'occasione per farsi gli affari suoi. Gli si leggeva in faccia che aveva rovistato dove non doveva.

''Cosa hai visto?''

''Como?''

''Non fare il finto tonto, bastardo. Cosa hai visto? Hai trovato qualcosa, non è vero?''

''In effetti...'' Antonio davvero non riusciva a dirle, le bugie: aveva nascosto la foto dietro la schiena, e la porse al giovane, non sapendo come giustificarsi.

Lovino sgranò gli occhi: ''Chi cazzo ti ha dato il permesso di...vabbè, non importa. E' una stupida foto, non è importante. Siamo solo io e Feli''

''Però è rovinata''

''Cazzo dici?''

''Ma sì, perchè siete voi due soli?''

''Sarà stata scattata dopo la morte dei nostri genitori... o prima... non lo so, non me lo ricordo. A quella stramaledetta foto non ci ho mai fatto caso''

"Come sarebbe a dire che non te lo ricordi? Almeno sai dove l'avete fatta?"

"Certo, l'abbiamo fatta a New York. Oppure era in Italia durante una gita...?"

Alzò gli occhi e vide che l'altro lo stava guardando con insistenza: "E smettila di osservarmi, maniaco! - urlò rosso l'italiano - è solo una stupida foto"

"Ma almeno ti ricordi chi te l'ha scattata?"

"No, d'accordo? Ma insomma cos'è questo? un interrogatorio della polizia? Non mi ricordo nulla, va bene!" e fece per andarsene irritato.

Antonio osservò la foto ancora per qualche attimo dopodiché commento: "Sai, dovresti sorridere di più"

Lovino si fermò di botto: "Come, scusa?"

"Sei carino quando sorridi. Secondo me dovresti sorridere di più. Saresti più felice. Felice come lo eri in questa foto" e gli sorrise dolcemente.

Lovino sentì le guance andare a fuoco, mentre biascicava qualcosa: ''Io... io non... sembro un idiota quando sorrido''

''Non è vero. Qui non lo sei''

''Ero un bambino, i bambini non sembrano maniaci''

''Mi permetto di dissentire. Mio fratello da piccolo...'' Antonio si morse il labbro, e l'italiano capì che stava per rivelare qualcosa di scottante. Ma, qualunque cosa fosse, non gli poteva importare di meno. Insomma, se aveva dei segreti, non gli interessava. C'era una cosa chiamata privacy. Il suo pensiero tornò alla foto che lo spagnolo teneva in mano. In effetti, chi gliel'aveva scattata? E quando? Quel parco sembrava familiare...

''Non è New York - disse, in un sussurro, sorprendendo anche se stesso - No, non è stata scattata qui. Lei era viva e...''

''Lei?''

''Eh?''

''Lovinito, Lei chi?''

"Lei..." si morse il labbro. Che fare? Dirglielo? Ma era una cosa privata, e poi... se avesse scoperto che lei... gli mancava? Se avesse scoperto che ogni sera prima di andare a dormire pregava sua madre affinché vegliasse su di lui e su suo fratello? Se avesse scoperto che quando aveva giornate no a scuola si metteva a desiderare che lei ci fosse ancora per parlarle e rivelarle quanto si sentiva male? L'avrebbe preso per un bambino che credeva in una chimera, come avrebbero fatto tutti. Alzò gli occhi. Vide che Antonio lo stava guardando con una luce diversa negli occhi: decisa, ma amichevole. E capì. Capì che Antonio non era tutti, poteva dirglielo tranquillamente,

Prese un profondo respiro e gli porse la foto che teneva attaccata al petto: "Lei, mia madre"

Antonio afferrò la foto e si mise a guardarla. Subito, con una convinzione paragonabile a quella che aveva Alfred quando si dichiarava l'eroe del gruppo, disse: ''Lei è tua madre? Non ti somiglia''

''Spari ancora cazzate?''

"Ehm, quello che volevo dire..."

"Oh, ma taci. Lo sapevo! Vatti a fidare degli altri, apriti con loro! - prese rabbioso la foto dalle mani di Antonio mentre il volume della sua voce andava sempre più alzandosi - Tutte cazzate! Credevo di potermi aprire con te, ma per fortuna mi hai ricordato in tempo che le uniche persone di cui mi posso fidare sono me e mio fratello"

Oramai il ragazzino era sull'orlo delle lacrime. Antonio cominciò a boccheggiare mentre cercava qualcosa da dire. Aveva parlato senza riflettere, ma come era possible che la donna bionda della foto con il volto dolce e gentile che ricordava i mosaici bizantini, etereo e al contempo angelico, assomigliasse a quel ragazzino?

''Mi dispiace, non volevo... non sono bravo con queste cose...''

''Hai il tatto di un elefante''

''Emma me lo diceva spesso... comunque, non volevo offenderti. So che il legame con la propria madre è qualcosa di sacro, io per esempio la mia la sento una volta al mese, se sono fortunato e se non c'è nessuno a controllarle il telefono. Ma non puoi negare che questa donna...''

''E' mia madre, idiota. Ti basta sapere questo. Per anni ho pregato che Lei ci sentisse, dovunque fosse. E non sarai certo tu a...''

Si bloccò, portandosi una mano alla testa. Perchè all'improvviso gli faceva così male?

''Lovi, cos'hai?''

''N-niente, coglione... dammela, e sta zitto''

''Lei come si chiamava?''

''Come?''

''Sì, come si chiamava? Mia madre si chiama Isabella Maria Manuela Fernandez Carriedo''

''E' uno scherzo, vero?''

''No, è il suo nome. Francis disse che sembrava il nome di un personaggio di una telenovela argentina. Forse aveva ragione. Solo, quel giorno lo pestai così tanto, che nemmeno il suo potere riuscì a calmarmi...''

"Potere?"

"Ehm, dicevamo - non era certo intenzionato a far scoprire all'italiano che aveva provato a farlo calmare tramite il potere dell'amico quella mattina - Non trovo che questa donna ti sia molto simile come aspetto, nè a te nè a Feliciano. Almeno un minimo, come gli occhi o la forma del viso..."

"Embè? Avremo preso da nostro padre, evidentemente! Comunque direi che questa gita è durata anche troppo. Forza torniamo a scuola!"

"Aspetta Lovi..."

"E non chiamarmi Lovi cazzo!" si voltò e Antonio deglutì spaventato. C'era una scintilla che ardeva nei suoi occhi, una scintilla di potere, qualcosa di profondo e antico, qualcosa di... speciale. Potente e al contempo tremendamente pericoloso.

"Lovino..." mormorò preoccupato. Il ragazzo sbatté le palpebre e la luce scomparve. Antonio notò che due lucenti lacrime stavano correndo giù dalle sue guance.

"Lovi che hai?"

"Sniff... nulla - rispose brusco - Sto fottutamente bene, bastardo. Non sto male per via di mia madre, perché lei non c'è più, perché lei non è al mio fianco, perché non mi consola quando ne ho bisogno... perché non mi ricordo neanche il suo nome" ammise con un sussurro roco.

''Non ricordi... il suo nome?''

''Cazzo, ma mi stai a sentire?! No, non me lo ricordo. Così come non mi ricordo se era brava in cucina o se si bruciava di continuo, se amava l'arte come Feliciano o se aveva un brutto carattere come il mio. Non mi ricordo di mio padre, non so se era un brav'uomo o era uno stronzo. Non so se gli piaceva guidare o se preferiva prendere i mezzi pubblici. Della mia famiglia non so niente, ma non l'ho mai detto a Feliciano. Sai come si sente un bambino a sei anni, a miglia e miglia di distanza da casa, che non ha una figura su cui fare affidamento? Feli era terrorizzato... e ho cercato di essere forte, per lui. Gli ho fatto da padre e fratello, l'ho protetto dai bulli e da altri stronzi che si aggirano per New York. E quando era così... così distrutto dal dolore, completamente perso, confuso... io gli raccontavo storie della nostra famiglia. Gli raccontavo delle cose... inventante di sana pianta. Non volevo che anche lui sentisse il mio stesso vuoto, non volevo che...''

Non finì la frase: Antonio, senza troppe cerimonie, l'aveva abbracciato forte, come se temesse di vederlo frantumarsi da un momento all'altro.

Lovino era talmente shockato che rimase fermo sul posto non sapendo cosa fare. Sentiva il corpo dell'altro premere contro il suo, sentiva le braccia muscolose del maggiore stringerlo a sé, sentiva il suo respiro caldo sulla nuca.

"Deve essere terribile per te - gli sussurrò Antonio nell'orecchio con voce dolce - La famiglia è una delle cose più importanti che abbiamo e immagino che non ricordarti nemmeno le cose basilari per te sia davvero orribile. Ti prego perdonami, non volevo farti stare male. Io a te ci tengo Lovinito. Sento che sei speciale, e scommetto che è così anche per molta altra gente"

Lovino a quel punto gli afferrò la schiena e ricambiò l'abbraccio mentre le lacrime scendevano sempre più copiose lungo le guance. Inspirò a fondo l'odore dell'altro. Sapeva di terra, di bruciato e di pomodori. Quel mix aveva un che di tranquillizzante, gli ricordava quando andava nei vigneti o nei campi di quel villaggetto poco fuori Roma assieme alla madre e...

Si bloccò. cercò di focalizzare il ricordo, ma questo esattamente come era comparso, se ne andò. Lovino strinse ancora di più Antonio e cercò in tutti i modi di ricordare.

Un viso. Gli apparve un viso. Un uomo di mezza età, dall'aria bonaria e scanzonata. Sembrava familiare... ma chi era? La testa gli stava scoppiando, come se lo sforzo di mantenere impresso quel ricordo stesse sottoponendo la sua mente a uno forte stress. Ma lui doveva, voleva sapere... perchè una parte di lui sentiva che Antonio aveva ragione? Cosa... cosa c'era che non andava nella sua testa?

"L-Lovinito? Mi-mi stai facendo male..."

L'italiano a sentire quelle parole aprì di scatto gli occhi e notò che stava stringendo con violenza la schiena dell'altro.

"Sc-scusami" borbottò rosso per l'imbarazzo mentre si staccavano. Molto probabilmente aveva lasciato il segno.

"Che è successo? Tutt'a un tratto hai fatto una strana smorfia"

Il castano all'istante cercò di ricordare ciò che aveva appena visto. Provò a ricordare quel viso, ma il ricordo stava scomparendo man mano.

"No, non te lo permetterò..." borbottò il ragazzo testardo. Era vicino a scoprire qualcosa di importante, se lo sentiva. Tutt'a un tratto la figura di un sorriso luminoso e triste gli si affacciò nella mente, e nella sua testa risuonarono chiare le parole "Mi dispiace..."

Antonio osservava incuriosito e preoccupato l'amico. Sentiva che stava succedendo qualcosa, infatti poco dopo che l'altro aveva mormorato qualcosa aveva sentito una stretta allo stomaco e aveva provato la stessa sensazione di quando aveva visto quel bagliore nei suoi occhi.

In quel momento però sentì qualcos'altro. I peli sulle braccia si rizzarono e provò un brivido lungo tutta la spina dorsale.

Erano le stesse sensazioni che si provavano quando stava per scoppiare un temporale.

"Lovinito..."

"Non ora bastardo!"

"Lovinito!" il tono si fece più urgente.

"Non vedi che sono occupa..."

"Dobbiamo andare!" urlò Antonio prendendolo per mano e correndo un direzione dell'uscita.

Un fulmine sbarrò loro la strada. Lovino tossì, Antonio gli si frappose davanti, come a volerlo proteggere. Una voce familiare li schernì, avvolta dal fumo che il fulmine aveva provocato. '' Ho interrotto una scena così stucchevole... beh, almeno prima d morire il ragazzino avrà un bel ricordo.''

"L'ho sempre detto che sei un sentimentale, fratello" rispose un'altra voce in quel momento alla loro destra.

Antonio ancora di fronte all'altro ringhiò: "Possibile che voi malvagi non rinunciate mai?"

"No, siamo tipi molto testardi" rispose la prima voce uscendo fuori dal fumo. Era un ragazzo orientale, i capelli castani erano tenuti corti e indossava una ridicola tuta blu nera che all'italiano risultava molto familiare. Con un brivido si rese conto che quello altro non era che il tipo che gli aveva aggrediti al jet.

"Thunderbolt" ringhiò Antonio mentre la mano si accendeva di un fuoco rosso. "Hellfire - rispose con un ghigno il coreano mentre delle scariche azzurre scintillavano tra le mani - È così bello rivederti. Devo ancora ringraziarti per la pessima figura che mi hai fatto fare nella radura e per le macchie di resina sulla tuta. Hai idea di quanto ci abbia messo a toglierle?! Ma sono disposto a passare oltre, basta solo... che tu ti faccia da parte e mi consegni il ragazzino"

Lovino per poco non si strozzò. Volevano lui? Oh merda, era fottuto!

"Mai, dovrete passare sul mio corpo" rispose lo spagnolo prima di scagliare una fiammata verso l'avversario che si parò con una scudo di fulmini.

"Scenografici vero?"

Lovino trasalì a sentire quella voce a pochi centimetri dal suo orecchio. Si voltò e vide fermo accanto a lui un ragazzo talmente simile al primo da poterne essere il fratello.

"Coloro che controllano gli elementi sono sempre così. Hanno uno spiccato senso teatrale e il gusto per i colpi di scena, non trovi?" guardò nella sua direzione con un sorriso inquietante. Lovino deglutì per poi girare sui tacchi e correre verso le scale anti-incendio.

"Ma perché fuggono sempre - borbottò indispettito il giovane - Io non ho nulla contro di te. Ma il fratellone ti vuole morto.Nessun rancore, amico"

L'attimo dopo Lovino si ritrovò a volare per la stanza finendo contro un muro e facendo finire per terra alcuni quadri appesi da suo fratello. Alzò la testa e strinse ancora di più la foto al suo petto. Qualunque cosa sarebbe successa, lui non l'avrebbe lasciata andare per nulla al mondo. L'attimo dopo di fronte a lui comparve il ragazzo con la tuta argentea che gli sorrise diabolico: "Non ti hanno detto che è maleducazione andarsene via quando qualcuno sta parlando con te?"

"Fratello, il ragazzino ha il fattore rigenerante" gli ricordò l'altro.

"Capirai: sarà più difficile da uccidere, ma un colpo netto alla testa e..."

Non fece in tempo a finire la frase che un quadro volò nella sua direzione e il castano si trovò con una nuova e ingombrante collana rettangolare attorno al collo.

"Non mi sottovalutare" esclamò Lovino deciso. Se doveva andarsene l'avrebbe fatto alla sua maniera.

"Oh, questo non dovevi farlo - ringhiò il ragazzo mentre si strappava dal collo la tela - Adesso è diventato qualcosa di personale. Preparati a soffrire le pene dell'inferno"

"Bel colpo Lovinito!"

"E tu non chiamarmi in quel modo e concentrati sul tuo di avversario!"

Per poco Antonio non fu colpito da un fulmine. E ti pareva che quello lì non approfittasse della sua momentanea distrazione per colpirlo. Si morse il labbro: lì ci voleva una buona strategia per salvare sia lui che Lovino. Il ragazzo aveva appena scoperto di essere un mutante, non sapeva cosa poteva fare o non fare con le sue capacità. E soprattutto era senza addestramento. Doveva fare di tutto per riportarlo sano e salvo all'istituto.

A costo della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Ehilà, vado di fretta e non ho avuto tempo per ricontrollare, quindi scusate eventuali errori.

I mutanti cattivi comparsi sono Corea del Sud (Thunderbolt, controllo dei fulmini) e Corea del Nord (OC, Quicksilver, supervelocità).

Spero che abbiate apprezzato, perdonatemi ma devo proprio scappare ora.

Ringrazio davvero tantissimo Lady White Witch e avviso che la prossima settimana potrei non aggiornare in quanto sono via, scusate.

Attenzione: minimo due recensioni per continuare. Volete fare felici due autori, da? ^J^

   
 
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