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Autore: Cranberry_    27/12/2015    0 recensioni
Si legge spesso di persone sfortunate a cui ad un certo punto della loro vita tutto comincia a venir fuori dannatamente bene. Ma cosa succederebbe se a chi ha ogni cosa, bellezza, cervello, popolarità, venisse improvvisamente tolto tutto?
-Forse da qualche parte nello spazio-tempo lei è ancora lì a sorridere felice, prima di girare la maniglia della porta che come al solito Luke non si era premurato di chiudere a chiave. E sempre da qualche parte nel tempo lei apre la porta e non vede Luke che si scopa una delle sue compagne di corso ad educazione civica, ma lo vede dormire teneramente avvolto dalle coperte. Ma chiaramente questa dimensione, per quanto crudele questo possa sembrarci, non coincide con la realtà. E chiaramente adesso lei nella realtà urlava, mentre il caffè si spargeva lentamente a terra formando un alone giallastro sulla moquette fresca di pulito. E lì in quella chiazza, a galleggiare fradici ed indifesi c’erano tutti i suoi sentimenti.
In frantumi.-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole splendeva.
Non era come i soliti giorni in cui era alto nel cielo e basta, era proprio splendente. Si rifletteva nel mare e rendeva tutto più interessante da guardare, più luminoso, più bello. O almeno, Liza vedeva tutto così.
E’ come quando il mondo è una merda completa, ma tu sei così fottutamente assorta sugli aspetti meravigliosi della tua esistenza, da bypassare tutto il resto. Lo chiamano amor proprio; per me, è solo menefreghismo. Liza Micheals era felice e non perché il sole splendeva su una città della quale, come accennato prima, ben poco le fregava, ma perché nella sua vita la fortuna la faceva da padrona. Insomma, diciannove anni, capelli biondi, occhi verdi, un culo assurdo e tutto il mondo ai tuoi piedi. Sembrerà pure la trama di un film, ma era semplicemente la sua vita e non c’era niente di più bello che essere consapevole del fatto che nulla può distruggere qualcosa di tanto perfetto da sembrare assurdo. Ma, ne siamo proprio sicuri?
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Le mani del biondo correvano sicure sulla schiena della ragazza, piegata sulla scrivania della stanza di lui. C’era un bel sole, ma era coperto dalle tende blu, quelle che la madre di Liza gli aveva regalato per il loro primo anno insieme. Luke pensava ancora a quanto fosse un regalo di merda, come del resto tutto nella sua vita da un po’ di tempo.
Ma adesso era lì, bello e popolare, che si scopava Jacky o Jessy o una roba così (lui l’aveva memorizzata semplicemente come “belle tette”) sulla scrivania di camera sua. E che ti importa se i voti non vanno e se quel piccolo briciolo di rimorso ancorato alla tua anima ti urla che hai una ragazza da quasi un anno e mezzo. Luke Hemmings sta soffrendo. E poco importa se il mondo, il karma e il giudizio divino bombardano la sua coscienza di piccole fitte: lui continuava a spingere e lei continuava a gemere e va bene così. Vero?
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-La ciambella è per il tuo ragazzo?- chiese Alaska con fare disinteressato.
Liza prese il sacchetto tra le mani profumate alla crema d’arancio che metteva sempre e fresche di manicure, guardando l’amica annoiata.
-Potresti anche chiamarlo per nome, Al. Sai quanto questo tuo atteggiamento mi urti.-
-A me urta lui. Tenta di apprezzare il fatto che lo sopporti a tal punto da riuscire a parlarne senza tagliarmi le vene.- Liza si voltò, distogliendo la vista dalla sua migliore amica che la fissava col suo solito sguardo sarcastico. Alaska Mirrel non aveva mai avuto uno speciale rapporto col suo ragazzo, Luke, e viceversa. La bionda si ritrovava spesso a pensare a quello che sarebbe successo se un giorno avesse per un semplice sfizio personale lasciato quei due in una stanza. Quasi sicuramente, conoscendo Alaska a rimetterci sarebbe stato Luke.
La sua amica aveva i capelli biondi, con una tintura ben fatta ma tradita da un’evidente ricrescita che partiva dalle radici. Eppure erano belli, lunghi e selvaggi, abbinati alla perfezione con quegli occhi verdi dal taglio quasi orientale che tanto colpivano chiunque li guardasse. Ma quello che più colpiva di Alaska non era di sicuro il suo volto o il suo fisico, quanto il suo essere. Era naturalmente carismatica e affascinante, dal momento in cui ti guardava fino a quello in cui (ma solo se ne aveva davvero voglia) ti rivolgeva la parola. Il suo aspetto era solo una decorazione, quello che c’era dentro tutto il resto del pacchetto.
-Comunque sì, è per lui. Non lo vedo di persona da 3 giorni, è così stressato dagli esami che a stento esce di casa.-
Alaska finse di asciugarsi una lacrima e guardandola con espressione disperata: -Quale terribile indegnità! Come possono sembrare anche solo sopportabili le nostre strade senza Luke Hemmings pronto a percorrerle!-
-Chiamami quando sarai tu ad essere anche solo sopportabile, tesoro.- esclamò la bionda con uno sbuffo –A dopo!-.
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-E’ stato grandioso.-
-Puoi dirlo, babe.-
Luke non era solito usare soprannomi idioti, nemmeno con Liza, ma si era appena accorto di aver completamente dimenticato il nome di quella ragazza. E di sicuro non poteva chiamarla Belle Tette come mentre stavano facendo sesso, quindi si arrangiava e basta.
I sensi di colpa non avevano ancora bussato alla sua porta, quando fece il fatale errore di guardare alla sua destra, sulla scrivania. La cornice capovolta sembrava salutarlo; era quella con la foto sua e di Liza, quella che si erano scattati per il loro primo mese, che avevano trascorso sulla spiaggia, un’idea di sua madre ovviamente. Sentì un peso che gli si stringeva attorno al cuore, e il battito di quest’ultimo che aumentava a dismisura; era troppo orgoglioso per ammetterlo, ma nonostante non fosse la prima volta che tradiva la sua ragazza, quella consapevolezza gli apparve devastante e diversa, e gli occhi gli diventarono lucidi. Entrò nel panico.
E, come al solito, fece la cosa sbagliata.
-Ma cosa fai?- esclamò Belle Tette con una risatina.
-Ti senti pronta per il round numero 2?-
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Liza sbatté la porta, che quasi simultaneamente si aprì di nuovo per poi chiudersi con un tonfo. Lindsey Lee Jones aveva fatto la sua comparsa.
Era impossibile non notarla, sia per la  sicurezza con la quale camminava senza mai smettere di guardare dritto davanti a sé, sia per il modo in cui si presentava.
 I Jones possedevano quasi metà della città, il padre e lo zio di Lee erano a  capo di un’azienda pubblicitaria con filiali sparse per le principali capitali del mondo, quindi per Alaska non era strano domandarsi come Lee e lei potessero aver legato. Era tanto improbabile quanto fantastico.
Se avesse dovuto trovare un’espressione con cui descrivere la ragazza sarebbe sicuramente stata “completamente fuori di testa”. Non parlava molto, non ne aveva bisogno. Alta un metro e ottanta, il suo segno distintivo erano i capelli rosso fuoco, sempre in perfetta piega nonostante la tinta decisamente fuori dal comune, ma forse anche Lee era un po’ così. Bella, perfetta, ma al contempo canonicamente fuori dal comune.
Passava di festa in festa, e automaticamente di letto in letto; a detta di Liza era “una bella troietta”, ed in parte anche a detta di Alaska, ma le voleva troppo bene per associare proprio a lei una cosa del genere, nonostante non si facesse scrupoli a dirglielo ogni qual volta scherzassero insieme (quindi praticamente sempre).
-Novità?- masticò la rossa.
-Margo non c’è?-
-Scuola. Doveva provare.-
-Capito.-
-Beh, non hai risposto alla domanda.-
-Sta andando a fargli una sorpresa, a casa sua.-
Ora, bisogna sapere che Lee Jones e le dimostrazioni di affetto fanno a pugni; ma che se Alaska dice una cosa del genere, con un tono del genere, un abbraccio è l’unica cosa con cui si può rispondere.
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“Michel Clifford camminava a passo spedito verso la dannazio..”
-Nha, che idiozia, sembra una frase uscita da Bukowski, che cazzo scrivi. Ok riproviamo.-
“Micheal Clifford, un metro e novanta di musc..”
-Fanculo.-
E fu cosi che Micheal Clifford, decise che la scrittura non faceva sicuramente per lui. Stava provando a trovarsi un qualche tipo di talento o anche solo un hobby più o meno da quando aveva cominciato l’ultimo anno, ma fino a quel momento l’unico che aveva potuto attribuirsi, ripetute volte, era quello di ubriacarsi molto velocemente alle feste dei suoi compagni di corso. Proprio come la notte precedente.
Ora nella sua testa era in corso una rissa alquanto dolorosa e lui aveva solamente voglia di iniettarsi un paio di flebo zeppe di caffè endovena, ma gli era rimasto un solo talento da testare, ed era per questo che attendeva impazientemente fuori dall’entrata dell’auditorium scolastico l’uscita di Constantine Minelli. Lui/Lei avrebbe dovuto tecnicamente fare Mariaketis di cognome ma era così appassionato dai musical di Broadway, ed era così gay che probabilmente si era già fatto cambiare il cognome anche all’anagrafe da un pezzo.
Il ragazzo si passò nervosamente una mano tra i capelli neri, scompigliandoli quasi come se non lo fossero già abbastanza. Poi, annoiato, decise di agire, ed entrò di sua spontanea volontà nel territorio del Minelli.
E lì la vide.
Margo Roth Spellman la prima volta, a detta di Micheal, fu come il crescendo di una canzone di Bowie. Come quella che lei stava adattando al piano in quel momento. I capelli corvini le incorniciavano il volto vitreo, quasi da bambola e il vestitino viola le copriva a malapena le cosce mentre copriva i tasti del pianoforte. Il ragazzo sapeva chi era, insomma come si faceva a non conoscerla, ma venire a sapere che suonava il pianoforte e vederla da così vicino senza il suo gruppo di amiche/vipere perfette a circondarla, faceva il suo effetto. Dopo un lasso di tempo passato a fissarla spudoratamente, la vide che salutava Minelli con due baci sulle guance, spostandosi sullo spazio del pavimento che la separava dal ragazzo con la sua andatura da folletto, quasi volasse, e  parandosi poi davanti a lui.
I due presero a fissarsi e Micheal giura tutt’oggi che la sua sudorazione in quel momento, per quanto la cosa sia disgustosa, avrebbe potuto dissetare tutto il terzo mondo. E poi…
-Scusa, ma stai bloccando il passaggio.-
“Cazzo.”
-Cazzo.- disse lui spostandosi automaticamente e guardando ovunque tranne che davanti a sè –Che figura di merda, sono Micheal comu…-
Ma lei era già andata via.
-…nque e sei davvero bella e penso di volerti sposare.-
-Clifford, parli da solo per caso?- parlò Minelli, arrotolandosi il foulard rosa salmone attorno al collo quasi inesistente e avvicinandosi a lui.
-No, pensavo ad alta voce.-
-Il che, figliolo, equivale a parlare ad alta voce. Ad ogni modo, cosa ti porta da queste parti?-
-Oh giusto.- Micheal sembrò essersene ricordato in quell’esatto momento
-Mi chiedevo se lei potesse farmi delle ripetizioni extra su determinati argomenti. Sa, strumenti, solfeggio, cose così. Mi piacerebbe sapere se sono portato.-
Il volto paffuto dell’uomo si illuminò, e dopo due secondi il ragazzo si ritrovò stretto nella morsa soffocante e profumata del suo abbraccio.
-Prof, lei sa di… profumo da donna.-
-Clifford, se vuoi imparare davvero l’arte della musica e della vita dal maestro qui presente, ti conviene chiudere la bocca.-
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Changes di David Bowie nelle orecchie e la copia della chiavi alla mano, Liza si sentiva sicura di sé e felice come solo chi sa cosa sta per vedere si può sentire. Non provò a chiamarlo ad alta voce, non si curò di togliere gli auricolari o di guardare attentamente l’attaccapanni su cui era chiaramente poggiato un cappotto femminile, cosa strana visto che Luke viveva da solo e che fuori c’erano almeno 25 gradi. Non si curò nemmeno di passare per la cucina, dove erano ben visibili due bicchieri di rosso rovesciati e un paio di mutandine galleggianti tra vino e cocci. E non si curò di camminare con passo forte perché Luke, poverino, probabilmente dormiva ancora. E David Bowie cantava di cambiamenti così forte nelle sue orecchie che nemmeno i gemiti selvaggi provenienti dal piano di sopra riuscivano a superare il suono della barriera acustica.
La busta della caffetteria era nelle sue mani e lei si specchiò sistemandosi i capelli già perfetti, prima di prendere un fiore dal vaso accanto alla cappelliera e salire le scale con passo felpato.
Un piccolo tonfo la scosse nonostante gli auricolari, e lei pensò che magari il suo Lukey stesse facendo palestra. Ma niente, in palestra non c’era. La porta del bagno in fondo al corridoio era spalancata e come poteva ben vedere non era nemmeno lì. Quindi le restava solo la camera da letto.
Liza sorrise di felicità ed impazienza, strano quanto il destino ci giochi brutti scherzi proprio quando fa di tutto per apparirci favorevoli. E forse da qualche parte nello spazio-tempo lei è ancora lì a sorridere felice, prima di girare la maniglia della porta che come al solito Luke non si era premurato di chiudere a chiave. E sempre da qualche parte nel tempo lei apre la porta e non vede Luke che si scopa una delle sue compagne di corso ad educazione civica, ma lo vede dormire teneramente avvolto dalle coperte. Ma chiaramente questa dimensione, per quanto crudele questo possa sembrarci, non coincide con la realtà. E chiaramente adesso lei nella realtà urlava, mentre il caffè si spargeva lentamente a terra formando un alone giallastro sulla moquette fresca di pulito. E lì in quella chiazza, a galleggiare fradici ed indifesi c’erano tutti i suoi sentimenti.
In frantumi.
  -Mi chiamo Valeria e benvenuti alla mia prima storia su questo sito.
Fino ad oggi sono sempre stata una lettrice abbastanza silenziosa, ma ad un tratto mi sono detta "perchè no?" e ho beccato una delle cose che avevo salvato sul computer pubblicandola a random con ancora l'intero cibo di Vigilia, Natale e Santo Stefano sullo stomaco e sui fianchi.
Passando oltre queste inutili informazioni, spero che voi lettori possiate apprezziate questo lavoro per il semplice fatto che c'è un po' di me in ognuno dei personaggi, specialmente nelle ragazze a cui come qualcuno di buon occhio avrà già notato ho dato 3 dei nomi delle protagoniste femminili dei romanzi di John Green,(  mentre per LIza è stata semplice affinità col suo nome.); ho scelto i 5sos come personaggi maschili perchè apprezzo molto la loro musica, e perchè mi hanno molto ispirata sin dalla prima volta in cui ho visto/letto una loro intervista, sembrandomi perfetti come personaggi. Detto questo, grazie molte a chiunque abbia avuto davvero il coraggio di arrivare sino alla fine di questo primo capitolo, se vi va lasciate una recensione per farmi sapere se pensiate sia bella, brutta, un'autentica merda o giù di lì. Grazie ancora per il vostro tempo e alla prossima <3 
 
  
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