Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: SenzaPH    27/12/2015    1 recensioni
La storia segue gli avvenimenti della terza stagione (attenzione agli spoiler).
Sara, Manuel ed Elia sono tre giovani studenti italiani in fuga.
Sanno che qualcuno li sta cercando, li vuole catturare e magari anche uccidere.
La loro fuga parte proprio dalla capitale romana quando un apparente normale giorno universitario si trasformerà in una epopea che li porterà al cospetto dello S.H.I.E.L.D
Il "come" e il "perchè" sono ancora un mistero...
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elia
 
 
Sembrava tranquilla, serena, come se fossimo a casa mia a prendere un tè. Sembrava la solita Sara: allegra, piena di vita, ottimista, forte… Tanto forte, eppure fino a poche ore prima stava su di un lettino, attaccata a dei macchinari.
Per la prima volta l’avevo vista fragile, non ero riuscito a far nulla per difenderla e questo non sarei mai riuscito a perdonarmelo.

Di quello che era successo, avevo pochi ricordi molto confusi e che mal si concatenavano tra di loro ma l’unico vero e vivido ricordo riguardava la colluttazione avvenuta nei bagni della facoltà. Ricordavo benissimo ogni cosa, ogni dettaglio, tutto mi si era impresso nella mente come un marchio di fuoco: gli uomini in nero, il cadavere di un ragazzo mai visto prima e Manuel alle strette.
Quel giorno per ben due volte avevo fallito, non ero riuscito a difendere né Manuel né tanto meno Sara e questo era l’unica cosa che mi risuonava nella mente in questo momento: avevo fallito.
Quando mia sorella morì a causa di una brutta malattia, mi sembrò che nulla avesse più senso: la vita, l’amore, le persone… Nulla riusciva più ad emozionarmi fin quando pochi mesi dopo la sua morte fu protagonista di un evento quanto meno strano ma che incise irrimediabilmente la mia filosofia di vita.

Stavo camminando tranquillamente in piedi davanti al semaforo rosso –musica alle orecchie- in attesa che giungesse il verde per attraversare. Tutto accadde molto velocemente: una bambina mi spinse saltellando leggermente in avanti, si fermò proprio sulle strisce facendo linguaccia allegra verso qualcuno alle mie spalle. In pochi secondi –non so perché o per quale istinto strano- balzai in avanti correndo e spingendo via la bambina verso il marciapiede. In quell’esatto momento una macchina mi sfrecciò alle spalle: mi paralizzai osservando gli occhi in lacrime della bambina –si doveva essere spaventata molto-, l’eco di un urlo sovrastò la musica nelle mie orecchie ed io presi consapevolezza di essere stato quasi investito ma in compenso l’avevo salvata. Avevo impedito che quella bambina fosse investita e per la prima volta dopo mesi mi sentii di nuovo vivo.
 
Ancora oggi non idea del perché scattai in avanti, sentii solo uno forte istinto a farlo, come una forza interiore che partendo dal mio stomaco mi spinse ad agire. Da quel giorno capii che forse, nel mio piccolo, potevo veramente fare qualcosa di buono per il mondo, potevo forse proteggere le persone che amavo – in qualunque modo. Fu a causa di questo episodio che tutta la mia vita fu rimodulata sul concetto di “proteggi chi ami”, sapevo che nel mio piccolo potevo fare qualcosa e, VOLEVO assolutamente farlo. Forse fu in quel periodo che il mio carattere “guerrafondaio” – citando le parole di Sara- emersero: se per difendere me o qualcun altro, il mio di onore o di chiunque mi fosse caro, era necessario dare a botte di certo non mi tiravo indietro. Anzi! Quando la situazione inizia a riscaldarsi ero sempre il primo ad attaccare come se volessi dimostrare agli altri – o forse, più a me stesso- che ero in grado di difenderli, di prendere le loro parti. Volevo dimostrare a tutti di essere abbastanza forte per proteggere chi amavo ma questa volta avevo fallito, miseramente.

Quando Sara era su quel lettino priva di sensi, con quella ferita alla spalla, capii di non essere abbastanza forte: mi sentii piccolo. Non l’avevo mai vista così fragile, così indifesa, nemmeno quando un giorno la trovai in lacrime – era il compleanno del fratello- scoprendo che anche lei aveva perso qualcuno di importante. Quel giorno rivalutai completamente Sara, fin dal primo giorno che la conobbi mi fu simpatica: era divertente, intelligente, sagace ed ironica senza mai risultare cattiva o acida. Sara ha questa cosa strana… Lei riesce subito a farsi voler bene da chiunque, non ho idea di come ci riesca ma lei ti entra dentro.
 
Non riesci a fare a meno di volerle bene, di amarla in un certo senso… Per un periodo ebbi le idee confuse su cosa provassi realmente per lei: è così bella!
Ma quando scoprii di suo fratello feci definitivamente chiarezza: l’amavo.
Certamente l’amavo, profondamente, ma era un amore diverso, non so come spiegarlo ma è come se la sentissi legata a me in un modo o nell’altro: a me, alla mia anima, al mio cuore, alla mia mente… Fu come ritrovare un pezzo che avevo perso molto tempo prima, fu come ritrovare mia sorella.
Io l’amavo, io l’amo e l’amerò per sempre ma di certo non come un normale ragazzo. Lei non era una donna per me, lei era semplicemente mia sorella.
 
Dopo che anche Manuel entrò nel gruppo non ebbi dubbi su chi amasse chi ma ovviamente, lei non si accorse di nulla. Forse Sara è ancor più imbranata di me quando si tratta di amore ma a quanto pareva non notava per niente le incredibili “attenzioni” che le riservava Manuel. Invano tentai di fargli capire cosa intendessi per “attenzioni”: insomma quel ragazzo era ed è tutt’ora innamorato perso di mia sorella eppure lei non sembrava accorgersi di nulla e questo mi irritava tremendamente. Manuel era il mio migliore amico, lo conoscevo bene e sapevo altrettanto bene quando fossero sinceri i suoi sentimenti per lei. Volevo aiutarlo a farsi avanti o, quanto meno, a rendere consapevole Sara di ciò che provava Manuel. Ovviamente lei non capiva e lui timido com’era, non si faceva avanti.
 
Non le parlò mai di ciò che provava e tanto meno ne fece parola con me. Ancora oggi, credo di essere l’unico ad aver capito cosa succede nel cuore di Manuel anche se ho qualche dubbio sul cuore di Sara. A volte aveva atteggiamenti “speciali” nei suoi confronti, altre volte era la solita Sara. A volte sembrava che l’arrivo improvviso di Manuel riuscisse a modificare il suo umore: i suoi occhi brillavano di una strana luce, il suo sorriso era leggermente diverso come se volesse dirgli “tu sei speciale e meriti il mio miglior sorriso”, altre volte la presenza di Manuel gli era totalmente indifferente quasi come se le desse fastidio. Credo di conoscere abbastanza bene mia sorella eppure, quando si parlava di Manuel, si trasformava in un groviglio di dubbi e incertezze in continuo conflitto. Se piaceva anche a lei, perché non dichiararsi? E se non le piaceva, perché non dirglielo? L’amicizia ovviamente, il trio si sarebbe rotto ed io sarei finito nel mezzo tra due fuochi ma ad un certo punto la situazione sarebbe tornata gestibile. Manuel l’avrebbe sicuramente superata, è intelligente.
 
Avrebbe senz’altro sofferto –tanto- e forse era questo che la spaventava di più.
Quando Manuel aprì la porta ebbe di nuovo quella reazione “speciale”. Decisamente non la capivo. Ci andammo a sedere tutti e tre sul letto, ci fu un lungo momento di silenzio e solo quando Manuel ci disse di essere contento di vederci vivi, capii che eravamo scampati a morte certa. Ci abbracciammo ma nella mia testa avevo un solo pensiero fisso: non ero riuscito a difenderli. Mi odiavo per questo, ma non lo avrei più permesso – mai più.
  
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