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Autore: Jessie95    28/12/2015    0 recensioni
Talia Carter è la misteriosa protagonista femminile di "Love’s a game, want to play?" e in molti si chiedono cosa le sia frullato per la testa nelle vicende della storia.
Cosa ha pensato quando quel ragazzo le ha rivolto parola per la prima volta?
Perchè ha accettato di giocare insieme a Jason?
Come è arrivata a fare tutto quello che ha fatto?
Ciò che è scritto in questa OS sono solo piccoli spezzoni della vita di Talia, in particolar modo però vi sono scritti i momenti in cui Talia non è in compagnia del bel Moore.
* * *
LETTURA SCONSIGLIATA A CHI NON HA LETTO "LOVE'S A GAME, WANT TO PLAY?", ma, se non vi va di leggere quei tredici capitoli, potete anche non farlo... a vostro rischio e pericolo di capirci o meno qualcosa! ;)
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Love's a game, want to play?'
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Una mattinata di mare era proprio quello che mi ci voleva per rilassare i muscoli prima del lavoro. Non chiedo poi tanto, no? Suvvia siamo in estate e un po' di relax anche per me non è un'idea fuori dalle righe!
Purtroppo non posso restare ancora per molto quindi recupero le mie cose e le metto nel borsone. Controllo di non dimenticare niente.
Asciugamano? In borsa.
Cellulare? In tasca.
Portafoglio? Ce l'ho.
Mp3? Preso.
Perfetto: tutto a posto e niente in ordine, la mia borsa sta per esplodere!
Perché non riesco mai a mettere le cose ad incastro come fanno tutte le altre donne?! Perché io devo essere l'eccezione che conferma la regola in tutto? Bah…
Mi incammino per strada e vado verso la bicicletta che ho lasciato non molto distante dalla spiaggia. C'è un tizio che avrà all'incirca la mia età che si sta guardando intorno come alla ricerca di qualcosa. Cerco di passargli il più distante possibile. Le persone che cercano insistentemente qualcosa non mi piacciono, ma non ne ho mai capito il motivo.
Buongiorno bellezza. – sento dire, ma io continuo imperterrita per la mia strada. – Hei ragazzina…! – arresto il passo e mi volto incontrando due occhi color argento: è il ragazzo di prima.
Dici a me? – chiedo confusa. Mi guardo un attimo attorno: è ovvio che ce l'ha con me, per strada non c'è nessuno, ma… lo conosco?
Ovvio, vedi altre che avrei potuto chiamare “bellezza”? – non rispondo, ma continuo a fissarlo. Si è per caso bevuto il cervello? È totalmente andato, secondo me è ubriaco. Cavolo, però essere già ubriachi a quest'ora non è bello, avrà per caso dei problemi? – Ti va di bere una cosa con me? – la sua voce mi fa riemergere dai pensieri in cui mi ero persa.
Cosa ha detto? – No. – confermo la teoria di prima: è completamente ubriaco.
Ma come?
Ma… è serio?! Sta sul serio cercando di rimorchiarmi così?!
Mamma mi ha insegnato a non accettare le caramelle dagli sconosciuti… o in questo caso da bere! – Adesso la smetti di starmi tra i piedi e mi fai andare al lavoro?
Si avvicina alla sua auto e parla: – Sai, non sono solito fare due volte la stessa proposta, ma per stavolta farò un’eccezione: proprio non ti va di bere qualcosa insieme a me? – a quanto pare no, non vuole farmi andare a lavoro, se arrivo in ritardo e Adam mi licenzia giuro che lo vado a cercare e gli spezzo le gambe!
Presa dal nervosismo noto solo ora la sua macchina. Oh-Mio-Dio! – È tua quell’auto?
Sì, bellezza, perché? – mi chiede con un sorrisetto strano sulle labbra.
La osservo ancora per qualche secondo. Cielo, mi sono innamorata! – Perché è davvero bella, complimenti. – e mi forzo per voltarmi. Non voglio andare via. Quella macchina me la vorrei portare a casa, ma il lavoro chiama e senza soldi niente università, niente università niente lavoro e niente lavoro significa che per tutta la vita farà la cameriera. Odio questo lavoro, quella divisa da zoccola e quasi tutte le colleghe che, forse, zoccole le sono per davvero.
Hei, ragazzina, fermati!
Cosa vuoi ancora?! Ti ho già detto che con te non vado da nessuna parte!
Sì, sì, ho capito. Solo che sei la prima che non mi casca ai piedi e questo è parecchio interessante. Posso sapere almeno il tuo nome?
No.
Andiamo… ti ho domandato solo come ti chiami, mica ti ho chiesto la luna!
–… Mi chiamo Talia. Talia Carter. – dico dopo un attimo di esitazione. Forse così mi lascerà andare.
È un piacere conoscerti Talia Carter. Io sono Jason Moore.
E chissenefrega, non mi sembrava di avertelo chiesto…

 

 

* * *

 

Non chiedetemi come, ma sono arrivata in orario al bar, indosso quello schifo di divisa rosa che mi sta malissimo perché, cielo, il rosa con il rosso dei miei capelli è un pugno negli occhi. Non si può proprio vedere! L'unica nota positiva di questo lavoro è la paga alta che Adam mi ha concesso. Sia fatto santo quel ragazzo quando quel giorno mi ha aiutato proponendomelo… e allo stesso tempo sia mandato all'inferno per questo! Non so quanti ragazzi si sono presi la libertà di palparmi il sedere solo perché indosso una gonna corta. Maschi del... no, non voglio essere volgare.
Trenta minuti di servizio e ho già le gambe che urlano pietà e la schiena a pezzi, maledetti rollerblade!
Da dietro al bancone chiacchiero con il cliente di turno che mi sta facendo uscire di testa. Chi ha detto che le bariste sono delle ottime ascoltatrici? Punto primo: non è assolutamente vero. Punto secondo: io non sono una barista. Dio quanto odio questo posto!
Vedo Claire, una collega, pattinare verso di me. Non è giornata, bella. Non è la giornata adatta per ascoltare i tuoi insulsi pettegolezzi, quindi... vaporizzati!
A quanto pare sperare che una cosa accada non la fa accadere realmente.
Ciao cara. – mi dice e già il fatto che mi chiami con quel nomignolo stupido mi fa accapponare la pelle – Ti trovo in gran forma. Vedo che la mattinata al mare ti ha fatto proprio bene, dovresti farlo più spesso di prenderti un momento di calma e dedicarlo solo a te stessa, lo sai, fa bene alla tua pelle. Comunque… – Fatela tacere! Ma cos'è, un robot? Dove lo trovo il tasto per spegnerla? – ero venuta per dirti che ho appena incontrato Adam. Ti sta cercando, lo trovi sul retro. – e ti ci voleva tanto per dirlo?
Adam mi sta cercando? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Sono anche arrivata in orario… non è che per caso mi vuole licenziare? Oddio no, questo lavoro mi serve!
In fretta raggiungo la porta che da sul retro e la spalanco. Credo che se l'ansia fosse una persona sarebbe fatta a mia immagine e somiglianza in questo momento.
Il mio capo si volta nel momento che sente la porta chiudersi.
Mi hanno detto che mi stavi cercando, Adam.
Talia, ciao. Sì ti cercavo. Ascolta sono al tavolo numero cinque e vorrei che fossi tu a servirci.
Non può pensarci Jennifer? Oggi io sono di turno dietro al bancone.
Cambio di programma: tu vai a servire i tavoli e Jennifer se ne sta dietro al bancone a fare scontrini e servire bibite ai clienti frettolosi.
Ma…
Niente ma, Talia. Il capo sono io e io decido cosa dovete fare! – e va via.
Sbuffo, che noia! Aspettavo questo giorno da settimane. Poter stare dietro al bancone, anche se ci sono persone che ti scambiano per una consulente e chiedono consigli a cose improponibili, è decisamente meglio che pattinare per la sala e attirare occhiate indecenti.
Sospirando rientro dentro dopo cinque minuti di pausa che mi sono auto-concessa e vado dritto al tavolo cinque. Il blocchetto di carta nella mano sinistra e la penna nella destra.
Siete pronti per ordinare, signori? – dico e aspetto di ricevere una risposta veloce che mi permetta di andarmi a rifugiare da qualche parte lontano dai tavoli.
Non ricevendo risposta alzo gli occhi e li poso sul ragazzo più vicino a me.
Tu!? – esclamo sorpresa.
Ciao bellezza, ci incontriamo ancora! Si vede che è destino… – non è che questo tipo mi ha stalkerizzata? Ciò che mi fa capire che non è così è lo sguardo del mio capo che è seduto allo stesso tavolo. Oh, adesso ho capito. Prendo le ordinazioni e porto le bevande da loro ordinate da brava dipendente quale sono, ma senza sguardi che, ovviamente, non servirebbero a nulla. Vado a chiedere cosa desiderano i due ragazzi che si sono seduti poco distante, inizio a chiacchierare amabilmente con James non appena lo riconosco e gli sorrido, grata di trovarmi di fronte una faccia amica e non ad un maniaco pervertito.
Pochi secondi dopo mi sento afferrare il braccio e trascinare via. Ma che diavolo…?!
Cerco di puntare i piedi, ma quei roller non aiutano la mia impresa, anzi, rischio di cadere e di spaccarmi qualcosa più di una volta.
Mi porta fuori e mi lancia contro la parete. Stringo gli occhi per il colpo e subito dopo, quando li riapro, ne incontro due grigi. Sorride. Cosa ti sorridi?!
Ho voglia di giocare dolcezza e tu sei appena diventata il mio soggetto preferito.
Non sarò il tuo giocattolino se è questo che intendi. – vedi che questo mi ha scambiata per una da una scopata e via. Fuori dai piedi, bello, non sono il tuo tipo!
Non intendevo questo, solo che è divertente stuzzicarti.
Non mi interessa essere stuzzicata da te, Jason Moore. – sparisci immediatamente dalla mia vista o potrei farti male, molto male, ragazzo!
Immaginavo una risposta del genere, per questo ti propongo un patto, Talia.
Non chiamarmi Talia! Non sono tua amica, né sono altro! – conto fino a tre, se poi non sparisci un calcio dove non ti batte il sole non te lo leva nessuno e a quel punto sono problemi tuoi.
D’accordo allora. Ti propongo un patto, Carter.
Come te lo devo dire che non sono interessata? – TRE
Per questo è un patto vantaggioso sia per te che per me. Non vuoi sentire quello che ti voglio proporre prima di rifiutare?
No. – DUE!
Non importa, te lo dico lo stesso.
E allora cosa cazzo chiedi a fare la mia opinione?! – UNO!
Uscirai con me – apro la bocca per interromperlo, ma lui è più veloce – e se entro un mese non sarai caduta ai miei piedi ti lascerò in pace, ci stai?
Ci sto? Ma sì, è da tanto che non mi diverto con un ragazzo e con questo qui mi potrò divertire e parecchio. Poi è sicuro che lui non riuscirà mai a farmi cadere ai suoi piedi.
Ci sto. – dico risoluta.
E mi bacia. Così, a caso.
Patto suggellato, dolcezza. – dice facendomi l'occhiolino.

 

* * *

 

Ok, calma e sangue freddo ragazzi. CALMA E SANGUE FREDDO. Devo solo uscire con lui, con quel Moore. Perchè l'idea di un appuntamento mi spaventa tanto?! Sarà perché è da troppo tempo che non esco con un uomo? O semplicemente sono strana io?
Ah... non mi interessa! Devo solo finire il turno, cambiarmi e uscire da qui. Passerò una serata a cena con lui poi tornerò a casa da mamma… e Scott, quanto detesto quel gatto! Lo prenderei per la coda e lo farei volare fuori dalla finestra, a volte, da quanto mi irrita! Peccato che mia madre ami troppo quella palla di pelo bianca…
Claire decide di omaggiarci della sua presenza, finalmente.
Sono in ritardo, lo so.
Mi lascerà qua, da sola e a piedi, ne sono convinta.
Ma perché mai mi sono andata ad infilare in questo casino?!
Cerco di prepararmi il più in fretta possibile nello spogliatoio dedicato al personale. Il problema è che il mio “più in fretta possibile” mi fa arrivare in ritardo lo stesso. Ma si può essere più sfortunate di così?
Mi uccide. Lo so che mi uccide appena mi vede. È appurato che gli uomini detestano le donne che arrivano in ritardo agli appuntamenti. L'ultimo tizio con cui sono uscita mi ha fatto una testa piena di lamentele quando sono arrivata in ritardo per la terza volta di fila al nostro terzo appuntamento, ma cavolo: gli imprevisti accadono.
Esco dal lavoro e vedo quella splendida macchina che prima o poi gli rubo, giuro!
Gli vado incontro e lui mi si piazza davanti.
Vogliamo andare, musa? – dice.
Musa? Che razza di soprannome è? E poi perché proprio questo? Ce ne sono di più classici, perché proprio musa?
Lo guardo confusa e lui, per tutta risposta, mi apre la portiera. Che cavaliere…

 

* * *

Odio fare shopping!
Voglio dire, mi piace girare per negozi, guardare cose nuove e se c'è qualcosa che mi attira lo compro, ma odio tantissimo provarmi i capi, in particolar modo quando so già che non mi piacciono. Quindi non ho la più pallida idea di come ci sono finita in questo camerino con questi cinque pessimi abiti che quella commessa bionda che fa gli occhi dolci a Moore mi ha portato.
Forza e coraggio che dopo aprile viene maggio.
E questa da dove mi è uscita?! Prima di tutto non sono una studentessa del liceo quindi questa frase non mi è di nessun conforto e in secondo luogo siamo a metà agosto! Cervello mio sei messo proprio male…
Mi levo di dosso i miei abiti e prendo in mano il primo. Lo guardo e non è malaccio, il color lavanda mi piace, l'unica cosa è che mi sembra un po' stretto.
Lo provo comunque perché Moore, altrimenti, mi darà il tormento ed esco.
Mi studia per qualche secondo, soffermando lo sguardo in più punti del mio corpo, come il seno, le gambe e i fianchi, e poi – Torna in camerino e cambiati: sembri una adulta strizzata nel vestito di una bambina. – dice.
Lo guardo male. Un po' di delicatezza nel dire le cose no?!
Rientro in camerino, metto via il primo abito e prendo il secondo. Lo osservo.
No, no, no, no, no, no, no e NO. L'ho già detto no?!
Cos'è questo pezzo di stoffa? Non ci vado in giro con questa roba addosso.
Cielo, lo so già che questa roba gli piacerà e mi dirà di comprarlo. Giuro che mi ribello se lo fa!
Troppo scollato, troppo corto e troppo rosso. Devi venire ad una cena di lavoro non andare in strada a darla per tutta la sera.
Sia lodato il cielo.
Aspetta. Mi ha appena detto che con questo vestito assomiglio ad una puttana?!
Vallo a dire alla commessa non a me. È lei che me li ha portati in camerino. Io li ho solo indossati. – dico sentendo le  guance andare a fuoco e tornando a nascondermi dietro la porta.
Il terzo abito posso non indossarlo nemmeno? È rosa... ROSA! Detesto il rosa.
Mi stai prendendo in giro?! Dio Carter, sembri una bambina, penseranno che mi sia fatto accompagnare dalla mia sorellina di dieci anni, non da una donna che ne ha ventidue!
Nonostante ti stia odiando per il modo in cui mi stai trattando, giuro che in uno strano modo ti sto anche amando… ma non in senso letterale, sia chiaro!
Torno in camerino e sbuffo ancora due abiti e poi questa tortura finirà, l'ho deciso io e si farà come dico io.
Il quarto vestito non mi dispiace, mi copre e non mostra troppo le mie grazie, come si usava dire un tempo.
Esco sperando dica di sì a questo.
Carter, cazzo, per caso sei una suora e non me lo hai detto? Quella tunica copre tutte le belle curve che madre natura ti ha concesso… te lo chiedo per favore: non nasconderle!
E che palle… ma gli va bene qualcosa a questo ragazzo, si o no?!
Scarto anche questo e guardo l'ultimo abito.
Ma la commessa dove stava guardando quando ha scelto questi abiti? Secondo me lo ha fatto apposta. Quella brutta stro… pensieri censurati perché tendono all'offensivo.
Esco indossando quell'affare che a mio parere non può essere considerato un abito e sono quasi felice quando Moore scarta anche questo.
Che cazzo è questa oscenità? È l’abito più orribile che abbia visto fin’ora. È lungo, ingombrante, pomposo… sembra un abito da sposa. Cosa sei una debuttante? No Carter, non ci siamo.
Quando rientro in camerino posso finalmente indossare di nuovo i miei abiti.
Sei troppo casual, musa.
Lo guardo male – Sono i miei vestiti, cretino. Inizio a pensare che se ci venissi nuda sarebbe meglio.
Per quanto mi alletti l’idea di vederti spogliata di tutta quella inutile stoffa, Carter, non vorrei mai che qualcuno vedesse la mia musa in nudo integrale. – alzo agli occhi al cielo. Si, certo, io ci credo a quello che hai appena detto. Mi incammino alla ricerca di abiti presentabili. – Dove vai? – mi chiede.
A cercare qualcosa di quantomeno decente. – cerca di alzarsi dalla sedia. Vuole seguirmi? Oh, no. Assolutamente no. Lui non si muove da quella poltroncina! – No. Resta qua Moore. Senza di te che mi stai con il fiato sul collo forse riesco a trovare qualcosa, non ho bisogno di un corvo sulla spalliera. Mi irriteresti e basta.
Finalmente sola giro per gli scaffali. Guardo abiti su abiti, ma nessuno mi sembra appropriato. È sempre così: quando ti serve qualcosa ed esci per comprarla non la trovi mai, se esci, invece, decidendo di non comprare niente torni, quasi sempre, con un nuovo acquisto.
Vado a sbattere contro una signora anziana e, senza volerlo, le faccio cadere l'abito che tiene in mano.
Mi scusi. – dico – Aspetti che la aiuto.
Che ragazza gentile sei.
Grazie signora. – recupero l'abito caduto e lo fisso, rimanendone ipnotizzata. È la cosa più bella che io abbia mai visto e sarebbe più che appropriato per quella cena di lavoro.
Ti piace, bambina? – vedendo che non le rispondo continua – Lo stavo giusto per riporre. Sono qui con mia nipote che cercava qualcosa di elegante e sobrio, le ho proposto questo, ma non le è piaciuto. Dice che è troppo semplice per lei. Lo vuoi provare tu?
Adoro questa vecchietta.
Stringo tra le mani la stoffa nera e la sento morbida al tatto. Alzo gli occhi in quelli della signora e credo che lei li abbia visti scintillare, perché sorride e dice – Vai.
La ringrazio e mi incammino verso i camerini, ovviamente dalla parte opposta da dove si trova Moore.
È perfetto. È lui.
Non vorrei andare a quella cena se non con questo abito.

 

* * *

 

Mia madre è giù con Moore. Quanto gli piace quel ragazzo! Credo che se potesse organizzerebbe già il nostro matrimonio e, nel frattempo, inizierebbe a lavorare a maglia per creare qualche piccola copertina colorata per un ipotetico figlio futuro… come faccia a sopportarla è, tuttora, un mistero anche per me.
Ed eccomi qua davanti allo specchio, pronta. La mia immagine riflessa ricambia il mio sguardo soddisfatto. Mi piaccio, finalmente. Non so quante volte ho preso in mano lo struccante e ricominciato tutto da capo. Alla fine un make-up semplice e leggero fa la sua porca figura, mentre uno un po' più elaborato non mi rendeva giustizia.
Sono contenta del mio aspetto finale. Sono sempre io ma in versione elegante, se potessi andrei vestita così anche al lavoro, Adam, però (ma anche i clienti), preferisce quella divisa ridicola…
Sento un leggero sentore di ansia in arrivo, ma, in un modo o nell'altro, riesco a scacciarlo via.
Sono pronta…
Sono tranquilla…
Sono già sulle scale. Come ci sono arrivata?
Posso farvi una foto?– Mamma, ti prego, non incominciare. Perché pretendi cose impossibili?
Perchè ti sei fissata che io e lui siamo una bella coppia? Non lo capisci che tanto Moore ti dirà di no?
Certo Danielle.
Io. Ti. Uccido. Moore. Come ti è venuto in mente di dirle di sì?!
Prendo un profondo respiro, trattengo l'aria e la butto fuori l'attimo dopo.
Inizio a scendere i gradini della scala.
Non avresti dovuto accettare di fare quella foto, Moore.– si volta di scatto e gli vedo cadere la mascella – Chiudi la bocca Moore, o ci entreranno le mosche. – dico scherzando.
Lo vedo annaspare per qualche attimo poi – Sei stupenda. – dice.
Abbasso lo sguardo e continuo a scendere i gradini. Guance traditrici. Non dovevate arrossire!
Vedo il suo braccio entrare nel mio campo visivo, penso per aiutarmi, e gli afferro la mano – Grazie. – dico osservandolo. – Anche tu non sei male.
Come ti senti? – Basta ricordarmi che ho avuto una crisi di nervi quando ero insieme a te, Moore!
Pronta. La sono davvero? Non ne ho idea, sul serio.
Sicura di non avere altre crisi, Carter? – Smettila di insistere!
Sì, Moore. – Sei estenuante.
Perché, sai, non vorrei che capitasse in mezzo a tutta quella gente. Che figura ci farei?!
Gli tiro uno schiaffo scherzoso sulla spalla – Stupido. – Affermo ridendo.
Un flash interrompe quel momento nostro.

 

* * *

 

Dopo la cena mi assento cinque minuti per usare la toilette.
Quando esco mi guardo intorno alla ricerca del mio accompagnatore e lo trovo impegnato a parlare con un tizio. Non mi avvicino, magari stanno discutendo di cose importati e non di argomenti futili.
Mi fermo vicino al muro di modo tale da non dare fastidio ai camerieri che continuano a fare avanti e indietro con il vassoio in mano, ma soprattutto per non rischiare di combinare danni. Purtroppo i miei intenti vengono distrutti quasi subito da tre ragazzi che mi si piazzano davanti impedendomi di avvicinarmi al muro.
Ciao bambolina.– dice il primo.
Ti va di chiacchierare un po' con noi? – continua il secondo.
Cerco di allontanarmi, ma vengo bloccata dalla mano del terzo – Non mordiamo mica, sai?
Sono palesemente brilli, se non ubriachi, e a me di stare con loro non va proprio.
Dai bambolina, facci compagnia. Facciamo solo un po' di conoscenza.
Non è un reato parlare con qualcuno.
Lo sai che sei proprio carina?
Come ti chiami bambolina?
Mi si avvicinano e la paura mi blocca le gambe. Cosa vogliono fare questi tre?
Posso andare? Vi prego…
Non implorare bambolina, non è ancora il momento per farlo.Spalanco gli occhi. Questi sono completamente fusi!
Mi sento afferrare per un fianco, per questo mi irrigidisco. Vuoi vedere che sono in quattro?
Mi volto lentamente per paura di quello che potrei vedere, ma alla fine scorgo solo il volto familiare di Moore. – Ciao musa. – mi saluta per poi mi lasciarmi un piccolo bacio. – Salve signori. Desiderate? – chiede poi ai tre tizi che non si sono mossi di un centimetro.
Parlare con la signorina. – perché non se ne vanno e basta?
Mi dispiace, ma la signorina è impegnata. Trovatevi qualcun altro con cui parlare. – vai così Moore: diventa il mio eroe e levami da questa situazione imbarazzante.
Ma alla signorina fa piacere la nostra compagnia.
No. – risponde secco. – Alla signorina non fa piacere la vostra compagnia, ma è troppo educata per dirvelo. Ora fuori dai piedi.
Noi vogliamo restare con lei!
Moore fa un passo verso di loro, chiaro segno di sfida, e questi, spaventati, se ne vanno, finalmente.
Oh, Moore, mio eroe!

 

* * *

Panico.
Non ho la più pallida idea di cosa cucinare.
Ansia.
Non so nemmeno se sarò in grado di non far bruciare tutto.
Panico.
E se i miei piatti non fossero all'altezza?
Ansia.
Ma perché quel giorno non me sono stata zitta?
Panico.
La voglia di chiamarlo e dirgli che è saltato tutto è tanta.
Ansia.
Non posso chiamarlo all'ultimo minuto, però. Sono costretta ad andare fino in fondo a questa storia.
Panico.
Forse è il momento di iniziare a fare qualcosa.
Ok, ok. Adesso mi ci metto. Però aspetta, che ore sono? Perchè lui dovrebbe arrivare alle sette e mezza. Ok, sono le cinque. Ho ancora tutto il tempo del mondo per cucinare e prepararmi con calma.

Plin Plon.
Chi cavolo è adesso che mi disturba? Mi asciugo le mani nel mio grembiulino e vado ad aprire la porta.
Jason Moore, che cosa ci fai già qui?!
Mi perdo a guardarlo per un attimo. La camicia bianca si intravede sotto la giacca nera che porta, i primi bottoni sono stati lasciati aperti, i jeans scuri gli cadono sulle gambe come una seconda pelle. Elegante, ma casual al tempo stesso. Sta benissimo, è la perfezione fatta a persona. Lascio che mi guardi in tutta la mia bruttezza dato che sono stravolta, poi, quando torna a guardarmi in viso – Sei in anticipo tu o sono in ritardo io? – chiedo abbattuta.
Non fare domande delle quali non vuoi sentire la risposta: ormai sono qui. – dice entrando in casa. Lancio uno sguardo all'orologio: ok, sono in ritardo io. Perfetto. – Questi sono per te. – mi porge dei fiori dei quali non mi ero nemmeno accorta perché, credo, mi ero persa nei suoi occhi per riuscire a guardare ciò che aveva tra le mani. – Posso darti una mano? Prima però fammi poggiare da qualche parte il vino. – Ho mai detto che adoro questo ragazzo? In questo momento lo bacerei.

 

* * *

 

Mamma mi ha piazzato in mano questa busta con dentro una copia della foto di quella sera e mi ha praticamente sbattuto fuori di casa ordinandomi di portarle a lui.
Sono imbarazzata nell'essere qui davanti alla sua porta. Da quella benedetta cena è cambiato tutto, la sua immagine mi perseguita, il suo volto mi viene in mente nei momenti più sbagliati, lo sogno di notte e la mattina faccio colazione pensando a quando ci rivedremo.
Cavolo, Moore, mi hai completamente fritto il cervello.
Non ho il coraggio di suonare.
Ho pensato molto a come fargli capire che, a questo punto, sono parecchio interessata a lui, senza però fargli pensare che io sia caduta ai suoi piedi come una qualunque ragazza facile.
No, assolutamente.
Io non sono caduta ai suoi piedi.
Io non mi ridurrò ad aspettare a casa che mi chiami, come un cane aspetta alla finestra il rientro del padrone.
Io non sono così. Non sono debole e, soprattutto, non sono una qualunque.
Cielo, io sono Talia Carter e mio padre non ha mai desiderato che io mi facessi mettere i piedi in testa da un uomo, no. Lui mi ha insegnato a combattere per quello che si vuole, per riuscire ad avere tutto quello che si desidera. Lui me lo ripeteva costantemente: in amore e in guerra tutto è lecito. Ora, io non so se questa sia una situazione di guerra o di amore, ma combatterò fino in fondo per ottenere ciò che voglio… e quel che voglio in questo momento è esattamente lui: Jason Moore.
Carica di tutta questa forza positiva che mi sono auto-trasmessa, suono il campanello. L'attimo seguente vorrei già darmela a gambe, ma non lo faccio, aspetto pazientemente che lui mi venga ad aprire la porta torturandomi le pellicine delle mani.
Finalmente mi compare lui davanti in tutta la sua bellezza.
Ciao… – gli dico imbarazzatissima.
Che ci fai qui?
Ecco io… Sono passata per darti questa. – Perchè l'imbarazzo non se ne va? Gli porgo la busta e lui mi guarda interrogativo – Non è una bomba, puoi stare tranquillo! – esclamo ridendo.
Rimango lì, sull'uscio di casa sua, a guardarlo aprire quel piccolo pacchettino bianco. Si sofferma sull'unica foto che vi è al suo interno, quella che ci è stata scattata a tradimento, la mia preferita.
Mamma ha insistito tanto per fartela avere, pensava che ti sarebbe piaciuta e così… Eccomi qua. – non so il motivo, ma mi sento in dovere di giustificare la mia presenza
Grazie, musa, per avermela portata e ringrazia Danielle da parte mia per aver pensato a me.
Lo farò. – rimango per un po' in silenzio dondolandomi su un piede all'altro, aspettandomi che mi dica qualcosa. Quando mi accorgo che non lo farà mi congedo – Allora… io vado.
Faccio per andarmene quando…
Talia.
Quando lui, per fermarmi, mi chiama per nome. Lo guardo e vorrei che lo rifacesse, che mi chiamasse di nuovo per nome e non Carter o musa come fa sempre, anche se questo è per colpa mia.
Ti va di restare a farmi compagnia? – mi chiede e io comprendo che stare con lui è quello che voglio in questo momento, voglio lui e nessuno riuscirà ad impedirmelo. Dopotutto, papà aveva ragione: in amore e in guerra...

 

* * *

 

Il giorno dopo la nostra passionale notte di fuoco non si è fatto sentire per tutto il giorno. E questo è strano, molto strano, dato che è sempre stato lui a cercarmi.
Non ci do troppo peso, però. Non sono una di quelle ragazze che se, per esempio, per un paio di giorni lui manda il buongiorno, allora li deve mandare sempre altrimenti vuol dire che c'è qualcosa che non va. No, sono più per l'idea di “vivi e lascia vivere”. Se Jason non mi ha cercata vorrà dire che avrà avuto da fare, gli imprevisti capitano a tutti, no?!
La giornata passa lenta e noiosa, mi aspettavo chissà cosa dato che siamo quasi agli sgoccioli del mese previsto, ma, a quanto pare, ha deciso di prendersi una giornata di vacanza. Ok, nessun problema. Vorrà dire che lo chiamo io domani mattina. Chi l'ha detto che solo i ragazzi devono cercare per primi?!

 

Il cellulare squilla a vuoto.
L'ha dimenticato da qualche parte per caso? No, perché altrimenti non capisco il motivo per cui non mi risponde. Ho una strana sensazione, per non dire brutta. Le mie brutte sensazioni non vanno mai a finire bene…
A lavoro sono distratta, in più il fatto di non aver chiuso occhio la scorsa notte non mi aiuta affatto. Sui roller sono un danno, per non parlare delle ordinazioni che continuo a sbagliare capendo fischi per fiaschi.
Non è possibile che Jason Moore sia riuscito a rendermi così… così sbadata. Questa non sono assolutamente io. Non sono così debole, così con la testa nelle nuvole. Non assomiglio al classico clichè di ragazza innamorata che non capisce più niente e che si ritrova spesso nei romanzetti rosa adorati tanto a mia madre.
IO. NON. SONO. QUESTA.
Voglio tornare a casa.
Alla fine è proprio Adam che mi chiede di prendermi una giornata di riposo ed io continuo a maledire quello stupido Jason Moore. Se non fosse stato per lui ora non mi ritroverei in queste condizioni e Adam non si sarebbe ritrovato costretto a mandarmi a casa dal lavoro. Un lavoro che mi serve, sottolineo.
Quando rientro a casa mia madre non c'è.
Ottimo, almeno non devo spiegargli il motivo per il quale non sono a lavoro. Approfitto della sua assenza per dormire qualche oretta e cercare di riprendermi.

 

… 3 ORE DOPO…

 

Mi sveglio di soprassalto quando sento una chiave infilarsi nella serratura della porta.
Il primo pensiero coerente che riesco a formulare è: “Cielo. Che ore sono?”, il seguente è “Datemi del cibo.” ed ho detto tutto.
Mia madre compare sul portico di casa e mi guarda confusa.
Tesoro mio. Cosa ci fai qui? mi chiede.
E… sì, a questo punto sono costretta a raccontargli tutta la storia.

– … Per questo adesso sono a casa. finisco di raccontare. Mamma mi guarda senza espressioni evidenti sul viso, non capisco se sta cercando di elaborare tutto quello che le ho detto o se, in realtà, di tutta questa faccenda non le importi nulla.
Poi scoppia Screanzato! Brutto farabutto, disgraziato. Ed io che mi sono lasciata ingannare dal suo bel faccino e dalle belle parole che mi ha rifilato. Oh se me lo ritrovo davanti lo faccio nuovo, così impara a giocare con la mia bambina!
Mamma calmati, per favore…
Calmarmi? Spiegami come faccio a restare calma quando quel disgustoso pezzo di merda ha fatto tutto quello che ha fatto per poter portarsi a letto mia figlia! – ok, ammetto che non me lo aspettavo. Piuttosto, tu come fai a restare calma?!
Beh, non sappiamo se tutto quello che ha fatto lo ha fatto solo per questo, anche se le premesse non sono assolutamente buone…
Tesoro mio, non dirmi che… te ne sei innamorata.
Cosa? No.
Sicura, tesoro? Da come parli sembrerebbe che…
No, mamma, non sono innamorata. È solo che… beh, forse c'è un principio di innamoramento, contenta? Però non è nulla di certo. Se son rose fioriranno, non è così che si dice?
Mi guarda strano per qualche secondo poi se ne esce con Oh tesoro, se lo dici tu…
Non ho la più pallida idea di quello che vuole dirmi con questa frase.

 

Finita la conversazione con mia madre provo a richiamarlo, ma niente. Il cellulare suona a vuoto.
Mi sta evitando. Lo sta facendo davvero? Non ci posso credere. Mi sono lasciata davvero ingannare da un bel faccino e da qualche bella parola come è successo a mia madre? Pensavo di essere più sveglia di così.
Voglio risposte, per questo lo richiamo, ma il cellulare continua a squillare a vuoto, incessante.
Sveglia, Talia, ti sta davvero evitando.
Perfetto. Sono stata il suo divertimento per un mese. Si è divertito? Sono contenta per lui.
Vaffanculo Jason Morre. Non mi vuoi sentire? Bene non ti cercherò più, ma fammi un favore: RESTACI.




ADESSO PARLO IO!
Emh... Regalo di natale in ritardo! xD
Spero vi sia piaciuto, ovviamente la storia non è ancora conclusa e state tranquille: Jason e Vocina torneranno presto da voi. Il problema di fondo è che non sono in grado di gestire due storie in corso, per questo voglio prima finire di scrivere "Se il lieto fine non esiste ti regalerò un nuovo inizio" e poi, VE LO GIURO!, mi dedichero totalmente alla stesura del sequel di "Love's a game, want to play?"!
Non so dove mi porterà quella storia perchè, al contrario di "Love's..." (mi scoccio a riscriverlo xD) è ancora da scrivere anche nella mia testa. Probabilmente deciderò di fare un sequel anche con quella storia per non farvi aspettare troppo... Sono un'eterna indecisa per cui vi farò sapere tutto a tempo debito, cioè quando anche io avrò capito cosa voglio fare con le mie storie.
Ok, la mia Vocina dice che vi ho torturato le scatole anche abbastanza. >.<

Detto questo vi invito a lasciarmi un parere di modo che io possa sempre migliorarmi; accetto anche le critiche, ma quelle costruttive. Niente insulti perchè siamo personcine educate, vero? :D
A presto,
Jessie ^^

  
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