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Autore: Mirella__    28/12/2015    4 recensioni
E se Goku fosse scomparso misteriosamente durante lo scontro con Baby?
Cosa sarebbe successo se lo Tsufuru avesse vinto?
In un mondo in cui tutti sono diventati dei burattini, Pan e Mr. Satan sono gli unici a non essere infetti.
Ma, ormai, per il campione dei campioni l'età si sta facendo sentire ed è costretto a lasciar scappare Pan per evitare la sua eliminazione.
La ragazza dovrà vivere nascosta alla luce, cercando ogni giorno di diventare più forte per poter far ritornare il mondo alla normalità.
Ce la farà?
Genere: Avventura, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lotta per la libertà

Capitolo 3

Il campione dei campioni

 

Nuova Bacittu

 

Mister Satan era un uomo amato, stimato e apprezzato. Aveva fatto tanto, a detta dei terrestri, affinché l'umanità si perseverasse per dare vita alla maestosa razza degli Tsufuru. Come ricompensa aveva vissuto nell'agio assoluto, nascondendo il suo piccolo segreto grazie a Majin Buu e adesso era riuscito persino nel suo intento: salvare l'unica donna con il potenziale per diventare l'arma finale.

Sì, amava sua nipote, era la persona più importante per lui, ma doveva essere obiettivo in quel caso, anche se in realtà non lo era mai stato davvero. Tutto era cambiato quando si era messo d'accordo con lui...

“Buu, finisci il tuo compito”.

Il suo amico di vecchia data lo guardò e cercò di sorridere. Non era arrivata solo la fine di Mister Satan, era arrivata anche la sua, di fine; gli andava bene così, aveva vissuto tanti anni come un cattivo e ne aveva vissuti un po' meno come uno dei buoni e quello gli era bastato.

Produsse le ultime lenti a contatto rosse, ma erano difettose; Mister Satan sospirò nel vedere quel compito mal riuscito. “Non preoccuparti, Buu, suppongo non ce ne sia più bisogno”. Tremò di paura, chissà cosa gli aspettava adesso.

Buu annuì, poi gli strinse la mano, dandogli la metà delle ultime energie che gli rimanevano; il resto gli sarebbe servito per intraprendere un piccolo viaggio, quello che per lui sarebbe stato l'ultimo.

“Va, prima che arrivino”. Borbottò il campione dei campioni.

Il mostro rosa sembrò sul punto di obiettare, era diventato ancor più colorito del solito, ma, dopo l'usuale fuoriuscita di vapore dai fori situati sul testone pelato, annuì: sapeva anche lui quanto era importante muoversi in un certo modo e con un certo tempismo. “Addio, amico mio”. Strinse a sé l'ormai fragile vecchietto e gli diede una pacca sulla spalla, poi lo lasciò andare, fuggendo via dalla finestra aperta.

Mister Satan guardò le tende alzarsi a causa della brezza leggera causata dall'amico e osservò quest'ultimo diventare una minuscola macchia rosa all'orizzonte. Avrebbe completato il piano, tutto sarebbe andato com'era giusto che andasse. Tese l'orecchio per sentire altri rumori. Dovette aspettare lì da solo, seduto nel suo letto, per trentacinque minuti. Avvertì un lieve spostamento d'aria, prima che la porta della sua camera da letto venisse spalancata. In quel momento Satan giurò di non aver mai provato terrore più grande.

Non erano stati i medici a venire a prenderlo, ma Baby in persona, il signore assoluto di Plant e dell'universo conosciuto.

Tremò perché questo significava solo una cosa: i suoi esami erano risultati falsati e adesso tutti sapevano. “M... mio s.... s... signore”. Riuscì a sussurrare con il terrore nel cuore.

“Mio Signore...” ripeté Baby, inclinando la testa in un lato, incuriosito da quell'atteggiamento. “Perché... uno sporco terrestre dovrebbe chiamarmi: Mio Signore?” Sì, ormai era una certezza, sapeva tutta la verità.

Si udì una lieve risata in sottofondo, Baby non si scompose, al contrario di Mister Satan che guardò con sorpresa sua figlia Videl entrare in camera. “Ma non è ovvio, Mio Signore? La vostra grandezza è tale che persino gli esseri umani riconoscono la vostra superiorità”.

Baby ghignò, quel sorriso era terrificante, pieno d'odio, rancore, ribrezzo: “Eppure questo terrestre mi ha mentito,” ma quei sentimenti erano tutti celati dietro uno sguardo d'acciaio liquido. “Devo supporre che lui creda possa prendermi in giro”. L'ultima parola fu detta con un tale gelo e distacco che provocò una fitta al respiro già affannoso dell'anziano.

Entrò anche Gohan in camera, che abbracciò la moglie, poggiandole poi il mento sulla spalla. “Mio Signore, ha un modo per farsi perdonare. Non è forse vero, paparino?”
Gli occhi rossi di Gohan si spostarono su di lui e il cuore di Satan sembrò perdere un battito: era troppo vecchio per tutta quella pressione, lui era sempre stato solo un fifone! Comunque fosse, era inutile mentire, sapevano tutto.

“Avevo paura del controllo assoluto di un altro essere dentro di me, Mio Signore. Con la mia verità forse posso farmi perdon...”
“Non vogliamo la tua verità, padre”. Ringhiò Gohan, avvicinandoglisi. “In nome dell'onore dei tuoi discendenti Tsufuru, vogliamo la verità di mia figlia. Dov'è Pan?”

Ma Baby posò una mano sul petto di Gohan. “Non così, mio caro ragazzo”. Sussurrò. “Lasciamolo parlare, vediamo cosa ha da dirci di sua spontanea volontà”.

Mister Satan entrò in crisi: c'era troppa aria in quella stanza! Sembrava che essa stessa volesse soffocarlo! Iniziò a sudare freddo, la vista gli si appannò; fu allora che l'energia donatagli da Buu fece effetto, calmandolo e ricordandogli che la sua vita aveva un fine ben più grande e che anche se fosse morto lì, la sua memoria sarebbe stata eterna, nel cuore di sua nipote e dei cari che sarebbe riuscito a salvare con il suo sacrificio.

“Non so niente di mia nipote, è fuggita in un giorno ormai lontano”. La sua memoria iniziava a crederci. Lentamente i ricordi degli ultimi quattordici anni andarono sparendo grazie alla magia di Majin Buu. In questo modo non avrebbero potuto sapere nulla da lui e tutti sarebbero stati al sicuro.

Videl notò lo sguardo di suo padre cambiare, lo riconobbe come vitreo, privo di una qualunque luce.

“Mio Signore, i suoi occhi...”

Baby urlò.

Gohan e Videl dovettero tapparsi le orecchie per non restarne assordati.

I vetri esplosero e il vecchio, senza più battiti ormai, sorrideva. Gli occhi sgranati guardavano un punto che sembrava essere invisibile agli altri tre, poi si chiusero sull'iride diventato di un blu opaco. Il corpo del campione del mondo si adagiò sul letto con una grazia che non aveva mai avuto in vita.

Agli angoli del viso di Baby scorsero due rivoli di materia grigia, essa colò sul pavimento e si diresse, come se avesse vita propria, verso il corpo di Mister Satan; vi penetrarono attraverso micro-ferite, lesioni superficiali della pelle, la bocca, le orecchie, ma non attecchì a nessun organo. Quel corpo era ormai senza vita, inutile e le sue conoscenze erano andate sprecate. Un nuovo e lancinante urlo prese vita dalle labbra di Baby, mischiandosi a quello di Videl.

 

Ritorniamo oltre il confine

 

Non bastava.

Qualsiasi cosa facessi per migliore era inutile.

Da mesi ormai facevo il solito andirivieni con allenamenti che sarebbero dovuti essere estenuanti, ma che in realtà erano sempre limitati. Mi spostavo spesso e in aree pressapoco desertiche in modo da evitare di lasciare evidenti tracce del mio camino. Permettevo a Gil di girovagare attorno per diversi chilometri e lui continuava a portarmi informazioni preziose, facendomi sapere in anticipo dove avrei dovuto spostarmi. La mia massa muscolare non era aumentata, la mia forza era sempre la stessa. Come avrei dovuto raggiungere mio nonno? Come avrei dovuto raggiungere mio padre?
Non avevo avuto l'opportunità di concedermi i loro stessi allenamenti, non potevo valicare nessun limite e la cosa era estenuante.

Rientrai in casa a notte ormai fonda, come facevo spesso. Accesi il camino e mi sedetti a tavola, sorrisi tra me e me: Gil mi faceva sempre trovare tutto pronto.

Beh... era ora di fare una breve preghiera. Battei un paio di volte le mani e chiusi gli occhi.

Una luce abbagliante mi avvolse.

Cosa stava succedendo? Perché in quel momento? Chi lo stava permettendo?

Tutto divenne quasi un sogno ad occhi aperti: la luce si fletteva, s'incupiva, si schiariva e giochi di ombre e colori nascevano per poi morire in un circolo senza fine. Sarebbero potuti passare anni o pochi secondi in quella dimensione nella quale mi ero cacciata senza precisamente sapere come. Ero terrorizzata ed esaltata al tempo stesso, sentivo che non mi stava accadendo nulla di male e lentamente mi lasciai andare alla calma che quel luogo fuori dalla realtà sembrava emanare.

Dopo qualche istante un tuono squarciò il silenzio e un lampo diede vita alla lotta più micidiale che avessi mai visto: la terra si sgretolava, l'aura dei due combattenti si infrangeva in potenti ondate contro quella dell'avversario. Ogni corpo parato alla perfezione, ogni mossa saggiamente anticipata. C'era eleganza, in quella lotta, c'era passione, c'era grinta e c'era una forza primordiale. Erano Freezer e Goku i due combattenti che avevano permesso alla leggenda di risorgere.

Tutto mutò e dai prati azzurri di quel pianeta, fui trasportata nella zona desertica di un distretto terrestre. Riconobbi il Cell Game grazie alle accurate descrizioni di mio Nonno Satan. Mi raccontava sempre di quel torneo e fino a quel momento avrei giurato di conoscerlo talmente bene da non aver bisogno di riviverlo per conoscere i sentimenti di coloro che erano stati presenti; eppure non mi sarei mai aspettata quello sguardo nei guerrieri terrestri. Come potevano, loro, dimostrarsi tanto coraggiosi quando il loro nemico era di una mostruosità simile? Cell appariva invincibile, potente, ineguagliabile, tuttavia non riconobbi la rassegnazione nel temperamento dei miei compagni.

Mi ritrovai presto in un altro combattimento. La visione era situata in una stanza del tutto bianca, Gotenks e Kid Buu si stavano scontrando. Restai del tutto affascinata dall'armonia della fusion. Le aure di Trunks e Goten non si sopraffacevano, ma si sostenevano e colmavano l'una le carenze dell'altra; era una tecnica stupefacente, indescrivibile.

Anche quella visione svanì come le altre e mi ritrovai distesa supina a guardare un cielo dalle strane sfumature gialle.

“Benvenuta,” disse una voce cordiale e simpatica.

Mi misi seduta, la testa girava vorticosamente, avevo una nausea fortissima. Quando i miei occhi si posarono sul proprietario della voce non potetti fare a meno di dare di stomaco.

“Oh mio Dio! Che cazzo sei tu?!”

 

  
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