Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: InsertACasualUsernameHere    29/12/2015    1 recensioni
"Theon non sarebbe stato in grado di vederla, ma Reek, lui ne era capace, il buio era parte di sé, poteva osservare il mondo senza luce e muoversi silenzioso, come un verme, uno spettro, un'ombra. Infondo era questo ciò che era, l'ombra di un uomo che sgusciava nell'oscuro nulla.
[...]
Io mai fuggirei dalle braccia del Diavolo.
Si ripeteva Kyralin, quasi a voler rendere muta quella voce che debole le urla di fuggire.
[...]
C'era un bambino, che forse aveva la sua stessa età, folti capelli ricci e grandi occhi azzurri, curiosi e luminosi, lo fissava con interesse e Theon sbuffò sorridendogli con presunzione, il bambino aggrottò le ciglia"
È il primo scritto che pubblico in questa sezione e spero possa piacere a qualcuno, mi basterebbe anche una sola persona per essere felice.
Ogni tipo di recensione è ben gradita, vi prego solo di non farmi fare la fine del buon vecchio Ned Stark.
Grazie a chi leggerà.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Ramsay Bolton, Robb Stark, Theon Greyjoy
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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Deglutì, concentrando lo sguardo al suolo.
Theon non sarebbe stato in grado di vederla, ma Reek, lui ne era capace, il buio era parte di sé, poteva osservare il mondo senza luce e muoversi silenzioso, come un verme, uno spettro, un'ombra.
Infondo era questo ciò che era, l'ombra di un uomo che strisciava nell'oscuro nulla.
E poteva vederla, anche quando lei pensava, anzi era certa, di non essere vista.
La vedeva scivolare al muro, raggomitolarsi su se stessa, stringendosi le ginocchia al petto, spegnere la torcia e gettare la testa all'indietro, fissando un punto indefinito.
E poteva sentirla, per quanto si sforzasse di non fare rumore, Reek poteva sentirla singhiozzare e implorare il perdono, in flebili e deboli sussurri, interrotti dal copioso pianto.
E poi la vedeva andarsene, puntando la torcia verso il basso, come per timore di disturbare, chiudere piano la porta dello scantinato e lasciare al buio i rimpianti e le vergogne, ma Reek non capiva il pianto, le lacrime, i sussurri.
Theon avrebbe potuto capire, ma Theon non c'era più, c'era Reek ora e Reek non era in grado di capire.
Theon avrebbe capito che quelle lacrime erano per lui, per loro.
Quelle parole, sussurrate con timorosa vergogna, erano per lui, per il male che lei aveva compiuto.
Erano una supplica, un preghiera, una richiesta di perdono e redenzione.
Theon l'avrebbe potuto capire.
Reek continuava a non capire e a non sopportare di vedere quegli occhi ambrati, tanto luminosi da essere in grado di risplendere persino nel buio in cui sopravviveva.



Pioveva la prima volta che lo sentì sbuffare.
Noia, si limitò a spiegare.
Lo seguì con occhi curiosi, lo vide afferrare uno zaino nero ed indossare una giacca, tirare su il cappuccio scuro ed uscire.
Aveva smesso di piovere, ma c'erano ancora le nuvole, quando lo sentì rincasare.
Le scarpe lasciavano impronte di fango e trascinava un pesante sacco nero.
Incontrò i suoi occhi, brillavano di una malsana gioia.
La incitò ad aiutarlo, Kyralin non si oppose.
Toccò il sacco e riconobbe la forma di una testa e di robuste spalle, lasciò la presa ed indietreggiò, boccheggiando.
-non essere così stupida-
gli ghignò
-certo che è un uomo e no, non è ancora morto-
Kyralin deglutì e si avvicinò titubante al sacco, cercando nuovamente di sollevarlo e di non riflettere sul contenuto.
Gli disse che dovevano portarlo nello scantinato, Kyralin non l'aveva mai visto, le era stato proibito sebbene vivesse lì da un anno.
Adesso capiva.
Una croce in legno, posizionata ad X, ai lati lacci spessi e segni di chiodi, 
tutt'intorno le pareti erano rivestite di coltelli, delle più variegate forme e dimensioni, 
c'era una motosega elettrica e dell'alcool, sopra un tavolino traballante c'era del sale grosso e alcune bende, 
il pavimento sottostante era ricoperto da teli neri, c'era un odore sgradevole e pungente che le causava costanti conati di vomito.
-qui va bene-
le ordinò e Kyralin lo vide aprire il sacco, lì giaceva inerme un ragazzo, sui ventitré anni, piuttosto alto, dalle spalle larghe e i capelli biondo cenere.
-Ramsay-
sussurrò Kyralin, quest'ultimò sollevò il volto, sorrideva soddisfatto, fu allora che lo noto, un piccolo taglio, al lato inferiore delle labbra, si avvicinò cauta
-dovresti medicarti-
Ramsay rise sadico e sollevò il corpo dell'uomo, legandolo alla croce, prese alcune bende e gli coprì occhi e bocca, si avvicinò poi a Kyralin
-vedrai ti divertirai, ti sentirai piena di vita quando avremo finito con lui-
le sussurrò, delineando il contorno del suo collo, per poi stringerlo tra le mani, la spinse ad inginocchiarsi e Kyralin seppe cosa doveva fare.
Tirò giù la zip dei jeans e li lasciò scivolare al suolo, seguiti dai box.
Ramsay era già pronto, le afferrò i capelli, attorcigliandoli tra le dita, spingendo le labbra di Kyralin al suo membro, un brivido di piacere lo pervase al tocco della calda e sinuosa lingua.
Kyralin non si oppose, all'abitudine.
Non chiese nulla, non si fermò neppure quando sentì l'uomo legato alla croce muoversi e mugugnare terrorizzato.
Kyralin non si fermò finché non fu certa di aver soddisfatto il Diavolo, di aver adempito al suo dovere, incurante del dolore o di quella flebile voce che le urlava di fuggire.
A Kyralin piaceva soddisfare il Diavolo.



-ancora non ti sei vestito?-
Theon si voltò, i capelli umidi e l'asciugamano stretto attorno ai fianchi, Robb sbuffò aprendo l'armadio
-faremo tardi-
lo ammonì, rigirandosi una polo blu tra le mani.
Theon sospirò e si sporse in avanti, verso il cassetto a lato del letto, estrasse un paio di box scuri e se l'infilò, lasciando scivolare l'asciugamano solo in un secondo momento, si chinò verso la parte bassa dell'armadio, aprì la penultima cassettiera e ne tirò fuori una camicetta a quadretti, gialla, arancione e grigia, la gettò sul letto seguita da un paio di jeans chiari.
-sbrigati-
gli ricordò Robb, prima di sfilargli davanti agli occhi, perfettamente vestito
-non devo ricordarti che non è veramente il mio compleanno, vero?-
il moro sorrise, scuotendo il capo bonariamente
-certo che lo so-
inspirò e gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla nuda, ma ormai asciutta spalla
-e io non devo ricordarti quanto ci tenga nostro padre a festeggiare ogni anno il giorno del tuo arrivo, vero?-
-tuo padre-
mormorò Theon chinando il capo
le azzurri iridi di Robb s'incupirono, ma le labbra si schiusero nella rappresentazione di un sorriso sereno, non aggiunse parole al commento di Theon, solo quei denti bianchi, il tempo di un battito di ciglia e il maggiore degli Stark era già con un piede sulle scale
-sbrigati, stiamo aspettando tutti te-
Theon restò per un attimo ad osservare il punto in cui poco prima si trovava Robb, sentì l'intenso odore del suo dopobarba pizzicare le narici, si lasciò sfuggire l'accenno di un sorriso malinconico affrettandosi ad indossare ciò che giaceva sopra il materasso.
Una manciata di minuti dopo erano tutti riuniti al tavolo di una pizzeria, Rickon distratto puntellava la tovaglietta in carta con il coltello, fortunatamente in plastica, Bran ed Arya discutevano su chi avesse diritto all'ultima fetta di pizza ai wurstel e Ned cercava di far rinascere la pace, Sansa osservava il cellulare, dal quale non si era mai separata nell'arco della serata, mentre Catelyn la rimproverava e Robb discuteva con Jon dell'etica necessaria nei loro lavori, Theon in tutto questo rideva, beffardo.
C'erano un paio di ragazze carine, alcune erano clienti altre cameriere, e si domandava con quale avesse maggiori probabilità di scopare.
Le sue fantasie furono bruscamente interrotte dalla voce di una donna che porse il conto, richiesto poco prima, sorridendo gentile.
Theon pensò che fosse carina, ma nulla di eccezionale, di media altezza e normale corporatura, i seni proporzionati e i fianchi ampi, ma non eccessivamente, sorrise arrogante e sollevò lo sguardo ed incontrò due pepite dorate, incastonate nelle iridi della donna che lo fissava cordiale.
Aveva già visto quegli occhi, ma dove?
Per un attimo, un istante durato quanto il battito d'ali d'un colibrì, l'arroganza parve scomparire dal volto di Theon e lasciare posto allo stupore, ma fu un frammento di secondo, afferrò lo scontrino e ringrazio.
Era, forse inconsapevolmente o forse intenzionalmente, ancora concentrato ad osservare quella donna quando sentì qualcuno strattonargli lo scontrino di mano, si voltò ed incontrò il sorriso bonario di Robb
-non credo sia il luogo adatto per flirtare-
Theon sbuffò con un ghigno sarcastico e scosse il capo.




Lavorare in un pizzeria, di venerdì sera, era paragonabile ad un tortura.
Eri costretta a stare ore in piedi, trasportando piatti bollenti e piuttosto ingombranti da un lato all'altro della stanza, sopportando le lamentele di clienti sin troppo esigenti e di quelli sin troppo sgarbati, invidiando l'addetta alla cassa che si limitava a battere il conto su piccoli tastini metallici e sorridere.
Kyralin sbuffò, sollevando la pila di piatti ammassati uno sopra all'altro e cercando di reggerne il peso sino alla cucina
-serata impegnativa eh-
sospirò il cuoco intento a stendere un panetto di impasto, cospargendolo di pomodoro
-eh già Frittella-
sbuffò Kyralin, legandosi i lunghi capelli corvini in una lenta crocchia, il cuoco le rivolse un occhiata rapida e le fece cenno col capo di andare verso la cassa
-ha detto Ros che c'è da portare un conto al tavolo-
Kyralin annuì, la donna l'attendeva stringendo tra le mani un piccolo piattino, vi adagiò lo scontrino ripiegato, aggiungendo un
-è per il tavolo con quel bel ricciolino lì-
le fece l'occhiolino e Kyralin roteò gli occhi al cielo, sbuffando.
Sembravano tutti così impegnati in quel tavolo, immersi nelle loro discussioni, si sentiva quasi in imbarazzo, poi notò che uno dei ragazzi non stava parlando con nessuno e decise che forse era meglio non disturbare gli altri.
Gli si avvicinò e gli porse lo scontrino
-mi scusi signore, ecco a lei il conto-
il ragazzo si voltò, la osservò o meglio la analizzò, Kyralin sentì gli occhi dell'uomo esaminarla, cercò di ricordarsi che era suo dovere mantenere la calma ed ostentare cordialità e continuò a sorridere anche quando si scontrò con quegli occhi verdazzurri e un ghigno arrogante
-grazie-
Kyralin chinò il capo e si allontanò, continuando tuttavia a sentire il peso di quegli occhi che la scrutavano insistenti.
Era certa di averli già incontrati, da qualche parte, ma non ricordava dove.
-signorina, mi scusi, vorremo il conto-
si voltò vero un tavolo occupato da alcuni uomini in giacca e cravatta, sorrise, tornando a concentrarsi sul lavoro.

Era una bambina, aveva appena undici anni, 
era il suo primo giorno di scuola, sua zia l'aveva costretta ad andare, mal tollerando la sua presenza, 
Kyralin avrebbe preferito dormire tra le calde coperte, sognare, dimenticare, 
invece si ritrovava a dover stringere il libro di storia come fosse un antico scudo, 
difendendosi dagli sguardi degli altri bambini che, di certo, non avrebbero finto di non vederla.
Eppure, con suo immenso piacere, quel giorno sembravano essere tutti interessati ad altro o meglio a qualcun altro.
C'era un ragazzino, era anche il suo primo giorno di scuola, 
era minuto e alto, sorrideva arrogante mentre camminava lungo il corridoio, 
ad ogni suo passo si levava un vociare indistinto, occhi colmi di sospetto ne analizzavano l'andatura fiera. 
Un gruppetto di ragazze, non troppo distanti da lei, bisbigliarono
-è il figlio di quel criminale?-
-cosa ci fa qui?-
-sarà come il padre-
Kyralin conosceva bene il veleno delle parole, lo aveva assaporato già sin troppe volte, sebbene avesse solo undici anni, 
e lo riconobbe in quei sussurri.
Il ragazzino sembrava, invece, non curarsene, avanzava orgoglioso, le labbra socchiuse in un ghigno di sfida.
Per un istante Kyralin lo invidiò, quel coraggio che lei non aveva.
Sospirò, stringendo al petto il libro di storia, 
socchiuse gli occhi e s'immaginò affrontare quel corridoio con il medesimo volto beffardo, 
l'illusione svanì al suono della campanella, le lezioni stavano per iniziare.
Scarpe picchiettarono al suolo, passi rapidi di alunni che si riversavano nelle rispettive aule, 
la folla che si era radunata al corridoio sfilò via veloce, rimasero in pochi, i più curiosi o più coraggiosi, 
ad osservare dove quel giovane sarebbe entrato.
Kyralin continuava invece a studiare quella posa e quel cipiglio arrogantemente fiero, 
sussultò indietreggiando quando si accorse che le iridi verde oceano di quel ragazzino la stavano osservando, 
ma i suoi occhi zaffiro restarono ancora per qualche istante immersi in quel mare, 
forse non si accorse, ma sorrise arrossendo, 
prima di voltargli le spalle ed affrettarsi a raggiungere l'aula.



Un ultimo rivolo di sangue percorse le gambe della donna, sino a disperdersi nella pozza vermiglia sottostante.
Un ultimo battito.
Un ultimo respiro.
Vide la vita abbandonare le iridi scure della donna.
Vide la sua testa inclinarsi in avanti, inerme.
-muoviti, slegale le braccia-
le ordinò Ramsay, un ghigno soddisfatto dipinto sul sadico volto, Kyralin annuì sorridendo ammaliata.
Le sembrò quasi che il corpo di quella donna fosse più leggero ora, si rispose che doveva essere quello il peso che avevano i corpi quando l'anima li abbandonava e si chiese se lei ne avesse mai avuta una, di anima, o se fosse stata catturata dal Diavolo, quel giorno in cui incontrò le sue iridi di ghiaccio.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì vide Ramsay dividere la donna in blocchi, strapparle gli arti, riporli in sacche separate.
Ne sollevò alcune e fece ciò che era solita fare, trascinarle sino al portatagli della vecchia mustang parcheggiata in giardino.
I vicini la vedevano, quasi ogni due o tre mesi, trascinare quei neri sacchi e le sorridevano.
Kyralin, col tempo, l'aveva capito.
Tutti sapevano.
Tutti conoscevano.
E nessuno ne era infastidito.
Dreadfort, la sconosciuta via di Winterfell, era la casa del Diavolo e dei suoi demoni.
Buttare l'immondizia” la definivano e ridevano, salutando cordiali.
Le era capitato spesso di chiedersi per quale motivo lei venisse legata al letto e non alla croce, aveva provato a rispondersi, ma nessuna delle sue ipotesi trovavano un logico senso, ma dopotutto poteva davvero esserci un senso logico?
ogni uomo ha bisogno di una bambola con cui giocare” le aveva detto, le prime notti che avevano fatto sesso e lei aveva sorriso, sentendosi quasi fiera.
Non si era mai chiesta come fosse riuscito il Diavolo ad ingannarla, conosceva già la risposta.
Il Diavolo era più bello di qualsiasi altro Angelo, perché un tempo era esso stesso un Angelo, il più bello tra gli Angeli, finché un giorno Dio decise di punirlo per la sua arrogante superbia e lo confinò sulla Terra.
E allora il Diavolo divenne il più bello tra gli uomini e Kyralin sentiva di doversi sentire orgogliosa di un tale privilegio.
L'unica degna del suo amore.
Era questo ciò che Kyralin sentiva.
Eppure una voce, flebile, ma persistente, la supplicava di fuggire, di salvare l'anima se ancora ne aveva una.
E allora Kyralin chiudeva gli occhi, immaginava quelle iridi fredde e la voce cessava di infastidirla e continuava ad amare il Diavolo con lucida follia.
Perché infondo lui l'aveva salvata, da un mondo che non era mai stato buono con lei.
Le aveva proteso la mano e l'aveva salvata da un pozzo d'oscura solitudine.
L'aveva liberata dai tormenti di un animo fragile, l'aveva fatta rinascere forte come una fenice.
Le aveva promesso che mai l'avrebbe abbandonata, che sempre sua sarebbe stata, il suo gioco preferito, sempre tra le sue cosce lacere e martoriate sarebbe ritornato.
Forse l'aveva ingannata, ma a Kyralin non importava.
Lei non voleva più essere sola.
Non voleva più non essere amata.
Aveva bisogno di un posto da poter chiamare casa, di occhi che non l'avrebbero mai lasciata.
Non aveva importanza se fosse sbagliato quell'amore, non importava che quella voce le ripeteva quanto fosse malato quel sentimento.
Kyralin non le credeva, come poteva?
Non aveva mai conosciuto l'amore, non aveva mai avuto forma diversa dai pugni tesi a denti stretti.
Non aveva mai avuto forma diversa da due occhi colmi di disprezzo ed odio, non era mai stato nulla di diverso dal dolore del rifiuto.
Come poteva Kyralin sapere che il Diavolo non è più un Angelo, se non ne aveva mai conosciuto uno?

Io mai mi ritrarrei dai tuoi baci di fuoco.
Si ripeteva, osservando il rosse di chiazze lasciate sulle spalle da labbra carnose avide di sangue.
Io mai mi sottrarrei dai tuoi sorrisi taglienti.
Si ripeteva, osservando segni violacei di famelici moschi che le contornava i seni.
Io mai mi priverei del dolce dolore del tuo amore.
Si ripeteva, carezzandosi i polsi anneriti dal segno di possessive dita.
Io mai fuggirei dalle braccia del Diavolo.
Si ripeteva Kyralin, quasi a voler rendere muta quella voce che debole le urla di fuggire.

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Comincio con il ringraziare i silenziosi lettori, vi sono grata per il tempo, non importa se breve o meno, che avete dedicato alla storia, vi ringrazio.
Ringrazio inoltre chi segue e chi aggiunge tra i preferiti, mi date gioia e voglia di continuare.
Se avete critiche non esitate, commentate se volte, personlamente ne sarei felice.
Ad ogni modo, grazie a tutti.

Ho pensato di trovare dei simboli per la storia, un po' per alleggerire la pagina, un po' per creare più spazio e favorire la lettura.
Ho già visto qualcuno, ma non ricordo chi, fare una cosa simile in questo fandom, se dovesse in qualche modo sentirsi offeso/a la prego di avvisarmi, toglierò immediatamente le immagini e riprendere a pubblicare con il vecchio metosdo; non è  assolutamente mia intenzione infastidire nessuno e chiedo anticipatamente scusa, semplicemente mi sembrava un'idea carina; visto che anche nel libro vengono utilizzati simboli ad indicare l'inizio dei capitoli.
Ad ogni modo la piuma di pavone indica gli avvenimenti passati, le parti in corsivo all'interno del passato riguardano ricordi di uno dei due protagonisti, la croce il presente della narrazione.
Spero di non aver reso i personaggi eccessivamente OOC, in tal caso chiedo venia e cercherò di rimediare.

Spero che questo capitolo possia piacere a qualcuno, recensite se volte, ma sono già piuttosto felice di sapere che qualcuno legge.
Grazie e buona vita,
Euridice.
  
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