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Autore: La Setta Aster    29/12/2015    2 recensioni
Su un pianeta dove la legge è dettata dalla mano più veloce ad estrarre un revolver laser... Un gruppo di coraggiosi eroi affronta il deserto marziano in cerca di vendetta, denaro, donne, denaro, dinamite termica, denaro, e per finire: DENARO! Scopriranno loro stessi cavalcando cavalli elettrici dalla regione di Cydonia alla città di Ma'Adim, facendo esplodere tutto ciò che non gli va a genio.
La Krypteia productions è orgogliosa di presentare...
...John Malkovich, Shia LaBeuf, Zoe Saldana...
C'ERA UNA VOLTA SU MARTE
Genere: Azione, Comico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La fresca brezza mattutina ululava, incanalata nel Canyon che per svariati chilometri si estendeva, lungo e profondo. Ma non fu la suddetta brezza a svegliare Mat, bensì la sensazione che qualcosa di appuntito gli stesse punzecchiando la punta del naso. Senza pensare troppo a cosa potesse o non potesse essere, si mise seduto con la velocità di una lepre, puntando la pistola verso la probabile origine del fastidio. Dovette ricredersi a abbassare l’arma molto presto: il loro piccolo accampamento improvvisato era stato invaso da forse una decina di marziani autoctoni, che avevano confiscato le armi a Cobra e Blacky, e lei non avrebbe potuto usare il suo raggio laser finché praticamente tutti gli indigeni puntavano le frecce contro di loro, pronte a essere scoccate dagli archi bianchi come l’avorio, fatti con il legno degli alberi che crescevano nelle oasi nel profondo del Canyon, dal tronco eburneo e le foglie rosso vivo. Gli archi marziani differivano leggermente da quelli che si vedevano nei musei terrestri di una volta: pareva fossero due di quegli archi antichi incrociati, con un nodo nel punto dove le due corde si incontravano – dove veniva posta l’estremità piumata della freccia – e un foro nel centro formato dall’unione a croce delle due aste; il foro aveva un quadrante mancante, un quarto della circonferenza apriva il cerchio, e da quella feritoia veniva inserita la freccia. Una mano veniva posta proprio in corrispondenza di quel foro, tenendo la freccia tra indice e medio. I marziani che utilizzavano simili armi erano creature umanoidi, simili agli umani stessi per fisionomia, muscolatura, numero di arti, solo erano più alti, con la pelle grigiastra e due piccoli fori sulla fronte che fungevano da naso, il quale mancava laddove un umano lo avrebbe cercato. I piccoli occhi neri osservavano con diffidenza i prigionieri. Altro piccolo particolare che differiva dagli umani: i capelli argentei, o grigi, con svariate tonalità che andavano dal più comune grigio topo al vero e proprio argento, che però si sviluppava con l’età. Erano tenuti lunghi, oppure legati in trecce o rasati ai lati. Quando Mat era scattato a sedere, i marziani avevano iniziato a bofonchiare nella loro lingua incomprensibile, e ad agitarsi, messi in allarme dal movimento inconsulto dell’umano. Cobra, con le mani alzate, disse “ragazzo, fossi in te non farei lo spocchioso, con questi gentiluomini” e Blacky aggiunse “giusto per non farci ammazzare tutti e tre, sai com’è”.

Si ritrovarono ben presto legati l’uno all’altro da corde che stringevano i polsi. Alcuni marziani avevano preso possesso del loro carro, e seguitavano con quelli, mentre altri cavalcavano possenti bestie, i cavalli di Cydonia, con ammirevoli muscoli che sporgevano dalla peluria rada color bordeaux. Sei piccoli fori, simili ma poco più grandi di quelli dei marziani, occupavano in due file da parallele da tre la fronte di quegli animali: il loro naso. Gli occhi parevano due grosse biglie di granito. I loro cavalieri non smettevano mai di puntare gli archi contro i tre prigionieri.

Cobra, Blacky e Mat camminarono per tutto il giorno, facendo solo un paio di pause da dieci minuti. Quando il tramonto cambiava nome in crepuscolo, giunsero ad un accampamento di una trentina di capanne rosse a cono, sulla sommità delle quali vi erano piccole antenne paraboliche per captare la musica psichedelica proveniente da obsoleti satelliti terrestri, musica che veniva utilizzata durante i riti in cui si apriva la mente al cosmo. I nostri eroi furono condotti in una capanna relativamente più grande, rispetto alle altre, e legati al palo che la reggeva, quello con l’antenna in cima, facendo passare una fune bella robusta attorno ai prigionieri, messi con la schiena al palo. Una volta legati ben saldi, i marziani uscirono dalla tenda bisbigliando nella loro solita lingua incomprensibile.

“ma come diavolo avete fatto a farvi catturare?” domandò Mat, isterico ma mantenendo la voce forzatamente bassa.

“noi cosa?” esclamò nella medesima maniera Blacky.

“più o meno nello stesso modo in cui ti sei fatto catturare tu” disse invece Cobra, contemporaneamente alla ragazza.

Mat emise uno sbuffo esasperato “e va bene, ora come usciamo da qui?”

“semplice:” intervenne Cobra “non usciamo”

“come sarebbe a dire che non usciamo?”

“sarebbe a dire che non usciamo, ragazzo, là fuori ci sono almeno trenta marziani, ma è plausibile che ce ne siano anche di più, con cavalli e armi, e abituati a cacciare anche di notte animali molto più furtivi di noi. Non avremmo speranza”

“dov’è finito il coraggio di Cobra? Andato con gli anni?”

“se sono vivo non è certo grazie alla spavalderia, ma dal dono, concesso a pochi, di sapersi scegliere gli avversari e le battaglie che si possono vincere. Dono che a te ovviamente manca, stronzetto”

“ora basta, tutt’e due!” li zittì Blacky, atteggiandosi come la più matura dei tre.

In quello stesso momento, entrò nella tenta un marziano, che li studiò con quei suoi occhi neri fin troppo furbi. Li squadrò talmente a fondo che Blacky si sentì a disagio. Poi gli si avvicinò con una tale convinzione che pareva volesse farli a pezzi. Invece, li liberò dal palo, ma non dalle corde che ancora gli legavano i polsi. Ancora una volta, punzecchiati con una freccia, furono fatti spostare. Attraversarono il campo, al centro del quale – doveva essere una specie di piazza, per loro – era stato acceso un grande fuoco. Quello stesso fuoco che brillava come un faro, riflesso dall’argentea carrozzeria della Dakota. Era parcheggiata di fianco alla tenda dove erano diretti. Nel vederla, Cobra si agitò, e tentò di liberarsi dalle funi. “la mia Dakota, maledetti!”. Alcuni marziani intervennero per tenerlo fermo. Dalla grande tenda, che era più un padiglione, di fianco alla quale era posta la moto volante, uscì un marziano alto, piuttosto muscoloso, ma con un volto profondo seppur giovane. Pareva portar con se una grande saggezza.

Caccia Demoni -Jared Padalecki-

I marziani si allontanarono da Cobra e dagli altri due prigionieri, per lasciare spazio alla camminata lenta del marziano, che doveva essere una sorta di sciamano. La risposta giunse da un annuncio “Caccia Demoni deciderà la vostra sorte”.

Caccia Demoni era il suo nome. Eppure il suo volto non suggeriva nulla di pericoloso. Anzi, pareva che i suoi occhi scuri come buchi neri nel cielo stessero scrutando nel più profondo abisso delle anime dei tre eroi, e stesse soffrendo. Le sue sopracciglia erano inarcate in modo tale da conferirgli un aspetto mortificato. Estrasse un coltello dalla cintura che portava ai pantaloni di cuoio. Si avvicinò a Blacky, muovendo i suoi piedi scalzi con una tale flemma che dava l’impressione di non voler far male al terreno. Blacky, però, era spaventata, quell’uomo era alto quasi due metri, e con una notevole massa muscolare. Ma non le fece del male: la liberò. E così fece con Mat. Quando giunse a Cobra, gli rivolse un solo sguardo, anche se non si sarebbe potuto dire, data la mancanza di punti di riferimento negli occhi quali iride o pupilla, un solo sguardo di pochi secondi, poi abbassò il capo, con quel suo fare mortificato che doveva caratterizzarlo presso la tribù. Liberò anche lui.

“la tua moto è danneggiata, e qui non abbiamo i pezzi di ricambio per aggiustarla, dovrete usare cavalli veri” disse, con tono sommesso.

“ci lascerai andare?” domandò Blacky.

“non prima di aver esorcizzato i vostri demoni”

“demoni?” chiese Mat, sorpreso.

Senza aggiungere altro, gli fece segno di seguirlo nella tenda. Era strano, per tutti e tre, ma non provarono nemmeno l’esigenza o l’istinto di fuggire, ma piuttosto si sentirono spinti da una strana curiosità a seguire il marziano. L’interno della tenda era offuscato da una fitta nebbia di fumo; dal profumo doveva trattarsi di un qualche tipo di incenso. Si vedeva a malapena il prossimo passo da compiere. Eppure i tre camminavano, e camminavano… da fuori quella tenda non pareva certo così ampia. E più si addentravano all’interno, più la nebbia s’infittiva. Ad un certo punto, ognuno dei tre si accorse di non riuscire più a scorgere gli altri due. Il cuore iniziò a battere dalla paura. Cobra, Blacky, Mat, erano persi in quella coltre di fumo senza tempo e senza spazio, un piccolo angolo della loro anima ritagliato solo per loro.

Cobra teneva un braccio teso davanti a lui, tentando di trovare qualcuno o qualcosa a tentoni. Dalla nebbia, pian piano, iniziò e delinearsi una forma, una sagoma umanoide. Ma pareva che i passi di Cobra non lo avvicinassero mai all’individuo che stava là, fermo ad aspettarlo.

“in questa nebbia gli occhi non ti serviranno” disse la voce di Caccia Demoni “chiudili”.

Cobra obbedì, e incominciò a muoversi seguendo il proprio istinto. Adesso riusciva ad avvicinarsi alla sagoma. Diventava sempre più chiara, ma nella sua mente, davanti agli occhi dell’anima. Finalmente fu di fronte all’avversario: vide davanti a se il Duca in persona. Era ancora avvolto nella nebbia, solo gli occhi trasparivano, ma Cobra li avrebbe riconosciuti in mezzo a milioni altri: uno nero ed uno azzurro.

“finalmente arriviamo alla resa dei conti” disse l’uomo dai due occhi di diversi colori.

“Lince?” domandò spaventato Cobra, chiamandolo col suo nome da rinnegato della loro vecchia banda.

Senza rispondere oltre, l’uomo dal cappello candido sferrò un pugno alla velocità di una saetta, diretto verso il petto di Cobra, che fu colpito in pieno. Quando cadde a terra, udì nella sua testa la voce di Caccia Demoni. “tu lo temi” diceva il sussurro nella mente “è per questo che non hai saputo prevedere l’attacco. Vinci la paura, conosci il tuo nemico, vedi oltre il vostro passato, metti un piede nel tuo futuro”.

Cobra si alzò, ma solo per essere atterrato nuovamente da un altro colpo, stavolta in pieno volto.

“non temere la morte, Cobra, perché essa ti riconcilierebbe con le persone che ami, portandoti in un mondo più vasto, dove i dolori della carne non esistono più. Con questa consapevolezza, affronta il tuo nemico, e se lo sconfiggerai, attendi con pazienza la morte che non è riuscito a darti quello stesso nemico”

Non erano le parole a infondere coraggio a Cobra, ma ciò che esse risvegliavano dentro di lui. Vendetta o morte. In qualunque caso, avrebbe vinto, e il Duca Bianco sarebbe stato sconfitto. Un fendente giunse con mano tesa dal lato sinistro di Cobra, ma fu bloccato con una prontezza di riflessi che nemmeno lui credeva di avere. Il Duca Bianco era scomparso nella nebbia, mentre gli occhi del guerriero erano ancora chiusi. Ricomparve per rinnovare l’attacco, accompagnato da un ruggente muro fiammante, che li circondò come un’arena.

Nella tenda erano trascorse circa tre ore; Blacky e Mat osservavano, dopo aver vissuto la medesima esperienza, Caccia Demoni e Cobra battersi nella tenda con una agilità propria solo dei giaguari, e una furia che era concessa solo alle tigri. Ma la cosa impressionante erano gli occhi: entrambi lottavano ad occhi serrati. Un marziano batteva un ritmo forsennato su un tamburo di pelle. La velocità dei colpi sferrati dai due combattenti aumentò tanto che si faticava a tenerli d’occhio.

“solo attraverso la lotta io posso vedere dentro di te, e guidarti a sconfiggere i tuoi demoni”

Nessuno dei due riusciva a colpire l’altro, e lo scontro durava ormai da un’ora, forse due. Cobra non percepiva il tempo come i suoi compagni di viaggio, che avevano terminato la loro discesa dentro la loro anima. Fu questione di un secondo: Cobra cadde a terra, con un gran tonfo e un lamento, mentre Caccia Demoni rimaneva fermo nella sua forma, l’ultimo colpo sferrato. Massaggiandosi la mascella, dove era stato colpito, l’avversario a terra lamentava la propria sconfitta.

“maledizione. Sono stato sconfitto, la mia prova è fallita”

“fallita?” ripeté Caccia Demoni “e chi lo ha sentenziato?”

Corba lo guardò con aria interrogativa “mi hai colpito, sono stato sconfitto”

“la tua prova non consisteva nel battermi, ma nell’affrontarmi, nell’affrontare il tuo demone, e lo hai fatto. Se sei a terra non importa, perché il timore di cadere non ti ha impedito di volare”

Queste parole lasciarono di stucco Cobra, come dovevano aver lasciato di stucco Blacky e Mat, a loro tempo. Il silenzio dominò i prossimi minuti, finché non fu decretato che gli ospiti avevano bisogno di cibo, bevande, un buon sonno, e dei cavalli per il giorno seguente.

Il cielo tempestato di diamanti cullava con un morbido soffiare di vento i nostri tre eroi. Le lune di Marte apparivano fiere e vanitose in mezzo all’infinita coperta di velluto blu scuro della notte. Deimos si prendeva più tempo di Fobos, che invece, più grande e vicino, pareva voler correre a nascondersi oltre l’orizzonte per paura del sole. La luna più piccola e lenta, nel suo passaggio, si accostò, ad un certo punto, alla Terra, una stella fra le tante, non più luminosa né più grande di un lontanissimo sole, tanto che si sarebbe potuta confondere con qualsiasi altro corpo celeste, lontano anni luce. Cobra se ne stava seduto per terra, ad osservare quel meraviglioso spettacolo notturno, insieme ai due compagni di viaggio. Gli pareva strano pensare che in quell’affresco tanto silenzioso e splendido potesse nascondersi il degrado della Terra, guerre, caos, pianeti abitanti da specie frenetiche e rumorose. Ma qualunque suono si perdeva nell’immensità dello spazio, e nemmeno la vendetta pareva poi così importante, né l’indipendenza una causa così grande. Blacky pensò che le specie che schizzavano come insetti indaffarati da una parte all’altra della galassia erano ridicoli, con i loro problemi, con la loro fretta, con i loro piani e ambizioni, con le loro guerre per decidere a chi appartenesse un pianeta. Nessuna terra appartiene a qualcuno: è quel qualcuno che può avere l’onore di abitare in affitto in una terra, pensò Mat. Caccia Demoni doveva leggere le loro menti, perché sorrise, sedendosi accanto a loro, senza dire una parola. Semplicemente rivolse il volto verso di loro, come era usanza marziana, per salutare, si adagiò a terra, e sorrise ad ognuno dei tre, che però non potevano smettere di fissare il cielo. Non riuscivano a capire se nella loro testa si agitassero migliaia di pensieri oppure uno solo. Ma non gl’importava: un raggio di pace dal profondo del cosmo li toccò. Ben presto, la stanchezza del viaggio prese il sopravvento, e sulle pesanti palpebre di Cobra Jack, Blacky Hole e Mat Wallace, calò il sonno come cala la notte sul deserto.

ANGOLO DEGLI AUTORI
Un nuovo personaggio giunge ora, la star della serie tv Supernatural Jared Padalecki! Diciamo che abbiamo voluto omaggiare affettuosamente il personaggio chiamando lo sciamano Caccia Demoni. Dunque, in questo capitolosi incontrano i veri abitanti di Marte, una sorta di indiani, perché nelnostro sapce western ci sono gli indiani marziani XD speriamo che la descrizione dell'arco sia chiara, ci siamo stati su per settimane! XD Che altro succede? Certo, i nostri tre eroi affrontano le loro paure, e Cobra scopre che teme più il confronto con il Duca Bianco, e quindi con il suo passato, che non la morte stessa. Ora è libero da questo demone... Forse ;-)     alla prossima puntata di C'Era Una Volta Su Marte! ;-) 

 
  
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