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Autore: Arydubhe    29/12/2015    0 recensioni
Quale mistero si cela dietro alla singolare scelta di Kohala di indossare anch'essa, come Sabo, un cappello e un paio di googles? Cosa rappresentano per Sabo quei due oggetti, che legame finirà per unire i due ragazzini agli albori della loro amicizia?
Un insight sull'adolescenza di Sabo e Kohala all'interno dei ranghi della Rivoluzione.
L'evoluzione della loro storia dal punto di vista imprescindibile dei...loro cappelli.
ATTO I:Cappelli che sopravvivono -cappello nero e google azzurri-
ATTO II:Cappelli che arrivano -cappello bordeaux e google gialli-
ATTO III:Cappelli che riassumono una vita
___________________Dal testo:____________________________
“Be’, vai, è la tua festa!” le disse Sabo piazzandole grandi pacche sulla schiena.
Kohala restò un attimo in silenzio.
“Quando…potrò ricambiare?”
Per un attimo a Sabo sfuggì il senso della frase, snocciolata tutta d’un fiato.
Poi comprese…
Oh…
“Be’ io non lo so quando sono nato. Diciamo che allo scadere dell’anno mi sono arrogato il diritto di ritenermi più vecchio di un anno. Quando mi sono svegliato sapevo solo quanti anni avessi, non quando li compissi…quindi non ho una data di nascita ben definita”.
“Compiamoli assieme. Tanto con cappelli e googles oramai sembriamo fratellino e sorellina…”
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Emporio Ivankov, Koala, Sabo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTO I: Cappelli che sopravvivono
-cappello 
nero e google azzurri
-
 
“Riammelo!” urlava Sabo, 11 anni, guardando in cagnesco la ragazzina di fronte a lui.
“Te lo puoi scordare!” gli rispose in tono canzonatorio quella, che gli stava parata davanti con fare provocatorio, la lingua di fuori in una pernacchia. Si chiamava Koala e aveva appena un anno in più.

I due bambini stavano giocando a stuzzicarsi l’uno con l’altro nel patio all'aria aperta della sede dei Rivoluzionari quando, improvvisamente, Koala aveva agguantato di soppiatto il cappello in testa al compagno e si era messa a correre per il cortile, urlandogli: “Prendimi! Prendimi!”.

Una cosa normalissima per dei bambini che stavano tranquillamente passando assieme il tempo a giocare...o così almeno avrebbe dovuto essere in teoria.
Koala in tutta onestà non capiva la ragione per la quale Sabo ora se la stesse prendendo tanto…il suo compagno di giochi aveva un tono veramente infuriato e sembrava in procinto di dare in escandescenze.

“Te lo ripeterò ancora una volta: DAMMI. SUBITO. IL. CAPPELLO!”
Koala ci mise poco a capire di averla fatta davvero grossa stavolta...
 
Si conoscevano da parecchi mesi, ormai, quei due, ma Koala non lo aveva mai visto arrabbiarsi così. Non che Sabo tendesse a comportarsi in maniera accondiscendente e dimessa, per la carità; era facile vederlo sbraitare spazientito per qualcosa. Ma un conto era sbottare per fare scena...un conto era reagire a quella maniera, per una faccenda da nulla, poi. Lei gli veva solo sfilato dalla testa il cappello, perdinci! 
La ragazzina non aveva intenti dolosi; Sabo avrebbe dovuto saperlo, si diceva Koala…Lei stessa per prima aveva patito sulla sua pelle l’essere derisa dagli altri bambini, quando aveva fatto ritorno al suo villaggio dopo gli anni prigionia, perché considerata “strana” a causa delle due idee; Koala gli aveva raccontato dei soprusi subiti; non sarebbe stata certo lei a ripetere simili atteggiamenti derisori....Del resto, non lo stava mica vessando... Almeno non dal suo punto di vista: quello che aveva fatto poteva essere considerato in varia maniera, fuorchè come qualcosa di grave o irrispettoso...
Il cappello era stato solo un pretesto per rincorrersi, non intendeva rubarglielo davvero: aveva pensato che impossessarsene sarebbe stata una buona idea per "spronarlo" a giocare ad acchiapparella, per questo gilelo aveva sottratto sotto al naso. Voleva solo giocare. Tutto lì. Nulla di più, nulla di meno.
Si era aspettata proteste da parte del ragazzino e una bella corsa a perdifiato per i corridoi... una gara a nascondino magari. Di certo non quella reazione offesa e adirata cui si trovava ad assistere.

Tanto meno credeva di aver già instaurato con quel bambino un rapporto così profondo da potersi permettere di tutto…semplicemente non aveva pensato che prendere quel cappello e mettersi a correre con esso avrebbe costituito un vero e proprio casus belli;  mai più pensava che comportandosi così si sarebbe arrogata un diritto che evidentemente non aveva. Forse prendendogli il cappello lo aveva urtato in una qualche maniera che non capiva; magari senza accorgersene aveva fatto qualcosa che lo aveva indispettito…

Koala era mortificata.
Lei e Sabo erano gli unici due bambini nella base della Rivoluzione e piano piano erano diventati sempre più affiatati. Sabo le stava parecchio simpatico. Per questo le dispiaceva vedere di aver sbagliato. Non voleva perdere proprio ora l’unico amico che era riuscita a farsi e per una faccenda così stupida, peraltro.
Vedere il volto di Sabo scurirsi di rabbia l'aveva colpita profondamente: Koala si era sentita improvvisamente in colpa.

“Koalaaaaaaaaaaaaaa!”
All'ennesimo grido, la ragazzina si fermò di colpo, lasciandosi raggiungere.
Con uno slancio Sabo le fu addosso e le strappò di mano il cappello. Lei non oppose neppure resistenza.
“Scusa…” si limitò a mormorare Koala. “Non pensavo fosse così importante per te” spiegò veramente dispiaciuta. 
Il suo tono era quello rammaricato di chi sa di aver sbagliato e se ne fa un problema. Teneva gli occhi bassi e faticava a guardarlo in faccia.
Anche Sabo, il fiato corto per la corsa e per le urla, si accorse di quanto Koala ci fosse rimasta male.
Dopo qualche attimo di imbarazzato silenzio “Scuse accettate” borbottò Sabo con finta indifferenza, ricacciandosi in testa il cappello e strofinandosi il naso.
Anche lui si sentiva stranamente in fallo, adesso.
Forse se l’era presa troppo con lei…non che Koala sembrasse il tipo da mettersi a piangere per così poco, ma era chiaro che il suo pentimento era assolutamente sincero.

“E’ che ci tengo…al cappello intendo” disse, per abbozzare una spiegazione.
“E’ per gli occhiali? Hai paura che si rompano?” Koala, incuriosita, si era portata dietro l’orecchio una ciocca di capelli mentre pronunciava quelle parole. Aveva parlato con esitazione per paura di peggiorare le cose, ma Sabo, una volta riottenuto il cappello, sembrava tornato lo stesso di sempre.
“I googles? No, questi affari sono indistruttibili, fidati, ne hanno passate di cose e ne sono usciti sempre meglio conciati di me.” e per rafforzare il concetto picchiettò con le nocche le lenti.
Sabo vide che un timido sorriso si affacciava sul volto di Koala, mentre riprendeva il coraggio di incrociare lo sguardo con lui.

Il ragazzino si sedette su un gradino delle scale esterne della base, subito imitato dalla compagna.
Aveva deciso di raccontarle un po’ di più della storia di quegli oggetti.
 ”Sono molto legato a questo cappello. Dragon, indovinando che l’oggetto mi appartenesse, quel giorno in cui mi ha salvato, l’aveva raccolto tra i relitti del mio affondamento causato dal Drago celeste, e l’aveva portato con sé per puro caso. Ma è stata una fortuna che l’abbia fatto. Tutto quello che si era salvato dall’affondamento erano essenzialmente questo cappello e la mia persona, col resto dei vestiti che mi portavo addosso. Quando mi risvegliai dopo essere stato ripescato da Dragon, totalmente dimentico di chi fossi a causa della mia amnesia, è stato essenzialmente questo cappello ad aiutarci a ricostruire un minimo il mio passato”
Sabo si tolse il cappello nuovamente e fece segno a Koala di osservare una piccola scritta a ricamo sul bordo interno del cilindro.
“Uno degli uomini di Dragon si accorse di queste quattro lettere cucite sul lembo del cappello, perciò controllando anche il resto dei miei effetti personali e trovando altre scritte di questo tipo dedussero che questo fosse il mio nome”
Koala non si era minimamente aspettata questa rivelazione.
“Quindi non sai se ti chiami veramente Sabo o no…?” chiese, quasi scioccata.
Koala restava sempre stupita per come Sabo riuscisse a parlare del suo non-passato con tranquillità.
“Io sono Sabo –replicò con forza il ragazzino, facendo spallucce –il bambino dei rivoluzionari c'est moi e si chiama Sabo. Anche perché, ti dirò…mi piace questo nome” concluse, dandosi un contegno.
Faceva quasi ridere vederlo così, tutto impettito, calcare il tono della voce nel definirsi un "rivoluzionario". “E’ carino in effetti" poi si affrettò a precisare: "come nome”.
. “Be’ carino non è esattamente l’aggettivo che si addice a un futuro eroe…”
"Eroe, adesso..."
lo canzonò guardandolo ironica. Koala finalmente sorrideva distesa. Sabo pure.
Pace era fatta.

“Ma i googles…?” chiese, incuriosita, Koala. Oramai aveva riacquisito tutto il suo coraggio.
“Ah, quelli c’erano già! Quando Dragon mi ha ripescato erano montati sul cappello. Te l’ho detto che ne hanno passate…”
“Ma non hanno un graffio…”
“Infatti li ho eletti a mio portafortuna. E’ per questo che non mi piace separarmi da loro e da questo cappello. Non so, ma ho come l’impressione di essere connesso a questi occhiali da un legame particolare…credo che se si rompessero si spezzerebbe qualcosa in me. E lo stesso vale per il cappello. E’ con me da prima di quanto io ricordi. Anche lui deve averne viste, di cose. E' come se oramai queste cose facessero parte della mia essenza...Non so, forse sbaglio, però credo che un giorno questi due oggetti potranno aiutarmi a capire altri elementi del mio passato, forse proprio a recuperare qualche ricordo”
Koala tornò a sentirsi pentita scoprendo quale valore affettivo avesse quel cappello occhialuto per il suo amico. 
E lei ci aveva giocato. Anche se solo per scherzo, aveva sottratto a Sabo un oggetto di grande importanza…
Si sarebbe presa a calci da sola.
“Scusami...io...”

Non si aspettava che, per tutta risposta, Sabo si mettesse ad armeggiare col cappello.
“Provali!” disse a Koala, allungando alla ragazza i googles che aveva staccato dal cappello.
Koala lo guardava incredula.
“Posso?”
“Se te lo dico io…”
Koala indossò con cura i googles, mentre Sabo la squadrava: “Mmmm…”
“Che c’è?”
“Prova questo anche” disse, porgendole il cappello.
Senza fiatare, Koala mise in testa il cilindro.
Sabo continuava a fissarla, come a valutare qualcosa. Koala si sentiva profondamente in imbarazzo, non era da lei fare da modella ed essere osservata e quella cosa sembrava a lei assai simile a una sfilata di moda, anche si trattava solo di un cappello.
A un tratto Sabo scosse la testa come a dire “no” e le disse di levarsi solo gli occhiali, che prontamente furono restituiti al legittimo proprietario.
“Aspetta!” le disse scattando in piedi, in un tono così repentino da spingere la ragazzina a fare lo stesso.
Incurante del fatto che Koala fosse più alta di lui di 5 buoni centimetri, Sabo fece del suo meglio per infilare i googles di nuovo sul cappello che la ragazza ancora aveva in testa. Accorgendosi della sua difficoltà, Koala si piegò leggermente in avanti per facilitargli l’operazione, arrossendo appena un pochino.
Chissà cosa stava cercando di fare Sabo…
Quando tornò a guardarla, Sabo sembrava soddisfatto.
“Sai, stai bene così. Però il cilindro non è un modello adatto a te e anche il tuo viso si adatterebbe meglio a forme diverse da quelle squadrate, tipo rotonde, ecco, sì, sarebbero perfetti…anche l'azzurro...naaaaa!”
Koala lo guardava incredula e scoppiò a ridere, una risata cristallina, divertita.
“Non sapevo fossi uno stilista…”
“Non lo sono, infatti, però ho occhio” disse, facendole l’occhiolino “ e ripeto, non porti il tutto bene come il sottoscritto, ma ti dona questo stile.”
“Ma sentilo…!”

Quand'ebbe finito di ridere, Koala fece per restituire definitivamente il cappello a Sabo, ma questi ricominciò a parlare senza riprenderselo, con tono serio, guardando lei anziché il cappello.
“Bene, ho deciso”
“Che cosa?”
“Da oggi tu sarai la mia personale curatrice del cappello “
“Che cosa???”
“Quando sarò in missione, quando saremo più grandi…sarà a te che affiderò questo cappello quando avrò paura che si rovini.”
Koala non avrebbe mai immaginato che Sabo potesse dirle una cosa simile. Non dopo tutto il putiferio che era successo…
Strinse il cappello che teneva tra le braccia come un grosso pacco regalo per la cui sorpresa un bambino freme estasiato. 
Annuì vigorosamente. 
Capiva perfettamente l’importanza di quel gesto. 
Sabo le stava davvero concedendo un grande onore.
  
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