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Autore: Xokaylerie    30/12/2015    0 recensioni
Non mi accorsi di aver alzato cosí tanto il tono della voce fin quando qualcuno mi tocco una spalla. “Cosa succede qui?” fece la sua entrata il grande Harry Styles ridacchiando. “Pupa, vuoi forse una foto e il cattivo Willy non ti fa avvicinare?” chiese. Probabilmente era solo un modo per sdramatizzare, ma io la recepí come una forma di spalvaderia e mi arrabbiai ancora di piú.
“Senti, carissimo” calcai sull'ultima parola, cercando di far trasudare tutta l'ironia possibile. “Pupa sará una di quelle tue amichette laggiú. Piuttosto di pavoneggiarti, metti in azione il tuo cervellino da cantante e trova un modo per farmi uscire di qua!” dissi, gesticolando verso la porta.
Harry mi guardò shockato, poi si scambiò un'occhiata d'intesa con l'armadio vivente ed entrambi scoppiarono a ridere.
*****
Harry Styles non era solo un cantante, era anche il mio imprevisto.
Harry Styles non era soltanto una persona, era anche la 'mia' persona.
In tutto e per tutto, mi aveva irrimediabilmente e completamenre travolto. O stravolto.
In bene o in male?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La nonna.

 


I miei genitori, avendo avuto un ristorante in passato, quando c'era una cena con diversi invitati non badavano mai a spese. E anche questa volta non avevano deluso le aspettative.
La tavola era piena di vere delizie e sentivo già l'acquolina in bocca. Avrei mangiato la qualunque, in quel momento.
"La mia bambina.." mi salutò mio padre avvicinandosi e lasciandomi due baci sugli occhi. Lo abbracciai forte, facendo finta di saltargli addosso come se avessi ancora cinque anni. E lui rise.
"Ciao babbo. Che hai fatto oggi?" 
Oramai era in pensione, anche se uno che ha lavorato una vita intera non se la passa mai senza fare niente. I miei genitori in particolare, soprattutto mia madre, non riuscivano a stare fermi un secondo. Ecco perché negli ultimi tempi gli invitati e le cene erano aumentate a dismisura. 
"Tua mamma mi ha schiavizzato, come sempre. Alle otto mi ha buttato fuori dal letto perché dovevo portare il cane sotto.." sospirò. Era sempre la solita storia. Il cane era la sua vita, doveva uscire cinque volte al giorno, mangiare otto e ricevere attenzione, baci e complimenti a intervalli regolari. Era il re della casa, e non si discuteva. 
Non che non amassi gli animali e non avevo neanche una vera e propria avversione per il cane di famiglia..Era solo mia madre che con determinati atteggiamenti riusciva sempre a farmi urtare i nervi.
Le volevo bene, ma il nostro rapporto era sempre stato molto litigioso. Spesso e volentieri non riuscivamo a capirci ed entrambe volevamo ragione e non sapevamo chiederci scusa. 
Testarde fino al midollo. In molti tratti del carattere le somigliavo, in altri ero sputata a mio padre. Sapevo comunque racchiuderli tutti e due. E quando volevo sapevo essere fastidiosamente piena di difetti. 
"Non sia mai che faccia la pipì dentro.." Proprio mentre parlavamo di lui, il sottoscritto, Marsha, zampettò fino in cucina e mi scondinzolò accanto, con sguardo speranzoso.
"Vai via, cane brutto." Non ebbi il tempo di dargli una spintarella con il piede e di guardarlo male che arrivò mia madre a riprendermi.
"Smettila Stella!" mi rimproverò, ricevendo solo il verso da parte mia. 
"Oh Giovanna..Piantala con sto coso peloso..Piuttosto guarda quanto è sciupata tua figlia. Stellina mia, ma mangi?" fece la sua entrata di scena mia nonna. L'unica a cui permettevo di chiamarmi Stellina. Noi eravamo sempre complici e alleate. Mi ricordo ancora di quando mi copriva per farmi uscire con i miei amici il sabato notte, sostenendo che aveva bisogno che dormissi da lei per non lasciarla sola. Ed effettivamente cercavo di tornare sempre il prima possibile a casa. Poi mi mettevo sotto le coperte e l'abbracciavo, aspettando la mattina seguente per raccontarle la mia serata. 
"Nonna!" le corsi incontro, tenendole un braccio e sporgendomi per baciarle una guancia. 
Lei si fece accompagnare al tavolo appoggiandosi un po' a me è un po' al bastone che portava con sé sempre. Ormai erano passati gli ottanta e aveva bisogno di un piccolo sostegno. Certo, avrebbe sempre potuto scegliere qualcosa di più sobrio piuttosto di un bastone tutto glitterato e di un fucsia sgargiante, ma non sarebbe stato nello stile di una donna che è ancora convinta di avere diciassette anni appena compiuti. E non so voi, ma io non consiglierei a nessuno di ricordarle che in realtà ne ha ottantatré. 
"Ahi ahi, questa giovinezza mi distrugge...Mi sento un catorcio.."
"Mamma, ti deciderai mai ad invecchiare?" chiese sua figlia, con il solo scopo di irritarla.
"E perché mai? Ci pensi già tu ad invecchiare per entrambe!" scherzò, facendo ridere un po' tutti. 
Era uno spasso, e riusciva a farmi stare bene anche quando non mi andava, come quel giorno per esempio. Avevo l'umore sotto i piedi e il fatto che avessi accettato l'invito di Lorenzo a cena per Venerdì sera non aveva migliorato la situazione. Certo, mi ero lasciata andare a qualche passo di danza improvvisato, ma la soddisfazione era durata nient'altro che un paio d'ore. Il resto della giornata l'avevo passato a pensare e ripensare e strapensare ad un solo fatto, accaduto, alla situazione delle situazioni. Ed ero nervosa per questo. Non volevo pensarci. 
Eppure mi sentivo ancora così arrabbiata, mi tremavano le mani solo al pensiero della lite. Dovevo frenarmi per non farmi dare il numero di Niall da Erika e farmi passare quello stronzo. 
Non mi andava di nominarlo, di chiamarlo per nome. Gli avrei dato troppa importanza e anche se lui non ne sarebbe venuto a conoscenza, non mi importava, lo avrei saputo io. 
Quando ero uscita dalla stanza per ridare il telefono alla mia amica, la sera prima, avevo dovuto indossare una maschera di indifferenza forzata, che non mi era costata poco. Sapevo mentire, ma non così tanto. 
Avevo appena avuto un litigio, e il turbamento mi si leggeva in faccia, per quanto io cercassi di nasconderlo. Non conoscevo Harry, avevamo avuto modo di raccontarci molto l'uno dell'altro..Di parlare delle nostre origini, del nostro passato, dei nostri progetti futuri, di noi come persone. Non avevamo avuto modo però di conoscerci davvero. Di viverci. Di capirci. E di quelle due sere insieme non erano rimaste che parole. Però, nonostante fossero passate ore da quella chiamata mi sentivo ancora turbata. 
Con il tempo la rabbia sarebbe dovuta diminuire, per quanto mi riguardava invece era aumentata. 
Agli insulti si erano aggiunti i complessi mentali e il fatto che non riuscissi a farmi scivolare addosso delle parole che era evidente fossero state dette per rabbia, mi infastidiva.


L'arrivo degli invitati e di Erika e Doriana riuscirono a distrarmi. 
La cena andò bene, le chiacchiere non mancarono, ma io partecipavo di rado. Erika mi tirava qualche gomitata quando non mi accorgevo se qualcuno si stava rivolgendo a me. Mi ricomponevo in un attimo e sorridevo, sorridevo e sorridevo. 
Infondo, la conversazione era piacevole ma non così tanto, se mi sconcentravo. 
Il cibo era buono, ma non abbastanza se mi veniva voglia di lasciarlo nel piatto.
La sedia sembrava comoda, ma non quanto serviva se sentivo il bisogno di alzarmi per prendere una boccata d'aria. 
Non mi accorsi di mia nonna che si era alzata, ma Erika mi tirò una botta sulla coscia per farmelo notare. "Tua nonna ti ha chiesto se gentilmente puoi accompagnarla in bagno..datti una svegliata!!"
Mi alzai di scatto e la raggiunsi. Mi sembrava una buona via d'uscita. 
"Oh, mi dispiace doverti fare alzare da tavola. Buono il pollo ripieno, vero?" mi chiese mentre camminavamo.
Annui. "Molto."
"Peccato che tu avessi il polipo alla cacciatora nel piatto. Neanche l'ombra di una coscia cotta a puntino!" buttò lì, facendomi sbiancare. 
"Eccoci arrivati!" esultai, davanti alla porta del bagno, sudando sangue freddo. "Ti aspetto fuori."
"No Cara, entra, avrei bisogno del tuo aiuto." Oh no....come avevo potuto pensare di farla franca?
Come previsto si accomodò sul bordo della vasca, senza guardare nemmeno per un secondo la tavoloccia, ma concentrando tutta la sua attenzione su di me. 
"Ora dimmi. Cosa ha fatto Lorenzo?" mi domandò, a brucia pelo. 
Andava sempre dritta al punto, ma questa volta non l'aveva centrato. 
"Mi ha invita ad uscire Venerdì. Lui si comporta bene." sputai fuori, con un po' di rabbia. 
"Non ci credo." si stupì mia nonna. "Non è da te."
Rimasi in totale silenzio. "Sei una molto abitudinaria, se prima non concludi con qualcuno non riesci mai ad interessarti ad un'altra persona."
"Non devo concludere niente. Non sono impegnata con Lore." E non lo ero davvero, non eravamo nemmeno al primo appuntamento ancora..
"Questo deve essere grave, molto grave."
Facevo fatica a capirla se continuava a guardarmi convinta di una tesi che io non avevo compreso. 
"Cosa, pazza, di cosa parli?" domandai, perché mi stava venendo un po' da ridere per la sua espressione estremamente concentrata. Era difficile vedere mia nonna seria. 
"E così...quando lo hai conosciuto?" mi fece la fatidica domanda, con molta enfasi. 
"Qualche giorno fa e ci ho già litigato. Ma ho una notizia bomba! ....Ha...gli...occhi....Verdi!" esclamai, sapendo quanto gli piacessero quel tipo di uomini. 
Rimase veramente colpita. Beh, anche io per qualche secondo ero rimasta colpita quando me li ero ritrovati davanti, e non solo per quelli...
"Allora rifaccio la domanda...QUANDO, COME, DOVE l'hai conosciuto??" mi chiese freneticamente, facendomi ridere.











La nonna mi era stata molto d'aiuto quel giorno. Non so come, ma era riuscita a riprendersi dallo Shock iniziale, e dopo essersi consumata gli occhi a furia di sbatterli, dopo aver avuto grosse difficoltà a tenere le mani al posto e a non darmi una cinquina epica, a suo dire, riuscì a calmarsi e....a consigl...minacciarmi di fare la cosa giusta.
Annuire e sostenere che aveva ragione era stato facile, applicarmi poi mi fu davvero difficile.
Ce la puoi fare, mi ripetevo guardando il foglietto posato accanto a me. Sono solo numeri, è solo un telefono, è solo una voce, è solo una persona, sono solo due chiacchiere. Provavo a rassicurarmi inutilmente. 
Quando ero diventata così orgogliosa?
Passarono ore prima che trovassi il coraggio, composi il numero migliaia di volte e lo cancellai altrettante. Mi preparai discorsi su discorsi, frasi d'effetto, scuse malconce. 
Alla fine feci chiamare Erika, con il sottofondo di Doriana che non faceva che sgridarmi. "Non ti riconosco più! Ma da quando in qua sei una fifona?"
Io la zittivo in attesa, guardando concentrata Erika, che aspettava. Il cuore mi batteva a mille e tutte le cose che mi ero raccomandata erano svanite nel nulla. 
La prima volta non rispose nessuno. È una parte di me tirò un sospiro di sollievo, l'altra parte proava a schiacciare a forza la delusione.
Le mie amiche mi costrinsero a richiamare una seconda volta e mi ritrovai il telefono in mano e la voce squillante di Niall che si sentiva attraverso.
"Ehm..Ciao Niall! Sono Stella..Eh sì..quella lì..oh beh, non proprio....Cosa?! Passamelo subito!"
Feci segno alle mie amiche che lo avrei ucciso. Avrei ucciso Harry Styles.
"Oh oh, chi abbiamo qui? Ciao Stronza!" rispose il riccio da strapazzo.
"Hai anche il coraggio di ripeterlo?" mi arrabbiai. 
"Permalosetta, eh?" Era chiaro come il sole, avremmo litigato di nuovo. Preferì alzarmi e chiudermi nella mia stanza, visto l'aria che tirava.
"Ma assolutamente no. Anzi, non mi pungo nemmeno...detto da te poi.." dissi, mentre attraversavo il corridoio.
"Effettivamente. Mi sento ancora molto offeso, tu non sai con che razza di permaloso stai parlando!" Questa ammissione da parte sua mi fece spuntare un sorriso. L'aveva detto con un tono capriccioso e da bambino e  piuttosto che farmi saltare i nervi, avevo sentito la tenerezza crescere. 
Rimasi qualche secondo in silenzio, non sapendo bene cosa dire o da cosa cominciare.
"Ha di nuovo staccato? Ma cos'è un vizio?" sbuffò lui, d'altro capo.
Mi affrettai a farmi sentire prima che riattaccasse. "Nono!" alzai il tono della voce. "Sono qui."
"E io sono qui..Ma non per molto, alle nove abbiamo un intervista. Vuoi sprecare il tempo che ci rimane?" mi chiese, infastidito. Questo significava che avevamo venti minuti e che lui aveva deciso dì dedicarli a me. Persi un battito al solo pensiero. 
"Senti, ma dobbiamo scusarci per forza? Cioè, potremmo direttamente passare a chiacchierare con spensieratezza, no?" proposi, stringendo i denti.
"Ma sei assurdamente incredibile!" ridacchiò. E io tirai un sospiro di sollievo, perché mi aspettavo un altra reazione. 
"Beh, è che sono un tantino orgogliosa..ma con te forse un po' di più che con gli altri.." Orgogliosa fino al midollo e oltre. 
"Solo con me?" domandò.
"Beh, non è un offesa! È solo che mi viene più difficile chiedere scu....sa a te!" Mi veniva anche solo difficile pronunciare quella parola.
"Scu....sa." mi fece il verso ridendo. 
Che imbarazzo! "Ehiiiii! Non prendermi in giro, dai" e mio malgrado mi ritrovai a ridere anche io, perché continuava a farmi il verso, esagerandolo. Provavo a rimproverarlo, ma alla fine ci ritrovammo a ridere entrambi, forse un po' anche senza motivo, forse un po' anche per le cose ci eravamo detti il lunedì sera. E forse anche perché a ridere stavamo bene.
"In ogni caso posso considerarmi unico per te!" buttò lì, tornando serio.
"Ora non esageriamo, sei solo più odioso degli altri...Vantati!" sorrisi.
"Come?! Zanzarina..." mi rimproverò scherzoso. Ma sentirlo chiamarmi con quel nomignolo orribile mi fece venire un nodo allo stomaco. 
"Ma usi questi abominevoli soprannomi con tutti?" 
"Solo con mia madre e mia sorella, ora che ci penso.." parlò. "Sai che non ci avevo mai pensato, fiorellino?"
Continuammo a parlare per un po', di come aveva passato questi giorni e mi raccontò che la sera prima il concerto in Irlanda era andato bene, le fan erano state fantastiche. Mi parlò un po' di come si sentiva, accerchiato da tutta quella gente che urlava il suo nome, di quanto fosse emozionante.
Ogni cosa che diceva era esilarante, ogni accaduto era comico. C'era Niall che impazziva nel tornare a casa, c'era il resto del gruppo che lo prendeva in giro per i suoi balletti imbarazzanti. C'era Louis attaccato sempre al telefono con la Campbell, la sua nuova ragazza. Liam che a tempi alterni dormiva e in altri mangiava e in altri rompeva o perdeva qualcosa. E poi c'era lui che equilibrava tutti, ma per pochi minuti, perché poi ce ne metteva della farina del suo sacco.
"Ma io non c'entro niente!" mi diceva. Certo, certo, come no.
  
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