KONOHA
PRIDE
CAPITOLO
UNICO
Il Sole tramontò
definitivamente dietro la rocca degli Hokage, tingendo il cielo di un intenso
viola.
Era il crepuscolo e le
prime stelle cominciavano a far capolino, ricami sul vellutato manto della
notte.
Le vie erano poco
frequentate, gli shinobi e le kunoichi ritornavano ormai verso le proprie
abitazioni, gli allievi dell’Accademia percorrevano le vie polverose tra risa e
scherzi, sotto lo sguardo benevolo dei sempai, l’argine del fiume si inargentava
dei primi raggi lunari mentre il suono delle voci allegre dei bambini di
dissolveva mentre si allontanavano.
Una figuretta sedeva
tra i rami di una grande quercia, lo sguardo perso nel vuoto; alcune corde erano
abbandonate sul terreno, recise e bruciacchiate ai capi, il gomito destro
mollemente appoggiato sul ginocchio ed il mento abbandonato sul palmo, come a
sostenere la testa che, incoronata da ribelli fili neri come l’ala del corvo che
vola nella tempesta, contrastando con la carnagione pallida come la luna, lo
rendeva così simile a un angelo demoniaco.
Da ore, ormai, Sasuke
Uchiha sedeva tra i frondosi rami della quercia.
Era riuscito a
liberarsi con difficoltà dei legami impostigli da Kakashi sensei e ora, la
rabbia che aveva provato nei confronti del maestro aveva cominciato a scemare,
lasciando il posto a una sensazione di amarezza e dolore, si sentiva
strano.
La lotta con Naruto lo
aveva confuso più di prima.
Il giovane Uchiha
strinse i pugni.
“Umpf, quel dannato
dobe è diventato davvero forte…” rifletté il moro, scuotendo la testa e
guardandosi i polsi segnati dalla stretta delle corde; scrollò il capo, alzando
lo sguardo d’onice verso la luna piena che regnava incontrastata nel cielo
notturno, circondata dalla sua corte di stelle.
In quel momento, si
sentì più solo che mai.
Le parole che il
maestro gli aveva rivolto gli avevano lasciato addosso una strana sensazione di
solitudine e abbandono.
Guardò all’orizzonte,
l’astro notturno inargentava in quel momento il quartiere Uchiha, lo stendardo
che si stagliava fiero nell’aria della notte.
Pensò con una fitta di
lancinante nostalgia ai suoi genitori, ai suoi parenti, morti in quel lontano
giorno, in una notte di luna come quella, in una notte di luna resa rossa dal
sangue.
Ci pensava sempre ma,
per la prima volta, non con il desiderio di
vendicarli.
Ma solo con affetto e
malinconia.
Si strinse il capo tra
le mani affusolate, serrando con forza gli occhi: “devo vendicarvi!” ringhiò
sommessamente, “Itachi pagherà per questo, per colpa sua, io sono rimasto
solo..” singhiozzò sommessamente.
Odiava sentirsi così
impotente.
Lui, che era l’erede
degli Uchiha, non poteva permetterselo.
Ma quelle lacrime,
quelle erano lacrime vere, impossibili da arginare.
In quel momento, il
ragazzo desiderò ardentemente di venire abbracciato.
Voleva sentire ancora
sulla pelle gli abbracci caldi della madre, della zia, della nonna, del nonno,
della sua famiglia.
Non voleva restare
solo.
“Entrambi abbiamo trovato dei
preziosi compagni…”.
Una
voce, così simile a una carezza fece scattare il moro come una molla, ma attorno
non c’era nessuno.
Eppure
era sicuro di aver udito la voce di Kakashi.
“Umpf,
adesso sento anche le voci, come se non bastassero tutti i problemi che già
ho..” sbuffò il ragazzo, calmatosi un poco; si poggiò nuovamente alla corteccia,
lasciandosi scivolare sino a trovarsi seduto.
Strano a
dirsi, però, quelle parole lo stavano facendo riflettere; il suo pensiero volò
improvvisamente a Naruto e Sakura, sicuramente impegnati a cenare; nel vedere i
visi dei compagni di squadra, il cuore del moro ebbe un sobbalzo, possibile
che…
Con uno
scatto, si alzò in piedi, il respiro tremendamente accelerato, gli occhi color
onice sgranati all’inverosimile; perché sentiva quell’immenso calore al cuore
nel pensare a loro? Perché sentiva una grande gioia nel ricordare tutto quello
che avevano passato assieme?
Non se
n’era accorto…
Non se
n’era proprio accorto.
Quei due
ragazzi gli erano entrati nel cuore.
Lui, che
non voleva più legarsi a nulla e nessuno, mosso solo da un’insana vendetta, si
era accorto di provare un sentimento di autentico affetto per i suoi compagni di
squadra; un affetto autentico, un desiderio inarrestabile di stare con loro gli
sgorgava dal cuore come un fiume in piena, gli eruttava dall’animo come il
rovente magma di un vulcano, infiammandogli
l’animo.
Incredibile come il suo cuore fosse cambiato in pochi
anni.
Il moro
Uchiha aveva compreso quello che voleva dirgli il maestro in realtà, la vendetta
non porta a nulla, e lui, nel profondo del cuore, lo sapeva, lo sapeva da
sempre, ma aveva paura di fidarsi.
Ma poi,
un uragano biondo e un ciclone rosa erano giunti a sconvogergli la vita e, sin
dalla loro prima missione, sentiva che avrebbe fatto di tutto per
proteggerli.
Aveva
finalmnete capito perché era scattato ad aiutare Naruto contro quel dannato
ragazzo mascherato.
Non
avrebbe potuto sopportare di perdere anche lui.
Anche se
non avrebbe mai ammesso, in realtà lui teneva molto a
loro.
Barcollando un poco, il ragazzo riuscì a stare in
piedi.
In
lontananza, udiva le risate provenienti dal chiosco del ramen, riconobbe il
cristallino riso del suo dobe preferito e la distratta replica della sua
piattola favorita e non seppe trattenere un sorriso, voleva raggiungerli, e
magari finalmente passare una serata tranquilla e piacevole; voleva anche
scusarsi con Naruto per il pomeriggio.
Forte di
questi nuovi propositi, il ragazzo fece per scendere dall’albero, quando percepì
alle sue spalle un fruscio e una presenza.
Rapido,
saettò via, appena in tempo prima che un kunai gli si piantasse nella schiena:
“CHI È LÀ!?” tuonò l’Uchiha, rabbrividendo per il freddo della notte, dopotuto
era ancora in pigiama; una risata sommessa giunse alle sue orecchie e, davanti a
lui comparvero quattro sagome.
Alla
luce della luna baluginarono i kunai e i
coprifronte.
Sasuke
strinse i pugni.
Il
simbolo di Oto spiccava vivido davanti ai suoi
occhi.
“Mi
avete preso in un brutto momento.” parlò con tono gelido, dandogli le spalle,
“Non ho tempo per giocare con voi, andatevene, oppure mi vedrò costretto a
cacciarvi di persona. Siete entrati in un villaggio di nascosto, non siete
autorizzati a stare qui.” continuò il moro.
Uno dei
quattro ridacchiò sommessamente: “Siamo qui da parte di Orochimaru-sama, devi
venire con noi.” disse spiccio, le braccia incrociate sul petto; lo shinobi di
Konoha si voltò di scatto, un sorriso da predatore si delineò sul suo viso
pallido, “Ah si, beh, questi non sono propriamente i miei programmi.” asserì
tranquillo, scrutandoli critico, “A meno che non vogliate prenderle, vi conviene
andarvene.” concluse, scattando in avanti contro i quattro ninja avversari; in
un istante, si scatenò una lotta violenta senza esclusione di colpi, i quattro
di Oto si alternavano nell’attaccare l’Uchiha che, da parte sua, cercava il più
possibile di difendersi e restituire i colpi
subiti.
“Dannazione, sono nei guai. La lotta del pomeriggio e le ferite mi
hanno indebolito troppo, che diavolo faccio adesso?” riflettè tra sé e sé,
accorgendosi della risposta ritardata che gli davano gli arti inferiori,
“Maledetti…” ringhiò piano, aumentando il ritmo dei
colpi.
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Sakura e
Naruto parlavano animosamente, seduti al bancone del signor Teuchi, quando,
improvvisamente, la tazza da tè del biondo si crepò, lasciandolo
interdetto.
Le
chiacchere si zittirono all’istante.
“Brutto
segno Naruto-kun, questo vuol dire che sta accandendo qualcosa di brutto per
qualcuno che ti è caro..” asserì il proprietario del chiosco, portando via le
ciotole ormai vuote da davanti i ragazzi; i due shinobi si guardarono, avevano
capito al volo.
Naruto
balzò giù dallo sgabello, indossando la giacca della tuta: “SAKURA! ANDIAMO!!
SASUKE è IM PERICOLO!” esclamò agitato il biondo, correndo fuori; la ragazza
lasciò sul piano ligneo una banconota per pagare il pasto suo e del compagno e
lo seguì rapida come una freccia, lasciando basiti i proprietari del chiosco:
“Ma cosa diavolo sarà successo?” esclamò seccato Teuchi, accingendosi a pulire
le ciotole, “Deve essere accaduto davvero qualcosa di brutto, magari al loro
compagni di squadra, il giovane Uchiha, hai presnete, papà?” affermò Ayume,
levandosi il grembiule, “Vado ad avvertire l’Hokage, questa storia mi puzza.”
disse la giovane, uscendo nella notte.
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Sasuke
sentiva dolore in tutto il corpo, non riusciva quasi a
muoversi.
Il
sangue fuggiva in gran copia dalle ferite che i quattro gli stavano
causando.
Non
riusciva a contrastarli.
“Orochimaru-sama può darti il potere che brami..” gli sussurrò
mellifluo uno dei nemici, chinandosi su di lui e soffiandogli nelle orecchie,
“Potrai vendicarti del tuo odiato fratello..” continuò lui; improvvisamente, un
calcio poderoso lo colpì in bocca, facendolo sbalzare qualche metro più in là,
Sasuke si rialzò in piedi, il suo sguardo era furibondo: “Non mi piegherò mai a
Orochimaru, SCONFIGGERÒ MIO FRATELLO A MODO MIO!!” urlò, scattando all’attacco e
attivando il Sigillo, si era ripromesso di non usarlo più, ma non avrebbe mai
potuto sconfiggere i suoi avversari altrimenti.
La lotta
continuò impari, i cinque Segni erano attivati.
Gli
occhi di Sasuke erano colmi di furia, ma erano lucidi, coscienti di ciò che
stava accadendo davanti a loro; lo Sharingan brillava minaccioso;
improvvisamente, un colpo ben assestato alle spalle da parte dell’unica ragazza
della squadra lo fece precipitare nel vuoto, si sarebbe sfracellato al
suolo.
Al’improvviso, però, il ragazzo si bloccò sul ramo, i piedi
saldamente ancorati alla corteccia: “Non mi avete ancora sconfitto. Andatevene,
e dite a Orochimaru che non voglio l’aiuto di un verme come lui!” esclamò
furioso.
Ci fu un
istante di silenzio, grave e opprimente.
Poi,
colui che sembrava il capo del gruppo fermò i compagni: “Sei un testardo,
Uchiha. Prima o poi te ne pentirai, moccioso!” sbraitò, guadagnandosi una risata
e uno sguardo colmo di disprezzo, “Non ho bisogno di quel verme, io sono un
ninja di Konoha, e sono orgoglioso di esserlo. Non tradirò il mio villaggio come
ha fatto mio fratello.” disse solo, guardandolo
fisso.
L’altro scrollò il
capo: “Fa come vuoi, sei e sarai solo un debole.” concluse, voltandosi poi verso
i compagni, “Andiamocene, prima che arrivino gli ANBU.” aggiunse, prima di
sparire con tutti gli altri.
Sasuke sorrise
impercettibilmente, lasciandosi cadere nel vuoto, atterrando sull’erba soffice
che cresceva tutto attorno; rimase qualche istante immobile, sentendo il suo
respiro pesante e il battito lento del cuore.
Improvvisamente, sentì
delle voci agitate chiamarlo: “SASUKE!!”, e aprì stancamente un occhio,
scorgendo le sagome di Sakura e Naruto correre verso di lui: “Oi, dobe, non
urlare, mi spacchi i timpani così..” cercò di scherzare lui, mettendosi a fatica
seduto.
I due ragazzi gli
furono accanto in un momento, Naruto lo aiutò ad alzarsi: “Ehi, teme, che
diavolo è successo qui?” affermò severo, tenendo un suo braccio dietro la
propria nuca per sorreggerlo, “Sei messo male, Sakura-chan, va a chiamare
Tsunade-obaachan, abbiamo bisogno di lei..” disse Naruto, “C..Ci sono gli
shinobi di Oto nel villaggio, dovete bloccarli..” mormorò il moro, prima di
ricadere semisvenuto tra le braccia del biondo.
Sakura guardò Naruto:
“Mi raccomando, te lo affido, portalo da Teuchi-sama.” disse solo la ragazza,
sparendo nella notte.
Il biondo annuì e
poggiò un istante a terra l’amico; levandosi la giacca della tuta, gliela fece
indossare per tenerlo al caldo, poi si diresse a passo sostenuto verso il
chiosco dei ramen; i due restarono in silenzio qualche istante, poi la voce di
Sasuke ruppe la calma della sera, come il sussurro del vento: “Mi dispiace…”
mormorò debolmente, “Mi dispiace per oggi.. Sono stato davvero
stupido…”.
La kitsune si bloccò
nel mezzo della strada, sorpresa, aveva sentito bene?
Sasuke gli stava
chiedendo scusa?
Riprese a camminare, la
mano tenuta a sostenere il fianco dell’amico: “Teme, non importa… Ormai è
passato, ora pensiamo a curarti come si deve, ok?” affermò il genin,
stringendolo più a sé, lo sentì tremare nell’abbraccio, “Ehi, hai freddo?”
chiese subito preoccupato il biondino, guardandolo, il suo viso era ancora più
pallido del solito, i suoi occhi smarriti e confusi, “Volevano che andassi con
loro..” bisbigliò il moretto, chinando il capo e stringendosi sulla spalla del
compagno, “Shh, calmati.. è finita… Adesso ci mangiamo un bel ramen, ne hai
bisogno. Vedrai che Teuchi-san ce ne preparerà due al volo.” lo rassicurò Naruto, vedendo le luci del chiosco
avvicinarsi sempre più.
“Ehi, capo! Abbiamo un
emergenza!” esclamò, entrando con l’amico sottobraccio; il proprietario lasciò
cadere una ciotola a terra dallo stupore nel vedere il coetaneo del suo giovane
cliente ridotto in quel modo: “Per tutti gli Hokage, cosa diavolo gli è
successo?” chiese l’uomo, mentre la figlia aiutava il biondo a poggiare Sasuke
su uno sgabello, “Una lunga storia, senta, potrebbe preparargli qualcosa da
mangiare?” chiese il ragazzo, sedendosi accanto a lui, “Certamente, Ayame-chan,
prendi la cassetta del pronto soccorso e dagli una sistemata.” disse,
rivolgendosi alla ragazza.
Qualche minuto dopo,
giunsero anche Sakura, Tsunade e Kakashi, avevano allertato gli ANBU e i jonin
disponibili ed erano subito partiti alla volta del team di
nemici.
Dopo averlo ricucito
ben bene, Tsunade decretò che Sasuke doveva essere condotto a casa e fatto
stendere: “Era già messo male quando siamo tornati, meglio non rischiare,
Naruto, te ne occupi tu di riportarlo?” parlò la Godaime, “Certo, lasci fare a
me, Sakura-chan, va pure a casa, ci penso io qui!” asserì il ragazzo, prendendo
il coetaneo sottobraccio come aveva fatto in
precedenza.
In pochi minuti,
raggiunsero i quartieri dell’Uchiha, il ragazzo ancora
semisvenuto.
Con facilità, entrò
nella casa principale, individuando subito la stanza
dell’amico.
Senza troppo guardarsi
attorno, si sbrigò a metterlo a riposo, sdraiandolo sul futon e coprendolo con
cura, tirando finalmente il fiato nel vederlo tranquillo; improvvisamente, il
moro spalancò gli occhi, guardandosi attorno con lo sguardo, e indugiando su di lui: “Sai perché non
ho seguito quei quattro bastardi come volevano?” bisbigliò il moro, “No,
perché?” continuò Naruto.
Le labbra di Sasuke si
poggiarono piano sulle sue, avvolgendolo di una calda sensazione di amore e
affetto profondo.
Quando si staccarono,
il moro si lasciò ricadere sul cascina, ma il biondo avrebbe giurato che stava
sorridendo: “Non avrei mai potuto lasciare te e Sakura, ma soprattutto te, razza
di dobe.” mugolò stancamente, cercando la sua mano nel buio e
afferrandola.
Il biondo era stupito;
strinse maggiormente la mano del ragazzo: “Se tu fossi andato via con loro, io
ti sarei venuto dietro e ti avrei fermato… Non te lo avrei mai permesso…”
bisbigliò, mentre Sasuke, stanco, si lasciava avvolgere dall’abbraccio di
Morfeo.
Buonasera.
Dopo lunghe
riflessioni, ho pensato sia meglio darvi qualche spiegazione, sempre che vi
interessi qualcosa.
Allora, dopo
lunghe notti in bianco, sono arrivata alla conclusione che forse è meglio che la
sottoscritta si prenda un lungo periodo di vacanza dalla scrittura e da tutto
per cercare di mettere a posto la sua vita.
È stata una
decisione sofferta e non so ancora se definitiva, spero di no,
comunque,
Questa sarà
l’ultima fic scritta da me per un bel po’, da adesso, se ne occuperà la mia amica che ho già
presentato sul mio account.
Beh, a questo
punto volevo ringraziare tutte le ragazze che ho conosciuto qui per l’affetto e
l’appoggio.
Voglio dedicare
questo mio testo a Sana e Tensai, che mi hanno accompagnato molto, e a tutte
voi, compagne yaoiste!!
UN GROSSO
ABBRACCIO
SHUN