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Autore: Horse_    30/12/2015    7 recensioni
{Sequel Una vita senza di te significa non vivere per niente.}
(Per capire qualcosa consiglio di leggere anche l’altra storia)
Ian e Nina hanno appena capito cosa provano veramente l’un per l’altra e, dopo una notte d’amore e passione, si preparano per tornare a casa. Sono entrambi decisi ad iniziare una nuova vita insieme con i loro figli, perché sono stati separati fin troppo, ma, una volta tornati a casa, dovranno fari i conti con la cruda realtà. Ian è sposato con Nikki, che è ancora sua moglie, mentre Nina sta, quasi in modo fisso, con Eric. Una notizia sconvolgente porterà i due a separarsi definitivamente, ma sarà per sempre? Riusciranno a lottare contro tutto e tutti per stare finalmente insieme con i loro bambini e con il loro vero amore?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sixteenth Chapter.

Pov Nina.

Mi sveglio quasi di soprassalto quando sento qualcuno accarezzarmi la mano. Chi può essere a quest’ora? Mi sono appena addormentata. 

Apro piano gli occhi scontrandomi con il viso luminoso di Eric. Non appena si accorge che ho aperto gli occhi il suo sorriso si fa ancora più ampio e io, stranamente, non ricambio.

In questo momento non ho voglia di sorridere, non sorrido e basta. Non perché ce l’abbia con lui, mi sta continuamente vicino, ma perché dovrei sorridere in una situazione del genere?

Eric, invece, non sembra aver preso male questo mio gesto, anzi, mi posa un casto bacio sulle labbra.

 

“Buongiorno.”- mormora sulle mie labbra, per poi staccarsi. -“Come ti senti oggi?”

“Come ieri.”- rispondo io per poi afferrare il cellulare per controllare l’ora. -“Sono le dieci del mattino?”

 

Ma quanto diavolo ho dormito? Non dormivo così tanto da molto tempo, eppure mi sento ancora stanca.

Credo di aver dormito così a lungo per le medicine, ieri, a causa dei vari dolori, mi hanno dato parecchio antidolorifico e questi sono i risultati.

 

“Ne avevi bisogno, non è poi così tardi, comunque.”- sorride accarezzandomi un braccio. -“Tra poco ti porteranno la colazione, anche se è passata due ore fa circa. Poi verranno a visitarti e faranno altri accertamenti.”

“Ancora?”- domando tra l’allibito e il scocciato.

 

E’ da quando mi sono svegliata che continuano a farmi esami. Che cos’altro devono esaminare? Le mie gambe non funzionano, non vedo che altro debbano controllare.

Eric annuisce capendo il mio disagio.

 

“Devono controllarti le ferite, per capire quando togliere i punti, e le costole. Poi anche le gambe, sai per…”- inizia, ma non termina la frase non trovando le parole adatte.

 

Effettivamente in tutta questa situazione non ci sono parole adatte. E’ la situazione che non va, sono io che non vado.

E voglio tornare a casa, sono stufa di rimanere qui. Sono stata in coma per tre settimane, da quello che ho capito, e non voglio passare un giorno di più in questo maledetto ospedale. I medici, invece, sembrano intenzionati a tenermi qui il più a lungo possibile, ma io voglio vedere i miei figli e allontanarmi da tutto questo bianco.

 

“I bambini sono a scuola?”- domando lieve.

“Si, hanno chiamato tua madre questa mattina per salutarti, ma, per ovvie ragioni, non hanno potuto. Credo che richiameranno più tardi, o che comunque vengano qui.”- mi spiega dandomi un bacio sul naso.

“Jonathan?”- domando.

“Lui sta bene.”- mi sorride. -“Non ti devi preoccupare degli altri in questo momento, ma solo di te stessa.”

 

Qualche secondo dopo sento bussare e vedo mia madre fare capolino all’interno della stanza con un vassoio più grande di lei. Davvero la colazione dell’ospedale è così sostanziosa? Dallo sguardo che ha Eric capisco che non è quella dell’ospedale, ma è qualcosa architettato da lei.

C’è di tutto sul vassoio, peccato che io non abbia fame. La fame è l’ultimo dei miei pensieri adesso. 

Uno di questi è il fatto che nessuno mi abbia voluto dire la verità, Ian escluso. Nè mia mamma, né mio fratello, né mio padre, nemmeno Eric. Ian me l’ha detta, non loro. Con mia madre ci siamo ‘chiarite’, diciamo che ho dovuto lasciar perdere anche se mi sento profondamente tradita.

Ho dovuto rendermene conto da sola, nessuno si è scomodato per dirmi quanto stava accadendo e credo che questo non glielo perdonerò mai. A nessuno. Me lo sarei aspettato da tutti, ma non dalla mia famiglia e dal mio fidanzato. Loro l’hanno fatto per il mio bene, ieri mia madre me l’ha ripetuto così tante volte che, ad un certo punto, ne ho perso il conto, ma il mio bene era la verità, non le bugie.

 

“Tesoro, ti ho portato la colazione.”- mi sorride mia madre camminando a fatica fino al mio letto. -“Ho cercato di trovare quello che ti piace, è stato quasi impossibile, ma penso che vada bene, no? Sicuramente è meglio di quella che ti avrebbero dato qui, se proprio vogliamo essere sinceri.”

“Ti ringrazio, mamma, ma… Non ho molta voglia di fare colazione in questo momento.”- le dico.

 

Mia madre mi guarda come se fossi impazzita del tutto.

Apprezzo il gesto che ha fatto, davvero, ma i miei problemi sono altri e non il cibo. Non ho fame e non mangerò.

 

“Spero che tu stia scherzando.”- mi riprende appoggiando il vassoio sul tavolino accanto al mio letto. -“Ti sei svegliata ieri ed è da allora che non mangi niente. Non che tu abbia mangiato qualcosa di solido in questo mese, ma almeno sei stata nutrita per via flebo. Devi rimetterti in forze, altrimenti non accadrà nulla. Come pensi di poter camminare senza recuperare le forze?”

“Non penso di camminare e basta.”- le dico dura. -“Voi ci potrete pure cascare, io no. Gli sguardi che mi hanno rifilato i medici ieri non avevano nulla di rassicurante e molti erano pure falsi. Conosco il mio corpo e sono arrivata ad una conclusione.”

“Stai facendo la melodrammatica, Nina!”- mi rimprovera mia madre sotto lo sguardo attonito di Eric. Lui non è ancora intervenuto e in questo momento lo sto ringraziando mentalmente. -“E’ passato solo un giorno da quando ti sei svegliata, non puoi avere tutto subito.”

“E quasi un mese da quando ho fatto l’incidente. Se foste tutti sicuri della mia miracolosa guarigione non avreste aspettato ore per avvertirmi. Non ne siete convinti nemmeno voi, figuriamoci se posso esserlo io.”- rimetto io incrociando le braccia al petto.

“Se parti già così, dopo solo poche ore, rimarrai così a vita.”- ribatte mia madre gesticolando nervosamente.

“Come se avessi altra scelta, dopotutto.”- rispondo io.

“Vuoi almeno ringraziare il fatto che tu sia ancora viva?”- urla mia madre facendo sobbalzare sia me che Eric. -“Non hai le gambe, ma sei viva. E’ da ieri che non fai altro che parlare di questo, ma a quest’ora potevi essere già morta. Ringrazia il cielo che tu sia viva e vegeta.”

“Avrei preferito morire che rimanere così a vita.”- sbotto io.

 

Il dolore lo sento subito, ma non è niente in confronto al gesto. E’ uno schiaffo forte, preciso. Mia madre mi osserva per qualche istante, con occhi furenti, poi esce sbattendosi la porta alle spalle. Rimango un attimo in trance per il gesto, non avevo mai ricevuto uno schiaffo da lei, nemmeno da piccola.

Solo epiche sgridate e punizioni, non mi ha mai toccato nemmeno con un dito -in senso cattivo.

Sono dovuta arrivare a trentaquattro anni d’eta per ricevere uno schiaffo da mia madre, più che meritato direi.

Non volevo dire quello che ho detto, ho cominciato a non ragionare e mi è semplicemente uscito dalla bocca. Mi porto una mano sulla guancia sotto lo sguardo preoccupato di Eric.

Non mi dice nulla, io abbasso solo lo sguardo imbarazzata non trovando nulla da dire.

C’è veramente qualcosa da dire in questa situazione? Ho appena fatto arrabbiare l’unica persona che ci sarà sempre per me e questa volta credo di averla combinata grossa.

 

“Nina, lei… Non avrebbe voluto farlo, era solo-”

 

Eric inizia a parlare tentando di consolarmi e di scusarci, di scusarmi, di scusarla, ma in questo momento non ho voglia di affrontare una lunga discussione su quello che ho fatto -su quello che è successo. Non ho voglia semplicemente perché so quello che mi aspetta dopo, voglio solo rimanere sola. E’ da un giorno, anche qualcosa in più, che mi sono svegliata e non ho mai avuto un attimo di tregua per mettere in ordine le mie idee.

Ora ho davvero bisogno di stare da sola, almeno un po’, per pensare a tutto quello che è successo e mi sta accadendo.

Ne ho bisogno.

 

“Eric, voglio stare da sola.”- gli dico.

“Nina, non credo che ti faccia bene stare da sola.”- mi dice dolcemente lui.

Ho bisogno di stare da sola, ti prego.”- lo imploro quasi e lui capisce.

 

Mi lascia da sola, non prima di avermi dato un bacio sulla fronte.

Mi copro la faccia con le mani scuotendo più e più volte la testa. E’ da quando mi sono svegliata che niente va per il verso giusto, la mia vita non va per il verso giusto.

Le gambe in primis, Ian, mia madre. Da quando ho aperto gli occhi non c’è una sola persona che non litighi per me, con me. Ian con mia madre, io con mia madre. In un modo o nell’altro il motivo sono sempre io. Ho sbagliato a dire quello che ho detto prima a mia madre, ho veramente sbagliato. Mi hanno detto -e l’ho immaginato da subito, ne ho avuto la certezza- che non ha praticamente mai abbandonato questa stanza, era sempre con me. Qualche volta l’ha abbandonata per i bambini, perché avevano bisogno anche di lei, ma è sempre ritornata. So che ha sofferto molto, come tutto il resto della famiglia. Mia madre, Alex, mio padre, i bambini, Ian, Eric, i miei amici. Tutti l’hanno fatto, ma la persona che ha sofferto più di tutti è stata mia madre. Anche i bambini, certo, loro hanno sofferto come pochi, ma niente può essere paragonato al dolore di una madre mentre vede il proprio figlio, o la propria figlia nel mio caso, tra la vita e la morte. Sapere da Ian la verità -per quanto mi abbia fatto piacere ed abbia aumentato la mia fiducia su di lui- mi ha scombussolato un po’ tutto perché volevo sentirlo da mia madre.

L’ho chiesto io a Ian, è vero, ma perché avevo capito che mia madre non mi avrebbe detto nulla. E forse è per questo che ho alzato la voce con lei, mi sono sentita tradita perché… Avrei voluto che fosse lei a dirmelo, perché sarebbe stata capace di farmelo affrontare forse al meglio, mettendomi davanti la cruda realtà, ma riuscendo in qualche modo ad aiutarmi come solo una madre sa fare. Non che Ian non abbia giocato un ruolo importante, solo lui avrebbe potuto dirmelo e solo lui ha evitato che perdessi la testa, ma mia madre è pur sempre mia madre.

E mi sto odiando in questo momento per quello che le ho detto, per quello che le ho fatto fare. Lo schiaffo… Lei non l’avrebbe mai fatto, l’ho costretta a farlo e, ovviamente, si starà incolpando anche per questo, come si incolpa per quello che mi è successo. Non lo dice, ma lo vedo. La colpa è mia, invece. C’ero io in quella macchina, non lei. Lei non avrebbe potuto fare nulla, io forse qualcosa di più. Magari non sarei dovuta scappare via da Ian in quel modo, l’ho fatto perché avevo bisogno di staccare la spina da tutto ed è successo un disastro.

La mia vita ultimamente è un disastro. Ero a così poco dalla felicità, dall’essere con Ian, che mi è stata portata via in un soffio ed ora la perdita delle gambe non ha fatto altro che aggravare la situazione. E’ sbagliato quello che sto dicendo, ma è inutile continuare a nasconderlo.

Quello che provo per Ian non lo proverò mai per nessun altro. Il fuoco ad ogni suo tocco, l’attrazione che c’è tra di noi, la passione, la complicità e il solo fatto di non pensare più a nulla… Nessuno prenderà il posto di Ian, nemmeno Eric. Ma Ian ha una moglie e un figlio, io ho Eric. Ad Eric sono legata e voglio bene, non sarà mai Ian, ma è comunque un uomo perfetto. Magari quell’amore travolgente arriverà, solo che con Ian era arrivato subito, come una scossa.

E ho paura, ho dannatamente paura di perdere tutto. Tutto quello che ho avuto fino ad ora… Ho paura di perderlo. Non sono più in grado di essere autosufficiente, date le circostanze, e sarò un peso per chiunque. Prima ero in grado di fare qualsiasi cosa da sola, ho cresciuto due bambini praticamente da sola -escludendo ovviamente i miei genitori e Alex, aiuto comunque importantissimo e costante-, ed ora non sono più in grado di andare in bagno senza l’aiuto di nessuno.

E francamente quanto potrà durare questo? Ora sono tutti qui, per me, ma per quanto?

 



























 

                                                              * * *
























 

 

Una settimana dopo.

 

“Non senti niente?”- mi domanda il medico tastando la mia gamba. -“Nemmeno se premo un po’ più forte?”

 

Scuoto la testa sospirando. E’ da un’ora che stanno facendo i soliti esami, con qualcosa anche di nuovo, ma niente. Non sento niente. Se mi amputassero una gamba non sentirei niente ed è brutto da dire, ma è così.

 

“Vuoi che riproviamo di nuovo?”- mi domanda ancora lo stesso medico. E’ l’unico qui che non si abbatte ed è quello che mi piace di più. Ha gli occhi azzurri che mi ricordano parecchio quelli di Ian. Ian che da una settimana è stano e non riesco a capire il perché. -“Ti aiuto ad alzarti.”

 

Si, è passata una settimana e sono ancora in ospedale. E’ un mese esatto che sono qui, forse qualche giorno in più. La situazione è ancora uguale, ogni giorno faccio continue visite e continui esercizi, ma nulla è ancora cambiato. Niente. Mia madre è ancora arrabbiata con me, Ian viene a trovarmi ogni giorno, ma c’è comunque qualcosa che lo tormenta e non capisco cosa, ed Eric è sempre una presenza costante.

Anche i bambini vengono ogni giorno a trovarmi e non vedono l’ora di portarmi a casa. Io non vedo l’ora di tornare a casa per stare con loro.

 

“Ieri non ce l’ho fatta, non ce la farò nemmeno ora.”- gli rispondo.

“Sei la paziente più pessimista che abbia mai avuto.”- mi rimprovera bonariamente. -“Dovresti sorridere. Hai un marito e dei figli stupendi.”

 

Marito? Quale marito?

Aggrotto le sopracciglia non capendo. Fino a prova contraria non sono sposata.

 

“L’uomo dagli occhi azzurri, capelli neri. Quello di ieri.”- mi ricorda il medico prendendomi in braccio e sistemandomi sulla sedia a rotelle.

 

Oh. Ian.

 

“Siete una bella coppia.”- commenta iniziando a spingere la carrozzina.

 

All’inizio avevo pensato che si fosse preso una cotta per me, mi era sembrato fin troppo caloroso da subito. Poi, invece, ho scoperto, anzi, mi ha raccontato, di essere gay e pure sposato. All’inizio ho pensato che mi avesse riconosciuta, ma alla fine non sapeva nemmeno chi fossi. Le ricordavo solamente la sorella. Sorella tra l’altro fan di The Vampire Diaries. Il povero medico, quando ha capito chi fossi, mi ha guardato come se fossi un marziano e mi ha chiesto un autografo per la sorella. La sorella ne è stata felicissima, ma ovviamente lui non ha potuto dire nulla sulla mia condizione. Segreto professionale e mia volontà.

 

“Oh, ma lui non è mio marito.”- lo correggo subito.

“E’ comunque un compagno fantastico.”- mi dice portandomi fuori dalla stanza. -“Si dice ancora compagno? O è meglio fidanzato?”

“Non è nessuno dei due, lui è… Il padre di miei figli.”- mormoro osservando le pareti bianche dell’ospedale.

“Ohm. Uhm. Brutta storia?”- mi domanda aprendo la porta della mia camera.

 

Non rispondo perché, con mia sorpresa, noto che c’è Ian all’interno della stanza, proprio quel qualcuno di cui stavamo parlando.

Non appena mi nota mi sorride raggiante, mentre Oliver, il medico, lo sta guardando come se fosse l’uomo più bello del mondo.

Okay, lo è. Per me lo è. Anche per lui lo è. Dio, che confusione!

 

“Non per dire, ma… Ha una cotta colossale per te…”- mormora al mio orecchio per poi sparire dalla stanza.

 

Ian mi guarda per qualche istante, poi si avvicina a me.

 

“Te la fai con il medico?”- mi domanda tra il curioso e tra l’irritato.

 

E’ serio? Tecnicamente quella preoccupata dovrei essere io.

 

“Secondo te ho il tempo o la voglia per certe cose?”- gli domando guardandolo negli occhi.

“No, è solo che… Avete una certa intesa, tutto qui.”- borbotta.

“Intesa? Ci siamo scambiati una parola in croce di fronte a te. E poi sua sorella è una nostra fan e le ho fatto un autografo.”- gli rispondo e lo vedo spalancare gli occhi. -“Ovviamente non sa che sono qui, ma non so comunque che scusa le abbia inventato.”

“Uhm, meglio.”- mi domanda ancora poco convinto.

“E comunque quella preoccupata dovrei essere io, o qualcun’altra.”- gli dico. 

 

Ian rimane per qualche istante imbambolato, non capendo dove voglia arrivare. 

 

“Non mi aiuti?”- gli domando indicando con la testa il letto.

 

Annuisce ancora confuso, poi mi prende delicatamente in braccio e mi adagia sul letto. Mi copre bene affinché non possa prendere freddo, visto che siamo a febbraio.

 

“Preoccupata tu?”- mi domanda, poi annuisce confuso. -“Oh… Ho… Ho capito.”

 

Ridacchio mentre lo osservo chiaramente in difficoltà.

 

“Non che abbia qualcosa contro, solo… Avrei dovuto capirlo da come mi guardava e non… Non voglio avere strane relazioni.”- balbetta.

“Non preoccuparti, è sposato.”- lo avviso cercando di non scoppiare a ridere.

 

Non che abbia qualcosa contro gli omosessuali, ognuno è libero di amare chi vuole, ma vedere Ian così in difficoltà mi diverte un sacco e per un attimo riesco a dimenticare qualsiasi cosa.

 

“Uhm, bene.”- borbotta scuotendo la testa.

“Non ti aspettavo oggi.”- gli dico. -“Ero convinto che venissi questa sera con i bambini.”

“Avevo voglia di salutarti e… Ho alcune cose da dirti.”- mi dice inclinando leggermente la testa.

 

E’ successo qualcosa ai bambini?

 

“E’ successo qualcosa ai bambini?”- domando, infatti.

“Beh, è successo qualcosa con Stefan.”- mi dice, ma dal suo tono capisco che non è niente di così grave.

 

E’ allarmato, ma comunque non è così grave da farmi andare fuori di testa.

 

“Che cosa ha combinato?”- domando leggermente rassegnata.

“Oltre al fatto di aver rovesciato due bottiglie di latte in piena notte per dei biscotti?”- mi domanda retorico.

 

Scoppio a ridere di gusto e dopo qualche istante Ian mi segue. Tipico di Stefan. E’ sempre stato quello più goloso tra i due ed è sempre alla ricerca di cibo, soprattutto di notte.

Pensavo peggio, dopotutto.

Ma quell’oltre mi preoccupa leggermente. Che cos’ha fatto ancora?

 

“E’ alla continua ricerca di biscotti.”- sottolineo io ridacchiando ancora. -“Che cos’altro ha fatto? Ha mangiato una torta intera?”

“No, quello potresti averlo fatto tu.”- mi dice, poi si fa improvvisamente serio. -“A proposito di cibo, sono venuto a sapere che tu-”

 

Lo zittisco portandogli un dito sulle labbra.

Non si sta parlando di me, ma dei bambini. Ho già litigato con mia madre per questo, anche se sotto c’era dell’altro, e ho avuto qualche dibattito con mio padre, Eric e Alex, non voglio affrontare di nuovo l’argomento.

 

“No, stiamo parlando dei bambini.”- lo ammonisco.

 

Sospira rassegnato sedendosi sul letto accanto a me.

 

“Ha la ragazza.”- mormora affranto.

 

Davvero? Ed è una cattiva cosa? Joseph è da quando ha cominciato ad andare all’asilo che nomina sempre nomi diversi di ragazze. Ogni giorno usciva a mano con qualche bambina nuova. Stefan è stato sempre quello più riservato, ma comunque sono felice per lui.

Ha solo sette anni, ma è un piccolo ometto. E’ il mio piccolo ometto.

 

“Ed è un dramma?”- gli domando ridacchiando di nuovo.

“No, cioè… Mi ha chiesto di portarlo a prendere qualcosa per San Valentino! Ti rendi conto? San Valentino!”- borbotta.

“E allora?”- gli domando.

“Andiamo, Neens, non so nemmeno io cosa sia San Valentino, figuriamoci lui.”- borbotta ancora.

“Tu odi San Valentino.”- gli ricordo.

“Si, ma non è questo il punto. Mi aspettavo che mi chiedesse qualche consiglio per conquistarla, non sono tipo da regali. Mi aspettavo che me lo chiedesse, è pur sempre mio figlio.”- mormora affranto.

“Ha solo sette anni, non penso sappia il significato di conquistare in amore.”- gli ricordo io.

“Lo so, ma… Gli ho anche chiesto se gli servisse una mano o qualche consiglio sulle ragazze… Bambine, in questo periodo è più… Adatto.”- borbotta ancora facendomi sorridere. -“Sai cosa mi ha risposto? ‘Papà, ormai sono grande, faccio da solo.’ Mi ha dato del vecchio in pratica, capisci?”

“Ti ha solo detto che non ha bisogno di aiuto, non fare il melodrammatico.”- obietto io scuotendo la testa.

“Stanno crescendo così in fretta, mi sembra ieri la prima volta che li ho visti.”- mormora accarezzandomi distrattamente un braccio. -“Non manca così molto che se ne vadano via di casa.”

“Hanno sette anni, entrambi. Devi stare tranquillo, è ancora presto.”- ribatto io ridacchiando per l’ennesima volta.

“Oh, ma hanno già la fidanzatina. Penso anche Joseph. No, Joseph penso ne cambi una al mese, o una a settimana. Dio, devo fare qualcosa con quel bambino. Non può iniziare subito così, l’età adatta è dai quindici anni in poi.”- continua a blaterare.

“Non insegnerai a nostro figlio la tattica della botta e via. Sono piccoli, non hanno il senso dell’amore, ma quando diventeranno più grandi dovranno capire che non è giusto fare così.”- lo ammonisco.

“Ma è così bello divertirsi finché si è giovani-”

“Non voglio pensare a mio figlio sotto quella veste, Ian!”- urlo quasi coprendomi le orecchie. 

 

Sento comunque quello che mi deve dire.

 

“Sai che mi hanno chiesto come si fanno i bambini l’altro giorno? Credo che la mia presenza gli faccia male.”

 

Ride, mentre io mi porto le mani nei capelli.

Oh, mi sembra un argomento perfetto.

________________________________________

 

Buon pomeriggio a tutte :)

Ebbene si, sono riuscita ad aggiornare prima dell’anno nuovo. Avrei preferito aggiornare domani, ma non ero sicura di riuscire a farcela quindi, per evitare di non aggiornare, ho fatto tutto oggi.

Inizio con il farvi gli auguri di Buon Anno Nuovo anche se in anticipo di due giorni perché è evidente che non ci sentiremo più fino a inizio 2016! Buon Anno Nuovo a voi e alle vostre famiglie, dunque ^^

Passiamo direttamente al capitolo. E’ un capitolo molto leggero, se escludiamo la prima parte, e l’ho tagliato così perché altrimenti sarebbe diventato troppo lungo e leggeremo il continuo sul prossimo.

La prima parte forse è quella più strana perché non abbiamo mai visto un litigio tra Nina e Michaela, nemmeno quando lei, nel flashback, le ha detto di essere incinta. Ma Michaela qui è semplicemente scoppiata. Nina, ovviamente, si è subito pentita di quello che ha detto, ma, presa dalla situazione e da tanti altri fattori, ha detto quello che pensava in quel momento, non quello che effettivamente voleva. Sua madre ovviamente ha agito di conseguenza provocando un’incrinatura nel loro bellissimo rapporto, ma vedremo come lo affronteranno, anche se non durerà molto questa ‘rottura’, perché comunque Nina ha bisogno di lei più di chiunque altro.

La seconda parte, che occupa gran parte del capitolo, è quella più leggera e forse più comica. Dopo capitoli pieni di tristezza -e noia?- ho deciso di inserire qualche momento leggero. Ian, poi, sta tentando di portare leggerezza a Nina, anche se rimane comunque preoccupato per Stefan, bambino che tra l’altro ha la ragazza.

Questione da niente, ma tanto basta per far preoccupare Ian, per un motivo futile, ma è sempre comunque un padre apprensivo. Ian che è preoccupato per altri motivi, ma verranno svelati nel prossimo capito anche se, uno di questi, sarà un tabù anche per voi.

Se avessero avuto una bambina credo che sarebbe stato peggio ahahaha

Ringrazio le 13 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo a cui risponderò a breve, alla prossima ^^

  
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