Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: Elefseya    31/12/2015    1 recensioni
Dopotutto, ogni cosa ineluttabilmente cade a terra.
[ Daichi Sawamura!centric, Asahi Azumane, Tobio Kageyama | Prima classificata al contest "Expectations Go to Hell... or Maybe Not" indetto da NeuPreussen sul forum di EFP ]
Genere: Introspettivo, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Asahi Azumane, Daichi Sawamura, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Take One Breath
Nome autore EFP: Elefseya
Pacchetto e percorso: Pacchetto Countdown B 1
Numero parole: 1650
Fandom: Haikyuu!!
Personaggi/Coppia: Daichi Sawamura, Asahi Azumane, Tobio Kageyama
Rating: Verde
Genere: Introspettivo, Sportivo
Note: -alla fine della storia, anche se consiglio di darci una sbirciatina prima di leggere- 

 

 

"Take One Breath"

 

 

As we try to rise on our self-made burning wings.
-Sonata Arctica, Take One Breath-

 

Secco è il rumore del pallone al contatto con la mano dell’attaccante di turno in battuta; richiama l’attenzione di tutti i giocatori in campo, rimbomba per qualche istante la sua eco tra le mura della palestra e il silenzio gradualmente cala, ogni sguardo percorre e insegue con concentrazione morbosa la veloce parabola imperfetta tracciata in aria dalla palla che oltrepassa la rete e comincia a discendere.
Ricezione. Palleggio. L’attaccante prende la rincorsa. Passo stacco. Schiacciata. Ancora ricezione.
Ad ogni azione lo schiocco delle mani si confonde con le voci concitate di chi gioca in campo e con il suono stridente e acuto delle suole di gomma che scivolano sul parquet. Insieme creano un preciso e regolare ritmo che ormai Daichi ha interiorizzato e che guida i suoi movimenti, i suoi pensieri e persino il suo respiro, come se fosse un istinto primordiale: i suoi passi sono veloci, le gambe pronte a scattare, le braccia in posizione in attesa di quell’impercettibile frazione di secondo in cui riceveranno l’impulso di sollevarsi o portarsi in avanti, le dita fremono impazienti. Al contrario, il respiro è calmo e regolare, e lucida è la mente pronta a reagire non appena gli occhi vedono la palla levarsi in aria.
Palleggio, attacco, muro, ricezione, palleggio: anche se non vede se non con la coda dell’occhio, Daichi intuisce cosa sta accadendo in campo in quella semplice partita tre contro tre, il suo sguardo concentrato ora sulla palla che Asahi difende. Solleva il volto, il pallone si alza, gli occhi del capitano del Karasuno ne seguono attentamente la traiettoria.
Silenzio. Rapidamente scatta in avanti e porta le braccia davanti a sé, le solleva leggermente appena toccano la palla, si sposta di nuovo indietro. Un palleggio, la palla ritorna veloce a Daichi, il quale la ferma improvvisamente con le mani. Per istinto si volta a sinistra, per osservare la partita che continua ad andare avanti, azione dopo azione; ancora un bagher, un palleggio, una veloce che fortuitamente non tocca terra e torna in aria con un altro bagher, un secondo palleggio indirizza il pallone a Tobio. Gli occhi di Daichi si assottigliano appena mentre continua a stringere la palla tra le mani, inconsapevolmente; persino il suo respiro in modo impercettibile accelera, il petto si alza e abbassa leggermente come le sue spalle, in sincronia con ogni inspirazione ed espirazione.
Da sotto il pesante mantello di velluto rosso e la sontuosa corona dorata spicca il volo un corvo. Invisibili sono le sue morbide penne nere come il petrolio che fluttuano in aria e poi lente si posano a terra, inudibile è il suo gracchiare stridulo e aggressivo che riverbera nel nulla.
E all’improvviso quello stesso respiro accelerato si ferma per interminabili secondi, gli occhi rimangono fissi sulla figura del palleggiatore.
Il Re del campo salta. Piega leggermente le gambe e i muscoli si tendono. Il volto si scosta leggermente, mentre occhi rapaci scrutano in cerca di un punto debole nel muro che si staglia di fronte a lui. Solleva il braccio destro, sinuoso ed elegante è il movimento del suo polso che leggermente ruota verso destra: la mano si abbassa quel tanto per permettere ai polpastrelli di toccare il cuoio della palla e dare forza e spinta sufficienti per mandarla a terra nel campo avversario. Il pallone cade con un tonfo sordo poco dopo che i suoi piedi toccano terra di nuovo, esultano istantaneamente le voci trionfanti dei compagni di squadra.
La stretta di Daichi sulla palla si fa tanto più forte che le nocche delle sue mani ora irrigidite paiono impallidire rispetto alla sua naturale carnagione olivastra; in modo così evidente stonano con l’esuberante esultanza che proviene dal campo l’espressione del suo volto, infastidita ed irritata, e i suoi occhi, scuri per quella rabbia che lentamente e in modo inconscio sta nascendo e prendendo forma come fuoco su brace ardente divampato da un’invisibile scintilla.
«Daichi…?»
È Asahi colui che si accorge di quello sguardo torvo prima ancora che Daichi stesso se ne renda conto, come ridestato dall’esitante voce altrui preoccupata e confusa; i suoi occhi si abbassano un poco e le palpebre li coprono nel medesimo istante in cui un sospiro profondo gli riempie il petto.
«Mi fa arrabbiare.» Lapidarie e taglienti sono le sue parole, la sua voce è bassa e rauca. Una leggera vena di minaccia ne condiziona il tono solitamente pacato e allo stesso tempo deciso, ma ora monocorde e piatto, senza alcuna emozione. O per lo meno senza alcuna emozione positiva.
Daichi comincia a comprendere: ciò che gli fa stringere il pallone con così tanto accanimento sono la rabbia e la frustrazione, ciò che gli impedisce di distogliere gli occhi da invisibili ali così maestose è l’invidia. Sono sentimenti insoliti in lui, lo sa bene, e per questo motivo è egli stesso sorpreso del suo sguardo bieco, delle mani formicolanti che vorrebbero frantumare qualsiasi cosa si trovasse tra di esse. Se si vedesse riflesso in uno specchio, probabilmente non si riconoscerebbe nemmeno.
«Guardalo». È un ringhio la sua voce ora, basso e aggressivo; per il nervosismo -e Daichi si stupisce di come quest’ultimo lo stia manipolando così facilmente- si morde l’interno della guancia e stringe le labbra. Abbassa la testa -ed è forse vergogna questa?
«È il giocatore perfetto. Guarda come si muove, come salta. Come fa punto. È lui che può portare la squadra alla vittoria, non di certo io.». Lo sguardo di Asahi ora corre dal capitano a Tobio, su cui i suoi occhi rimangono poi fissi; un sospiro, un lento cenno di assenso che Daichi non vede ma può intuire dalle parole che giungono alle sue orecchie. «Lo so…». Incerta determinazione -svilimento-, una cupa sfumatura colora la voce di Asahi. «E non intendo perdere contro di lui.»
Alza di nuovo la testa, il capitano. Guarda l’asso del Karasuno, ne vede le mascelle irrigidite, le mani strette a pugno e le braccia rigidamente stese lungo i fianchi, i muscoli degli avambracci tesi. Può capire benissimo cosa prova, poiché è lo stesso sentimento d’incapacità che sta attanagliando e stringendo in una dolora morsa lui stesso: la schiacciante sensazione della sconfitta pesante come un macigno, l’impossibilità apparente di rialzarsi, il senso di colpa perché non si è riusciti a fare (e dare) abbastanza, l’impotenza di fronte ad un’invalicabile barriera. Ogni singolo attacco che non tocca terra, ogni singolo muro frantumato da mani più forti, ogni difesa andata a vuoto, i palloni caduti. Le mani arrossate, le dita contuse, le braccia e le gambe doloranti e pesanti, i muscoli tesi, le ginocchia e i gomiti abrasi, il sudore che corre lungo la schiena, il fiato corto e la gola secca. L’avvilimento e la stanchezza.
I corvi che non volano. I campioni decaduti.
E nell’istante in cui Daichi posa di nuovo lo sguardo sul palleggiatore, non riesce a fare altro che desiderare ardentemente di vederlo cadere, esattamente come loro. Vedere la sua corona rotolare e arrugginirsi, il mantello giacere a terra infangato.
«No, non perderemo.» Un sibilo affilato.
La palla che Daichi con ostinazione stringe tra le mani bruscamente scivola a terra, spinta in modo involontario dalla foga dei pensieri del capitano; rotola velocemente verso il campo.
«Kagey-…». La voce di Asahi subito si ferma e si affievolisce nella sua gola, incapace di farsi udire -non intenzionata a farsi sentire-, e la mano di Daichi afferra l’altrui polso, ferma l’attaccante dall’avere qualsiasi ripensamento, dal compiere il minimo passo.
Continua a rotolare velocemente la palla.
E Daichi non intende fermarla.
È un pensiero folle il suo, un desiderio perfidamente sbagliato, una maligna ira che non dovrebbe essere, una strana sensazione di compiacimento che gli occlude la bocca dello stomaco. Un attimo, un mero attimo di debolezza nel quale lui si crogiola inquieto, incapace di trovare riposo.
È così dannatamente semplice: un salto e tutto potrebbe aver termine. Il Re cadrebbe rovinosamente.
La fine.
Lui non è diverso da noi. Lui può cadere.
Le ginocchia di Tobio si piegano leggermente, i muscoli tesi e pronti a scattare. L’orlo del mantello ondeggia pigramente. Le braccia cominciano a sollevarsi verso l’alto in trepidante attesa. La corona brilla sotto i raggi del sole e oscilla pericolosamente. La sua testa segue istintivamente la palla che viene prontamente difesa e indirizzata verso di lui; le dita palpitano in frenesia, il petto si gonfia e sgonfia per il fiato corto, le labbra sono leggermente schiuse.
L’altro pallone scivola sul pavimento di legno.
Lui… non è diverso da noi.
E Daichi allarga gli occhi, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo, una scossa che lo risveglia dal torpore del suo scomodo crogiolo e che rende più chiari i suoi pensieri. “Cosa diamine stiamo facendo…?
Presa di coscienza. La realizzazione di un pensiero ancor più semplice di un pallone che rotola.
Cerca per tutta risposta gli occhi di Asahi, le cui gambe paiono fremere e tradire il desiderio di correre e fermare quella che sta pericolosamente diventando una vendetta -per cosa?- non consapevolmente meditata se non nell’accettazione di un semplice fatto fisico quale la forza di gravità. Dopotutto, ogni cosa ineluttabilmente cade a terra.
Scrolla la testa Daichi e una risata rauca scuote il suo petto e le sue spalle: ossigena polmoni e cervello, raffredda il sangue che sembrava divenuto fiele che corrode. Non sono più la spinosa invidia e la cieca rabbia a guidare i suoi -i loro- passi veloci.
Che cosa sto facendo?
Un altro respiro profondo riempie di aria fresca i suoi polmoni.
«Kageyama, non saltare!»
E le maestose ali piumate si abbassano, fino a scomparire come nebbia spazzata dal vento, la corona non è che un miraggio, il mantello una patetica invenzione -immaginazione distrutta e corretta da infine ritrovata razionalità.
Tobio si volta istantaneamente, perplesso, e i suoi occhi si concentrano per riflesso naturale sulla palla che sta rotolando nella sua direzione. Nella palestra rimbomba l’eco di un pallone che cade poco distante.
Ma altre ali ora possono finalmente librarsi in volo e rialzarsi.

 

   Though I’m out of breath, I just keep on running.
-SPYAIR, I’m a Believer-






Note (pt. II): Pensavo che avrei esordito nella sezione di Haikyuu con la bella AsaNoya che ho in cantiere dall’anno scorso (ooooops), e invece eccomi qui a scrivere tutt’altro! Una prova piuttosto interessante che mi ha messa un pochino in difficoltà per percorso e personaggi (ahimè la fortuna non gira mai dalla mia parte, sigh), ma ammetto tranquillamente di aver trovato davvero, davvero stimolante e molto divertente il contest, oh sì. Dai lidi di Pandora Hearts sbarco qui, metto da parte il buon metal e m’imbottisco di k-pop per trovare idee, e booooom, la mia anima da pallavolista in pensione causa infortunio mi porta a scrivere questo. Ho cercato di limitarmi nei termini tecnici pallavolistici, credo si riesca comunque a capire bene o male tutta la dinamica descritta (lo spero ; - ; ). Ho giocato facile: mi sono ispirata alle mie esperienze dirette in fatto di pallavolo, soprattutto a tutte le volte in cui la mia allenatrice ripeteva di “fare attenzione a eventuali palloni in campo, perché se saltate e un pallone nel frattempo rotola sotto i vostri piedi poi scivolate e nella migliore delle ipotesi vi fate parecchio male”. L’ambientazione è abbastanza intuibile, un semplice contesto di pre-allenamento, una partitella amichevole tre a tre (a voi la scelta di chi sta in campo, anche se alcuni indizi sparsi possono suggerire chi potrebbe essere nelle due piccole squadre~), mentre altri già cominciano a riscaldarsi (ehi, lasciate ad Ukai il tempo di arrivare D: ). Ma credo che l’elemento più interessante sia vedere il nostro caro Daichi sotto una luce un pochino più “tenebrosa” (o forse di mera debolezza umana) ed entrare nella sua testa. Spero di essere stata abbastanza brava a mantenere l’IC, giuro solennemente di aver cercato di stravolgere i personaggi il meno possibile -trema-. Ho cercato di abbandonare quello stile pesante che tendo ad avere per renderlo più consono e adatto ai personaggi e alla situazione, e okay, il risultato è un po’ strano e mi fa paura, molto simile a Seneca e alle sue maledette sententiae, tante frasi spezzettate che vorrebbero dare l’idea dello stesso ritmo con cui si gioca a pallavolo. Ma non ho voluto eliminare del tutto quel simbolismo che tanto mi piace, per questo spesso ho inserito corvi, ali, mantelli e corone. Sì, insomma, una sorta di continuità con lo steso simbolismo usato dall’anime/manga quando ci si riferisce al Karasuno e a Tobio (giusto perché così non pensate che Daichi si sia fatto di chissà quale strana erbapipa). Plus, il finale speciale, che lascia intendere parecchie cose a buone orecchie.

Dimenticavo, tanti auguri al nostro capitano papà corvo che oggi compie gli anni, e ne approfitto per augurare a tutti un Felice Anno Nuovo!

Buona lettura!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: Elefseya