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Autore: Blue Eich    01/01/2016    11 recensioni
Ciao, il mio nome è Misty Waterflower! Sono l'attuale Capopalestra di Cerulean City e la più giovane delle Sorelle Sensazionali, ma non so se qualcuno di voi si ricordi di me. Alcuni probabilmente sì, mentre altri erano troppo piccoli. In ogni caso, credo che tutti abbiate il diritto di sapere questa storia. Quale storia? Beh, il finale che è stato brutalmente cancellato all'ultimo momento. Gli schizzi dei disegni e il copione delle battute sono chiusi dentro al cassetto di una scrivania, abbandonati in uno studio freddo e buio, assieme a polverose scartoffie di poco conto. Sembrano tutti essersene dimenticati e vanno avanti, come se il passato non avesse alcun valore. Triste, non è vero? Perciò, nell'eventualità che questa storia non venga mai narrata, ho deciso di rimboccarmi le maniche ed essere io stessa a raccontarvela.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Delia Ketchum, Misty, Nuovo personaggio, Pikachu | Coppie: Ash/Misty
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Angolo Autrice
da1ca4af3fa1dfb8e2ded11bcc07c026 Hola! Leggete qua prima di cominciare, per favore.
La storia della famiglia di Delia che leggerete è reale, potete informarvi quiSi basa tutto sulla teoria nascosta dietro al primo trailer
giapponese del film di Mewtwo. In esso c'erano Misty adulta (con outfit e capelli diversi) insieme a Miranda (una comparsa del film), Pikachu e una bambina dai capelli rosa. Miranda e la bambina cantano insieme
questa canzone. Si pensa che dovesse essere la futura figlia di Ash e Misty, ma lui non sia presente nel video perché è ancora in viaggio e ha lasciato Pikachu a casa con loro. Ecco il finale dei Pokémon che era stato pensato all'epoca, ma venne cancellato e dato il successo si decise di continuare con la seconda generazione. Recentemente, il trailer originale è stato rimosso su Youtube dalla Shopro, ma alcune immagini di esso sono ancora reperibili sul web. 
Fatemi sapere cosa ne pensate! Volevo che questa fosse la prima storia del 2016 sul fandom, eheh. Buon anno a tutti e alla prossima!
-H.H.-
P.S. Ma quanto può essere pucciosa Misty da piccola?




misty
La storia della bambina dai capelli rosa

 

 
Ciao, il mio nome è Misty Waterflower! Sono l'attuale Capopalestra di Cerulean City e la più giovane delle Sorelle Sensazionali, ma non so se qualcuno di voi si ricordi di me. Alcuni probabilmente sì, mentre altri erano troppo piccoli. In ogni caso, credo che tutti abbiate il diritto di sapere questa storia. Quale storia? Beh, il finale che è stato brutalmente cancellato all'ultimo momento. Gli schizzi dei disegni e il copione delle battute sono chiusi dentro al cassetto di una scrivania, abbandonati in uno studio freddo e buio, assieme a polverose scartoffie di poco conto. Sembrano tutti essersene dimenticati e vanno avanti, come se il passato non avesse alcun valore. Triste, non è vero? Perciò, nell’eventualità che questa storia non venga mai narrata, ho deciso di rimboccarmi le maniche ed essere io stessa a raccontarvela.
 
 
 
Ricordo… Bene, quella notte. Credo che anche volendo non potrei scordarmene, perché è stata la notte più importante di tutta la mia vita.
Non mi sentivo pronta. Insomma, avevo solo diciotto anni! Al giorno d’oggi, certe cose le fai anche a quindici, o a quattordici, nei casi più estremi. Ma non mi interessava: io avevo paura e basta.
 
«Misty, ne sei sicura? Non voglio obbligarti.» La voce di Ash, mentre mi diceva così, fu talmente dolce e premurosa che non me la sentii di dirgli di no. Prima o poi sarebbe dovuto succedere e, se doveva succedere, era meglio che succedesse con lui piuttosto che con qualcun altro.
Annuii, abbozzando un sorriso timido. Via il dente via il dolore, no? Mi stesi sul materasso. I miei muscoli si erano pietrificati, tanto che non ero del tutto certa che sarei riuscita a muovermi.
Ash si sporse verso di me. «Ehm… Posso?» chiese, abbassando lo sguardo sulla mia camicia. Mi sentii avvampare al pensiero che entro poco avrebbe visto il mio seno, mai mostrato a nessun altro prima. Proprio lui, quel ragazzo con cui fino a pochi anni prima non facevo altro che litigare infantilmente dalla mattina alla sera. Chi lo immaginava che saremmo arrivati a un punto simile… Era tutto così imbarazzante, dannazione! Deglutii a fatica, per poi annuire un'altra volta. Il battito cardiaco mi rimbombava nelle orecchie come un tamburo, mentre Ash avvicinava le mani tremanti ai bottoni. L’atmosfera però si ruppe quando, per sbaglio, mi diede un pizzico.
«Ahi!» mi lamentai, accigliandomi, mentre lui si ritraeva all'istante.
«Scusami, scusami, scusami!» esclamò, alzando le mani in segno di resa. «Non l'ho fatto apposta!»
Cacciai un sospiro esasperato. Era riuscito a rovinare anche un momento delicato come quello.
Ash, capendo di avermi fatta arrabbiare, chinò mestamente il capo. «Scusa… Non ne combino mai una giusta…»
In quel momento mi fece davvero tenerezza, perciò un sorriso mellifluo sfuggì dalle mie labbra. Gli presi le mani e le portai dove prima si erano fermate. I miei occhi incrociarono i suoi. E forse fu proprio quello sguardo a infonderci coraggio a vicenda.
Ciò che successe dopo lo lascio alla vostra immaginazione. Posso dirvi solo che fu il momento in cui mi accorsi di aver fatto la scelta giusta. Ash si prendeva tutta la calma necessaria, cosicché ogni secondo fosse speciale. Sentivo la mia pelle bollente a contatto con la sua e il ritmo del suo cuore, agitato oserei dire più del mio. Nonostante fosse impacciato, mi trattava con delicatezza, per farmi sentire prima di tutto il suo calore e il suo amore, che trasparivano da ogni suo bacio e da ogni sua carezza.
 
 
Da allora passarono alcuni mesi e ci furono altre notti magiche come quella, dov'eravamo entrambi meno insicuri. Poi iniziai a sentirmi in qualche modo strana. Non sapevo cosa avessi, ma percepivo diversamente il mio corpo. Un perenne senso di nausea mi tormentava, ero così nervosa che davo l'impressione di poter sbranare chiunque con lo sguardo e avevo una compulsiva, incontrollabile voglia di gelato. Furono quelli i segnali a far nascere un sospetto nella mia mente, assieme a un ritardo decisamente esagerato del ciclo; di solito non era troppo puntuale, ma improvviso e devastante come un uragano. All'inizio presi alla leggera quel sospetto, quasi con ironia… E si rivelò essere fondato.
Quella sera ero appena tornata a casa dal lavoro, cioè dalla Palestra di Cerulean. L'avevo chiusa cinque minuti prima del solito, proprio perché non vedevo l'ora di comunicare ad Ash la fantastica notizia.
 
Il ticchettio dell'orologio sopra al frigo contribuiva a dare alla nostra modesta cucina un'aria più vuota. Un ticchettio pressante, che scandiva con chiarezza ogni secondo in quel cupo silenzio. Ash era seduto al tavolo, con lo sguardo basso, immerso nella penombra.
Ci siamo” pensai, iniziando ad avvertire dentro di me tutta l'agitazione che non avevo sentito fin da prima, cullata da un falso senso di sicurezza e di calma, ora volate via. «Ash…» Deglutii, prendendo un respiro profondo. «Devo dirti una cosa importante.»
«Anch'io devo dirti una cosa importante, Misty.» Lui si calò lentamente sulla fronte il berretto che lo aveva accompagnato durante tutte le sue avventure. Rimasi stupita da quel gesto, che sembrava così solenne. «Io… Ho deciso di partire
In quel momento, fu come se una freccia mi avesse colpita dritta al petto. E faceva male, un male tremendo. «Come sarebbe a dire… Partire?» sussurrai, cercando i suoi occhi, che non volevano specchiarsi nei miei. Speravo che fosse una bugia, un suo scherzo sciocco per mettermi paura, che smentisse tutto tornando a sorridere.
Ma Ash non tornò a sorridere. Nella sua espressione c'erano solo durezza e tristezza, tanto che non sembrava nemmeno lui, perché in otto anni che lo conoscevo non l'avevo mai visto tanto serio. «Se resto qui, non diventerò mai un Maestro di Pokémon… Lo capisci, Misty?»
«Sì, certo…» Sentivo un'enorme rabbia nascermi dentro, assieme all'impulso di dover assolutamente spaccare qualcosa. «E tu capisci che io non posso crescere un bambino da sola, vero?»
«Che?»
Arceus solo sa quanto in quel momento avrei voluto mollargli uno schiaffo.
«Ash, io sono incinta» sibilai, con freddezza. Una freddezza marcata, con cui non mi aspettavo certo di dirgli ciò che, fino a pochi minuti prima, mi rendeva immensamente felice.
«E me lo dici così?!» esclamò, alzandosi di scatto. Adesso sembrava lui quello arrabbiato.
«Dovrei essere felice del fatto che tu te ne vada lasciandomi sola, forse?!» replicai, stringendo i pugni. «Certo che hai proprio una bella faccia tosta.»
Lui ammutolì e abbassò ancora lo sguardo, permettendo che il peso di quella situazione che sembrava così irreale gli piombasse addosso. Avevo un groppo in gola che mi impediva di parlare. Prima o poi doveva succedere, l'avevo sempre saputo e mi ero ripromessa che non avrei pianto, che l'avrei accettato. Ma… Perché proprio ora?
«Ti prometto che tornerò… Vincerò e tornerò da te, Misty» disse Ash, in un mormorio. Avrebbe voluto rimanere, perché mi amava, lo leggevo nelle sue iridi color cioccolato, specchi della sua anima sincera. Però allo stesso tempo non voleva rinunciare al sogno per cui si stava impegnando tanto, il sogno della sua vita. Un sogno che aveva la precedenza su di me.
Come facevo a credergli, quando diceva di amarmi e mi prometteva di tornare? Una lacrima mi rigò la guancia. Era tutto troppo brutto per essere vero. Mi voltai di scatto di spalle. Gli avevo permesso di vedere a nudo il mio corpo, ma non volevo che vedesse a nudo anche i miei sentimenti, il mio dolore… Sarebbe stata un'umiliazione troppo grande.
Ash mi avvolse tra le sue braccia. Un abbraccio caldo e stretto, che fece allentare la presa ai miei pugni e affievolire i miei singhiozzi soffocati.
 
 
Due anni volarono via in fretta, quasi senza accorgermene, tanti erano gli impegni che quotidianamente mi soffocavano.
Sentivo il bisogno di allontanarmi dal caos della città, di respirare un po' d'aria di campagna. Per questo quella mattina avevo deciso che saremmo andate a Pallet Town a trovare Delia. Io e Ashley, mia figlia. Pikachu invece aveva preferito restarsene a casa a sonnecchiare, perché ormai non aveva più l'energia di una volta.

Il sole filtrava attraverso la finestra che dava sul cortile, illuminando e scaldando il salotto di casa Ketchum.
Delia fece la linguaccia e si tirò gli angoli della bocca con due dita, per allargarli. La bimba, seduta su di lei a gambette divaricate, batté in modo un po' goffo le manine e rise candidamente.
Anche la nonna – definirsi così la riempiva d'orgoglio – fece un riso lieve, dando una carezza amorevole alla sua testolina, dove spuntavano i primi ciuffetti rosei. «Sai, anche Ash adorava le smorfie buffe che gli facevo…» commentò, con un mesto sorriso.
«Eccomi.» Interruppi il momento spuntando sulla soglia della stanza, con il biberon appena tolto dal microonde tra le mani. Ashley cercò di sporgersi verso di me, perché voleva essere presa. Accennai un sorriso e mi sedetti in quel vecchio divano giallo, accanto a Delia, che mi passò la piccola tra le braccia. Avvicinai il tiepido contenitore pieno alla sua bocca e lasciai che lo afferrasse saldamente. Cominciò a bere, mentre io le carezzavo piano il capo.
«Misty?» mi chiamò quella che ormai era a tutti gli effetti mia suocera, interrompendo quel pacifico silenzio. «Ti andrebbe di sentire… La storia della mia famiglia?»
Diedi un'ennesima carezza alla bimba, per poi spostare lo sguardo sulla donna, che mi rivolgeva un tenue sorriso. Rimasi a fissarla per alcuni istanti, chiedendomi perché avesse scelto proprio un momento simile. «Certo.»
«Vedi, cara…» Delia chiuse gli occhi, per concentrarsi meglio sul racconto. «Mio padre se n'è andato di casa quando io ero bambina, per diventare Allenatore di Pokémon. Non ricordo quasi niente di lui.»
«Mi dispiace…» mormorai, ma lei m'interruppe subito scuotendo il capo.
«Oh, no, non dispiacerti! In fondo è acqua passata. Ti sto raccontando questo perché anche mio marito ha fatto lo stesso.»
Il padre di Ash…” pensai, sgranando gli occhi dallo sconcerto. Rimasi in silenzio, per lasciarla continuare. Ormai Ashley si era appisolata, perciò non potevo permettermi nessun movimento brusco, per non rischiare di svegliarla.
«Lavoravo nella locanda di mia madre, quando un giorno lo conobbi: un affascinante straniero che aspirava a diventare Allenatore.» Soffocò una risata a quel ricordo. «Ero giovane e ingenua, perciò mi innamorai subito di lui e ci sposammo… Ero convinta che il nostro amore sarebbe durato per sempre.»
«E… Cosa successe?» sussurrai, con il cuore in gola e uno strano senso di angoscia nello stomaco. Nel frattempo presi il biberon dalle manine di Ashley, che aveva allentato la presa su di esso. Senza mai spostare lo sguardo da Delia mi allungai leggermente in avanti, per posarlo sul lungo e lustro tavolino di cristallo dinnanzi a noi.
«A diciotto anni rimasi incinta da lui» continuò, lasciando che la sua voce armoniosa fosse guidata dalla memoria, che sentiva come rivivere sulla propria pelle. «In quel periodo, la mia povera madre si ammalò e morì… “Ho sempre mio marito”, mi dicevo, per farmi forza.» Il suo sorriso sereno scomparve, lasciando posto a un'espressione di pietra. «Invece, alla nascita di Ash, lui è ripartito per continuare il suo viaggio.»
Un brivido gelido mi percorse la schiena. Era orribile… E terribilmente familiare.
«A quanto pare, né lui né mio padre sono riusciti a realizzare i loro sogni» commentò risolutamente, riaprendo gli occhi, in segno che il tuffo nel passato era giunto al termine. «Ma Ash è… Diverso, da loro. Non si arrenderà finché non ce l'avrà fatta, testardo com'è! Perciò stai tranquilla.» Sorrise con candore e posò le sue mani vellutate sulle mie. «Tornerà, dobbiamo solo credere in lui.»
Annuii, rivolgendole un mezzo sorriso. Dovevo soltanto crederci, sperare… Proprio in quel momento Ashley si mosse, accoccolando meglio il capo sul mio petto. Mi persi a osservare il suo tenero viso addormentato, il viso più bello che avessi mai visto. Era lei il solo motivo che mi dava la forza di alzarmi ogni giorno e di non mollare, nonostante le difficoltà. Essere madre era una sensazione meravigliosa, impossibile da spiegare con le parole.
 
 
Trascorse ancora un anno e mezzo. Sembrava un pomeriggio come un altro della mia vita da mamma, tranquilla e indaffarata, che nulla avrebbe potuto sconvolgere.
 
«Dai, tesoro, ferma un attimo.» Passai un fazzoletto di stoffa sul viso un po' sporco di Ashley. Lei, usando il mio top come appiglio, si dondolava avanti e indietro, perché proprio non riusciva a stare immobile. Aveva un po' di fili d'erba e terra persino nei capelli – ahimè, rosa come quelli di mia sorella Lily. Sbuffai in silenzio, dal momento che glieli avevo pettinati neanche un'ora prima, sistemandoli alla bell'e meglio con le mani. «Ecco fatto.»
La bimba, stringendo la presa sul mio top, mi guardò negli occhi e mi rivolse un sorriso. Sorrisi a mia volta, sfiorandole dolcemente una guancia. «Ora torna a giocare, ma sta' attenta!»
Lei si voltò e, con la sua andatura un po' ciondolante, andò di nuovo in direzione del prato. Lì, Pikachu e una palla di gomma la attendevano.
Anch'io mi voltai e ripresi a stendere. Accanto a me c'erano una cesta di vimini piena fino all'orlo e una seggiola di plastica bianca, su cui era posato il contenitore delle mollette. L'aria scuoteva lievemente le chiome degli alberi e faceva ondeggiare i vestiti umidi che profumavano di lavanda, già appesi al filo della biancheria. Il silenzio era riempito soltanto dai versetti allegri di Ashley e gli squittii del Pokémon, costretto a correre come un fulmine da una parte all'altra per recuperare il pallone o aiutare lei a rialzarsi, quando si buttava senza motivo sull'erba o cadeva per davvero. Era un aiuto preziosissimo, non so come avrei fatto senza di lui… D'altronde, era sempre stato un ottimo babysitter, fin da quando si occupava del mio piccolo Togepi.
D'un tratto, si sentì un tonfo secco, di qualcosa che cadeva con pesantezza a terra. Pikachu rizzò le sue lunghe orecchie in segno d'allerta e prese a correre verso il cancello aperto con gli occhietti luccicanti, lasciando la piccola confusa con la palla ancora in mano. «Pika, vieni…» gli disse, delusa, vedendolo allontanarsi.
Io alzai ingenuamente lo sguardo. Subito mi mancò il respiro, i miei occhi si sgranarono e il mio cuore fece un tuffo.
Pikachu era appena saltato sulla spalla di Ash, che gli stava grattando affettuosamente il mento sussurrandogli parole cariche d'affetto. Sembrava un miraggio, ma non lo era. Lui… Lui era davvero lì, con i capelli scarmigliati, un accenno di barba sulle gote e il fisico più muscoloso di quanto ricordassi. Aveva mollato a terra il suo storico zaino verde e mi guardava, in silenzio.
«Ash…» mimai con le labbra, con il cuore che mi martellava violentemente nel petto, perché non potevo crederci. Non era l'ennesimo sogno dopo cui mi sarei svegliata, vero…?
«Sono tornato» disse lui, accennando un mezzo sorriso.
Senza pensare a nulla, corsi, corsi come non avevo mai corso in vita mia. Corsi tra le sue braccia forti, che mi strinsero e mi sollevarono di poco da terra facendomi girare. Quanto mi erano mancate le sue braccia, il calore della sua pelle leggermente abbronzata, il suo sorriso da eterno bambino… Come avevo fatto a vivere senza? Ero così felice che le lacrime cominciarono a farsi strada sul mio viso, perché aspettavo da tanto, troppo tempo.
«Ti avevo promesso che ce l'avrei fatta, no?» mormorò lui al mio orecchio.
Annuii, mentre le lacrime continuavano a sgorgare prepotentemente senza che potessi farci nulla, perché l'emozione che stavo provando era troppo intensa da controllare. Lui mi scacciò via una lacrima con il pollice, senza dire niente, perché non c'era bisogno di parole.
«Mamma» mi sentii poi chiamare dalla mia bimba, che Pikachu teneva per mano poco distante da noi. Mi scrutava con aria interrogativa e i suoi grandi occhi, smeraldini come i miei, sembravano chiedere: “Chi è questo signore?”
«Tesoro» dissi, con la voce ancora un po' rotta dal pianto. «Questo… Questo è il tuo papà.»
Lei continuò a guardarmi confusamente, finché Ash si staccò dall'abbraccio in cui mi aveva incatenata e le s'inginocchiò davanti. «Ciao, piccola» disse, con un sorriso dolce e la voce più calda che gli era uscita, perché non voleva spaventarla.
Ashley si portò ingenuamente un ditino alla bocca e mollò la presa sulla zampa di Pikachu, che si allontanò, facendosi da parte per assistere alla scena. «Pa-pà…» ripeté sottovoce, tra sé e sé, mentre il ragazzo allargava le braccia, che tremavano un pochino per l'emozione. Infinite volte, guardando il cielo cosparso di stelle, si era chiesto come sarebbe stato quel momento. E adesso, finalmente, lo stava vivendo sul serio.
Lei fece un primo passo un po' incerto, poi un secondo, e fu abbastanza vicina purché lui potesse prenderla in braccio.
«Sei proprio bellissima» le sussurrò, dando una carezza ai suoi capelli rosa ciliegia, mentre lei si aggrappava con le manine alla sua giacca a mezze maniche ormai consumata dal tempo. «Come la tua mamma.»
Sorrisi istintivamente anch'io. Il mio cuore gonfio di dolore adesso era libero, leggero come un coriandolo.
 
 
 
Ecco, ora sapete quello che doveva succedere e invece non è successo. La mia bambina dai capelli rosa non è mai nata, Ash non mi ha mai chiesto di sposarlo e continua a viaggiare, come se io non fossi mai esistita. Nuove regioni, nuovi Pokémon… Nuove compagne, perché gli autori sostengono che voi ragazzi abbiate bisogno di un “nuovo paio di occhi dolci da guardare ogni tanto”. La mia unica speranza è che Ash vinca una Lega e torni da me, in modo che la mia piccola possa finalmente nascere e crescere serena, com'era in programma… E io smetta di soffrire di quello che, con il tempo, sta diventando un amore lontano e impossibile.  
 

 
   
 
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