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Autore: yachan    01/01/2016    2 recensioni
Cosa significa "essere se stessi"?
Da bambino non me ne preoccupavo.
Se qualcosa mi infastidiva, mi arrabbiavo. Se qualcosa mi piaceva, lo dicevo.
Ma tutti noi cambiamo nel tempo.
Così come le cose che vogliamo proteggere...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doraemon, Hidetoshi Dekisugi, Nobita Nobi, Shizuka Minamoto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi: Doraemon - Nobita Nobi - Shizuka Minamoto - Takeshi Goda (Gian) - Suneo Honekawa - Dekisugi Hidetoshi - Jaiko Goda - Hiro Kuroyama - Chika Tanaka - Aki Sasaki - Yoshino Saotome


DORAEMON AND NOBITA PRESENT:

JUST LIKE YOU
Che significa “essere se stessi”?

Cap.3

Camminò vicino ai due campi di sport della scuola. Il loro liceo aveva un campo per le partite di calcio e uno per il baseball, più una piscina di medie dimensioni e una palestra. Altre scuole più prestigiose possedevano anche campi di tennis e palestre specifiche per dei sport. Però tutto sommato, non era male quel liceo, la retta scolastica non era tanto alta e non era distante da casa.
Motivo per cui lui e altri suoi compagni delle medie l’avevano scelto come prima opzione. Mentre per altri era stata la seconda o terza opzione. Come nel caso di Suneo, che non era stato accettato a una prestigiosa scuola e non aveva pensato di proporsi in altre, convinto che sarebbe stato sicuramente accettato, finendo però per dover ripiegare all’ultimo a quel liceo perché era l’unico ad avere ancora dei posti disponibili.
Gian sapeva che con i suoi voti non avrebbe potuto puntare su scuole rinomate, quindi si era focalizzato su dei licei modesti che però avessero dei buoni campi da sport. Quel liceo era l’ideale perché avrebbe potuto fare tardi con gli allenamenti visto che non era lontano da casa.
Tra le opzioni di Shizuka c’era un liceo femminile, ed era stata accettata, ma aveva scelto ugualmente un liceo misto.
Per quanto riguardava Dekisugi, con i suoi voti eccellenti avrebbe potuto essere accettato in qualsiasi liceo, ma anche lui, come molti, aveva scelto quel liceo modesto. Ma non era pentito della scelta, si trovava bene e aveva un aula di scienza recentemente modernizzata.
Per lui, Nobita, invece la scelta del liceo non era stata così essenziale. Non cercava niente di particolare, come invece i suoi compagni delle medie. Aveva puntato su quella più vicina e che non avesse bisogno di alte qualificazioni dalle medie.
Anche per Jaiko era stata la stessa situazione. Visto che per continuare a disegnare i manga non aveva bisogno di un liceo particolare, aveva puntato su uno con ritmi di studio meno stressanti e meno tempo da perdere per tornare a casa.
E così si erano ritrovati tutti nella stessa scuola, anche se in classi diverse. Avevano frequentato insieme le elementari e le medie, credevano che alle superiori sarebbe stato diverso, ma il destino aveva voluto unirli di nuovo.
Anche se, le cose tra loro erano cambiate già molto prima.
Sentì il rumore inconfondibile della mazza che sbatteva contro una pallina. Si girò e vide che nel campo da baseball c’erano dei ragazzi che stavano facendo una partita d’allenamento. Lì vicino alla rete che recintava il campo c’era una ragazza che guardava la partita. Non era l’unica, altre persone si soffermavano a dare una sbirciata al campo. O altrimenti erano piccoli gruppi di ragazze a tifare per la squadra. Non c'era da sorprendersi, con il Campionato alle porte.
Nobita si avvicinò alla ragazza che non era in compagnia e si mise al suo fianco a guardare la partita.
  • Come stanno andando?- chiese poi, facendo voltare la ragazza.
  • Nobita-san- disse Jaiko che non l’aveva sentito arrivare e poi tornò a guardare i giocatori- Direi che sono tesi e stanchi, ma anche molto carichi. Tra qualche giorno avranno la loro prima partita.
  • Bene, sono emozionato per lui. L’anno scorso non sono riusciti ad arrivare al Koshien, però quest’anno Gian è il capitano. So che si farà valere.
Jaiko annuì emozionata. Poi si voltò verso il ragazzo e si soffermò a guardarlo dubbiosa.
  • Nobita-san, tu… stai bene?- chiese mentre l’altro starnutiva.
Il moro si voltò e la guardò con un sorriso incerto.
  • Certo, perché?
  • Mah, sei rosso in viso e sul naso. E poi hai una voce…
  • Hai sentito?- fece una voce di una ragazza poco distante da loro. Era insieme a un gruppetto che guardava la partita e chiacchierava su altri argomenti che non aveva niente a che fare con la partita- Si sono messi insieme.
  • Chi? Chi?- fece un’altra incuriosita.
  • Hidetoshi e Minamoto- rispose un’altra- L’ho sentito anch’io. Ma ormai si sapeva che era solo questione di tempo.
  • Uhh, che peccato! A me piaceva Hidetoshi!
  • A tutte piace- fece un’altra incrociando le braccia- Ma ormai è chiaro che fanno coppia. Lo ha detto una di quinta che li ha visti insieme il giorno di San Valentino.
  • Io però non demordo- disse una- Hidetoshi potrebbe cambiare idea.
  • Con una come Minamoto? Lo dubito. Sono amici d’infanzia e vanno molto d’accordo. Sicuramente andranno insieme alla festa d’estate.
Le altre sospirarono demoralizzate. Jaiko che aveva ascoltato i loro discorsi, tornò a guardare il ragazzo. Era silenzioso e aveva lo sguardo serio fisso sulla rete del campo, senza effettivamente guardare la partita.
  • Nobita-san… ?
Lui sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri e tornò sorridente come prima.
  • … In effetti gira l’influenza- disse proseguendo il discorso di prima- Be’ spero di stare bene per la partita di Gian.
  • Forse dovresti evitare di rimanere a scuola dopo le lezioni per almeno qualche giorno, così almeno non peggioreresti la tua salute.
  • Non posso, questa settimana ci sarà tanto da fare. Ora vado che mi stanno aspettando- si allontanò dalla rete- Ma tranquilla, starò bene- e la salutò.
Lei ricambiò il salutò incerta, mentre lo vedeva andare via e per poco non inciampava nel prato. Poi tornò a guardare la partita.
Il ragazzo continuò a camminare intorno all'edificio della scuola, poi si fermò vicino a un albero. Ci si appoggiò e si lasciò cadere sull’erba. Alzò lo sguardo sulle ultime foglie degli alberi spogli. Una foglia cadde proprio sulla sua testa. L’afferrò, aveva perso tutto il colore vivace ed era disidratata. Se la rigirò tra le dita e sorrise malinconico.
Andare avanti.
Non restava altro da fare.
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La voce era circolata in maniera incredibilmente veloce, e tutto senza che i personaggi al centro delle chiacchiere ne fossero a conoscenza… finora.
  • Che io e Dekisugi, che…??- fece sorpresa Shizuka alle sue due compagne di classe.
  • Una ragazza ha visto che tu e Hidetoshi vi siete appartati il giorno di San Valentino- spiegò una delle due.
  • Sì, è vero, ma non significa che…
  • Però non gli hai dato del cioccolato?- chiese l’altra compagna.
  • Sì, sì… ma non vuol dire che…
  • Quindi non è vero quello che si dice in giro? Non state insieme ufficialmente?- chiesero in coro.
  • Certo che no!- esclamò lei rossa in viso. Le altre due si guardarono tra lo sorpreso e un po’ deluso. Non poteva certo raccontare a chi era realmente destinato quel cioccolato, e casualmente chi aveva sbirciato lei e Dekisugi aveva omesso che il cioccolato le era stato restituito dallo stesso Dekisugi- Ho regalato del cioccolato anche a Takeshi e Suneo, questo è sfuggito agli altri?- fece lei ironica e sbuffò- Perché mettono in giro queste assurde chiacchiere?
  • Forse perché passate tanto tempo insieme- fece una alzando le spalle- E siete amici d’infanzia.
  • Hidetoshi è molto corteggiato, a molte ragazze sembra strano che rifiuti tutte le dichiarazioni d'amore.
  • Delle ragazze si sono dichiarate a lui?- chiese Shizuka un po’ sorpresa.
  • Non lo sapevi? Hidetoshi non te ne ha mai accennato?
Shizuka scosse la testa. Lei e Dekisugi non parlavano molto di quel tema. Ma non doveva sorprendersi più di tanto, lo sapeva già dai tempi delle elementari che lui era molto popolare tra le femmine. Però mai lui aveva accennato a qualche ragazza in particolare. Forse come lei, Dekisugi non era molto interessato a stare con qualcuno. O forse no?
  • Di che state parlando?- chiese Dekisugi comparendo dietro le due compagne di classe. Le due sussultarono imbarazzate.
  • Niente, niente!- scossero le mani e se ne andarono- Ci vediamo dopo Minamoto!
Dekisugi le guardò incuriosito e poi si rivolse a Shizuka.
  • Andiamo a mangiare?
Lei annuì e prese il suo pranzo al sacco. Camminando per il corridoio, notò che quello che avevano detto le sue compagne di classe era vero. Gli studenti li guardavano con un sorrisino e bisbigliando tra di loro, mentre lei e il ragazzo si avviavano insieme alla loro solita panchina.
Sospirò incomoda. Aveva il presentimento che questo avrebbe solo complicato la situazione.
  • Qualcosa non va Shizuka-chan?- chiese sentendola sospirare.
Lei lo guardò pensierosa per qualche minuto, indecisa se dirgli la verità.
  • Hai visto come ci guardano?
Dekisugi si guardò intorno e scorse qualche alunno che sviò lo sguardo da loro e fece finta di niente.
  • In effetti ho notato che gli sguardi sono aumentati. Ma per cosa, poi?
  • Credono che stiamo insieme- spiegò lei senza guardarlo. Dekisugi sembrò sorpreso. Poi ridacchiò- Dekisugi-san, non è divertente- fece lei contrariata.
  • Hai ragione, ma questo spiega alcuni comportamenti dei nostri compagni. Soprattutto certe affermazioni da parte di alcune ragazze. Pensa che alcuni mi hanno persino fatto le congratulazioni. E solo ora comprendo a cosa si riferivano.
  • Ma cosa hanno nella testa?- fece lei indispettita mentre iniziava a mangiare.
  • Non darci peso. Prima o poi si stancheranno. E poi, mi torna utile in questo momento- Shizuka lo guardò senza comprendere- Ultimamente c’erano delle ragazze un po’ troppo insistenti.
  • Tue ammiratrici, immagino- lui la guardò- Mi hanno accennato delle dichiarazioni d’amore. Non me l’avevi raccontato.
  • Perché non era importante- alzò le spalle, poi iniziò a mangiare- Solitamente riuscivo a gestirle, ma quest’ultimo anno si sono fatte più numerose e persistenti. Non riuscivo a starmene tranquillo al mio club, perché venivano in gruppo a farmi un sacco di domande.
  • Non lo sapevo- disse dispiaciuta Shizuka. Certo, anche lei aveva corteggiatori, ma non così azzardati da inseguirla dappertutto.
  • Pensa che più di una volta Nobita ha dovuto fingersi me per distrarle e permettermi di uscire dall’aula riunioni- ridacchiò- O altre volte ha dovuto attuare qualche diversivo per allontanarle, finendo una volta nei pasticci- poi alzò lo sguardo- Si è alzata la temperatura in questi giorni, non noti? Non c’è da sorprendersi che si sia ammalato.
  • Chi?
  • Nobita. Me l’ha detto Saotome, oggi è assente- spiegò lui, mentre Shizuka lo guardava preoccupata- Credo che si tratti solo d’influenza- la rassicurò- Avrei dovuto capirlo ieri, faceva fatica a tenersi in piedi. Gli avevo detto di riguardarsi, però mi aveva rassicurato che stava bene.
Shizuka abbassò lo sguardo pensierosa. In cartella aveva ancora la sciarpa di Nobita. Aspettava un momento che fosse libero per restituirgliela, ma tutte le volte che provava ad avvicinarsi, faceva poi retromarcia come se avesse qualcosa che la bloccasse. Aveva ancora vivida l’immagine di lui con Sasaki.
E così la sciarpa era andata ad aggiungersi agli altri regali per Nobita mai consegnati.
  • Andrai a trovarlo?- chiese il ragazzo.
  • Non credo che ne abbia bisogno- commentò lei nascondendo l’amarezza nel suo tono di voce. Era sicura che qualcun'altra sarebbe andata al suo posto.
    Dekisugi si limitò solo a osservarla per qualche minuto, poi cambiò discorso. Neanche Shizuka aggiunse altro.
Del resto, non poteva certo presentarsi a casa di Nobita così d’improvviso.

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  • Shizuka-chan?- fece una voce sorpresa aprendo una porta. Era una donna dai capelli castano scuro e occhiali rotondi- Oh, ma che sorpresa rivederti!
  • Bu-buongiorno signora Nobi- salutò educatamente Shizuka, provando un po’ di disagio e imbarazzo.
Solo mezz’ora prima era in giro a fare la spesa per casa dopo essere uscita da scuola, ed era passata davanti al fruttivendolo. Stava guardando dei mandarini e il pensiero le era tornato a Nobita. I mandarini erano l'ideale in inverno e soprattutto per persone influenzate. Era rimasta lì a fissare pensierosa i frutti, quando il fruttivendolo era intervenuto e l’aveva quasi spinta a comprarne alcuni approfittando di una offerta.
Non ricordava come si era fatta convincere e fece per tornare a casa, ma invece i suoi piedi l’avevano guidata da tutt’altra direzione. Nel giro di pochi minuti si era trovata davanti alla porta di casa Nobi con in mano il sacchetto di mandarini. Non fece neanche in tempo a fare retromarcia, che come fatto apposta la porta si era aperta da sola mostrando la madre di Nobita. Come aveva fatto a sapere che era lì fuori se non aveva neanche suonato?
  • Sei qui per Nobi-chan?- chiese gentilmente la donna. Shizuka non poté dire la verità, quindi si limitò a un timido assenso- Prego, entra pure. Fa freddo fuori- le fece spazio e la ragazza entrò in casa.
D’accordo, ormai era in casa. Cosa poteva fare ora? Non si era programmata di andare a far visita a Nobita.
Guardò il sacchetto che aveva in mano. Certo, i mandarini!
  • Prego- Shizuka porse il sacchetto alla donna.
  • Oh, ma che premurosa- fece la madre sorridendole e prendendo i mandarini- Sono contenta che tu sia venuta a visitarlo. Era da parecchio che non venivi a trovarci.
Shizuka si limitò a un sorriso cordiale. Era un po’ complesso raccontarle di quei anni di distanza creatasi tra lei e il ragazzo.
  • Ma come ti sei fatta bella, sei ormai una signorina- disse la signora osservandola con un sorrisino- Immagino quanti corteggiatori avrai.
La ragazza diventò rossa dall'imbarazzo, mentre la donna stava andando in cucina a lasciare i mandarini. Forse ora poteva congedarsi senza sembrare maleducata.
  • Sai, sei arrivata al momento giusto- disse d’improvviso la madre mentre tornava all’ingresso. Shizuka non si era ancora mossa da lì- Dovevo comprare qualcosa per la cena di stasera, ma con Nobita così conciato non mi fidavo a lasciarlo solo. Mi faresti un favore se resti qui a sorvegliarlo, finché non torno.
  • Ma…
  • Ahh, quel ragazzo non si prende cura neanche da grande- sospirò, senza far caso alla replica di Shizuka. Poi prese il sacchetto per la spesa e infilò le scarpe- Non ci impiegherò molto. Gli ho preparato una minestra nel caso gli venisse fame. A dopo!
  • Però…- tentò di dire nuovamente la ragazza, ma ormai la porta si era chiusa lasciandola lì all’ingresso da sola.
Sospirò. Come ci era finita incastrata lì? Be’, poco importava ormai. Si tolse le scarpe della divisa e salì per le scale. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva messo piede in quella casa? Da quanto non saliva su per le scale diretta alla stanza del suo amico d’infanzia? Quanto tempo prima di bussare alla sua porta? Forse… da quando lui se n’era andato?
Rimase per qualche secondo davanti alla porta chiusa, incerta sul bussare. Però certo non poteva restare lì in eterno. Si decise a bussare, poco prima che dall’altra parte sentisse tossire. Sentì qualcuno muoversi all’interno e trascinare i piedi verso la porta.
  • Cosa c’è, mà?- chiese con fatica, mentre apriva la porta e senza aspettare una risposta si voltava per tornare a letto- Ho già preso la medicina, non me ne sono dimenticato.
Shizuka rimase per qualche minuto perplessa e con un lieve tono rosa sulle guance. Il ragazzo che le aveva aperto aveva i capelli neri più arruffati del solito, indossava un pigiama azzurro e non portava gli occhiali. Ogni tanto dimenticava l’aspetto del ragazzo senza quelle lenti da vista. L’altro ragazzo neanche si era accorto della presenza di Shizuka.
  • Nobita-san?
Il ragazzo si bloccò mentre sistemava il futon per rimettercisi dentro. Si voltò verso la porta, scrutando con fatica con gli occhi verso la figura all'ingresso.
  • … chi?- fece spaesato, con gli occhi appesantiti dovuti all'influenza, mentre a tentoni cercava il suo paio di occhiali lasciato per terra.
Shizuka fu più veloce. Vide gli occhiali, si chinò per prenderli e glieli passò. L’altro se li mise al naso e guardò meglio la ragazza chinata di fronte a lui. Spalancò gli occhi.
  • Shi-Shizuka??- chiese lui sorpreso, quasi cadendo all'indietro. Lei annuì- Cosa… cosa ci fai qui?
  • Tua madre è dovuta uscire un momento…- spiegò lei brevemente- Mi ha chiesto di rimanere qui nel frattempo.
  • Oh- si tranquillizzò e sospirò- Che madre, non si fida a lasciarmi da solo. Non ho più dieci anni- borbottò. Shizuka si limitò a un sorriso divertito- Shizuka non sei costretta a rimanere, davvero. Avrai da fare immagino, e poi potrei contagiarti. Ti accompagno all’ingresso- fece per alzarsi, ma finì per cadere a terra con le gambe incrociate.
  • Nobita-san!- fece lei preoccupata.
  • Non è niente, non è niente- ripeté lui ridacchiando tranquillamente, ma si vedeva chiaramente le guance arrossate e le palpebre che a fatica riusciva a tenere alzate. Cercò di rialzarsi di nuovo sforzandosi di tenersi in piedi. Lei lo afferrò per il braccio, prima che scivolasse nuovamente per terra.
  • Nobita-san, non sforzarti. Devi rimanere a letto.
  • Sto bene. È solo un banale raffreddore…- ma appena lo disse cadde nuovamente a terra, trattenuto dalla ragazza. Shizuka appoggiò una mano sulla sua fronte. Scottava.
  • Non stai bene per niente!- fece lei con tono di rimprovero- Hai la febbre. Non devi muoverti da qui- lui non protestò, non sembrava essere molto lucido in quel momento. Lo aiutò a sdraiarsi sul futon e lo coprì con la coperta, poi uscì dalla stanza e si diresse in cucina a scaldare la minestra. Quando terminò salì in camera e si sedette vicino al ragazzo- Tua madre ti ha preparato qualcosa di caldo- disse lei, aiutandolo a mettersi seduto.
Nobita iniziò a mangiare la minestra con lentezza e con gli occhi ancora mezzo addormentati.
  • Come va?- chiese lei.
  • Meglio grazie- annuì lui con un sorriso quasi ebete. Lei si sentì più tranquilla, anche se lo osservava con attenzione prima che avesse un nuovo capogiro. Il ragazzo dopo qualche cucchiaio, rimase a guardare il piatto come in una sorta di pensiero- Dovresti tornare a casa.
  • Tua madre non è ancora tornata- disse lei.
  • Sarà già di ritorno, e io me la so cavare.
  • Non mi muovo di qui, finché non torna- disse lei decisa. Il ragazzo non replicò e tornò a mangiare. Shizuka lo guardò e strinse le mani sulle ginocchia- Per caso… per caso la mia presenza ti da fastidio?- chiese poi triste.
Lui non la guardò e tornò a fissare la minestra.
  • Perché pensi questo?
  • Perché sembri non vedere l’ora che me ne vada- disse abbassando lo sguardo- Come se non ti facesse contento la mia visita. Forse… avresti preferito qualcun altro al mio posto?
  • … a me fa piacere la tua compagnia- disse lui continuando a fissare la minestra e sorridendo al vuoto. Lei alzò lo sguardo sorpresa. Data l’espressione del ragazzo, probabilmente la sua temperatura corporea si stava alzando e avrebbe dovuto lasciarlo riposare, ma… forse era l'atmosfera creatasi o forse perché erano soli o forse perché sentiva che in quello stato Nobita avrebbe risposto sinceramente senza rendersene conto… sentiva che aveva solo quell'opportunità.
  • Nobita-san, tu… mi odi?- chiese con cautela e lo guardò. Lui rimase nella stessa posizione, riprendendo a mangiare.
  • No.
  • Neanche per quello che è successo? Quel giorno, non volevo spingerti... e con Sasaki, non era mia intenzione di…
  • Shizuka-chan è una brava ragazza- fece lui come se stesse parlando di lei ad un’altra persona, aggiungendo un tono più affettuoso- Non potrebbe mai ferire intenzionalmente qualcuno.
  • Perché allora…

Non so perché Nobita abbia innalzato un muro tra lui e i suoi amici, ma ho il presentimento che tu più di altri sia in grado di farlo parlare.

  • Perché…- rimase come incerta sul formulare la frase- Perché ti sei allontanato da noi… da me?
  • … perché?- ripeté lui assorto, come se neanche lui sapesse la risposta- Perché fa male.
  • Male?- ripeté confusa.
  • Proprio qui- e indicò con il dito il lato sinistro del petto e ridacchiò come se stesse raccontando qualcosa di buffo.
Shizuka lo fissò senza parole, mentre lui cercava di riprendere a mangiare, come se le parole appena pronunciate le avesse dette al vento, ma il suo cucchiaio mancava il centro del piatto. La sua vista si stava annebbiando anche se aveva gli occhiali addosso. Però una mano delicata si posò sulla sua mano destra e lo guidò aiutandolo a mangiare. I due stettero in silenzio per qualche minuto, restando uno fianco all’altro, finché la ragazza si fermò e si voltò verso lui.
  • N-Nobita-san… - disse lei con voce tremule e timida- Io… ti piaccio?
Non sapeva come l’era uscita quella domanda, neanche il perché glielo stesse domandando. Aveva semplicemente lasciato che la bocca parlasse per lei.
E ora che la frase, che arieggiava nella stanza come se pronunciata da qualcun altro, era saltata fuori si domandava se in realtà quel pensiero non le ronzasse in testa da un bel po', soprattutto da quando la loro distanza si era fatta più evidente.
Eppure in nessun momento aveva sentito la necessità di conoscere i sentimenti dei suoi amici nei suoi riguardi. Per lei era sempre stato sufficiente quei legami d'amicizia che condivideva con loro dall'infanzia.
E allora da quando di preciso le era nata questa curiosità su di uno di loro? Perché proprio Nobita? Forse perché vederlo insieme a Sasaki aveva risvegliato in lei dei sentimenti che non credeva di provare?
Perché poi aveva trattenuto il fiato da quando aveva fatto la domanda, come in uno stato di attesa ansiosa? Era davvero così importante per lei conoscere la sua risposta?
Nobita rimase in silenzio, ancora con lo sguardo sulla ciotola di minestra.
  • Voglio molto bene a Shizuka-chan… - sorrise come un bambino e la guardò- Per me è più importante di qualsiasi cosa.
La ragazza stette in silenzio. Che significavano esattamente le sue parole? Voler bene, come però… ?
Come risposta non era stata tanto soddisfacente, neanche tanto chiara. Avrebbe magari dovuto specificare con un'altra domanda?
Si accorse solo dopo che i loro visi si erano molto ravvicinati, dovuto al fatto che prima si era avvicinata per aiutarlo a mangiare. Lui continuava a sorridere come il Nobita di dieci anni, quasi non si accorgesse della situazione che si era creata. Solo che lui non aveva più dieci anni. Entrambi frequentavano il quarto anno delle superiori, non erano più dei bambini. Anche i loro sentimenti erano mutati in qualcosa di diverso.
Prima che potesse rendersi conto delle sue azioni, il suo corpo si mosse da solo e si inclinò accorciando la distanza tra i loro visi, ma il ragazzo non fece niente per spostarsi o protestare, aveva ancora impressa un espressione sorridente e ingenua.
  • Nobi-chan, Shizuka-chan, sono tornata!- fece una voce dall’ingresso. La donna appoggiò la borsa della spesa e si tolse le scarpe- Prego, entrate- fece rivolta a un trio di ragazzi. Nello stesso momento una ragazza scese con premura dalle scale e si fiondò dalle sue scarpe all’ingresso ignorando gli altri ragazzi che si erano voltati a guardarla.
  • Oh, Shizuka-chan. Scusa se ci ho impiegato tanto- disse la donna alla ragazza.
  • N-non importa- fece lei evitando di guardare in faccia gli altri e infilandosi le scarpe.
  • Non vuoi fermarti a mangiare qualcosa? Sono venuti anche dei compagni classe di Nobi-chan…
  • La ringrazio, ma devo scappare a casa- e se ne andò via, quasi scappando da lì, senza lasciare il tempo alla donna di insistere.
    Non voleva che sua madre o altri vedessero il suo viso completamente rosso.
  • Che strano- fece la donna confusa. Poi si rivolse agli altri tre ragazzi- Volete qualcosa di caldo?- chiese gentilmente.
  • Non si disturbi- disse Chika con un tono gentile e monotono- Siamo passati solo a lasciare gli appunti di scuola a Nobi e sapere come stava.
  • Si stava riprendendo prima che uscissi- disse lei- Vado a vedere se è sveglio.
La donna salì le scale, ma quando entrò in stanza del figlio, lo trovò disteso sul futon privo di sensi e con un sorriso ebete come se non si rendesse conto di niente.
  • N-Nobi-chan? Ti è salita la febbre??
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  • Nobita-san, sei guarito- disse una ragazza salutandolo. Nobita si voltò e vide Jaiko con suo fratello Gian.
  • Sì, sto meglio ora- disse lui, mentre aspettava che lo raggiungessero e insieme si diressero verso scuola.
  • Tua madre mi ha raccontato che si era spaventata quando sei svenuto per la febbre.
  • Nobita è sempre stato un deboluccio- commentò Gian- Io e la mia squadra invece siamo forti, non ci ammaliamo neanche.
  • Questo non è vero- disse Jaiko- L’anno scorso ti sei ammalato più di una volta.
  • L’anno scorso è passato, quest’anno è il presente- fece lui alzando il mento.
Nobita si limitò a sorridere. Gian non era cambiato.
  • Ah, già- aprì la sua cartella ed estrasse un manga- Mia madre ha detto che sei passata a casa mia a portarmi da leggere- glielo passò- Ti ringrazio, almeno non mi sono annoiato restando a letto.
  • Figurati- Jaiko mise via il fumetto, mentre Gian osservava i due- Il numero di questo mese era molto divertente.
  • Concordo. Mia madre ha pensato che stessi delirando per la febbre quando ho iniziato a ridere.
  • Ora che ti sei ripreso, pensi di riuscire a darci una mano al club di manga?
  • Certo che sì. È per quel fumetto nuovo che mi avevi già accennato? 
Jaiko annuì con un sorriso. Il fratello li osservò, restando di qualche passo indietro, mentre i due continuavano a dialogare di tante altre cose, di cui lui conosceva solo in parte o che poco gli interessava. Vedere i due però chiacchierare così amichevolmente cominciava a dargli un po' fastidio. Non che ci fosse qualcosa di strano, anzi era contento di vedere sua sorella con amici con cui parlare della sua passione. E Nobita non era uno sconosciuto. Però, c'era qualcosa che da un po' iniziava a innervosirlo. Qualcosa che aveva a che vedere con certi cambiamenti in Jaiko.
  • Oh, c'è Shizuka- avvisò Jaiko una volta dentro l'edificio scolastico, avvistandola non molto distante da loro. La ragazza aveva il viso rivolto alla finestra del corridoio della scuola assorta nei suoi pensieri- Shizuka-chan, ciao!- salutò e l'altra si voltò con un sorriso, ricambiando il saluto a Jaiko e Gian. Ma quando notò anche Nobita con loro, che in quel momento stava accennando a un saluto, lei cambiò espressione e voltò la testa altrove, borbottando un “mi dispiace” al gruppetto, mentre se ne andava in gran fretta.
  • … ma che le prende?- chiese perplessa Jaiko guardando prima suo fratello e poi Nobita. Nessuno dei due seppe risponderle.
  • Nobi-kun!- una ragazza arrivò alle spalle del moro e si afferrò allegra al braccio di lui- Che bello che sei tornato!
  • Sasaki, ciao- salutò e vide anche Chika e Hiro raggiungerli- Ehi, vi sono mancato?- scherzò lui.
  • Non proprio, è stato divertente vedere Saotome svolgere i compiti che solitamente fai tu- rispose Chika con i suoi modi pacati.
Nobita fece un mezzo sorriso. Conoscendo Saotome lo avrebbe assillato per essersi assentato per quei giorni.
  • Spero almeno che tu non abbia attaccato briga quando non c'ero- disse il moro al biondino. Hiro alzò lo sguardo al soffitto senza rispondere.
  • Hiro... - disse Nobita esasperato quasi aspettandosi la risposta.
  • Che? Non è colpa mia, Saotome mi stava esasperando con il suo lamentarsi- si difese lui.
  • Io vado in classe Nobita-san- disse Jaiko interrompendoli- Ci vediamo pomeriggio.
  • Sì, d'accordo- la salutò, mentre lei si avviava e salutava anche suo fratello. 
Nobita intercettò lo sguardo che Gian gli lanciò per brevi secondi, per poi incamminarsi verso la sua classe salutandolo con la mano. Il ragazzo non seppe decifrare quello sguardo, per un momento gli sembrò arrabbiato.
Ma fin da bambini Gian si arrabbiava spesso, anche per sciocchezze, quindi non ci diede tanta importanza.
Quando si voltò, vide lo sguardo dei suoi tre compagni su di sé.
  • Cosa?- chiese. I tre guardarono altrove- Andiamo in classe anche noi- propose. I tre ragazzi lo seguirono.
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  • Stai meglio ora?- chiese Dekisugi quasi sussurrando al ragazzo accanto a lui. L'altro annuì. Entrambi erano seduti in un aula mentre un insegnante stava dando istruzioni ai vari rappresentanti della classe per delle attività che si sarebbero svolte- Forse era il caso di rimandare oggi per te. 
L'altro però negò.
  • No, sto bene, davvero. E poi ricominciare a darmi da fare, mi terrà impegnato da distrazioni. 
Dekisugi lo guardò per un istante senza capire. Poi nessuno aprì bocca fino a che la riunione non terminò. I due si incamminarono da soli per i corridoi della scuola.
Nobita guardò il suo foglio con gli appunti della riunione, c'era tanto da fare ora che gli esami si avvicinavano e anche alcune festività.
  • Il Campionato inizierà tra due giorni- disse Dekisugi. Nobita si fermò e voltandosi lo vide guardare fuori dalla finestra.
  • Sì, dovremmo pensare a come festeggiare il Koshien.
  • Ne parli come se fossi certo della vittoria della nostra scuola.
  • Stiamo parlando di Gian, per lui nulla è impossibile- scherzò Nobita. L'altro sorrise alzando le spalle.
  • Forse hai ragione. 
Poi si creò uno strano silenzio tra i due. Nobita cercò di spezzarlo appoggiandosi con la schiena su una delle finestre.
  • Qualcosa non va Dekisugi?- chiese con discrezione. 
L'altro lo osservò senza dire niente per qualche minuto.
  • Stavo solo pensando al nostro avvenire una volta diplomati.
  • Manca ancora un anno per preoccuparsene- fece lui spensierato- E poi credevo che avessi già pianificato le tue mete.
  • Sì, in parte... - poi lo guardò- E tu Nobita-kun, hai già qualche progetto per il dopo diploma? 
Nobita sospirò, gli sembrava di sentire la stessa pressione dei suoi genitori. Futuro, futuro, futuro... che già non era un impegno il presente?
Se proprio doveva pensare a se stesso finite le superiori... be', in realtà qualche idea ce l'aveva. Ma era ancora presto per pensarci o parlarne con qualcuno.
  • Ci penserò più avanti- rispose alzando le spalle. Vide l'altro ridacchiare senza un motivo apparente- Cosa?
  • Tipico di te Nobita-kun- poi notò lo sguardo di lui oltre le sue spalle. 
Si voltò e vide Shizuka camminare per i corridoi sovrappensiero, per poi alzare lo sguardo e notare prima Dekisugi e poi di spalle Nobita. La sua espressione cambiò da allegra a spaventata, quasi agitata. Senza dire niente si voltò e fece retromarcia, allontanandosi il più possibile dai due ragazzi.
  • Shizuka... ?- Dekisugi guardò sorpreso le spalle della ragazza e poi si voltò a guardare Nobita. Il ragazzo la stava guardando con un espressione triste e malinconica, per poi tornare a guardare Dekisugi con spensierata allegria come se niente fosse accaduto.
  • Torno in classe, devo riferire le novità a Saotome- disse lui e gli passò davanti.
  • Nobita-kun...
  • Ah- si fermò come ricordandosi di qualcosa all'ultimo. Si girò e appoggiò una mano sulla spalla dell'altro- Scusami, avrei dovuto dirtelo prima ma non c'è stato modo- sorrise- Congratulazioni. Ho saputo che finalmente ti sei deciso a dichiararti- Dekisugi spalancò gli occhi sorpreso, mentre Nobita gli dava qualche pacca amichevole sulla spalla sempre sorridendo- Sono contento per te e Shizuka. Sapevo che alla fine lo avresti capito. Shizuka è in buone mani con te- e così dicendo senza perdere il sorriso, salutò e se ne andò.
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  • Oh andiamo! È tutto qui quello che sapete fare!- ringhiò Gian dalla panchina a un gruppo di ragazzi che si esercitavano con la mazza- È il Campionato scolastico! Non una partita amichevole con dei marmocchi! Metteteci più grinta!
La sua voce risuonò fino alla finestra lasciata aperta dell'aula dove si stava esercitando con il violino. Sporse il suo viso e vide Gian allenarsi con i suoi compagni. Sorrise e mise via il violino per poi raggiungere il campo da baseball. Non sarebbe servito a niente restare lì a esercitarsi, era ormai da un'ora che non aveva avanzato più di una riga dello spartito. Tanto valeva distrarsi un attimo e andare a trovare l'amico Gian.
Il ragazzo muscoloso si accorse solo dopo della presenza di Shizuka tra gli spettatori occasionali.
  • Aaah, basta così! Fate una pausa! Riprendiamo tra dieci minuti!- disse infine il ragazzo alla squadra, che appena ricevettero l'ordine crollarono a terra- Che smidollati!- borbottò mentre si avvicinava alla ragazza.
  • Non dovresti essere così dura con i tuoi compagni- consigliò Shizuka.
  • Se non lo sono, finiscono per oziare e perdere la nostra occasione di arrivare al Koshien.
Shizuka si limitò a un sorrisino. Gian non era cambiato in questo suo atteggiamento. Ricordava che anche da bambini con la squadra del quartiere, a cui aveva dato il suo nome, era altrettanto severo. Ma poteva comprendere quanta pressione doveva sentirsi addosso ora, tutta la squadra, no la scuola intera, contava su di lui per vincere quell'anno. In confronto il suo concorso di musica sembrava cosa da niente.
  • Stavi esercitandoti?- chiese indicando la custodia del violino. Shizuka annuì un poco imbarazzata.
  • Ci provavo. Oggi non sono tanto concentrata, vorrei avere la tua stessa determinazione e sicurezza.
Gian sorrise.
  • Già, e vedrai come faremo diventare verdi di invidia i nostri avversari- disse facendo roteare la mazza, facendo ridacchiare la ragazza.
  • Mi sembra solo ieri quando giocavate nel quartiere e dicevi le stesse cose- disse lei malinconica. Lui si fermò e alzò le spalle con spavalderia.
  • Sì, ma in confronto a quando eravamo bambini, abbiamo qualche chance in più senza Nobita in squadra. A ogni partita perdevamo perché non riusciva ad afferrare la pallina o si faceva fare dei strike- rise- Ti ricordi quando per prendere al volo la pallina è finito nel fiume, finendo per perdere la pallina di Suneo?
Quando però si voltò a guardarla, l'espressione che si aspettò di vedere da Shizuka non era certo quella di triste e confusa. Stesse in silenzio per qualche secondo, incerto su quanto stava vedendo.
  • Shizuka-chan?- chiese Gian. Lei alzò lo sguardo su di lui come uscendo dai suoi pensieri.
  • Oh, scusami. Mi ero... ecco, persa nei ricordi...- sorrise imbarazzata.
Gian continuò a osservarla, ma non aggiunse altro.
  • È vera la storia che tu e Dekisugi... ?
  • No!- esclamò, quasi al bordo della pazienza- Perché credete a una sciocchezza inventata?
Gian alzò le spalle quasi disinteressato.
  • Solo curiosità. È stato Suneo a dirmelo.
Shizuka gonfiò le guance indispettita. Persino i suoi amici si divertivano a parlare di lei e Dekisugi.
  • Ma se non è vero, non vedo perché te la prendi tanto.
  • Vorrei vedere te.
  • Oh, io non mi farei problemi- rise spavaldo.
Shizuka evitò di dire che nessuno si azzardava di sparlare di lui, perché temevano i suoi pugni. Optò per cambiare discorso.
  • Jaiko non è rimasta qui a tifare per te?
  • No, oggi aveva da fare con il suo manga e se n'è andata con Nobita a casa- guardò i suoi compagni di squadra ancora sdraiati a riposare- Ehi, i dieci minuti sono passati!- gridò a loro d'improvviso facendo sussultare Shizuka- Se quando arrivò non vi vedo allenarvi... !- disse in tono di minaccia facendo roteare la mazza.
  • Perché Nobita... ?
Lui si girò a guardarla.
  • Il manga, no? Non è la prima volta che viene ad aiutarla- Shizuka serrò le labbra, mentre l'altro si voltava e guardava il campo- Be', ci vediamo domani in classe- salutò e si avviò dalla sua squadra. Shizuka lo guardò allontanarsi, per poi perdersi nuovamente nei suoi pensieri.

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  • Abbiamo terminato!- disse Jaiko con un sospiro vittorioso e guardò il ragazzo che le sorrise stancamente.
  • Meno male, eh? Domani potrai consegnare le tavole al club- aveva dei pezzi di retini attaccati sulla faccia e le dita sporche d'inchiostro. Lei stessa non doveva stare meglio di lui, con i capelli in disordine e sbavature di china. La stanza poi sembrava un campo di battaglia, con fogli e materiale sparsi in giro.
Jaiko sorrise e rimase a guardare il ragazzo mentre si stiracchiava le braccia e la schiena. A volte si chiedeva perché nella sua immaginazione Nobita brillasse di una luce propria.
  • Che ora si è fatta?
  • È mezzanotte- informò guardando l'orologio- Scusami, farti faticare proprio quando sei appena guarito...
  • Non c'è problema- si alzò e guardò fuori dalla finestra- Almeno stanotte mi addormenterò subito- poi notò qualcosa che spuntava da un cassetto lasciato mezzo aperto. Lo aprì curioso e vide che era una busta con delle tavole- Oh, stavi lavorando ad un'altra storia?
Jaiko alzò lo sguardo e lo vide con in mano il suo vecchio manoscritto. Saltò subito in piedi e glielo sfilò dalle mani. Nobita si sorprese per la sua reazione esagerata.
  • N-non è nulla! Una sciocchezza fatta da bambina- disse lei a disagio mentre nascondeva la busta dietro di sé- Avrei dovuto buttarlo, me ne sono solo dimenticata.
  • Ah sì? Sono curioso, posso leggerlo?- si avvicinò e lei indietreggiò.
  • No, è orribile, noioso e patetico.
  • Eddai, tanto dovevi buttarlo, no?- insistette- Voglio solo darci un occhiata. Non ti fidi di me?
  • Ho detto che no- scosse la testa, quasi divertita dall'insistenza del ragazzo che la rincorreva nella stanza.
  • Che sì.
  • No.
  • Sì.
  • Questo lo prendo io!- la busta le fu strappata dalle mani. Non si erano accorti dell'arrivo di Gian nella stanza- Non sapete che ore sono? Perché fate tanto chiasso?- li rimproverò sventolando la busta- Se avete già finito, che Nobita torni a casa e tu a letto.
  • Non ci dare degli ordini!- brontolò Jaiko rossa dalla vergogna, non solo perché si era intromesso, ma anche perché le aveva preso il vecchio manoscritto- Chi ti ha detto di entrare?
  • Oh perché, vi avrei disturbato?- fece lui sarcastico, mettendo di più a disagio Jaiko.
  • Piantala!- cercò di riprendersi la busta, ma lui lo teneva in alto con il braccio ed era più alto di lei- Restituiscimelo!
Nobita gli passò vicino e glielo sfilò di mano, mentre l'altro era distratto dalla sorella.
  • Ehi!- ringhiò Gian- Come ti azzardi!
  • Prendi- Nobita lanciò la busta tra le mani di Jaiko e sorrise divertito per l'espressione furiosa di Gian- Tolgo il disturbo. Ci vediamo!- filò via giù per le scale, prima che Gian potesse vendicarsi.
  • Maledetto. È diventato più veloce a scappare via- brontolò Gian e poi guardò la sorella che aveva ancora tra le mani la busta, oggetto di disputa tra i due.
Non capiva il perché tanto interesse. E non capiva perché sembrava quasi sollevata mentre stringeva la busta. Glielo avrebbe chiesto, se non fosse che appena si risvegliò da quella momentanea rassicurazione lei lo guardò storto.
  • Vai via dalla mia stanza- e lo sbatté letteralmente fuori, senza dargli modo di replicare.
Gian borbottò qualcosa e se ne andò sconfitto in stanza sua. In parte ancora curioso da tanta segretezza, ma aveva altro a cui pensare. Il Campionato era alle porte e aveva bisogno di restare concentrato il più possibile.

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  • … Perché è assurdo, e basta- fece il biondino scuotendo la testa, camminando sul marciapiede in compagnia di Nobita- Cosa ti fa credere che abbia ragione lui?
  • Non lo so, l'istinto forse?- rispose il moro alzando le spalle. Entrambi erano con la divisa scolastica ed erano usciti da poco da scuola.
  • Tu ti fidi troppo delle persone- disse Hiro indicandolo- E questo ti si ritorcerà contro, lo sai?
Nobita si limitò a un sorriso spensierato, poco prima di notare qualcuno. Era una ragazza con la stessa divisa della loro scuola ed era ferma qualche metro avanti con lo sguardo rivolto alla vetrina di un negozio. Sospirò e si voltò per riprendere a camminare, ignara che la stessero osservando.
I due ragazzi raggiunsero il negozio e sbirciarono nella vetrina. In esposizione c'erano un altarino con delle bambole vestiti con dei abiti tradizionali, accanto c'erano dei kimoni.
  • Hinamatsuri, eh? Mi ero dimenticato che tra due giorni è il tre marzo- fece Nobita.
  • La festa della bambole è solo per le ragazze, che vuoi che ci importi?
  • Ma a Chika pare di sì.
  • Sarà stato un caso- alzò le spalle disinteressato- Chika non è il tipo da interessarsi a queste feste.
Nobita però non sembrò convinto. Chika sembrava triste guardando la vetrina. Forse era il caso di chiederglielo direttamente?
  • Seguimi- disse Nobita accelerando il passo, dietro di lui Hiro. Qualche passo più avanti, prima che aprisse il cancello di una casa, la individuò- Chika, ciao!
La ragazza che aveva la testa china, sussultò e si girò a guardarli.
  • Cosa ci fate qui?- chiese sospettosa.
  • Eravamo nei paraggi e ti abbiamo vista- spiegò Nobita. Poi lesse il cartello affisso davanti la casa, c'era scritto il cognome di Chika- Non sapevo che era da queste parti casa tua- commentò lui. La ragazza guardò entrambi i ragazzi a disagio.
  • D'accordo, abito qui, e se non avete altro da dire potete andare, ci vediamo- fece lei spingendoli via.
  • Perché tutta questa fretta di mandarci via?- chiese sospettoso Hiro.
  • Ho da fare e...
  • Chika-chan!- sentirono una voce e i due maschietti videro due ragazze uscire dal cancello di casa. Chika sospirò sconfitta- Avevamo ragione, non sei sola.
Nobita e Hiro si sorpresero di vedere due volti spuntare da dietro il muretto di casa. Erano due ragazze più alte di Chika e li guardavano con curiosità.
  • Siete amici di Chika-chan?- chiese una delle due.
I due annuirono allo stesso tempo, chiedendosi chi fossero le due ragazze e perché sembrassero tanto sorprese e divertite. Chika invece era visibilmente irritata.
  • Te l'avevo detto...
  • Sì, sì, ma è comunque strano...- dissero le due parlando tra di loro.
  • Chi sono Chika?- chiese Nobita.
  • Nessuno. Ora andatevene per favore- Chika cercò di spingerli di nuovo, ma le due ragazze furono più veloci e letteralmente rapirono i due ragazzi portandoli dentro casa.
  • Come vi chiamate?- chiese quella che sembrava più grande.
  • Nobita e Hiro- disse il moro per tutte e due- E voi... ?
  • Kaori e Aoi- si presentarono le due- Siamo le sorelle di Chika.
Nobita e Hiro fecero un espressione sorpresa e guardarono la ragazza in questione che si toccava la fronte con rassegnazione. Le due sorelle non sembravano avere lo stesso atteggiamento di Chika, anzi parevano vispe e curiose e si vestivano con uno stile moderno.
  • Non mi avevi parlato di sorelle...- disse Nobita.
  • Non avevo motivo per parlarne- spiegò lei seria.
  • Non fateci caso. Chika-chan è sempre la solita grugnona, ci sorprende solo che abbia degli amici a scuola- le due analizzarono i due ragazzi, che si sentirono a disagio dall'ispezione- Mah, sono normali. Mi aspettavo chissà cosa...
  • Volete finirla?- fece Chika avanzando verso i due ragazzi e prendendoli per il braccio- Hanno di meglio da fare che stare qui a... !
  • Chika, cos'è questo baccano? Ti sembra educato?- fece una donna avvicinandosi all'ingresso della casa. Era il ritratto di Chika, la stessa espressione pacata e seria, aveva un abbigliamento che ricordava una donna di altri tempi e i capelli raccolti- Chi siete?- chiese guardando i due ragazzi.
  • Nobi Nobita e Kuroyama Hiro- li presentò Chika, mentre i due chinavano la testa per cortesia- Sono due miei compagni di classe.
La donna li guardò per qualche secondo con uno sguardo serio che ricordava molto Chika.
  • Chika non essere scortese, gli ospiti non si lasciano all'ingresso- li fece cenno di passare.
Nobita e Hiro si guardarono a disagio, non avevano previsto di fare visita alla famiglia di Chika, ma rifiutare sarebbe stato poco educato. La casa era mediamente grande, ma doveva essere piuttosto vecchiotta a giudicare dall'architettura della struttura. I due furono condotti a una sala con un tavolo basso e fatti sedere per terra su dei cuscini. Le pareti erano pieni di ritratti di persone o dipinti orientali, alla loro sinistra c'era una parete scorrevole che mostrava un incantevole giardino con laghetto. A Nobita ricordò un po' quello di Suneo.
La donna si sedette di fronte a loro appoggiata sulle ginocchia e rimase composta senza aprire bocca, il che non contribuiva a togliere quel disagio nei due ragazzi. Tirarono un sospiro di sollievo quando Chika arrivò con un vassoio di the caldo e biscotti, con le due sorelle dietro di lei e un secondo vassoio. Poi la compagna di classe si sedette vicino a loro, e le due sorelle accanto la madre. Al contrario di quando erano fuori, in presenza della madre le due sorelle erano silenziose e più discrete sui sguardi che lanciavano ai due ospiti. Chika fece un cenno silenzioso ai due ragazzi di bere il the. Nobita cercò di non sembrare impacciato e guardò con preoccupazione Hiro, sapeva che il biondino non era il tipo da restare immobile senza scoppiare. Chika sembrò ugualmente preoccupata, ma cercò di non farlo notare.
  • Quindi siete amici di mia figlia...- fece la donna, dopo interminabili minuti di silenzio. Il suo tono serio fece mettere sull'attenti i due ragazzi. La madre guardò la figlia che non sembrò contenta- Avresti potuto parlarmene prima per organizzare con anticipo un incontro come si deve.
  • Io... mi spiace- fece la ragazza con la testa china. Hiro la guardò con sospetto, non sembrava la stessa con cui discuteva.
  • Non è colpa di Chika, signora Tanaka- intervenne Nobita guardando la donna. Chika lo guardò- Siamo passati qui per caso, non avevamo intenzione di disturbare- la donna lo fissò e il moro si chiese se non l'avesse offesa intervenendo.
  • Avresti comunque dovuto parlarmene- si rivolse alla figlia- Vorrei essere messa al corrente della tua vita scolastica- poi guardò i due maschi- Mi spiace che l'accoglienza non è stata delle migliori. Chika è riservata quando si tratta di amicizia, ma spero che in futuro vogliate tornare. Si potrebbe organizzare un pranzo, mio marito e mia figlia maggiore avrebbero piacere di conoscervi.
  • S-sì... perché no?- fece Nobita un po' titubante. Se la madre era così seria, il padre come sarebbe stato? Vide con la coda dell'occhio che la proposta non piaceva per niente a Hiro. Odiava i luoghi così formali e educati. Lo vide come per ribattere, ma fece in tempo a dargli un colpetto al fianco per farlo zittire- Ci farebbe piacere, grazie- disse con un sorriso.
La donna socchiuse gli occhi soddisfatta.
  • Bene, Chika vi informerà sulla data e mi farò dare i numeri dei vostri genitori per avvisarli- si alzò in piedi con eleganza- È stato un piacere fare la vostra conoscenza, Nobita e Hiro. Parleremo con più calma in un momento più idoneo, ora mi devo ritirare per altre faccende- guardò le due figlie- Lasciate vostra sorella e i suoi amici parlare in pace tra di loro- le due non sembrarono contente, si vedeva in faccia che erano molto curiose e che avevano sicuramente altre domande da fargli, però obbedirono all'ordine della madre- con un piccolo inchino la donna salutò e uscì dalla stanza seguita dalle figlie.
La tensione accumulata si dissolse quando la donna chiuse dietro di lei la porta scorrevole. Nobita si curvò in avanti rilassando le spalle con un sospiro e Hiro si lasciò cadere a terra. Chika ugualmente sembrò sollevata, ma tornò seria guardandoli.
  • Perché non ve ne siete andati via subito?- li rimproverò.
  • A saperlo che sarebbe finita così, sarei scappato subito- commentò Hiro.
  • Non volevamo metterti a disagio- disse Nobita dispiaciuto- È che ti avevo visto vedere quella vetrina di bambole e volevo solo chiederti perché sembravi così giù di morale.
Chika lo guardò, poi smise di essere seria.
  • Non è colpa vostra. Avrei solo voluto evitarvi questa formalità. I miei sono... un po' tradizionali, ecco.
  • Almeno sappiamo da chi hai preso- disse Hiro rotolandosi sul pavimento come un bambino.
  • Non fare così, e se ti vede mia madre?
  • E allora? Almeno ci eviteremo un noioso pranzo.
  • Credi che a me faccia piacere presentarvi alla mia famiglia?
  • Oh, scusaci tanto- fece lui sarcastico- Devi proprio vergognarti di noi, se non hai neanche accennato della nostra esistenza.
  • Non è così, io...- fece per ribattere, ma si accorse che Nobita si era alzato e si era avvicinato ad un punto della stanza dove c'erano delle scatole impilate e delle bambole.
  • Hinamatsuri... a casa mia non l'abbiamo mai festeggiato, sono l'unico figlio maschio. Penso però che a mia madre sarebbe piaciuto avere una femmina e comprarle le bambole per la festa.
Chika abbassò lo sguardo.
  • I miei genitori pregano ogni anno con la speranza che la mia sfortuna venga passato alle bambole. Credono che il mio carattere dipenda da una questione di sfortuna. Sono l'unica tra le mie sorelle a essere così- sospirò- Mi obbligheranno ad andare anche al tempio. È avvilente che pensino questo di me, come se fossi... sbagliata.
Nobita la guardò e si sedette vicino a lei incrociando le gambe, mentre Hiro guardava il soffitto con aria assorta.
  • Io e Hiro non la pensiamo così- gli sorrise- E se si parla di sfortuna, credimi i miei genitori si sono messi il cuore in pace dopo aver pregato tutti gli dei per anni sulla mia sorte. Ma sfortuna o no, siamo quello che siamo. A noi piace la Chika che è se stessa, e non quella che non non vuole essere.
  • Già- fece il biondo continuando a guardare il soffitto- Chika è... Chika. Mi sentirei strano se d'improvviso ti comportassi in modo diverso da come ti conosciamo. Penserei che ti hanno rapita gli alieni e...- ma ricevette un colpetto sulla fronte dalla ragazza.
  • Bastava che ti fermassi all'inizio- commentò lei un poco offesa- E comunque i miei mi obbligheranno ad andarci ugualmente al tempio.
  • In questo caso, verremo a tenerti compagnia- propose il moro- Insieme sarà meno stressante, non trovi?
Chika lo guardò sorpresa e poi guardò anche Hiro. Lui si limitò ad acconsentire.
Lei sembrò più serena e sorrise.
  • Ora... credi che riusciremo a uscire di qui evitando le domande delle tue sorelle?- chiese Nobita un po' imbarazzato.

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Hinamatsuri, la festa delle bambole. Ogni anno allestiva il suo set di bambole tradizionali in casa, vestite con cura e posizionate come da tradizione. Da bambina poi andava spesso al tempio con i suoi genitori. Le piaceva vedere le tante bambole tradizionali in esposizione e messe poi a galleggiare durante la preghiera. Ma le piaceva anche vedere i fiori di pesco iniziare a sbocciare. Nei ultimi anni aveva anche preso l'abitudine di indossare il kimono e andarci con le sue amiche. Non era l'unica, c'erano tante ragazze che si truccavano come delle bambole solo per quella festa.
Anche quell'anno si era messa d'accordo con le sue amiche e insieme a loro stava salendo i gradini del tempio. Le sentiva chiacchierare spensierate, mentre lei si limitava a qualche sorriso di circostanza cercando di essere il più possibile partecipe, però ogni tanto si distraeva. Forse era un caso, ma quella festa quell'anno non la stava emozionando come al solito.
Da cosa dipendeva? L'anno nuovo non era iniziato nei migliori dei modi, e forse aveva bisogno di scacciare un po' di sfortuna.
Sentì le amiche che iniziarono a parlare di un gruppetto musicale di ragazzi molto carini che avevano iniziato a scalare la classifica. In quel momento non ne voleva sapere di ragazzi, aveva già il suo da fare con le voci di lei e Dekisugi. Quindi si distrasse per un momento guardando altrove, finché il suo sguardo non cadde su una figura famigliare. Si sorprese di vedere Nobita al tempio e da solo. Era come se stesse cercando qualcuno guardando nella sua direzione.
Istintivamente abbassò la testa e si coprì con la mano. Non voleva essere riconosciuta, anche se nel giro di qualche secondo si sentì un idiota a comportarsi così. Le sue amiche dovevano averlo notato, perché si erano voltate a guardarla preoccupate.
  • Tutto bene Shizuka-chan?
  • S-sì, tutto bene!- disse lei con una risatina nervosa. Le altre non insistettero e continuarono a camminare. Shizuka diede un occhiata nuovamente nella direzione di Nobita. Non sembrava averla notata, si stava ancora guardando in giro.
Ma poi il suo sguardo si soffermò nella sua direzione, smettendo di cercare. Lei sentì il cuore iniziare a battere forte e irrigidirsi quando il ragazzo sorridendo iniziò ad avvicinarsi.
Shizuka cercò di trovare qualche scappatoia per evitarlo, ma non dovette farlo. Il ragazzo le passò vicino senza effettivamente essersi reso conto della sua presenza e proseguendo oltre, dove un trio di ragazzi lo stava attendendo.
  • Scusate il ritardo, mi ero perso- lo sentì ridacchiare, mentre si rivolgeva a quelli che dovevano essere i suoi compagni di classe. Uno era un biondino, una era una ragazza alta, e un'altra era vestita con un grazioso kimono. I quattro parlarono per qualche minuto per poi allontanarsi insieme in un'altra direzione.
  • Shizuka-chan, cosa stai guardando?- chiese una del suo gruppo. Lei si voltò e vide le sue amiche guardarla incuriosite.
  • N-niente... niente di particolare- ripeté imbarazzata.
Le altre lasciarono stare nuovamente e ripresero a chiacchierare. Shizuka però non le stava ascoltando minimamente. Continuava a guardarsi dietro e sentirsi inquieta. Di Nobita e gli altri non c'era più traccia.
Da quando era stata a casa di Nobita, aveva fatto di tutto per evitarlo a scuola. Non era stata inizialmente una sua scelta, però da quando l'aveva incrociato la prima volta da quando era tornato a scuola, non era riuscita più a fare a meno di scappare via. Era come se ogni volta che lo vedeva, i ricordi le tornassero a galla e il rossore la facesse avvampare.
Ma poi perché? Se pensava razionalmente a quel giorno che era andato a visitarlo, non aveva motivo di comportarsi così. Aveva solo parlato con lui, vero, e lo aveva aiutato a mangiare, vero, ed erano stati molto vicino, sì vero, così vicini che per una frazione di minuti le loro labbra si sarebbero toccate... se non fosse che, non era accaduto. Il repentino arrivo della madre e lo svenimento del ragazzo per la febbre, aveva impedito che ciò avvenisse.
Ma non era ciò che non era accaduto che l'aveva resa così in agitazione, ma ciò che sarebbe potuto accadere. Si stavano per baciare, e di questo non poteva far finta di niente. Non sapeva il perché o cosa l'aveva scaturito, però era qualcosa che lei non si sarebbe certo aspettata. Perché... perché Nobita era un suo amico, un amico di infanzia, e che aveva scoperto solo da poco che la mancanza della sua amicizia la faceva soffrire.
Aveva già il suo da fare nel capire come recuperare il suo amico, che quello che era accaduto in quella stanza complicava solo la situazione. Non lo capiva, non lo comprendeva. Era confusa. E si chiese se Nobita prima di svenire, fosse cosciente di quello che stava per accadere.
Però, che sarebbe successo se... se la madre avesse tardato qualche minuto e se... se la febbre non avesse fatto perdere i sensi a Nobita giusto in quel momento? Se invece di un mancato bacio, i due si sarebbero baciati per davvero? Cosa sarebbe cambiato per loro? Come avrebbe influito nella loro relazione?
Che significato avrebbe avuto per lei?
Perché… perché se doveva pensare a Nobita in quel modo... Be', non era tanto sicura di volerlo scoprire. Sentiva molta agitazione e paura riguardo a quei sentimenti. E se ciò che avrebbe scoperto, l'avrebbe fatta soffrire di più?

Perché fa male.

Le sembrò risuonare la voce di lui. Non poteva dargli torto. Forse Nobita, lui... lui lo aveva compreso prima di lei?
Voleva solo... voleva solo tornare a quando era bambina e le cose tra lei e Nobita erano molto più semplici.

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Perché le cose non si potevano far tornare a com'erano prima, perché non era possibile modificare il passato. Il presente doveva essere vissuto così com'era, senza guardarsi indietro.
Forse era un ragionamento assurdo per uno abituato da bambino a viaggiare nel passato e nel futuro, però ormai aveva appreso che era inutile cercare di cambiare le cose senza perdere qualcosa in cambio.
Perché crescere significava anche questo. Comprendere i propri limiti e cercare ugualmente di fare del proprio meglio per andare avanti.
Se la sua cattiva sorte non l'avesse segnato già da bambino, lui ora non sarebbe la stessa persona che in quel momento osservava le bambole con i suoi amici. E non avrebbe compreso quanto sfuggevole e ingannevole fosse la buona sorte.
Guardò i suoi amici, i tre stavano guardando verso il fiume dove dei monaci stavano imbarcando delle bambole su delle barchette come gesto di allontanare la sfortuna. Insieme a loro c'era anche una piccola folla che stava assistendo, lui rimase qualche passo indietro. Poi una ragazza si affiancò a lui, era Chika vestita con il suo bel kimono e capelli raccolti. Doveva essersi allontanata anche lei dalla piccola folla.
Lei rimase lì in silenzio senza guardarlo direttamente.
  • ... Grazie- disse infine, sempre guardando verso i loro amici che erano in avanti, e sorrise. Uno dei pochi sorrisi che mostrava.
Lui ricambiò il sorriso.
E tutto sommato, essere lì in compagnia a scherzare e divertirsi, faceva parte di quei momenti.
Se lui quel giorno non avesse preso quella decisione, ora il peso che si sarebbe portato dietro sarebbe stato più grande. E non sarebbe riuscito a sfruttare quel momento con allegria.
Aveva detto addio a una parte di se stesso, l'aveva lasciato scivolare via dal suo cuore e l'aveva visto sparire. E anche quella stessa notte guardando il cielo sentiva che un altro peso stava scivolando via.
Accettazione. Era giusto così. Lo sapeva. E ora poteva nuovamente proseguire avanti, quei sentimenti non sarebbero più tornati.
Perché amare significava accettare anche la felicità altrui. Anche se poteva ferire e fare male, lui non si sarebbe tirato indietro.
Aveva detto di nuovo addio a tutto ciò legato a lei. E questa volta il Nobita di dieci anni non sarebbe tornato indietro.
Perché avrebbe fatto di tutto per vivere il suo presente senza rimpianti.
   
 
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