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Autore: Riley Bee    01/01/2016    5 recensioni
Castiel fa lo scrittore e passa le sue notti alla ricerca di idee mentre, nella casa affianco, un ragazzo di nome Dean con la passione per la cucina è sveglio tanto quanto lui intento a preparare dei dolci. Il primo abita lì da anni, ma la metà della cittadina non sa che esista, il secondo, appena trasferitosi, aspetta l'arrivo del fratello approfittandone per cucinare nelle sue uniche ore libere. Si incontrano (sbadatamente) nelle loro notti in bianco a discutere degli argomenti più vari.
Castiel, freddo e scostante, si ritrova a non capire cosa gli sta accadendo. Come nella canzone dei Led Zeppelin, "the Rain Song", sente il ghiaccio del suo cuore sciogliersi sempre di più all'aumentare degli incontri notturni con Dean, senza capire cosa gli causa realmente questa sensazione.
(AU, Castiel scrittore, Dean cuoco)
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Nota dell'autore:

Buon anno prima di tutto. Come seconda cosa invece volevo ringraziare tutte le persone che mi hanno inviato recensioni perchè non hanno fatto altro che instillare in me un'incredibile voglia di scrivere e sperimentare, quindi grazie di cuore. Questo capitolo invece è un pò più corto (credo) (?) e non ne sono molto convinta, ma lo posto lo stesso (in realtà penso sia una vera merda ma dettagli). Se volete darmi altri consigli/critiche/non-ne-ho-idea sappiate che sono sempre ben accetti. 
Con il capodanno, il natale e i vari impegni familiari il mio spirito è un pò in decadimento e quindi non so cosa stia davvero venendo fuori dai miei scritti notturni. So solo che credo di star facendo diventare una fanfiction, che doveva essere introspettiva e molto seria, un'enorme e grandissima fluff piena di battute tristi e infime. 
Spero apprezziate comunque. Buon 2016. :)

-Riley



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Quarta Parte:
 


Dean era abituato agli stramboidi. Ne aveva uno in casa del resto. Ma questo aveva raggiunto livelli estremamente sopra la media persino per Sam.

Quella mattina era arrivato il primo camion dei traslochi, aveva liberato casa da possibili ingombri e stava già aiutando a trasportare i primi mobili all'interno della nuova casa quando, il capo della ditta, lo fermò per fargli firmare alcune pratiche. Erano tenute insieme da una grossa pinza nera parte di un supporto per documenti marrone e avevano un'aria davvero poco rassicurante. Si mise a passare distrattamente i vari fogli uno ad uno cercando di capirci qualcosa, ma totalmente invano. Si grattò la testa e digrignò i denti quando vide, davanti alla porta della casa affianco, una figura pallida in pigiama. Era immobile come una statua, con i capelli corvini ancora più spettinati del giorno prima e l'aria stanca di qualcuno che non aveva dormito affatto. A Dean si formò sulle labbra un minuscolo sorrisetto a vedere che cosa aveva bloccato come uno stoccafisso Cas.

Teneva in mano il piccolo post-it arancione che Dean gli aveva lasciato poco prima e lo fissava con il suo solito sguardo a metà tra il sorpreso e il confuso. Non si mosse per un bel po' di tempo intento nella lotta di “sguardi” tra lui ed il post-it estraneo quando, improvvisamente, avvicinò con un gesto stranamente naturale il piccolo fogliettino al viso a nascondere il grande sorriso che gli si stava formando in volto. Per un momento i suoi occhi vagarono nel vuoto e, lentamente, si scostò il foglio da davanti, prese il vassoietto bianco e rientrò in casa senza smettere di sorridere.

- Ripeto: stramboide. Un adorabile stramboide. -

 

« Ehi ragazzo. Sembri in trance » Disse la voce dell'umo dai grandi baffi grigi, la voce da vecchio zio e il cinturone da cowboy che gli stava porgendo la penna da ormai minuti. «Si firma o no?»

 

« Si, si. Mi scusi. Ci sono ».

 

Dean vide il signore davanti a se alzare un sopracciglio e continuare a muovergli ripetutamente la penna sotto il naso. La prese bruscamente dalle sue mani e firmò le dannate pratiche. L'uomo fece un cenno del capo e, portandosi il cappello in testa, fece segno ai propri uomini di sgomberare.

 

Tornò in casa sbuffando e con, decisamente, troppe cose per la testa. Ripose il giaccone, si tolse le vecchie scarpe e, sedendosi sul divano, guardò distrattamente i fornelli e il suo sguardo si dilatò per un istante. Si alzò di nuovo e iniziò ad aprire i vari scaffali e a frugare tra le mensole alla ricerca di una confezione di bustine da tè. Vedere il freddo e strambo Castiel aveva portato la sua mente a compiere questa associazione in una frazione di secondo. Si fermò improvvisamente con un'antina mezza aperta e la mano sul piccolo pomello nero. Perchè stava cercando del tè? Che diavolo.

Richiuse l'antina e si precipitò a prendere dal mini-frigo arancione una bottiglia di birra. La stappò attentamente e, di nuovo, cercò di distogliere i vari pensieri che rimbalzavano a destra a sinistra alla ricerca di un luogo dove avrebbe potuto comprare delle bustine da tè. - Non trasformarti in una gattara teinomane. Cristo. Cerca di mantenere questo briciolo di dignità che ti rimane - E con un pesante tonfo si abbandonò sul divano imprecando tra un sorso di birra e un altro.

 

Fu allora che sentì il campanello. Si alzò di botto e, completamente preso alla sprovvista, quasi versò mezza bottiglia di birra sul divano. Imprecò aprendo le braccia sbattendole con fare spazientito sulle proprie ginocchia. Posò la birra sul tavolino davanti al divano e si spostò verso la porta a guardare chi fosse dall'occhiello di vetro. Dean sorrise e non esitò un singolo istante per aprire la porta.

 

°

 

Come siano finito entrambi dalla imbarazzante conversazione davanti alla porta ad un Home Depot (di cui Castiel ignorava completamente l'esistenza) resta un mistero.

Dean aveva indossato la sua giacca di pelle marrone, preso un piccolo cacciavite e si era diretto a casa di Castiel nel tentativo di fargli capire qualcosa. Aveva smontato il campanello, si era assicurato che non fosse semplicemente il tasto ad essere rotto e aveva esordito con « C'è da cambiare il trasformatore » cosa che rese Castiel solamente più confuso di prima. Fissò il suo viso con la solita aria spersa inclinando la testa verso sinistra, cosa che Dean, trovò, nuovamente, adorabile. Così decise che ci avrebbe pensato lui.

Girarono, a sinistra, sul marciapiede e si avviarono.

 

E quindi eccoli in un negozio di attrezzi e forniture elettriche varie dalla alte pareti e dalle luci al neon da ospedale a dir poco accecanti. Nel negozio mamme con grossi carrelli pieni di tessuti, signori anziani con bastoni dalle testate inquietanti, bambini e chi più ne ha più ne metta slittavano da un angolo all'altro del negozio come se sapessero sempre e comunque dove andare e cosa comprare. Castiel si sentiva solo confuso. Seguiva Dean diligentemente e cercava di non lasciarsi travolgere dai vecchietti, troppo arzilli per i suoi gusti, che saettavano per il negozio come se avessero trent'anni di meno ed i pattini ai piedi.

 

Osservò Dean camminare tranquillo tra i vari scaffali, fermarsi a guardare gli oggetti riposti e, a volte quando era perso ad osservare, lo vedeva alzare lo sguardo per incrociare gli Occhi di Castiel spaesati ma che lo osservavano con interesse. Allora Dean gli sorrideva con gli occhi, alzava le spalle e continuava per la sua strada. In questi casi, quando si sentiva sperso (in pratica sempre), gli veniva l'impulso estraneo di voler afferrare la vecchia giacca marrone di Dean e di lasciarsi trascinare senza capirne davvero il motivo. Ed ogni volta lasciava perdere volgendo lo sguardo altrove sentendosi un completo idiota. Pensando solo di stare per perdere il lume della ragione.

 

In questa specie di labirinto di Cnosso si avviarono verso il reparto “elettricità” indicato da una grande insegna blu a scritte bianche. Arrivati in quello che sembrava essere il corridoio principale, Castiel venne sommerso dalla fiumana di gente. Venne colpito e fatto sballonzolare da diversi gomiti e spalle che lo spingevano e lo trascinavano via senza volerlo, facendogli completamente perdere il senso dell'orientamento. Con gli occhi cercò disperatamente una via di fuga ma la testa iniziava a girargli e l'aria sembrava essersi prosciugata dai suoi polmoni.

Allora sentì una mano nella propria.

Una mano più piccola della sua, calda, incredibilmente calda, gentile e leggermente callosa. Lo accompagnava fuori dalla folla stringendogliela piano e senza curarsi davvero troppo del gesto che, da Castiel, non credo mai essere stato contemplato. Castiel continuò ad osservare la propria mano nella sua. Le dita gelate e pallide della sua mano affusolata in quella di Dean, così calda da sciogliergli il cuore.

 

Uscirono dalla folla per mano e, senza parlarsi, si allontanarono.

 

°

 

Cosa. Diavolo. Stava. Facendo? Eppure sapeva che non avrebbe dovuto. Soprattutto con un tipo sociofobico come lui. Ma gli era venuto così naturale e semplice che non ci aveva neanche pensato troppo a lungo. Aveva agito e basta. Prendere la pallida e gelida mano di Castiel per guidarlo non gli era sembrata una cosa troppo strana. Del resto era in difficoltà e aveva lo sguardo da cucciolo sperso che non sapeva dove andare.

Il fatto che, anche dopo aver trovato il trasformatore, aver girato per l'ipermercato alla ricerca di alcuni chiodi ed essere passati alla cassa, gli stesse ancora tenendo la mano era qualcosa di completamente irrilevante.

 

Nel trascinarlo non lo aveva guardato un secondo. Teneva la propria mano nella sua e lo accompagnava lentamente in giro per i corridoi come se fosse un qualcosa di piccolo e goffo che aveva paura di poter perdere in un secondo di distrazione. Ogni tanto si fermava, faceva vedere a Castiel ciò che aveva preso in mano e gli spiegava esattamente a cosa servisse. Poi lo trascinava di nuovo e gli parlava del più e del meno continuando a camminare senza guardarlo mai negli occhi.

Nei diversi, e molto frequenti, silenzi tra loro Dean poteva vedere Castiel irrigidirsi e cercare di dire qualcosa che potesse riempire tali vuoti, allora Dean iniziava a parlare. Ogni volta che apriva bocca la mano di Castiel diventava improvvisamente meno rigida, la sua camminata diventava meno meccanica ed iniziava ad intervenire nei discorsi con brevi frasi o annuendo leggermente.

 

Castiel non era abituato a conversare. Non capiva quando iniziare a parlare, come spiegare le cose, che tono usare o tanto meno capire quando la situazione richiedeva del tatto. Inciampava nelle parole e nelle spiegazioni e si innervosiva, roteando gli occhi verso il cielo, quando non riusciva pienamente a spiegarsi. I silenzi imbarazzanti erano una delle cose con cui non era assolutamente familiare e che lo immobilizzavano in un limbo di tensione. Limbo che finiva per strabordare nella disperata ricerca di qualcosa di intelligente da dire. Dean iniziò pian piano a notarlo.

 

« Non devi per forza “parlare” » gli disse continuando a camminare.

 

Castiel gli volse uno dei suoi sguardi confusi.

 

« Se non hai niente da dire in quel momento, non dirla. Non mi dispiace il silenzio » Disse Dean senza guardarlo. Castiel sentì il sangue salirgli in volto e, per la prima volta in vita sua, uno strano senso di libertà prese il sopravvento nella sua mente. Come se parlare con questo ragazzo non fosse più un obbligo o un dovere impostogli da qualcuno, come era per lui comunicare con chiunque.

 

«... Okay » Disse infine. L'unica cosa che riuscì a pensare fu con quanta leggerezza potesse dire cose che finivano per sconvolgere la sua vita in modo così drastico, netto e veloce. Con quella semplicità assoluta. « Anche a me non dispiace il silenzio. »

 

Fecero l'ultimo corridoio in silenzio ma con nessuna tensione addosso o senso di obbligazione. Avvolti dalla solita familiarità arrivarono alla cassa quando Dean dovette lasciare andare la propria mano per prendere il portafoglio. Castiel sentì le sue dita scivolare via dalle proprie così spontaneamente com'erano arrivate. Iniziò a fissare il proprio palmo come se, dopo aver tenuto la mano di Dean tanto a lungo, non capisse più come usarla. Era diventata, per la suo temperatura media, bollente.

 

Usciti dal supermercato attraverso le porte automatiche di vetro, Castiel la stava ancora guardando incessantemente.

« Quello era contatto umano Cas. Credo lo abbiate anche voi marziani » Disse continuando a maledire se stesso per aver fatto qualcosa di tanto stupido e infantile ma, allo stesso tempo, non pentendosene affatto.

 

«Oh.» Disse solo, senza smettere di fissare la propria mano. Dean alzò intenzionalmente un sopracciglio e lo guardò con aria sarcastica nel tentativo di non lasciar trasparire quello che, sembrava essere, un crescente imbarazzo. Forse dato dal fatto di aver realizzato che, tale gesto, stava davvero andando ad intaccare la sua salute mentale.

 

« Non puoi davvero farmi credere di non aver mai dato la mano a qualcuno ragazzino ».

 

« Non pensavo fosse poi così importante farlo » .

 

Dean lo guardò incredulo « Okay. Tu hai bisogno di una mano » E si fermò un secondo.


Silenzio da entrambe le parti.

 

Castiel, quella creatura aliena dall'aspetto trasandato e dal tono monocorde, lo guardò piegando le proprie labbra in dentro nel tentativo di soffocare un risata senza davvero riuscirci. Continuò a guardare Dean e a coprirsi la bocca.

 

« Cos'ho detto di divertente? » chiese mentre la risata del ragazzo andava man mano ad aumentare tra inutili tentativi per cercare di fermarsi.

 

Castiel tossì due volte riuscendo, faticosamente, a ritornare alla compostezza di prima « Ecco.. il tuo “hai bisogno di una mano”» . Disse mimando le virgolette con le dita e riprendendo con la sua risata soffocata che gli fece bofonchiare mezza frase.

 

« Non. Ci. Credo. Ti fa ridere questa roba? » A quel punto anche Dean non riuscì a trattenere una risata alla vista di questa sottospecie di pezzo di legno che, mentre si tratteneva dal ridere per via della battuta più triste del mondo, muoveva le dita in quel modo che, assolutamente, non gli si addiceva. « Sei assurdo »

 

« Il mio umorismo è stato ripetutamente definito come infimo » Disse alzando le spalle e piegando le braccia a far volgere i palmi delle mani verso l'altro.

 

« Nah. Sai essere divertente »

 

Entrambi si scambiarono un sorriso e a Dean venne un'idea.

 

« Ti devo portare in un posto » Castiel lo guardò sospettoso con il solito cipiglio. « Fidati. Ti piacerà » Gli disse a grandi occhi. Castiel notò ancora una volta le lentiggini sul viso del ragazzo e sentì il suo cuore capovolgersi dentro il suo torace.

 

« Okay »

 

« Grande. Tra venti minuti davanti a casa mia. Dobbiamo prendere la macchina » Disse e a Castiel sembrò di vederlo saltellare mentre parlava. Più esattamente teneva le mani nelle tasche dei Jeans spostando il peso da un piede all'altro, mentre il suo tono di voce dava l'idea che stesse davvero saltando di gioia, facendo sembrare i suoi occhi più verdi e più grandi di prima.

 

« Ci vediamo lì allora » Rispose sentendo la sua stessa frase quasi estranea al palato.

Si incamminarono ed entrambi entrarono ognuno nella propria casa: Castiel completamente scombussolato dall'intero ciclo di avvenimenti, Dean impegnato testardamente ad infossare ciò che pensava dell'intera faccenda ed entrambi stranamente felici.

   
 
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