Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: The Writer Of The Stars    02/01/2016    4 recensioni
"Però ha visto, Caporale? Ci ha fatto caso, quando mi ha trovata contro quell’albero, che un quarto di sorriso sporco di sangue c’era sul mio volto? Ecco, quello era per lei. So che non valeva quanto un sorriso vero, che era il sorriso di una morta ed era sanguinolento e sbagliato, ma sa, ho impiegato gli ultimi tre secondi della mia vita per incurvare le labbra di qualche millimetro, e quella smorfia un po’ abbozzata era per lei. Un po’ mi vergogno ad ammetterlo, perché Erd mi sta già prendendo in giro per il mio essere smielata, ma in quegli ultimi secondi di vita ho pensato solamente a lei. E allora mi è venuto naturale sorridere. "
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|Rivetra| Nata ascoltando "Stop crying your heart out" degli Oasis.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petra, Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ispirata da “Stop crying your heart out” degli Oasis. Consiglio di ascoltarla (https://www.youtube.com/watch?v=7-rMCkag5aY ) durante la lettura.
 
Caro  Caporale,

Non so se Dio mi abbia ascoltato e le abbia davvero consegnato questa lettera, alla fine. Glielo avrò chiesto una decina di volte, l’ho supplicato perché è una cosa importante, ma oltre alla promessa di poter continuare a vegliare su di lei non sono riuscita a strappare altro. Comunque io la lettera la scrivo lo stesso, perché oggi è un giorno speciale e non volevo che pensasse mi fossi dimenticata di una cosa simile. Anche se sto quassù e non lì con lei, ci tenevo comunque che lei sapesse che io so. Perdoni la ripetizione, Heichou, di solito sono più tranquilla nello scrivere lettere, ma quassù è un po’ diverso e mi sento troppo circondata. Lo so che è una cosa stupida, ma cosa vuole farci, ho sempre avuto un carattere un po’ strano.
So che vorrebbe che le dessi del tu, come tutte le volte in cui eravamo soli nella sua stanza, ma vede, ci sono quegli impiccioni di Erd, Gunther e Auruo che continuano a sbirciare in continuazione il foglio e anche se qui si sta bene, niente è come le lenzuola candide del suo letto, perciò non riesco proprio a comportarmi come in quei momenti. Mi perdoni, Heichou, ma vorrei essere dinanzi a lei in carne ed ossa per chiamarla “Levi”. Così fa troppo male, anche a me che dolore fisico non sento più.

Comunque, ci sono molti motivi per cui sto scrivendo questa lettera, ed il primo, è perché volevo dirle che mi dispiace.
Mi dispiace perché non sono stata abbastanza veloce da sfuggire al Gigante femmina, e mi dispiace per essermi arresa contro quel tronco dalla corteccia cruenta – e pensare che il sangue sul legno era il mio!-

E le chiedo scusa. Le chiedo scusa perché non sono riuscita a resistere fino al suo arrivo. Sa, ci sono stati trenta secondi in cui il mio cuore ha continuato a battere contro quella corteccia,e in quei trenta secondi ho gridato a me stessa di non fare scherzi, di aspettare il capitano per dirgli almeno addio, e mi sono ripetuta talmente tante volte di essere un soldato forte, che quasi ho iniziato a crederci davvero.
“Sono forte, sono forte, posso farcela, posso …” ma il cuore se n’è fregato del mio mantra d’incoraggiamento, e d’un tratto non ho più sentito il battito rimbombare contro la cassa toracica spezzata. Il mio cuore si è fermato, e lei non era lì.

E per questo le chiedo scusa. Scusa perché non le ho potuto sorridere un’ultima volta, e non lo dico con chissà quale vanteria impropria, ma so quanto le piaceva il mio sorriso, e proprio per questo mi sento ancora più in colpa; perché non sono stata abbastanza forte da sorriderle un’ultima volta, da viva.

Però ha visto, Caporale? Ci ha fatto caso, quando mi ha trovato contro quell’albero, che un quarto di sorriso sporco di sangue c’era sul mio volto? Ecco, quello era per lei. So che non valeva quanto un sorriso vero, che era il sorriso di una morta ed era sanguinolento e sbagliato, ma sa, ho impiegato gli ultimi tre secondi della mia vita per incurvare le labbra di qualche millimetro, e quella smorfia un po’ abbozzata era per lei. Un po’ mi vergogno ad ammetterlo, perché Erd mi sta già prendendo in giro per il mio essere smielata, ma in quegli ultimi secondi di vita ho pensato solamente a lei. E allora mi è venuto naturale sorridere.

Le chiedo scusa perché ha dovuto vedermi in quello stato, e stavolta parlo anche a nome di Auruo, Gunther e Erd, perché quando ha scoperto i nostri corpi non ha pianto, ma noi siamo anime, e sappiamo che in realtà stava morendo dentro, insieme a noi. Ci dispiace per averla fatta tornare da solo a casa, e soprattutto ci dispiace perché l’abbiamo fatta soffrire. Però sa, mentre rientravate in città, mentre tutti quanti vi indicavano e bisbigliavano malignità su di voi, noi eravamo lì con voi. Erd e Gunther si erano seduti sul carro dove trasportavate i feriti e hanno dato una pacca sulla spalla ad Eren, dicendogli di non piangere perché non è stata colpa vostra, e chissà se lui li ha sentiti. Auruo invece si era seduto in sella ad uno dei cavalli senza più un padrone e pensi, è riuscito a mordersi la lingua anche in quel momento! Credo che non cambierà mai, nemmeno da morto, e me ne dà prova il modo in cui si atteggi anche quassù con le altre anime, cercando di imitarla come sempre. Io invece ero vicino a lei, Caporale. So che non mi ha sentita, né tantomeno vista, ma mentre camminava per le strade io camminavo con lei, ho notato la sua espressione e in quel momento avrei voluto abbracciarla e dirle che non è stata colpa sua. Ci ho anche provato, sa? Ad abbracciarla, dico. Perché ero ancora un po’ inesperta, nemmeno mi ricordavo di essere morta, e mi sono gettata addosso a lei d’istinto, senza pensarci. Poi però ho abbracciato solamente il vuoto, e mi sono ricordata che non avrei più potuto toccarla. Però, chissà per quale motivo, continuo a sperare che abbia percepito la mia carezza sul naso e che l’abbia riconosciuta. Perché è una cosa solo nostra, e solo lei sa quanto mi piacesse lasciarle qualche bacio sulla punta del naso sempre infreddolito. Ah, poi ho visto anche mio padre e i suoi occhi cercarmi tra l’esercito. Avrei tanto voluto urlargli “papà, ma sono qui!” e sbracciarmi come un’ossessa per attirare la sua attenzione, ma poi lui le ha mostrato quella dannata lettera, e le ha sorriso, dicendole che era felice di vedermi così devota a lei, ma che forse era ancora un po’ presto per il matrimonio, e io mi sono sentita male con lei, perché non sarei mai stata in grado di comunicare ad un padre che la sua unica figlia non farà più ritorno da una spedizione. E ho sofferto, perché lei stava male ma non lo sapeva nessuno.

Comunque, un altro dei motivi per cui sto scrivendo questa lettera, è perché so cosa sta passando. La osservo sempre, sa Capitano? Da quassù posso vedere tutto il mondo, ma io guardo solo lei, perché proprio non ci riesco a lasciarla andare. Volevo dirle che sono felice che anche lei non riesca a dimenticarmi, e volevo anche farle sapere che la sento sempre quando mi parla. So che va ogni giorno al cimitero e si ferma davanti alla mia tomba, la osservo sempre mentre si siede per terra- e qui mi ha sorpreso, perché credevo che odiasse sporcarsi i pantaloni di terra- e mi racconta tutto quello che combinate laggiù. Anzi, sa cosa faccio? Mi siedo anche io per terra, a gambe incrociate, e la ascolto mentre si lamenta di Eren e degli altri ragazzini, perché sono troppo simili a me e questo lo fa impazzire. So che detesta il fatto che l’ultimo cibo che abbia mangiato prima di morire sia stato un misero pezzo di pane, e so anche che odia sé stesso per non avermi baciato un’ultima volta, quella mattina, prima di uscire dalle mura. “E chi se ne frega se gli altri ci scoprono!” avrebbe voluto dire a sé stesso, e anche io avrei voluto baciarla un’ultima volta, anche un bacio sulla fronte mi sarebbe andato più che bene. So che le piace guardare le stelle per me, perché le dicevo sempre quanto amassi il cielo notturno, e sa che ogni mattina, quando sussurra “Buongiorno, Petra” al vuoto, mi viene sempre da piangere? Auruo mi dà della sentimentale per questo, ma che mi importa di passare per una stupida ragazzina innamorata, se poi lo sono davvero? E morta, giusto. Mi scusi, è che tendo spesso a dimenticarlo.

 Anche adesso, la sto osservando, Caporale. Do uno sguardo al foglio e uno a lei, perché è arrivato il tramonto e questo significa che è il momento della nostra chiacchierata giornaliera. Dico nostra, perché anche se io non parlo, ci sono.

Caporale, ma … perché sta piangendo? Non l’ho mai vista piangere, di solito si limita ad avere gli occhi un po’ lucidi quando passa a trovarci al cimitero ogni giorno ma … che sta succedendo? Come dice?  Sta parlando dei ragazzi nuovi, Eren e gli altri. Dice che li odia, perché anche se hanno buone intenzioni, la maggior parte delle volte sembrano desiderosi di morire. Adesso ha abbozzato un sorriso triste, uno di quelli che rivolge sempre alla mia tomba, e mi sta rimproverando perché io sono sempre dalla loro parte e ho questa sorta di predisposizione naturale per i bambini. Ha ragione, Capitano, me lo aveva anche detto una notte, si ricorda? Quella volta in cui siamo rimasti svegli a fantasticare sui nostri futuri bambini, discutendo del fatto che avrei tanto voluto una femmina mentre lei avrebbe preferito un maschio. Alla fine non le ho detto nulla, perché sapevo che qualunque fosse stato il sesso, avrebbe amato i nostri bambini con quella maniera totalizzante di cui si è scoperto capace solo con me.
Come dice? Dovresti essere un po’ meno pessimista, sì, hai ragione. Caporale, ma sta piangendo, vero? Sta piangendo per me? Sta dicendo che le manco, la sento, ma aspetti, così viene da piangere anche a me e poi bagno tutto il foglio. Si sta chiedendo come ce la passiamo quassù, è preoccupato per noi, ma non deve.

Vede, Heichou, qui sto bene. Ci sono Auruo, Erd e Gunther che sono sempre gli stessi e mi tengono compagnia tutto il tempo, e ho conosciuto anche un altro ragazzo. È davvero buffo, ha il viso cosparso di lentiggini e sorride sempre, un po’ come me. Sa, è stato lui che mi ha accolto quando sono arrivata quassù, ed è stato davvero gentile con me. Si chiama Marco, e anche lui continua a vegliare su una persona che ama laggiù. Jean, me lo dice spesso, anzi, mi ha chiesto di dirle se può salutarlo da parte sua e di dirgli che gli manca tanto, ma è fiero di quello che sta facendo per salvare l’umanità e anche se non vede l’ora di abbracciarlo gli raccomanda di non fare stupidaggini, perché non è ancora ora per lui di venire quassù.

Ad ogni modo, sto bene. Non sono sola, è vero. Però mi manca anche lei, sa? Credo che uno dei motivi per cui le persone ci manchino è perché abbiamo dei rimpianti. Ma sa una cosa? Io non ho nessun rimpianto su di lei, e so che lei non ne ha su di me. Certo, mi sarebbe piaciuto davvero tanto vivere un po’ più a lungo e costruire una famiglia con lei su quella casetta un po’ fuori dal villaggio che avevamo sognato per noi. Però so di non essere morta inutilmente, e di aver tenuto fede a quelle ali che mi porto sulla schiena da sempre. Ah, Caporale, sa una cosa? Adesso con queste ali posso volare davvero, giuro! Sono libera veramente, anche se ogni tanto divento egoista e vorrei cedere le mie ali a qualcun altro per tornare laggiù con lei. Poi però penso che sono morta per permettere a quelle vite di continuare a scorrere, e allora decido che mi va bene così, in fondo.

Vede, Heichou, noi siamo come delle stelle, e stiamo sparendo nel cielo. Però lei cerchi solo di non preoccuparsi, perché glielo prometto, un giorno ci rivedrà di nuovo. Prenda solo quello di
cui ha bisogno e continui per la sua strada, ma soprattutto, smetta di piangere a dirotto. Lei è forte, lo sappiamo tutti, perciò non ci deluda, e guardi che noi la teniamo d’occhio quassù!


Cosa manca? Aspetti, Gunther mi sta dicendo qualcosa …

Ah, giusto! L’ultimo motivo per cui le ho scritto questa lettera. Caporale, so che non le interessa e non vuole festeggiare, però quassù oggi è un giorno speciale e sono tutti emozionati, mentre per noi è una festa doppia, diciamo. Stavolta parlo anche a nome degli altri, che mi stanno intimando di sbrigarmi a finire questa lettera e si vede proprio che non sanno come si tratti una ragazza, altrimenti non sarebbero così maleducati come loro solito, e posso assicurare che il fatto che abbiano un’aureola non fa di loro degli angeli!

Comunque, Capitano, volevamo farle gli auguri. Volevamo farle un regalo di compleanno, ma non sapevamo cosa di preciso, dal momento che i suoi unici interessi sono concerni la pulizia e qui in Paradiso non si vendono strofinacci o detersivi, così alla fine ho deciso di scriverle questa lettera, per farle sapere che comunque noi stiamo bene e che non l’abbiamo abbandonata, ma solo preso il treno di mezzanotte diretto chissà dove. E la amiamo, Heichou, la ameremo per sempre.

È un bel regalo, no, Capitano?

Tanti auguri, Heichou.
Petra

Ps: Comunque, ora che quei tre si sono allontanati, posso dirlo liberamente. Ti amo, Levi.
Ah, e comunque, sarebbe stata una femmina. Una piccola Levi in miniatura. E con un po’ di me, di fondo.
 
 
   
 
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