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Autore: Arydubhe    02/01/2016    1 recensioni
Ciao a tutti! Questa ficcy è dedicata alla mia coppa preferita di FT, la Gale! La storia si propone come una summa della loro intera storia dal loro primo incontro...fino a dove il manga ancora non è arrivato (ma si spera arriverà). Come procede la loro storia vista dai loro occhi? Quali sono i loro pensieri e come evolvono i loro sentimenti? Ma soprattutto come hanno fatto i nostri due beniamini a finire per lavorare per il concilio? Cosa è successo durante l'anno in cui la gilda è stata chiusa? Cosa ci riserva il loro primo bacio e quali saranno le conseguenze di qualche incidente piuttosto hot? questo e tanto altro vi aspettano! Leggete e lo scoprirete!
Dalla storia:
"Dal diario di Levy MacGarden
[...]Dopodichè Gajeel se ne è andato, salutandoci, già girato di spalle.
“Strafottente” ho pensato. Ma stavo ridendo.
Non era proprio tutto ciò che da lui avrei voluto sapere; non era niente, anzi, rispetto a quello che avrei voluto chiedergli, ma non ne avevo la forza. Vedevo Gajeel che trotterellava pian piano lontano da noi, eppure non trovavo la voce per parlare.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Lucy Heartphilia, Pantherlily, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 2
Un nuovo inizio
Dal nuovo diario di Levy MacGarden

Caro (nuovo) diario,
benvenuto nella mia vita. E’ da un po’ che non metto per iscritto i miei pensieri e quello che mi succede...e questo per via di quello che ho combinato con il tuo predecessore…
Sì, anche prima tenevo un diario, sai? Solo che poi l’ho dato via, l’ho regalato a una persona importante come regalo d’addio.
Non ci avevo neanche pensato granché, mentre compivo quel gesto…
Sta di fatto che così è andata e ancora adesso, a distanza di mesi, non so se pentirmene o essere felice.
 
Ho passato un brutto periodo –un brutto lungo periodo- in cui mi sono sentita come persa. A un tratto tutti i miei punti di riferimento sono crollati come castelli di carta e per un po’ di tempo rimettermi in carreggiata e fare i conti con quanto avevo perso sono stati i miei unici pensieri fissi- tanto più che parte di quella difficile situazione derivava da scelte che io stessa avevo compiuto, in tutta coscienza. 
Per molto tempo non ho materialmente avuto la forza di ricominciare a scrivere, troppo presa dalla mia vita del momento e, forse, fin troppo propensa ogni due per tre a grandi riflessioni esistenziali senza che avessi bisogno di dedicarvi altro tempo mentre le riportavo su un fogli di carta.
La realtà è che fino ad oggi mettere per iscritto i miei dubbi e rimuginare su un passato che volevo solo dimenticare sentivo mi avrebbe fatto soltanto del male.
Ma adesso che ho finalmente ritrovato la serenità –o almeno, ho ricostruito un certo equilibrio-, penso che cominciare un nuovo diario possa essere un segnale positivo verso la mia voglia di andare avanti. Arrivati a questo punto, anziché destabilizzarmi, forse un diario mi concederà maggiore fermezza. O almeno lo spero.

Tuttavia, prima di cominciare a raccontarti cosa mi accadrà d’ora in poi, mi sento in dovere di spiegarti alcune cose: chi sono io, come ho “perso” il diario o meglio a chi l’ho dato, e come sono finita nelle condizioni in cui mi trovo ora. Che poi le chiamo condizioni, ma di fatto dovrei parlare di status privilegiato: da semplice maga qual ero, sono infatti diventata membro del Concilio della Magia col titolo di archivista. Ma di questo parleremo un’altra volta.

Partiamo da quando, quasi un anno fa, la sorte mi ha obbligata a rivedere tutta la mia vita, quando Fairy Tail, la mia gilda, usciva malconcia, ma completamente vittoriosa, dalla sua ultima battaglia. Sebbene per il rotto della cuffia, anche questa volta ce l’avevamo fatta…era stata dura, tanto, avevamo sofferto più che mai, ma alla fine eravamo ancora lì, tutti –o quasi, come avemmo modo di scoprire- pronti a riprendere le nostre solite vite là dove le avevamo lasciate…

La notizia dell’imminente smantellamento di Fairy Tail si presentò perciò nelle nostre vite, la mia e quella dei miei altri compagni della gilda, come un fulmine a ciel sereno. Eravamo appena sopravvissuti alla minaccia della distruzione del genere umano… chi ci avrebbe salvato ora dalla perdita di una casa a cui fare ritorno?
Messa giù così a paragone sembra poca roba, ma per noi quella notizia era più dolorosa di una stilettata dritta dritta al cuore.
La gilda non esisteva più davvero, il Master Makarov ne aveva perentoriamente ordinato la chiusura appena prima si sparire completamente dalla circolazione -chiusura di un ammasso informe di detriti, ad essere obbiettivi, visto che Elfman sotto influsso di Tartaros l’aveva fatta saltare in aria, anche se, poveretto, nessuno gliene dava la colpa...
Il problema comunque non era quello: non era la mancanza di mura fisiche il vero ostacolo di fronte a noi – a ciò, detto sinceramente, eravamo più che abituati, era quasi destino che ogni due per tre la nostra sede dovesse essere rattoppata, ristrutturata, se non dalle fondamenta riedificata.
Era proprio la gilda, Fairy Tail, col suo nome, la decennale storia e il luminoso passato a chiudere i battenti.
Sebbene qualche muro fosse ancora intatto e qualche ala più distante alla zona dell’esplosione ancora si ergesse eroicamente in piedi, nessun cantiere questa volta avrebbe sostituito il cumulo di macerie che si estendeva al posto della gilda.
Nessuna “Faity Tail” col suo simbolo a forma di ala avrebbe più imperversato per le strade di Fiore.
Magnolia non avrebbe più potuto fregiarsi della gilda delle fate che tanto le aveva procurato problemi quanto notorietà e divertimento.
Fairy Tail non avrebbe più ospitato nessuno dei suoi membri, vecchi o nuovi che fossero e non ci sarebbe più stato alcuna Master o padre a guidarci.
Nessuna gilda, insomma, sarebbe risorta delle sue ceneri come l’araba fenice.
 
Quanto a noi, eravamo allo sbando.
Cosa ne sarebbe stato di tutti, ora?
C’era chi non aveva un altro posto cui tornare, persone per le quali Fairy Tail era diventata, in un periodo più o meno breve, una vera e propria casa, se non l’unica, la sola. E certo, fino ad allora, si era anche pensato che essa fosse insostituibile.
Tra di essi c’ero io.
I miei genitori erano morti quando ero ancora piuttosto piccola, ma la gilda mi aveva subito accolta tra le sue amorevoli braccia; così ero cresciuta con talmente tanti papà, mamme, fratelli e sorelle che non avevo mai provato la benchè minima solitudine, né sofferto per qualche rimpianto.
Amavo la gilda. Non avevo alcun posto che potessi chiamare “casa” oltre a Fairy Tail. La gilda era la mia vita, l’unico posto che potessi dire di conoscere. Ed essendo cresciuta in quell’ambiente, la gilda faceva parte di me.
Sapere che non sarebbe stata riaperta mi faceva perciò male, molto, molto male.
La sorte mi obbligava a questo punto a un taglio netto col passato, senza che niente mi avesse preparata a tale passo. Senza, soprattutto che ci fosse stato spiegato un “perché”: perché era tutto finito, perché Makarov ci aveva abbandonati, cosa era successo perché le cose prendessero quella piega senza alcun preavviso.
Improvvisamente, capivo perfettamente come si possa sentire una pianta estirpata dal terreno, separata dalle proprie radici.
 
I muri della gilda potevano crollare, ma ci eravamo ripetuti fino allo sfinimento che niente avrebbe mai reciso il legame che ci univa. E invece…
Capivo che quel giochetto della “famigliola felice” aveva avuto bruscamente termine, che quella fase della mia vita si era conclusa. Non saremmo più tornati indietro a quello che finora eravamo stati.
E infatti, con la chiusura di Fairy Tail, piano piano cominciarono a separarsi pure i suoi membri.
Cosa sarebbe rimasto, ora, della nostra famiglia, per la quale avevamo pianto, sofferto e lottato tanto?
Per la prima volta noi di Fairy Tail ci saremmo divisi sul serio, ognuno sarebbe andato per la propria strada. Non saremmo più stati nakama.
C’erano amici che mi dispiaceva perdere e con cui avrei fatto di tutto per rimanere bene o male in contatto, anche se adesso sarebbe stato più difficile. Restava l’affetto, ma ci mancava un posto dove portare avanti la nostra vita di condivisione.
Chissà se ci saremmo incontrati di nuovo.


Eppure, allontanandoci, avevo un vago presentimento. Diverse erano le ragioni che spingevano ognuno alle sue nuove scelte, a decidere cosa d’ora in poi si sarebbe fatto; ma in fondo al cuore…
In fondo al cuore, in realtà, una vocina mi diceva che Fairy Tail non sarebbe morta così, in maniera brusca e inspiegabile. Quello che ci apprestavamo ad affrontare era solo un periodo sabbatico.
Sarebbe durato un anno, due forse? Nessuno lo poteva sapere, ma ero sicura che nel mentre ognuno di noi avrebbe fatto di tutto per migliorarsi e ricostruire una Fairy Tail ancora più forte quando sarebbe giunto il momento.
Non era una certezza al 100%, solo una speranza. Anzi, una tenera bugia palliativa che poteva aiutarmi a superare quel difficile momento. Ma me lo sentivo, e devi sapere, diario, che quando ho dei presentimenti in genere si avverano (quindi trema pure, d’ora in poi, quando ti dirò che ho dei “sentori”; perché in genere diventano reali e in genere non sono mai buoni): Fairy Tail non sarebbe sparita così, senza fare rumore. E fu con questo pensiero di fiduciosa insicurezza che noi vari membri della gilda ci salutammo.
 
Il perché vero di tutto quanto stesse accadendo attorno a noi lo ignoravo, come tutti; sebbene il dolore della separazione fosse duro da sopportare, sentivamo comunque che si trattava di un momento inevitabile, una specie di rito di passaggio che a giusto titolo eravamo chiamati a compiere; anzi, quello che stavamo affrontando ci sembrava la giusta conclusione per un promettente nuovo inizio.
Restava il rimpianto, ma nonostante tutto io stessa non potevo che vedere un mondo aperto ricco di opportunità ed avventure proprio davanti a me, pronto ad accogliermi. Dovevo solo sforzarmi un po’…
 
Ci fu, del resto, chi se ne andò silenziosamente appena sconfitto il nemico, partendo per non-si-sapeva-dove a fare non-si-sapeva-cosa, come Makarov, oppure lasciando appena un biglietto e facendo perdere le proprie tracce, come Lucy mi raccontò aveva fatto lo stesso Natsu –con Happy, ovviamente-, prima ancora che il triste annuncio della chiusura di Fairy Tail fosse dato.
Ma non fu un caso raro. Molti appunto si congedarono con un arrivederci, e d’altro canto molti, come ebbero ricevuto la notizia dello smantellamento della gilda, semplicemente sparirono prendendo la propria strada, di punto in bianco, lasciando i saluti in forse, come si fa quando si parte per una vacanza improvvisata. L’atmosfera di Fairy Tail, più che spezzata, sembrò quasi sospesa…Anche questo, più che un segno di delusione, fu per me la conferma che anche secondo altri Fairy Tail sarebbe nata di nuovo e che in futuro avremmo potuto ripartire da zero. Anzi, da + 100. A tempo debito, forse, avrei di nuovo potuto chiamare Fairy Tai “casa” e ritrovarvi una “famiglia”. Bastava, appunto, improvvisare nel mente.
 
Restava il problema di cosa avrei fatto d’ora innanzi. Intimamente non me la sentivo di entrare in un’altra gilda. Fairy Tail aveva significato tutto per me e mi sarei sentita una vera traditrice a portare anche solo temporaneamente su di me il marchio di qualche altra associazione di maghi.
Sicuramente avevo bisogno di lavorare. Avevo da parte un piccolo gruzzoletto racimolato in anni e anni di missioni portate a termine sin dalla più tenera età, perciò avrei potuto cercarmi con calma una occupazione sufficientemente remunerativa e una dimora sufficientemente degna.
Avevo sempre la mia magia e soprattutto la mia intelligenza e la mia erudizione. Qualcosa, mi dicevo, avrei trovato di sicuro. Avevo già alcune idee su come e dove avrei potuto trovare i primi ingaggi e impieghi; mentre finivo di stipare le mie valigie dei miei poveri beni –pochi vestiti, tanti libri, così tanti che sicuramente non avrei potuto portarne che una minima parte con me- la mia mente volava ad avventure di tutt’altro tipo rispetto a quelle del passato e che stavano solo aspettando me per cominciare.

Solo due faccende mi risultavano problematiche: dovevo decidere cosa sarebbe stato degli Shadow Gear e dovevo affrontare Gajeel.
Per quanto riguardava la prima questione, pensavo che la cosa più logica da fare sarebbe stata smantellare, questa volta definitivamente, anche il gruppo. Io, Jet e Droy eravamo cresciuti assieme, ma appunto eravamo cresciuti. Finchè Fairy Tail era esistita aveva avuto senso per noi continuare a collaborare, in virtù del nostro vincolo di amicizia. Tuttavia, questo era forse il momento in cui ognuno di noi avrebbe trovatolo stimolo e la forza per proseguire lungo la via più congeniale per sé.
Sapevo però che la decisione era presa più facilmente a parole che non nei fatti. Sicuramente i ragazzi non avrebbero accettato di buon grado la mia decisione e si sarebbero opposti con tutte le loro forze. Come dargli torto: del resto dopo lo smantellamento di Fairy Tail lo scioglimento degli Shadow Gear avrebbe costituito per il loro gruppo la perdita di un ennesimo punto di riferimento su cui avevano potuto contare sin dall’infanzia.
Tuttavia ero convinta della mia scelta e decisa ad andare avanti, stavolta, per la prima volta, davvero solo sulle mie sole gambe.
La realtà era che, sotto sotto, semplicemente volevo dimostrare qualcosa a me stessa.
 
Le svariate battaglie che avevo combattuto sinora mi avevano insegnato una cosa: che sarei dovuta diventare più forte se intendevo rientrare a far parte un giorno o l’altro del mondo dei maghi a testa alta. Quando Fairy Tail sarebbe stata ricostituita, per allora avrei dovuto essere più consapevole dei miei poteri, più pronta nell’usarli, meno ingenua nei confronti del mondo e più capace di affrontare davvero una battaglia. Se volevo essere al fianco di chi amavo ed essere in grado di proteggere quanto di caro avevo al mondo non potevo restare così com’ero. Ora come ora non ero tagliata per la battaglia, anche se fino a quel momento un po’ per fortuna, un po’ perché aiutata, me la ero sempre cavata. Ma avevo ben chiare in mente tutte le volte che Gajeel mi aveva allontanata dagli scontri dicendomi che sarei stata più utile altrimenti: su Tenrou, quando mi mandò a chiamare rinforzi mentre lui combatteva con Grimoire Hearth, oppure durante la battaglia della porta del tempo, quando mi fece allontanare dalla battaglia contro i draghi per avvertire gli altri, e potrei andare avanti a elencare decine e decine di occasioni simili. Un modo gentile per salvarmi la pelle, togliermi d’impiccio, ma farmi sentire lo stesso utile senza offendermi. Era fin troppo facile capirlo.


Ma i medesimi avvenimenti mi avevano anche messa di fronte a un’eventualità cui in precedenza non avevo mai dato così tanto peso. 
E se quella della magia non fosse la strada che faceva per me?
Certo, ero nata con dei poteri magici, tuttavia non per questa ragione essi dovevano divenire il mio unico mezzo di sopravvivenza. La natura mi aveva provvista di un gran cervello, sul quale, in quel momento, confidavo di poter fare affidamento molto più che sui miei poteri. L’unica cosa buona che la magia mi aveva permesso di fare era stata in occasione della sfida contro Laxus, quando mi aveva permesso di riscrivere le rune di Freed e liberare così Gajeel e Natsu.
Mi intendevo moltissimo di alfabeti, di lingue, di tante cose da pura secchiona.
Era perciò giunto il momento di vedere come me la potevo cavare al di fuori del mondo della magia, da cui ero sempre stata protetta. Forse sarebbe stata la volta buona, per me, per trovare la mia vera strada… Anche per questo non volevo che la faccenda degli Shadow Gear si trascinasse oltre. Le mie gambe dovevano essere le mie e non quelle del mio gruppo.
Almeno così mi dicevo, mentre preparavo l’ultimo pacchetto con le mie cose.
Restavano ormai da fare solo i saluti definitivi…
 
La separazione da Jet e Droy, come previsto non fu indolore. Tuttavia si sforzarono di comprendere il mio punto di vista.
Versammo molte lacrime, ma le addolcimmo anche con risate ed abbracci.
Ci lasciamo promettendoci di rimanere in contatto.
Dopotutto era solo un arrivederci, come avevo ripetuto più volte. E niente avrebbe impedito agli Shadow Gear di rinascere assieme a una nuova Fairy Tail. Di sicuro, adesso, i tempi non erano maturi per nulla di tutto questo.
Io soprattutto ero troppo indecisa sul mio futuro, su cosa sarebbe stato di me per fare promesse che andavano oltre la prosecuzione di contatti amichevoli.
 
Ciò a cui non ero preparata era il saluto che avrei ricevuto da Gajeel, la conclusione della seconda questione a cui dovevo giungere prima di cominciare la mia nuova vita.
Io e lui ci scontrammo quasi per caso mentre anch’egli stava racimolando le ultime cose prima della partenza.
"Ohlà Gajeel!" lo salutai gioviale.
"Levy!" ribattè con un cenno di saluto.
"Come va con gli scatoloni?"
"Baaaah…"
Restammo in silenzio un lungo minuto a guardarci.
Neanche io sapevo esattamente cosa dire, non mi ero preparata alcun discorso, anche se di cose gliene avrei volute dire tante.  Anche perché l’ultimo discorso che avevo provato ad approntare secoli prima non era servito a niente. Del resto cosa c’era da dire?
Eravamo sopravvissuti assieme ai soldati, ai mostri, persino ai draghi. E ora stavamo partendo, ognuno per la propria strada, così, come se nulla fosse.
Come se non avessimo condiviso nulla in tutto quel tempo e potessimo lasciare volare via nel primo soffio di vento quanto era accaduto tra noi.
Come se ancora fossimo niente più che conoscenti, che avevano condiviso tanto, ma nulla di veramente significativo.
Per la carità non era accaduto chissà poi granchè, ma io avevo continuato seriamente a sperare in un qualcosa tra noi, anche se eravamo sempre rimasti molto nel vago, se i  erano sempre stati più no che sì, se l’incertezza era stata il leit motiv del nostro frequentarci, accompagnarci, sostenerci e supportarci.
Eravamo solo amici sebbene fosse successe così tanto, sebbene avessimo versato lacrime, condiviso risate, rubato baci, sospiri e speranze.
Del resto in tutti quei giorni di preparativi io non gli avevo chiesto di partire con me, né tantomeno simili proposte erano giunte da lui.


Così mi ero convinta definitivamente di avere un’unica certezza al riguardo: di non essere degna di lui, della sua forza e del suo coraggio.
Era finita così, senza essere mai nemmeno davvero cominciata, se non, forse, nella mia testa. Anche se i segnali c’erano stati, e inequivocabili, a detta non solo mia.
Ma erano sfumanti in niente e in niente si sarebbero persi d’ora in poi, per sempre.
Forse però, proprio perché finalmente lo avevo capito, anche se piuttosto tardi, ero a questo punto pronta a lasciarmi alle spalle anche quel mio amore non corrisposto o corrisposto solo a metà, comunque non abbastanza da essere trascinato oltre. Non ora che erano sia la mia volontà sia la mia attuale situazione e impormi di giungere a una risoluzione definitiva, di qualunque tipo.
Nondimeno, non potevo che sentire la terra mancarmi sotto i piedi al pensiero che, chiusa la gilda, non sarebbe rimasto davvero più niente di esterno e concreto a legarci, a tenere assieme me e Gajeel.
Forse un giorno sarei diventata la donna giusta per lui e a questa speranza ancora non ero disposta a rinunciare. Ma ora come ora…sentivo che non potevo esserlo, ne ero sicura, perciò era inutile insistere.
 
Anche quella volta, su quel ballatoio, era stato il puro caso a fare incrociare le nostre strade, mentre io camminavo sommersa da scatoloni di libri e lui si aggirava per la gilda alla ricerca di rottami di ferro da raccogliere come scorta di cibo in caso d’emergenza.
Almeno sapevo che lui non sarebbe stato solo: Panther Lily sarebbe sicuramente andato con lui. La cosa mi dava sollievo, perché sapevo che sull’exceed potevo contare. Gli avrebbe perlomeno impedito di fare troppe sciocchezze e forse avrebbe pure dato un occhio al suo regime alimentare. Sarebbero stati bene assieme, quei due.
Anche il micione mi sarebbe mancato, non solo Gajeel.
 
Quei pensieri non potevano rendere meno pesante l’incertezza che aleggiava come una cappa di ferro tra noi due.http://i68.tinypic.com/24xj5sy.jpg
Alla fine mi schiarii la gola e pronunciai severa, cercando di nascondere il tremito della mia voce: “Vedi di nutrirti di cibo umano, nei giorni a venire, oltre che di ferro”.
“Tranquilla tappa, questa roba tutta scintillante la terrò di scorta” fece, indicando con un cenno uno scatolone pieno di viti bulloni e ferraglia varia.
Gettai un’occhiata rapida e rimasi inorridita. Altro che acciaio lucente.
“Gajeel metà di questa roba è arrugginita…non ti fa male la ruggine?”
“Tanto quanto la muffa- replicò con semplicità facendo spallucce – anche per questo spero di poterne fare a meno, sinceramente. Comunque è pure ferraccio di pessima qualità, a priori sfamerebbe poco”
“Così ti ammazzerai…”
“Naaaaa…” si limitò a ribattere scuotendo la mano.
“Per questo ne raccogli tanto?”
“Ehggià. Mi mancherà il ferro che mi procuravi tu con la magia, gamberetto. Quello sì che era ferro di ottima qualità”. Lo disse quasi con noncuranza.
Io arrossii violentemente, anche se feci di tutto per non darlo a vedere. Confidavo che la ricerca di ferro nella credenza che Gajeel stava ispezionando centimetro per centimetro sarebbe durata ancora parecchio, o almeno un tempo sufficientemente lungo da farmi tornare di un colore normale.
Perché doveva sempre avere delle uscite del genere?
Per una Scripter come me quello non era un complimento, era un Signor Complimento.


Agii d’istinto. Quella strana cosa che ogni tanto anche in me si risvegliava.
Posai a terra il mio carico di roba e mi diressi verso lo scatolone di Gajeel.
In men che non si dica fu ricolmo di ferro della migliore delle qualità esistente. Del resto, il bello del materializzare idee era davvero quello di portare nel mondo reale i concetti astratti nella loro purezza.
Quand’ebbi finito mi asciugai il sudore dalla fronte e mi sfregai le mani soddisfatta. Ora nello scatolone rilucevano tante sbarrette di metallo; avvicinandosi ci si sarebbe accorti che in realtà si trattava di minute materializzazione in Solid Script della parola “iron”.
Quando Gajeel mi si fece vicino per gettare nello scatolone quattro viti sbilenche, rimase colpito dal ben di dio che si trovava davanti a lui al posto della ferraglia di prima.
Non riuscii a celare il mio sorriso soddisfatto.
“Levy…”
“Prendilo come un regalo d’addio; spero non sia troppo pesante” dissi con falsa allegria.
Non so perché mi uscirono quelle parole, quelle e basta.
Avrei voluto urlargli: “Ehi, Gajeel, dimmi dove andrai e ti inseguirò in capo al mondo”.
Ma non lo feci.
Ero così pronta, così desiderosa di digli addio e di lasciarmi tutto alle spalle?
Gajeel era rimasto interdetto e non aveva la forza quasi di respirare, ma trovò ugualmente le parole per ribattere: “Zitta, donna, non sottovalutare il grande Gajeel, che peso vuoi che sia questo per me!”
Avevo le lacrime agli occhi, ma non per le sue parole…cioè si era per quelle, ma solo perché temevo che da un momento all’altro avremmo potuto mettere fine a quella discussione, che sarebbe stata l’ultima, chissà per quanto, magari per sempre.
Non so che espressione avessi in faccia, ma credo fosse orribile.
“ Comunque…grazie”.
I suoi penetranti occhi rossi si erano fissati su di me solo un momento prima di posarsi altrove.
Sorrisi.
Burbero, ma in fondo in fondo mansueto.
 
Perché con una parola gentile tra le tante scontrose sapeva sempre sciogliermi?
Ma perché quello era Gajeel, il Gajeel di cui mi ero innamorata. Anche se invano.
Per questo volevo allontanarmi portando con me almeno il ricordo dolceamaro di questo amore impossibile, destinato a restare forse niente più che un amore giovanile.
Lo guardai un'ultima volta. Non avevamo altro da dirci.
Feci per alzarmi e andarmene.
Era finita davvero.
Era ora di andare.
 
Fu con sorpresa che lo vidi caricarsi in spalla i miei scatoloni,
“Ti do una mano. Ah solo per sdebitarmi, chiaro? Dove li stavi portando?”
“Fuori c’è un carretto che ho preso in prestito. So che dall’altro lato della città c’è una stamperia che è in cerca di traduttori e copisti. Pensavo di andare là in cerca di lavoro e intanto cercare un appartamentino non troppo costoso da affittare. Non ho le idee molto chiare. Tu?”.
Non mi sembrava il caso di versargli addosso tutti i miei dubbi per il futuro. Del resto non eravamo nemmeno capaci di gestire il presente…
“Neanche io so cosa farò.- mi rispose- Penso che partirò per un viaggio, senza una meta precisa e intanto mi sottoporrò a duri allenamenti con Lily. Non so se voglio entrare in una gilda. Ho come l’impressione che come entro in una associazione di maghi quella dopo poco chiuda…”
“Non ti facevo superstizioso”
“Diciamo scaramantico. Gamberetto.”
Sorrisi di nuovo.
In realtà avrei voluto dirgli che condividevo appieno questo suo desiderio e che ammiravo la sua fedeltà a Fairy Tail. Ma eravamo già arrivati al carretto, stracolmo di roba.


“Non dirmi che sono tutti pieni di libri…” disse indicando parecchi scatoloni chiusi e imballati con giri e giri di corde.
“La maggior parte. Purtroppo non è che una minima parte della mia biblioteca personale, ciò che ne resta…- qui so che tirai un respiro profondo- ho venduto un sacco di volumi per racimolare denaro per il futuro sai, non si può mai sapere. E io non posso arrangiarmi col ferro purtroppo per sopperire ai bisogni dello stomaco.”
“Hai venduto la tua biblioteca..?”
Gajeel era stupito.
“Essenzialmente sì. E sono stata fortunata! Un mercante che ha un negozio qui vicino ha comprato quasi tutto lui…blocco unico capisci? Devo ammettere che la mia biblioteca era piuttosto ben fornita, a detta sua- dissi, con un pizzico di orgoglio, tutta impettita; sospirai -…però appunto era…domani il tipo verrà a ritirare tutto quanto alla reception di Fairy Hills. Io non ci sarò nemmeno, per dargli un ultimo saluto, mi sono fatta dare un pagamento anticipato, ma il tipo ha accettato perché mi conosceva e mi ha creduto sulla fiducia.”
Forse quella era davvero l’ultima volta che ci vedevamo, l’ultima volta che potevo vedere il suo volto. E io parlavo di dare l’ultimo saluto ai libri.
Ma un altro elemento della mia frase aveva colpito Gajeel…
“Come non ci sarai?”
“Parto”
Io non è che partivo. Io stavo partendo.
“Quando?”
Abbassai la voce di un tono per dargli la mia risposta.
“Più o meno adesso…”
Vedevo lo sgomento sul suo volto.
Ecco. Credo che quello sarebbe stato un buon momento per rivelargli quello che provavo. Sarebbe stato anche piuttosto romantico.
Sarebbe bastata una sua parola per convincermi a rimangiarmi tutto, a rivedere i miei progetti, a trovare in lui quella certezza che finora avevo cercato senza ottenere nulla.
La mia codardia toccava all’epoca ancora dei livelli di assoluto primato. Avevo paura di sentirmi rifiutare, proprio in quel momento in cui stavo mettendo in discussione tutta me stessa. Non lo potevo accettare, semplicemente, un “no” eventuale.
Perciò, per l’ultima volta, non aggiunsi niente.
 
Fu allora però che ebbi un’illuminazione: avrei lasciato qualcosa di mio a Gajeel per ricordargli di me. Gettai lo sguardo attorno a me e gli occhi si posarono su l’unico scatolone caricato ancora aperto.
Trionfava in cima a tutti i libri un volume dimesso e senza dicitura di copertina: il mio Diario. Quel diario conteneva tutto quello che avevo pensato e scritto dalla comparsa di Gajeel fino ad allora.
Non stetti a riflettere molto.
Sapevo di un incantesimo che nascondeva per sempre le vere parole di un libro anagrammandone interamente i caratteri. Me ne aveva parlato Lucy, che si era imbattuta in questo incantesimo durante una missione e io, tutta esaltata, avevo avviato le ricerche per scoprire di che incantesimo si trattasse. Avevo finito per imparare come praticarlo e ora forse quella mia semplice curiosità mi sarebbe tornata utile.
Presi il diario e praticai l’incantesimo alla svelta. Lucy mi aveva detto che quello che usciva dall’incantesimo era tendenzialmente una versione letterariamente criticabile alla bell’e meglio raffazzonata e a mala pena leggibile di un testo rielaborato a partire dal contenuto originario, irrecuperabile se non con un contro-incantesimo. Il risultato era qualcosa di davvero orribile. Quell’incantesimo era capace di trasformare anche il libro più bello del mondo in una fanfiction di pessima qualità.
Volevo però a tutti i costi che Gajeel avesse qualcosa di mio, qualcosa che sapesse veramente di me. E niente mi sembrò rispondere meglio ai miei desideri di quel volumetto. Non ne avrebbe letto il contenuto vero, ma avrebbe potuto portare con sé un autografo con la mia calligrafia.
Appena i fasci di luce della magia ebbero smesso di attorcigliarsi attorno al libro, lo porsi a Gajeel che mi guardò stupito.

“Tieni. Vorrei che questo lo avessi tu. Così avrai qualcosa che ti ricorderà di me…e che non potrai mangiare.”
“Non ci giurerei, gamberetto” disse di rimando Gajeel motteggiandomi.
Era fatto così.
Mai una risposta seria.
“Però voglio qualcosa in cambio”
Notai un sopracciglio aggrottato.
Forse lo avevo messo troppo in imbarazzo.
Alla fine lui non mi aveva chiesto niente, ero io che stavo facendo tutto da sola.
Gajeel sembrò rifletterci un po’ su, poi si slacciò la fascia che di solito teneva al braccio.

“E’ piuttosto lurida, ma non ho granchè altro da darti.”
Prendendola, a me quella sembrava il regalo più bello del mondo.
 “…E con questo siamo 2 a 1 però. La prossima volta che ci vedremo avrò anche io qualcosa di bello da darti, gamberetto”

Sorrisi.
Non osavo sperare che quella promessa sarebbe stata mantenuta davvero, ma il fatto stesso che Gajeel avesse anche solo formulato quei pensieri mi rendeva felice. Non credevo che ci saremmo rivisti veramente, un giorno, ma quelle parole mi riempirono ugualmente di gioia. Le avrei conservate per sempre nel mio cuore come un prezioso ricordo.
Lily spuntò all’orizzonte appena in tempo per ricevere anche lui il mio ultimo saluto. Vedevo dispiacere sul suo volto, ma fu prodigo di parole benauguranti.
Con ciò, tuttavia, nulla mi tratteneva più in quel luogo.
 
No, non potevo rimanere oltre a Fairy Tail.
Quello che avevo caricato – o meglio che Gajeel aveva caricato per me- era davvero l’ultimo scatolone.
Il sole splendeva alto nel cielo, senza una nuvola all’orizzonte.
Era ora di partire.
 
Diedi uno strattone alle redini e le ruote del carro si mossero. Era un carro tradizionale, trainato da un cavallo, niente fantasticherie magiche. Le mie finanze e il mio potenziale magico mi avevano consigliato di non spingermi oltre.
A un certo punto sentii la voce di Gajeel urlare un’unica raccomandazione: “Riguardati. E stai attenta ai malintenzionati”.
“Anche tu…E non invischiarti in troppe risse!”
“Ma sentila…si preoccupa per me…”

Gettai un ultimo sguardo a Gajeel prima di decidermi a fissare gli occhi sulla strada davanti a me. Traboccavano di lacrime, così tante che distinguevo a stento la via lastricata.
Sembrava terribilmente vuota.
Strinsi forte tra le mani la fascia che Gajeel mi aveva dato.
“Addio, Gajeel…” ho sussurrato tra me e me.


E’ stato esattamente in quel momento che ho realizzato di aver probabilmente appena compiuto la cazzata più grossa della mia vita.
Una fascia in cambio di un diario.
Perché diavolo IO non avevo dato a Gajeel la MIA fascia, visto che ne ho sempre una in testa, perché? Certo, certo, avevo agito d’istinto ed essendo io una persona impacciata non poteva che capitare una cosa del genere, ma perché non ci avevo pensato prima?
Eppure quello della fascia donata da una donna a un uomo è la cosa più simile del mondo al clichè del fazzoletto dell’addio…
L’istinto mi aveva guidata bene con le barrette, ma stavolta mi aveva davvero fuorviata.
 
Vero è che in passato già gli avevo regalato una fascia.
Era stato all’epoca dei grandi giochi di magia, quando come porta fortuna gli avevo donato una fascia per capelli che mi aveva accompagnata per buona parte della mia adolescenza. L’avevo scelta perché non aveva colori troppo sgargianti né eccelleva in dimensioni; avevo pensato fosse perfetta, proprio perché ero sicura che non avrebbe dato troppo nell’occhio se l’avesse piegata e nascosta in qualche tasca del suo vestito.
Quando il giorno successivo lo avevo visto scendere nell’arena con la fascia in testa, per poco non mi ero trovata a svenire sugli spalti.
Non mi aveva promesso niente.
Non gli avevo chiesto di spingersi a tanto.
Ma quel gesto valeva per me più di mille parole per me.
La fasce mi avevano sempre accompagnata sin da bambina, erano parte di me come la lettura, la Solid Script, e la gilda. E quel giorno, indossandola, era come se Gajeel mi avesse comunicato che mi pensava, che aveva voluto avermi al suo fianco e non nascosta come avevo proposto, in segreto, sotto gli occhi di tutti…anche se forse solo io potevo capire quel messaggio subliminale.
Ricevere una fascia per me non poteva che essere quindi un grande regalo.
Ma riceverla ora era anche il segno che un cerchio si chiudeva.
 
Che male avrebbe fatto se anche io gliene avessi data un’altra, l’ultima?
Sarebbe stato ripetere un regalo…ma il contesto era diverso, il significato sarebbe stato diverso. Sarebbe stato un reciproco pegno per rivedersi…
Fascia per fascia. Sarebbe stato pure più equo.
 
E invece, mi ero privata dell’unica cosa che mi avrebbe potuto aiutare a serbare il dolce ricordo di quei momenti passati assieme.
Inoltre, non solo avevo gettato via l’ultima occasione per dichiararmi, per far sapere a Gajeel quello che provavo, ma gli avevo consegnato i mano tutti i più intimi segreti nella maniera più inutile…quando piuttosto…avrei potuto parlare, avrei potuto restare, avrei potuto limitarmi a una sola fascetta.
 
No, piuttosto che parlare mi ero in pratica fatta restituire una fascia, anche se chiaramente l’intento di Gajeel era stato quello di ricambiare i due regali che gli avevo appena fatto, non di restituire alcunchè del passato.
Ma l’effetto era stato quello.
E avevo fatto tutto con le mie mani! Quello era il peggio!
Sì sono una stupida.
Ne sono più che consapevole.
 
Feci qualche chilometro con la parola “baka” che mi risuonava nella testa come un mantra da non dimenticare.
E poi sarei io quella intelligente?
Ero stata così ottusa che a paragone avrei potuto battere un masso.
 
Ma poi, alla fine…cosa me ne importava?
Era una partita che avevo perso, mi ripetevo.
Era andata.
Ed era stata tutta colpa mia e della mia codardia.
Della mia paura di vedere i miei sentimenti delusi con un bruciante “no”.
Chissà, magari avrebbe anche potuto essere un “sì” e allora la mia vita sarebbe stata tutta diversa…ma oramai e nostre strade si erano divise e i “se” e i “ma” sarebbero stati destinati a rimanere un “forse” per sempre.
Forse – eccolo il forse- era semplicemente destino che ci lasciassimo così, con praticamente tutto in sospeso. Perché se nessuno dei due riusciva a dire alcunchè, magari era perché in fondo nessuno dei due era pronto.
E così mi dicevo, tentando di consolarmi:
Magari la “prossima volta” ci sarebbe stata davvero...
Oppure, la prossima volta NON avrei potuto farmi cogliere impreparata e NON avrei potuto dargli un dono opportuno semplicemente perché non ci sarebbe stata una “prossima volta.”
Ma per adesso e probabilmente per sempre tutto ciò che rimaneva non era niente né più di un “è stato bello finchè è durato”.
Pensavo davvero fosse un addio, quello tra Gajeel e me e per quanto soffrissi mi costringevo a non rimangiarmi le mie parole e tornare sui miei passi perché c’era uno scopo in tutto quello strano e doloroso percorso che mi ero prefissata di seguire.
 
Perciò ho passato mesi e mesi, qui al concilio, a chiedermi cosa stessi facendo, se davvero non avessi sbagliato a comportarmi come avevo fatto, a chiedermi dove fosse Gajeel, cosa stesse combinando, a domandarmi se magari mi stesse pensando, per esempio sfogliando il mio diario. Per quanto ne sapevo quel diario poteva anche averlo già bell’e che bruciato o gettato chissà dove. Mi chiedevo se serbava rancore, Gajeel, o se si era piuttosto messo il cuore in pace, mi struggevo al pensiero che forse qualcun'altra poteva essere accanto a lui al posto mio e che i momenti passati assieme a me fossero per lui ormai un mero ricordo, speravo più dolce che amaro.
 
Sbagliavo tutto, però, perché se volevo dimenticare non potevo continuare a rimuginare su pensieri di questo tipo.
Sapevo che sarebbe finita quando quel giorno me ne ero andata. La mia scelta l’avevo fatta e con ciò avevo determinato quella di Gajeel.
Sapevo anche che, andandomene, avrei sofferto. Ma sapevo anche she sarebeb stato il male minore.
Proprio per questo il dolore attuale non era una giustificazione al fatto che mesi e mesi di dolore non mi avevano fatta cambiare neanche un po’, che i miei sentimenti erano immutati se non peggiorati, tramutatisi in nuovi dubi e disperazione per quanto avevo perduto.
Ma era del tutto inutile fare pensieri di quel tipo e soprattutto, se volevo davvero andare avanti, se volevo uscirne, sapevo di dover smettere di guardare il cielo e pensar e a Gajeel, chiedermi dove fosse, pensare in ogni contesto a lui.
Altrimenti il mio piano di fuggire non sarebbe servito a niente, avrei continuato a soffrire e basta, inutilmente, per una separazione che non mi serviva a dimenticare un bel niente e nessuno né mi faceva star meglio.
Questo diceva la testa.
Il cuore però…faticava a dimenticare.
 
Proprio di recente, tuttavia, mi pare di aver fatto qualche miglioramento, di aver trovato la strategia giusta per ricominciare davvero.
Ci ho messo del tempo, ma forse sono giunta a una conclusione: sbagliavo a costringere me stessa a dimenticare; io semplicemente non posso dimenticare Gajeel. Tuttavia, non per questo motivo il passato deve restare una ferita aperta nel mio cuore.
Il mio tentativo attuale è quello di trasformare il dolore in un qualcosa di costruttivo.
Pertanto, ho deciso di guardare al passato come a un bellissimo insieme di ricordi a cui ritornare con piacere...
L’unica cosa di cui avevo bisogno era che il lenitivo del tempo intervenisse a trasformare il passato in una pura sequenza di nostalgici ricordi.
Nostalgia: un dolore esiguo rispetto a quello patito sinora.
Ed eccomi qui, dunque, con cuore e ragione che finalmente sembrano andare di pari passo, o quasi.
Comincio a pensare a Gajeel come un caro amico di cui ho perso le tracce, piuttosto che a un amore perduto.
I suoi gesti d’affetto mi mancano per quello che erano, non per quello che avrebbero potuto significare.
Forse, sono davvero riuscita a disintossicarmi dal mio amore senza speranza per Gajeel.

Ed è per tentare di capire questo che ora ho deciso di scrivere questo nuovo diario, per dimostrare a me stessa che i tempo sono davvero maturi per una nuova vita, che la “fase di transizione e assestamento” è conclusa, che c’è una nuova Levy, in pace col passato e ansiosa solo del futuro che l’aspetta.
Quindi…benvenuto nella mia vita, diario; spero che ci divertiremo assieme.
 
p.s. Anche ora, di notte, affacciata alla finestra con una tazza di tè bollente tra le mani, la questione del vecchio diario mi assilla.
Lì per lì non ci pensato molto, quel giorno. Ho agito d’istinto. Volevo dargli una cosa a caso e a caso ho scelto il diario. Ma perché diavolo ho dato proprio il mio diario a Gajeel…???
Baka, Baka, Bakaaaaaaa!
p.p.s. Chissà…chissà che adesso Gajeel mi sta pensando… magari col mio diario in mano
NO NO NO Non ci devo pensare…
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Here with you now I am good, still miss you
I don't know what I can do, we can't be true

Mitasareru koto naku futari no kyori
Chijimatte iku tabi setsunai
Afure dashita omoi tsunoru da ke de
Ouuh It's hard for me to say

'Cuz we, we can see how it's gonna end
But I got my love for you
Moshimo konomama kimi wo wasureru koto ga de ki tara

Nante omoeba omou hodo ni
Kimi wo wasureru koto nante boku ni wa de ki ru hazu mo nakute
We always wish tonight could last forever
I can be your side

I shouldn't be in your heart
Either the time we have spent
And I want you to know what the truth is
But sometimes it makes me feel so sick Oh no
I just can't say to you , No I won't

O-o-oooh

'Cuz we, we can see how it's gonna end
But I got my love for you
Moshimo konomama kimi wo wasurete shi mattara

Nidoto ai suru koto mo nai kana
Boku wa hontouni sore de kokoro kara shiawase to ieru kana
Yes, we always wish tonight could last forever
I can be your side
Here with you now I’m good, still miss you
I don’t know what I can do, we can’t be true

This distance between us won’t ever be fulfilled
It tears my heart every time it shrinks
The overflowing emotions just grow stronger
Uh It’s hard for me to say

‘Cuz we, we can see how it’s going to end
But I got my love for you
If I could only just forget you..


The more I think something like that, I know that it’s not possible for me to forget you
We always wish tonight could last forever
I can be your side

I shouldn’t be in your heart
Either the time we have spent
And I want you to know what the truth is
But sometimes it makes me feel so sick, oh no
I just can’t say to you, No I won’t

 
o-o-oooh

‘Cuz we, we can see how it’s going to end
But I got my love for you
If I could only just forget you..




Can I ever love again?
Would I be able to call that happiness from the bottom of my heart?
Yes, we always wish tonight could last forever
I can be your side
 
 One ok rock- Pierce


------author's corner------------
BUON ANNO A TUTTI!
Ho deciso di farvi gli auguri di un buon 2016 con un nuovo capitolo :D

Ordunque...i due piccionici si separano...si rincontreranno...o no? Be' chi ha seguito fino alla fine anime emanga già lo sa ma...facciamo finta che la suspance ci sia davvero. Cosa farà Gajeel vedendo Levy che se ne va? La ascerà andare senza dire niente o proverà a combinare qualcosa? Be' lo leggerete nel prossimo capitolo :P
Intanto accetto previsioni.
Grazie a chi mi segue e...alla prossima :3
  
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