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Autore: BlueFlyingWolf_13    02/01/2016    1 recensioni
Il sabato sera, solitamente momento di svago e divertimento senza precedenti insieme agli amici, si rivelerà un incubo per alcune nazioni, incaricate di badare (a forza) a due ribelli preadolescenti di tredici e quattordici anni: quando i due scappano di casa, i tredici amici dovranno andarli a cercare per l'intera città, e non sarà un'impresa molto facile.
Fra battibecchi, ricerche e fughe, sono lieta di presentarvi questa corta fanfiction che spero vi strapperà un sorriso nel vedere le potenti nazioni rappresentate da adolescenti con delle responsabilità e genitori parecchio rompipalle.
E ricordatevi questo, prima di leggere... durante il sabato sera può succedere qualunque cosa. Qualunque.
-Coppie: Gerita (GermaniaxItalia), Spamano (SpagnaxRomano), UsUk (AmericaxInghilterra), Rochu (RussiaxCina), Pruhun (PrussiaxUngheria) e Giripan (GreciaxGiappone).-
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SECONDO: A Saved Night...?; Una Notte Salvata...?

 

-Ore 23:30, sabato sera-

 

“Ma che cosa credevate di fare scappando in quel modo, voi due!? Sapete che cosa diamine ci avete fatto passare? Siamo dovuti scappare in macchina cercando di seminare quei bruti muscolosi, siamo probabilmente stati segnalati dall'autovelox per eccesso di velocità e vi abbiamo cercati per un'intera serata solo per ritrovarvi qui, tranquilli, a pedalare nel parco cittadino! Avete la minima idea di quanto eravamo preoccupati per voi, e se vi fosse successo qualcosa!?” sbottò arrabbiato e indispettito Francis, in piedi davanti ad Antoine e Fabrice, entrambi tenuti saldamente fermi da Russia. “E smettetela di lamentarvi e di fare quei versi da bambini, Ivan ha il mio totale permesso di tenervi in quel modo!”.

“Da, yee!” annuì energicamente il russo, felice di poter stringere per la collottola quei ribelli dispettosi, sollevandoli leggermente in aria e ridacchiando per il divertimento di vederli contorcere disperatamente. “Li voglio tenere su finché non diventano tutti blu, eheh!”.

“Ivan, non ci provare, aru!” lo riprese severamente e immediatamente Cina, toccandogli e strofinandogli una spalla per farlo acquietare un pochino. “Capisco che sei offeso, lo siamo tutti, ma cerchiamo di non uccidere nessuno, va bene?”.

“Già, hai sentito il nano asiatico!? Lasciaci subito andare, grasso orso bruno!” fece eco al cinese Fabrice, molto più maleducatamente e saccentemente, tentando senza successo di colpire con un poderoso calcio la grossa nazione ricoperta da vestiti invernali. “Lasciami! Lasciami o mi metto ad urlare!”.

“Scusami? Chi hai chiamato “nano asiatico”, brutto stronzetto? ^J^” sibilò malvagiamente e con fare risentito Russia, scrocchiandosi le nocche ed ergendosi in tutta la sua altezza mentre un'inquietante aura nera comparve dal nulla alle sue spalle. “Non è carino dire così, non è affatto bello offendere Yao-Yao... perché se qualcuno lo fa, io mi innervosisco... e se mi innervosisco io divento molto cattivo. Kolkolkolkolkol...”.

“Russia, calmati, mi so difendere benissimo da solo, aru.” lo trattenne senza fatica Cina, afferrandolo con energia per un braccio e bloccando il suo attacco di furia omicida. “Sarà abbastanza gratificante sentire le loro scuse, non serve rivoltarli da dentro a fuori.”.

 

“Esattamente, Yao ha pienamente ragione. E comunque tu non farai proprio niente, ragazzino, ora siete entrambi sotto la nostra responsabilità e noi non abbiamo la minima intenzione di perdervi di vista ancora una volta. L'unica cosa che farete adesso è chiederci sinceramente scusa, poi andremo tutti a casa a dormire.” sottolineò con serietà Francia, incrociando le mani al petto e udendo l'unanime approvazione degli altri dodici. “Vero, mes amis?”.

“Già, kesesesesese! Vogliamo sentirvi implorare perdono, ragazzini viziati e combina-guai.” si trovò subito d'accordo il prussiano, evidentemente molto arrabbiato e risentito per il sabato rovinato. “Di certo il meraviglioso me non spreca volentieri una bella serata: avevamo aspettato questo momento di totale libertà da un'intera settimana di faticose interrogazioni e terribili verifiche!”.

“Strano, perché coi tuoi magnifici comportamenti e atteggiamenti abituali stai direttamente sprecando la vita.” lo prese prontamente in giro Ungheria, facendogli un buffetto dispettoso e malizioso con la lingua. Fantastico, con questo acido commento la sottile linea di pace era stata sicuramente interrotta e spezzata. “E vogliamo discutere dei tuoi “invidiabili” risultati e rendimenti scolastici, Gil? Posso tranquillamente affermare che una crostata di fragole e lamponi ha un quoziente intellettivo molto più alto del tuo.”.

“Piantala, strega!” la contro-insultò l'albino, riducendo i suoi occhi rossi a due fessure irritate. “La tua presenza è socialmente piacevole e apprezzata quanto una lenta e dolorosa morte causata dal tetano.”.

“Ed eccoli che ricominciano per un nonnulla, come al solito.” alzò gli occhi al cielo Ludwig, ormai rassegnato e abituato alle sceneggiate giornaliere dei due contendenti, seppellendosi il viso fra le mani per sfogare la sua disperazione e vergogna. “Mai un attimo di pace con entrambi nello stesso luogo. Ormai tutti, quando vedono che mio fratello e Ungheria non stanno bisticciando, pensano che uno dei due stia male o sia depresso.”.

“Vee... non preoccuparti Doitsu, faranno presto la pace e si vorranno ancora tanto bene!” gli assicurò dolcemente Veneziano, dandogli qualche amichevole pacca sulla spalla e avvolgendolo in un caldo abbraccio per tirargli un po' su il morale.

“Non è questo il problema, italiano.” scosse lentamente il capo il tedesco, sospirando e assistendo alla scena con viso inespressivo e indecifrabile. “Il fatto è che quei due litigano sempre, in ogni momento, eppure fanno di tutto per passare tanto tempo insieme. Non li capisco.”.

“Semplice. Provano gusto a punzecchiarsi a vicenda quando in realtà tengono molto l'uno all'altra, amigo.” scrollò le spalle ed espose il suo punto di vista Spagna, azzardando un mezzo sorriso. “Proprio come Romanito tiene a me, anche se non lo fa mai vedere!” esclamò felicissimo poi, saltando vicino al sud-italiano e provando a dargli qualche amorevole bacino a stampo sulla guancia. “Vieni qui, tomato del mio cuore!”.

“Che cazzo fai, brutto bastardo rimbambito, ti sei bevuto il poco che rimaneva del tuo cervello!? Vattene, mi fai schifo, aria!” lo respinse prontamente Romano, appoggiandogli le mani al petto e allontanandoselo bruscamente di dosso. “Ti sparo un colpo di fucile in culo se non mi lasci in stare, te lo giuro!”.

 

Ignorando completamente l'insopportabile putiferio circostante, Francis ripeté la sua generosa richiesta ai due testardi minorenni con più decisione: “Allora, ragazzi? Stiamo ancora aspettando con ansia le vostre scuse, non chiediamo nient'altro: se ci domanderete perdono dimenticheremo in fretta tutto e non ne riparleremo mai più.”.

“Ah, sì? Mi dispiace dirvelo, ma continuerete ad aspettare e ricordare l'accaduto ancora per molto tempo, belli, perché non abbiamo la minima intenzione di farlo!” si rifiutò categoricamente Antoine, troppo orgoglioso e convinto di essere nel giusto per abbassarsi a tanto, storcendo il naso con fare superiore e spostando lo sguardo altrove, fra gli alberi in fiore.

“Io invece credo che lo farete molto presto.” mormorò convinto il francese, appoggiando le mani ai fianchi e cercando di apparire autoritario. Improvvisarsi padre era più difficile del previsto, cavolo. “Altrimenti informerò personalmente vostra madre e vostro padre di quanto accaduto, non penso saranno molto contenti di sapere che siete fuggiti in piena notte e che avete causato una rissa ai nostri danni. Siate certi che mi crederanno, nutrono in me molta stima e ho qui altri testimoni affidabili e adulti.”.

“Al diavolo i nostri genitori, li odio, non c'hanno permesso di andare alla festa o di uscire, è colpa loro se ce ne siamo andati di nascosto!” se ne fregò altamente il fratello maggiore, scaricando anche vigliaccamente la colpa, mettendo il broncio e stringendo le mani a pugno. “Non ci permettono di fare mai niente coi nostri amici, ci tengono chiusi in casa ogni qualvolta li informiamo di una festa in città! Non mi importa se si arrabbiano o se ci mettono in punizione, tanto è come se lo fossimo ogni giorno!”.

“Lo fanno sicuramente per il vostro bene, alcuni eventi sono molto pericolosi e inadatti per ragazzini della vostra età e loro lo sanno meglio di voi.” intervenne pacatamente Giappone, facendo qualche passo verso i due preadolescenti e cercando di fargli comprendere il punto di vista dei loro parenti. “Una famiglia cerca sempre di proteggere i propri membri, anche applicando alcune limitazioni necessarie e apparentemente egoistiche.”.

“Noi siamo grandi, sappiamo badare perfettamente a noi stessi e non abbiamo bisogno della loro protezione!” assicurò fieramente l'interessato, mantenendosi fermo nella sua decisione e ideale di vita. “E non vi chiederemo scusa, vero fratellino?”.

“Verissimo, non lo faremo mai!” lo appoggiò senza esitazione l'altro, non abbandonandolo in piena “guerra”.

 

“... Cavolo, siete proprio due begli antipatici. Ci credo che non vi fanno uscire, sareste da linciare pubblicamente.” concluse dopo circa un secondo di attenta riflessione America, scandalizzato e confuso da tanta aggressività e astio. “Siete più irritabili di Arthur quando salta accidentalmente il tè delle cinque.”.

“Taci, stupido, idiota, scemo! Ma come ti permetti?” gli mollò immediatamente un sonoro schiaffo sulla nuca l'inglese, prendendo sul personale l'ultima frase pronunciata dall'americano e punendolo di conseguenza. “Magari io sarò preciso sull'orario del tè, ma tu non riesci a resistere per più di due ore senza mangiarti un hamburger formato gigante, e questo è il risultato!” commentò infine, alzandogli di scatto la larga maglietta e prendendo fra le dita un po' di morbida e flaccida ciccetta. “Look at this!”.

“Ahah dai, no, questo è un colpo basso! Smettila Artie, sai bene che soffro un sacco il solletico, lo fai apposta!” ridacchiò di gusto Alfred, cercando di liberare la sua pancia pienotta e sensibile da quella presa decisa. “Ahah, gli eroi non possono farsi la pipì addosso davanti a tutti, Iggy! Lasciami, lasciami, ahahah, mi stai uccidendo!”.

“Che bambino che sei, ti lamenti sempre.” borbottò piatto Inghilterra, non riuscendo però a sopprimere un impercettibile sorrisetto di divertimento, continuando a solleticare energicamente l'allegro ragazzo davanti a sé. “Dov'è che ti fa ridere? … qui, right?”.

“AHAHAH, piantala, smettila! Iggy, dopo mi vendico, lo sai!” minacciò amorevolmente l'inglese Alfred, piangendo dalle risate e sentendosi parecchio impotente e sconfitto. “Poi non ti lamentare, eh! Ahahah!”.

“Sto tremando di paura, non farlo...” ammise con aria davvero terrorizzata e intimidita Arthur, ritraendo di scatto le mani e sollevandole in segno di resa e sottomissione. “Non farmi del male, ti prego, non lo farò mai più, mai più. Anzi, domani ti porto al Game Stop e ti compro un videogioco per farmi perdonare, ok?”.

“Davvero...? Dici sul serio?” chiese speranzoso ed estatico America, sbarrando gli occhi e non credendo alle sue orecchie. Cosa stava succedendo, Artie era diventato improvvisamente gentile? Per caso era tutto un sogno, un meraviglioso e fantastico sogno? Se lo era, sperava di non svegliarsi mai.

“No. Ero ovviamente sarcastico, imbecille credulone. English Humor a te!” svelò il trucco con aria vittoriosa Inghilterra, riprendendo immediatamente a tormentare il ventre scoperto e lasciato irresponsabilmente esposto dell'americano. “Hai ancora molto da imparare, bamboccione: mai lasciare senza protezione i punti deboli!”.

“Eh dai, uffa, sei ingiusto! Ahaha!” ricominciò a ridere come un pazzo Alfred, un po' arrabbiato con sé stesso per essersi lasciato fregare così facilmente. “Questa me la paghi cara, nonnetto!”.

 

“Non avete proprio alcuna intenzione di domandarci scusa, quindi? Dobbiamo proprio finirla così?” sospirò spento Francia, che ormai non sapeva più che fare con quei due. “Preferite davvero che io riferisca tutto ai vostri genitori e che vi faccia mettere in castigo?”.

“Fai pure, tanto non ce ne può fregar di meno! Anzi, perché non vai a cercare una cabina telefonica e non ci lasci in-” incalzò irrispettosamente il minore, per poi essere bruscamente interrotto da una voce infantile e parecchio inquietante, seguita da uno scossone. “Uh?”.

“Sono tanto stanco, da, e voglio andare a casa subito a riposarmi. Ma per colpa vostra mi tocca aspettare qui: a me non piace aspettare, mi rende molto nervoso.” mormorò con rabbia cieca Russia, stringendo la presa sui colli e fissando i prigionieri col suo sorrisetto apparentemente innocente e coi suoi grandi occhi viola, ora iniettati di sangue e pieni di frustrazione e voglia di sgozzare qualcuno. “Io ho un amico che la pensa sempre come me, sapete. Si chiama Mister Pipe, è soggettivamente molto simpatico e gentile, ma quando compare le altre persone si mettono a piangere, implorare pietà e urlare, anche se è totalmente calmo in quel momento... ora, invece, è arrabbiato e nervoso. Voi non volete incontrare un Mister Pipe tanto arrabbiato e nervoso, vero? Potrebbe non essere gentile come al solito e potrebbe rivelarsi un'esperienza poco piacevole... per voi.”.

“AHH, CAZZO!” strillarono all'unisono i due preadolescenti, terrorizzati a morte nel vedersi comparire davanti la riconoscibile e inquietante silhouette di un lungo rubinetto sporco e ancora gocciolante di sangue. “Va bene, e va bene, va benissimo! Scusateci, scusateci davvero, non volevamo causarvi tutti questi problemi o farvi correre per tutta la città! Chiediamo umilmente perdono, non vi faremo mai più preoccupare così tanto!”.

“Le vostre scuse sono sincere oppure no?” sollevò un sopracciglio Germania, scettico e poco convinto, gonfiando i possenti muscoli e fissando con diffidenza Antoine e Fabrice. “Che domande. So benissimo che non lo sono, siete mossi dalla paura e dalle minacce di morte, ma siamo comunque disposti ad accettarle se le ripeterete con lentezza e guardandoci in faccia. Solo così avrete il nostro perdono, forza.”.

Imprecando fra i denti e impiegando qualche secondo ad inghiottire a fatica l'orgoglio, finalmente i due si decisero: “Ci dispiace tanto per quello che vi abbiamo fatto, speriamo che un giorno possiate perdonarci. Vi offriamo le nostre più sincere scuse e la promessa di comportarci bene la prossima volta.”.

“Ohh, finalmente, bravi i miei ragazzi! Solo così si diventa maturi e adulti responsabili: riconoscendo i propri errori e rimediando anche con delle semplici scuse, a volte ciò è più che sufficiente e caratterizza gli uomini di classe!” sospirò sollevato Francia, felice di sentire il pentimento dei due ragazzini e i mormorii soddisfatti dei dodici amici. “E ora che siamo tutti contenti, si torna a casa e si fila subito a letto, è molto tardi. America, metti in moto il furgoncino, ce ne andiamo subito.”.

“Ok amico, volo e lo faccio in un attimo!” fece il segno dell'ok Alfred, saltando prontamente sul suo adorato mezzo e infilando le chiavi. “Allora, ci muoviamo o no? Che bello, finalmente questa serata è finita, non vedo l'ora di tornarmene a casa!”.

 

Ma i tredici amici non prestarono la dovuta attenzione ai due demoni fino alla fine: mentre tutti montavano a bordo e si allacciavano le cinture, Antoine sussurrò al fratello qualcosa...

“Sistemiamo per bene questi rompicoglioni appena torniamo a casa, ok? Poi andremo alla festa e, dopo, ci fermeremo a dormire dai ragazzi.”.

“Sì... d'accordo.”.

 

-Casa, ore 0:50-

 

“Che serata spossante, bros. E pensare che di solito io non sono mai assonnato, nemmeno dopo un after di quelli potenti.” commentò con stanchezza nella voce America, buttandosi di peso sul morbido divano e abbandonandosi sul morbido tessuto insieme ai dodici amici. “Mi rilasso cinque minuti e poi me ne vado a casa a dormire, gente: domani mattina devo andare al parco a giocare a baseball con Canada e devo essere energico e scattante per dare il meglio, è stato difficilissimo convincerlo e non voglio sprecare l'opportunità.”.

“Ricordati che prima di tornartene a casa mi devi accompagnare, scemo.” gli rimembrò prontamente Inghilterra, passandosi una mano fra i capelli e sulla fronte per lenire il dolore ai suoi stanchi occhi. “Sono distrutto... dannazione... che sonno.”.

“E' vero, uffa... Ehi Iggy, dato che sei abbastanza lontano e siamo entrambi distrutti, perché non ti fermi a casa mia per stanotte? Non ho posti liberi, ma puoi dormire insieme a me nel mio letto!” propose innocentemente Alfred, attirando gli sguardi molto “pervy” di Ungheria e Giappone, fujoshi incalliti e disegnatori di yaoi hard di fama mondiale e di esperienza secolare. “Perché ci fissate in quel modo, ragazzi? Ho detto qualcosa di male, per caso?”.

“Niente, niente di niente, tranquilli...” mormorarono con aria falsamente vaga e distratta i due, lanciandosi però segreti sguardi collaborativi e monelli. Si sussurrarono: “Nuovo materiale per dōjinshi in arrivo, amico mio... dovremo metterci all'opera molto presto.”.

Inghilterra e America, che avevano udito tutto nonostante la discrezione dell'ungherese e del giapponese, si osservarono con aria molto perplessa e confusa, poi scrollarono le spalle con rassegnazione: era bravo chi capiva i loro messaggi in codice, era da anni che l'intera classe provava a decifrarli senza alcun successo... “Bah.”.

 

“Vee... Doitsu, Doitsu, sono tanto stanco... e ho tanta fame, voglio la pasta.” si lamentò con dei vagiti assonnati Veneziano, con la testa comodamente appoggiata alla forte e muscolosa spalla destra del tedesco. “Mi porti a casa, per favore?”.

“Fra poco andiamo, devi solo aspettare tuo fratello Romano.” lo rincuorò con tono gentile e sforzatamente basso Ludwig, passandogli affettuosamente una mano fra i capelli marroncini e morbidi.

“Sì, sì, fratellino impedito e pasta-dipendente, tra poco alziamo il culo e torniamo a casa... lasciami riposare un secondo e poi ce ne andiamo.” disse gesticolando distrattamente il sud-italiano, sdraiato comodamente su Spagna (lo stava praticamente usando come cuscino morbidoso). “Cazzo, stupido mangia-pomodori, qui sei tutto spigoloso e scomodo! Perfetto, sei inutile pure come appoggio, complimenti... bastardo.”.

“Sei stanco anche tu, Grecia-san?” chiese Giappone al greco sonnecchiante, passandogli lievemente una mano sulla schiena e accarezzando il musetto del suo gatto con l'altra. “Dovreste andare a dormire tutti e due.”.

“Mh, aspetta... fermo un secondo.” mugugnò distrattamente Hercules, flettendo la schiena e appoggiando delicatamente la sua testa sulle ginocchia di Kiku, volenteroso di farsi coccolare e massaggiare la nuca e la gola.

“G-Grecia-san, spero che dopo questo gesto tu voglia assumerti le tue responsabilità da uomo!” esclamò scandalizzato e rosso in viso il giapponese, tremando leggermente e coprendosi la bocca: sì, non era molto abituato a queste palesi manifestazioni di amore e affetto. “Non vorrai disonorarmi, v-vero?”.

“Eh?” esordì con aria disorientata e confusa il povero Grecia, che francamente non aveva capito che cazzo intendesse Giappone con quel discorso... Oh beh, Kiku era sempre stato un po' strano, quindi non ci diede troppo peso e richiuse i suoi occhi verdi oliva con serenità. “Non importa, dormiamo...”.

 

“Chi vuole una bella tazza di cioccolata calda appena preparata?” domandarono improvvisamente i due preadolescenti con tono stranamente gentile e zuccheroso, presentandosi davanti alle nazioni umanizzate con un grande vassoio con sopra tredici scodelle di porcellana fumanti e profumate. “Fatta in casa, per farci perdonare!”.

“Cosa?” mormorò con diffidenza e sospetto Germania, squadrando le espressioni “angeliche” dei maliziosi ragazzini viziati. “Perché tutta questa improvvisa generosità? Poco fa ci stavate mancando di rispetto e ora ci offrite del cibo? Perdonatemi, ma non mi convince.”.

“Beh, ne abbiamo parlato fra di noi e siamo giunti alla conclusione che abbiamo esagerato. Davvero tanto. Non vi meritavate il trattamento che vi abbiamo riservato, così abbiamo pensato di farvi questo piccolo favore... di certo avrete molta fame dopo una serata del genere, quindi ecco a voi.” spiegò con un sorrisetto dolce il maggiore, porgendo la cioccolata ad ognuno dei ragazzi con un gesto elegante. “Godetevela, noi andiamo a dormire, siamo molto stanchi.”.

“Allora andate su, coraggio.” si alzò dal divano Francia, guardando gli amici con aria tranquilla e sorridente. “Dai, mes amis, sembrano molto sinceri e dispiaciuti questa volta. Assaggiatela almeno, so che avete molta fame. Se combinano qualcos'altro chiamerò i loro genitori, perciò non temete. Ah, quasi dimenticavo... ho da poco ricevuto un messaggio, devo fare un veloce salto da una persona... li tenete d'occhio voi e me ne conservate una tazza, per favore? Contattatemi senza esitare se succede qualcosa. Posso fidarmi...?”.

“... E va bene, amigo, qualsiasi cosa per un onorevole membro del Bad Touch Trio.” cedette alla richiesta Spagna, trovando l'approvazione generale dopo qualche momento di discussione e lamentele (qualcuno fu più propenso e disponibile, qualcuno molto meno). “La assaggeremo e li terremo d'occhio, ma tu torna presto!”.

“Merci, mi avete salvato, ragazzi! A tra poco amici, divertitevi!” scappò fuori dall'abitazione senza aggiungere altre smancerie o ringraziamenti Francis, quasi dimenticandosi di mettere su la giacca. “E fate come se foste a casa vostra!”.

 

“... Abbiamo veramente intenzione di assaggiarla, aru?” chiese dopo qualche secondo di silenzio generale Yao, annusando con fare sfiduciato e preoccupato la cioccolata calda che aveva in mano. “Insomma... non mi fido molto, non vorrei che fosse un altro scherzo di cattivo gusto.”.

“Dall'odore sembra buona.” commentò pacato Giappone, arricciando leggermente il naso per captare qualche aroma anomalo. Non captò niente, sembrava tutto a posto... “E poi l'abbiamo promesso a Francia, non possiamo venir meno alla nostra parola.”.

“Beh, però questo strano atto di cordialità potrebbe nascondere qualche tranello...” considerò giustamente Ungheria, rigirandosi la tazza fra le mani senza riuscire a prendere una decisione. “Anche se violassimo il giuramento sarebbe per un buon fine: mantenere il nostro benessere fisico.”.

“Quei bastardi me la pagheranno carissima, se è un tiro mancino... Ma ho troppa fame, ne berrò un solo sorso per dimostrare il mio coraggio. E poi suvvia, quei due cretini sono troppo stupidi per metterci nel sacco o escogitare un avvelenamento di massa.” informò tutti Romano, appoggiando con sicurezza le sue labbra contro la porcellana colorata e guardando con decisione gli altri. “Siete con me o vi cagate sotto, femminucce?”.

“Io ci sto, da! Mai mostrare la paura al nemico, bisogna sempre combattere senza mai retrocedere!” annunciò sicuro di sé e fiero Ivan, aderendo al gesto suicida e preparandosi a bere la bevanda infernale.

“E io sono un eroe, e gli eroi non hanno mai paura di niente e di nessuno!” si aggiunse solo allora anche America, raccogliendo tutto il suo coraggio e cercando di non sminuirsi davanti al grosso rivale russo. Non avrebbe mai permesso a quel grosso orso psicopatico di batterlo in qualcosa, mai! “E voi, avete intenzione di farlo?”.

“... Ma sì, facciamolo: siamo nazioni, non abbiamo niente da temere!” si buttarono dopo poco gli altri undici, rivolgendosi un ultimo sguardo prima di prendere il primo sorso... “Alla salute, ragazzi, alla salute...”.

Circa cinque minuti dopo le tazze vennero svuotate e appoggiate delicatamente sul tavolino da salotto di vetro. Sembravano non esserci effetti collaterali, forse quei due ribelli avevano davvero agito per pura gentilezza e-

 

“Bastardo mangia-pomodori...” commentò piatto e burbero come sempre Romano, dando violentemente di gomito allo spagnolo al suo fianco per attirare la sua attenzione. Dopo averla ottenuta, lo fissò. “PORTAMI IN BAGNO!” gridò poi all'improvviso, afferrando la mano di Antonio, facendolo alzare con la forza e saltandogli letteralmente addosso di peso, cingendogli i fianchi con le gambe.

“C-che cosa!? M-ma... cosa stai dicendo?” domandò positivamente stupito e compiaciuto Spagna, reggendo il sud-italiano con facilità e attenzione. “C-che cosa intendi, Romanito? Intendi ciò che io penso tu abbia inteso?”.

“Non fare il finto tonto, lo sai bene cosa intendo! Cos'hai, ti vergogni, hai la disfunzione erettile!? Ovvio che no, quindi muovi il culo e portami in bagno, coglione!” lo implorò Romano, tirandogli qualche pugno sul petto per invogliarlo a smuoversi. “Muoviti!”.

Detto, fatto: con uno scatto che avrebbe fatto invidia a Usain Bolt stesso, Antonio corse verso la toilette insieme all'italiano. Mentre chiudeva la porta, annunciò: “Il bagno è mio e di Romanito per stasera, se vi scappa fatela in giardino, buonanotte!”.

-

“No, non potrete farla lì perché in giardino ci saremo noi.” scosse lentamente la testa Grecia, prendendo tranquillamente in braccio Giappone e dirigendosi a grandi falcate verso l'esterno. “Mi piace farlo con la fresca brezza che mi accarezza la pelle...”.

“G-Grecia-san!”.

-

“Doitsu... andiamo ad “allenarci” anche noi...” cantilenò con tono molto birbante e malizioso Veneziano, prendendo per mano il tedesco e cercando una camera da letto insieme a lui. “Andiamo ad allenare le nostre regioni vitali, Luddy...”.

“Ma I-Italia, che ti prende!? D-d-devi essere impazzito! Cosa d-dici, io n-non...” incalzò inutilmente Ludwig, per tentare disperatamente di fermare ciò che stava per avvenire, per poi essere spinto di forza dentro una stanza e chiuso dentro insieme all'italiano... Ormai era troppo tardi.

-

“Andiamo, sfigato, seguimi...” ghignò Ungheria, prendendo Prussia per il colletto della camicia e guidandolo per i corridoi della casa. “Cerchiamo un posto più tranquillo per “discutere”...”.

“Kesesesesese, per la prima volta mi trovi d'accordo, strega...”.

-

“Yao-Yao diventerà una cosa sola con Russia, da?” domandò con falsa innocenza Ivan al povero Cina, iniziando a togliersi velocemente il cappotto e i suoi pesanti maglioni fino a spogliarsi ma tenendosi su la sua fedele sciarpa, per poi salirgli lentamente sopra e schiacciarlo sotto al suo considerevole peso. “Yao-Yao...?”.

“Aiyah!” esclamò preso alla sprovvista il cinese, cercando di togliersi debolmente di dosso il pesante russo... senza alcun successo. Con uno sbuffo, si arrese.

-

“Vieni qui, mio eroe...” mormorò nell'orecchio di Alfred Inghilterra, questa volta stranamente “il primo” a cominciare, per poi afferrargli senza esitazioni il viso e premere le labbra sulle sue. “Vieni a salvarmi...”.

“Arrivo Iggy, resisti, I'm a Hero!”.

 

Eh, di certo vi starete chiedendo che diamine sia successo.

Posso solo dirvi che se solo quei dodici poveretti si fossero accorti prima della piccola boccetta di plastica ora vuota e appoggiata malamente sulla credenza della cucina... l'avvertenza di non somministrare più di due pastiglie di afrodisiaco gli avrebbe di sicuro fatto sputare quella dannata cioccolata calda.

 

Fine secondo capitolo.  

   
 
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