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Autore: Lily_90    10/03/2009    7 recensioni
Ecco come una collaborazione tra villaggi può diventare interessante… E come, a volte, la persona a cui non avremmo mai pensato, si rivela l’unica che desideriamo.
Gli occhi azzurri di Ino si specchiarono in un paio di brillanti iridi verdi. Poi lo sguardo scivolò più giù, sul torace ampio e nudo, sulle spalle larghe adornate da stille di sudore e, infine, sui polpacci duri coperti in parte dai pantaloni neri. Il naso un po’ schiacciato conferiva un aspetto dolce alla sua espressione; il fisico era forte e imponente, capace di vincere qualsiasi avversario… E la bocca, dai contorni definiti e dalle labbra carnose, morbide che invitava a un bacio passionale, travolgente…
Dedicata a Roberta per il suo compleanno.
Genere: Romantico, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Temari, Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bello e impossibile
Bello e impossibile













Era una giornata tranquilla a Konoha.
Il vento mite di marzo soffiava placido sui tetti delle case, carezzando i volti degli Hokage scolpiti nella roccia e quella coda alta che si distingueva tra la massa. Gli uccellini cinguettavano allegramente tra il verde degli alberi, animando le strade impolverate.
Come al solito, Shikamaru camminava lentamente per il villaggio, una mano in tasca e l’altra a massaggiare la scapola indolenzita.
D’un tratto si fermò, stirò la schiena ed emise uno sbadiglio rumoroso al punto quasi di slogarsi la mandibola. Puntò gli occhi vacui al cielo, sorridendo alla vista delle soffici nuvole che cambiavano forma a ogni raffica di vento più intensa.
-    Yawn, che seccatura – biascicò, socchiudendo le palpebre.
Sarebbe stata una giornata tranquilla, ordinaria, la sua.
Come sempre sarebbe andato nella foresta, avrebbe costretto con la forza Choji ad abbandonare l’ultima patatina e Ino la sua limetta per unghie, e subito dopo sarebbero seguiti gli allenamenti, la pausa ( oh, la pausa era sacrosanta ) e il riposino a casa ( ammesso e concesso che sua madre gliel’avrebbe permesso ) .
Sì, sarebbe stata una giornata tranquilla, ordinaria, senza intoppi.
Solo la scapola gli dava qualche seccatura. Quella mattina sua madre, per svegliarlo, l’aveva letteralmente e violentemente catapultato giù dal letto, gridandogli contro: “ Shikamaru Nara, come fai a non svegliarti mai? Fuori da casa! Fuori, ho detto! A Konoha sono già tutti in piedi! “ .
Ed era rotolato giù dal letto con appresso tutte le lenzuola e aveva sbattuto la spalla al pavimento, ma quelli erano futili dettagli per Yoshino.
Shikamaru sorpassò una quercia in cui Ino, tempo fa, aveva conficcato un kunai e gettò un’occhiata in giro. Non fu difficile individuare Choji che, seduto su un tronco depositato sull’erba, aveva la faccia…
Shikamaru corrugò la fronte, interdetto.
Choji non aveva la faccia affondata in un pacchetto di patatine. Sembrava piuttosto che stesse parlando con qualcuno…
-    Ti dico che è così! – esclamò una voce stridula e femminile.
Il giovane Nara ridusse gli occhi a fessure.
Quella era la voce di Ino.
-    Non può essere vero… - si agitò Choji, le guance arrossate.
-    E invece sì, è la verità! – ribatté sicura Ino.
-    Shika non deve saperlo. Ti proibisco di dirglielo! – .
-    Ma Choji… Gliel’ho tenuto nascosto per troppo tempo… Dopo tutti questi anni di profonda amicizia, non posso più mentirgli! Deve sapere! È giusto che sappia! - .
Shikamaru si sentì gelare braccia e gambe.
Di che diamine stavano parlando quei due?
Decise di avvicinarsi per sentire meglio.
Circospetto, serpeggiò tra la vegetazione e si accovacciò a terra, protetto da un cespuglio, proprio dietro ai suoi amici.
-    Tu, Ino… Non ci posso ancora credere. Ma ti sei chiesta come reagirà? – .
Shikamaru vide la ragazza assumere un’espressione seria, quasi affranta.
-    Lo so, Choji. Lo so. Ma è arrivato il momento che Shika sappia come stanno le cose, che niente sarà più come prima. Non posso più tacere. Non puoi chiedermi di guardarlo negli occhi e mentirgli - .
Il Nara per poco non perse i sensi.
Allora era vero… Sua madre aveva ragione: Ino si era presa una cotta ( o come diavolo si chiamava ) per lui. E pensare con quanta convinzione fin ora aveva respinto quella congettura che gli sembrava così assurda.
Choji chiuse con un gesto brusco il pacchetto di patatine, fissando gli occhi castani in quelli azzurri di Ino.
-    Te lo domando per un’ultima volta, Ino: sei sicura della tua decisione? - .
Lei ricambiò lo sguardo, determinata.
-    Senza alcun dubbio. Devo dirglielo - .
-    Ben… - .
Un colpetto di tosse destò la loro attenzione.
Shikamaru Nara comparse affianco a un albero robusto, la spalla premuta contro il tronco.
Ino sobbalzò per lo spavento, mentre Choji inghiottì rumorosamente una consistente quantità di saliva.
-    Allora, cos’è che dovresti dirmi, Ino? – chiese con la sua voce pacata.
La ragazza sussultò, le guance imporporate. - Shika, io… - .
-    No. Non dire niente – l’interruppe, incrociando le braccia al petto. Sedette sul tronco rovesciato a terra, di fronte a lei. – So già tutto, ho sentito - .
-    No, Shi… - .
-    Shh, non devi giustificarti. In fondo è comprensibile: siamo amici d’infanzia, compagni di squadra, passiamo tanto tempo assieme… e io sono dotato di un quoziente intellettivo fuori dal comune che mi rende il ragazzo più affascinante di tutta Konoha. È comprensibile che ti sia presa una cotta per me - .
Ino strabuzzò gli occhi, e per poco non rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva.
-    Una che? – strillò quasi.
-    Be’ , una cotta… è così che voi ragazze la chiamate - .
-    Ma no, Shika, ti stai sbagliand… - .
-    Choji, non serve che la copri. Ormai so tutto – disse Shikamaru, poi diede una leggera pacca ad Ino sulla spalla – perdonami. Perdonami se ti ho dato modo di pensare che io fossi interessato a te. Non era nelle mie intenzioni illuderti - .
Ino guardò l’espressione seria e concentrata dell’amico, poi Choji e poi di nuovo Shikamaru.
La situazione era divenuta insostenibile, sentiva che non avrebbe resistito un altro secondo con Shikamaru che le paccava la spalla e cercava di rivestire i panni di uomo maturo.
E alla fine scoppiò.
- Ah ah ah! Oh, Signore! - .
- I-Ino? – farfugliò spaesato Shikamaru, osservandola di traverso. Cominciò a pensare che si trattasse di una strana reazione “ post-rifiuto “ delle ragazze, ma adesso anche Choji stava ridendo sguaiatamente.
Entrambi i suoi amici stavano ridendo sguaiatamente.
E soprattutto, di lui.
Lasciò cadere le braccia penzoloni, battendosi la fronte con una mano.
-    Oddio, tu non hai una cotta per me – arguì, sentendosi infiammare per la vergogna.
-    Vuoi scherzare?! – strillò Ino, le guance rosse e gonfie per le forti risa.
-    Ah, grazie – fu la risposta ferita.
-    Ah ah ah! – scoppiò Choji, tenendosi la pancia. – “ In fondo è comprensibile: sono dotato di un quoziente intellettivo fuori dal comune che mi rende il ragazzo più affascinante di tutta Konoha “ – imitò con esagerata enfasi.
-    “ È comprensibile che ti sia presa una cotta per me “ – lo beffeggiò Ino, battendo frenetica un piede a terra nel vano tentativo di soffocare le risate.
Shikamaru cominciò a meditare seriamente l’idea di scavare una fossa e nascondercisi dentro per un bel po’ di tempo. Sapeva già che Ino gliel’avrebbe rinfacciato per il resto della sua misera esistenza. E al diavolo sua madre e le sue congetture.
Che razza di figura da idiota…
Da completo imbecille.
-    Ti rendi conto! Lui, il ninja più sfaticato di tutta Konoha, ha avuto il coraggio di definirsi “ affascinante ” ! Oh, Signore! - .
-    Di certo non si può dire che sia un codardo! – ridacchiò Choji, sotto le occhiate torve dell’amico.
-    Insomma, basta! E va bene, lo ammetto: ho sbagliato! Può succedere a tutti, per la miseria! – sbottò risentito il ragazzo.
Ino e Choji ammutolirono seduta stante.
-    Oh, finalmente un po’ di pace – borbottò Shikamaru, piegando le braccia dietro la nuca.
I due amici lo osservarono poggiare il busto contro il tronco della quercia e increspare le palpebre, le narici che vibravano a causa del forte odore di muschio.
Choji mollò una gomitata ad Ino. – Be’ , comunque c’è una cosa che dobbiamo dirti, Shika - .
-    Hm, non adesso, Cho. Devo riprendermi dallo shock – masticò il ninja, esibendosi in uno sbadiglio ampio.
Gli altri due lo guardarono scettici.
-    Sì, e io sono un ossobuco – commentò sottovoce il ragazzo tarchiato.
-    Hn, che rottura! Su, dite quel che dovete dire, e tanti complimenti - .
-    Ehm, l’Hokage ci ha affidato una missione che riguarda l’Accademia di Konoha – .
-    Una missione di collaborazione con un altro villaggio. Dato che tu sei stato insegnante all’Accademia di Konoha, l’Hokage ha pensato di affidare al nostro team questo delicato compito - .
-    Ne abbiamo fatte, di missioni. Ne facciamo tutti i giorni…. Yawn, che sonno! … Allora, dov’è il problema? – strascicò il Nara, perfettamente calmo.
-    Già… è che c’è un’altra cosa – aggiunse impacciato Choji. – È da un po’ di tempo che lo sappiamo, ma non avevamo il coraggio di dirtelo - .
-    Hn, cosa? – sbadigliò Shikamaru.
Choji guardò Ino con la coda dell’occhio, mollandole una gomitata nelle costole per incalzarla a parlare.
-    Diglielo - .
-    E va bene, glielo dico - .
-    Subito - .
-    Ecco, un attimo - .
-    È il momento buono - .
-    State disturbando il mio sonnellino – sbuffò Shikamaru, - qualunque cosa dobbiate dirmi, fatelo adesso o tacete per sempre - .
Ino guardò Choji.
Choji guardò Ino.
Ora o mai più.
-    È a Suna - .
Una folata di vento sibilò tra gli alberi, tagliente come una lama affilata.
E poi il silenzio assoluto.
-    Ecco, l’ho detto! Finalmente l’ho detto! – sbottò sollevata Ino.
Shikamaru sgranò gli occhi, freddato sul posto.
Ino e Choji lo fissarono per una manciata di secondi boccheggiare come un pesce fuor d’acqua, per una volta a corto di parole.
E poi quel grido isterico.
- Io a Suna non ci vengo! - .
- Ma è una missione affidata dall’Hokage! È una collaborazione tra l’Accademia di Konoha e quella di Suna. Non puoi rifiutarti di compierla – replicò pragmatica la sua compagna di squadra.
Shikamaru, il terrore puro nello sguardo innocente, si incatenò con le braccia alla quercia. – Io-a-Suna-non-ci-vengo. Chiaro il concetto? - .
-    Shika, non fare il ragazzino immaturo, per favore – lo rimproverò Ino, furente.
Il ragazzo spalmò la faccia contro la corteccia, riluttante: - Io a Suna non ci torno! Non voglio rivedere quella strega malefica della Sabaku! - .
Ino assottigliò gli occhi, avvicinandosi con aria minacciosa al viso di Shikamaru.
-    Mi spiace. Non avremmo voluto ricorrere a tanto, ma non ci lasci altra scelta – sibilò con tono inquietante.
Il giovane Nara, allibito, vide il suo amico alzare agilmente un braccio.
Trattene il fiato.
-    Scusa, amico – sussurrò Cohji, colpendolo senza alcun preavviso alla nuca.
E Shikamaru cadde a terra, completamente privo di sensi.




***



-    Ha battuto la testa? - .
-    Teoricamente no, praticamente sì - .
-    Gran bella botta - .
-    Oh, puoi dirlo forte. L’ha tenuto addormentato per tutta la durata del viaggio - .
-    L’ho sempre detto! Basta poco per stendere cry-baby! - .
Shikamaru schiuse appena una palpebra, protestando con un grugnito contro quelle voci femminili che gli ronzavano confuse nelle orecchie.
-    Ecco, si sta riprendendo – avvertì Ino, tutta pimpante.
Il ragazzo sollevò lentamente le palpebre, affondando la testa nel cuscino morbido. Un delicato odore fruttato gli riempì i polmoni, e dopo un secondo si ritrovò una massa di capelli dorati a pochi millimetri dalle narici.
-    Ben svegliato, pigrone! - .
-    Sono finito all’Inferno, non è vero?! – berciò aspro, massaggiandosi le tempie pulsanti.
Temari ridacchiò allegra, catturando un ciuffo scuro che gli era sfuggito dal codino all’insù; lo arruffò divertita, attorcigliandolo intorno al proprio dito.
-    Caspita, hai un aspetto orribile - .
Shikamaru storse il naso, immusonito. – Vorrei vedere te dopo un viaggio passato a ricevere colpi bassi alla nuca. Ah, e comunque anche io sono contento che stai bene, Sabaku - .
-    Oh, ma anche io sono contenta di rivederti - .
-    Guarda che non dicevo sul serio - .
-    Sai, non ti ricordavo così carino – rise Temari, fissandogli il ciuffo scuro dietro l’orecchio.
-    Devi farlo per forza? – s’irritò Shikamaru, avvampando come un ravanello troppo cotto al sole.
-    Cosa? - .
-    Starmi appiccicata - .
-    Dipende. Ti dà fastidio? - .
-    Sì - .
-    E allora devo farlo per forza - .
-    Sei una seccatura. Neanche ho messo piede a Suna e già mi stai con il fiato sul collo  - .
Ino soffocò a stento un risolino, guardandoli stuzzicarsi a vicenda e senza tregua.
E Shikamaru, per quanto facesse il sostenuto e l’irritato, si vedeva che godeva a ricevere tutte quelle attenzioni da Temari.
– Sai, avrei voluto vederti mentre inciampavi in quel ramo e battevi la testa a terra – proruppe la bionda di Suna, sprizzando una risata infantile.
-    Io non ho inciampato in nessun ramo! – protestò imbarazzato il ragazzo.
-    Dai Shika, a me puoi dirlo, siamo fra amici. E poi lo so che basta poco per metterti fuori gioco – replicò lei, aprendo la bocca in un ghigno spaventoso.
-    Le cose stanno in ben altro modo! E non basta poco per mettermi fuori gioco, te lo dimostro subito, seccatura – ribatté determinato Shikamaru, e fece per alzarsi dal letto, ma Temari gli piantò una mano sul torace e lo costrinse a sdraiarsi di nuovo.
-    Non fare l’eroe del giorno e riposa - .
-    Sto benissimo, sei tu che sei esagerata - .
-    Ti ricordavo molto meno loquace – lo canzonò Temari, e stette per mollargli una schicchera sulla fronte, ma Shikamaru la bloccò appena in tempo per il polso.
-    Non ci provare - .
-    E tu lasciami – .
-    Sei tu che mi stai appiccicata, fino a prova contraria – rimbeccò scaltro Shikamaru, facendole notare che da seduta, si era quasi sdraiata su di lui.
-    Eh eh, ti piacerebbe, Nara – rispose subito lei, accorciando ancora di più le distanze.
-    Ehm, io comincio a sentirmi di troppo – esordì la voce acuta di Ino.
Shikamaru impallidì come un cencio, Temari arrossì visibilmente. Si distaccarono l’uno dall’altra come se avessero preso la scossa.
-    Oh, non volevo interrompere nulla! Voi continuate pure – disse con leggerezza Ino.
-    Non hai interrotto proprio niente. Figurati se perdo tempo con un tipo come lui – la liquidò Temari e, riprendendo contegno, si alzò dal letto. Scattò sdegnata la testa verso il lato opposto, le braccia incrociate sul petto dorato che sfuggiva dal tessuto del kimono.
Shikamaru indirizzò lo sguardo altrove, vago, sentendo il proprio corpo invocare la vicinanza di lei.
-    Il vostro compagno di squadra starà ancora conferendo con il Kazekage. Intanto ti mostro la tua stanza, Yamanaka – disse Temari, gelida, e uscì tutta impettita dalla camera, facendole cenno di seguirla.
Ino mosse due passi, ma l’amico l’afferrò per un polso, costringendola a piegarsi su di lui.
-    Ino, tu le hai detto che sono inciampato in un ramo? – sbottò sdegnato.
-    Taci – sibilò velenosa lei, pizzicandogli un braccio per metterlo a tacere. – Cosa volevi che le raccontassi? Che ti sei attaccato ad una quercia, perché avevi paura di rimettere piede a Suna?! - .
-    Almeno potevi inventare qualcosa di meno imbarazzante – s’inasprì lui.
-    Zitto, affascinante ninja di Konoha. E stai dritto con le spalle, o non riuscirai mai a farti notare da lei – ammiccò l’amica, furba.
-    Non ho bisogno dei tuoi consigli, questa è una questione delicata - .
-    Ino lo penetrò con i suoi occhioni azzurri.
-    Allora l’ammetti - .
-    Io non ammetto proprio niente! – s’infervorò Shikamaru, agitandosi nel letto.
-    Fa’ come vuoi! Addio! – salutò allegramente Ino, uscendo dalla stanza con tanto di manina sventolata in aria. Raggiunse Temari che l’attendeva in corridoio.
-    Si stava lamentando? – .
-    Eh già, sempre il solito, ormai lo conoscono proprio tutti… Si stava lamentando per il caldo. Proprio insopportabile. Giusto la donna di un altro villaggio potrebbe sopportarlo – la buttò lì Ino, vaga, e senza lasciarle il tempo di replicare si avviò lungo il corridoio.
-    La tua camera e quella di Choji si trovano nell’ala ovest del palazzo. Per di qua, ti faccio strada – si offrì Temari, senza troppo entusiasmo, le guance ancora imporporate.
Le due ragazze si incamminarono per il corridoio soleggiato, le finestre ampie che si aprivano sulla parete. D’un tratto videro una figura correre tutta agitata verso di loro. Temari si arrestò e Ino la imitò.
Man mano che la figura avanzava, si riuscivano a distinguere i lineamenti del volto, un volto grondante di sudore.
-    Dove accidenti è finito Baki? – .
Gli occhi azzurri di Ino si specchiarono in un paio di brillanti iridi verdi. Poi lo sguardo scivolò più giù, sul torace ampio e nudo, sulle spalle larghe adornate da stille di sudore e, infine, sui polpacci duri coperti in parte dai pantaloni neri. Il naso un po’ schiacciato conferiva un aspetto dolce alla sua espressione; il fisico era forte e imponente, capace di vincere qualsiasi avversario… E la bocca, dai contorni definiti e dalle labbra carnose, morbide che invitava a un bacio passionale, travolgente… Quel giovane era talmente virile che non poteva guardarlo senza provare un pizzicore al basso ventre.
E sentì un suono bizzarro attraversarle la mente.


Bello, bello e impossibile
con gli occhi verdi e il tuo sapor mediorientale
bello, bello e invincibile
con gli occhi verdi e la tua bocca da baciare


-    Che vuoi che ne sappia io… chiedi in giro. E porta rispetto: sono la sorella del Kazekage, non una kunoichi qualsiasi – rispose una Temari irritata. Guardò Ino con la coda dell’occhio e aggrottò le sopracciglia, perplessa.
Cosa stava facendo quella pazza della Yamanaka?
Ammiccava, si accarezzava i capelli e sbatteva le ciglia, il tutto con un’espressione languida e disinvolta.
Ma il punto era: a chi diamine stava ammiccando che non c’era l’ombra di un uomo nel corridoio?
Bah.
-    Hn, acida – l’apostrofò il ragazzo dalla notevole stazza, facendo una piccola smorfia.
-    Zitto, tu! O hai voglia di attaccar brighe? – minacciò Temari, pronta già ad arrotolarsi le maniche del kimono.
-    Mmpf! Non troverai mai un povero cristo che ti si sposi, se sei sempre così acida – rimbeccò l’altro, velenoso.
Un forte sentore orientale salì fino alle narici di Ino.
-    Eccì! - .
La piccola bega morì nell’istante in cui si udì quel bizzarro starnuto nel corridoio.
Temari e il ninja dall’identità sconosciuta puntarono gli occhi sulla bella bionda di Konoha.
-    Ops, scusate. Un leggero raffreddore – pigolò Ino, arrossendo per l’imbarazzo.
Il ragazzo la guardò accigliato, poi tornò a concentrarsi su Temari, che appariva ancora fumante di rabbia.
-    Vado a cercare Baki – biascicò con la bocca arsa e, correndo, proseguì dritto.
-    Cretino che non sei altro – rimuginò Temari, con disapprovazione. – Ehi tu, per di qua! – disse ad Ino, riprendendo a camminare.
La bionda di Konoha restò una manciata di secondi a contemplare il punto in cui quel ragazzo misterioso era sparito.
- Però… Che bei ragazzetti che nascondono a Suna - fece, maliziosa. Spiccò una corsa e si portò affianco alla ragazza, che incedeva con passo sostenuto lungo il corridoio.
-    Ehi Temari, chi era quel ragazzo? Qualche bel fusto del Paese del Vento, eh? - .
L’altra inarcò leggermente le sopracciglia chiare, storcendo il naso.
-    Ma quello non era un ragazzo. Era solo mio fratello – .
Nel momento esatto in cui Temari pronunciò queste parole, Ino sentì il mondo crollarle addosso.
-    COSA? - .
-    La tua stanza è in fondo a questo corridoio, a destra – comunicò Temari, abulica.
-    A-aspetta, come t-tuo fratello? – farfugliò Ino, in preda ad una crisi nervosa.
-    Sì - .
-    Oh, non sapevo avessi tre fratelli… – fece l’altra, sbottando in un risolino isterico.
-    No, no. Solo Kankuro e Gaara. E quello di prima era Kankuro - .
Ino si impietrì, sconvolta.
-    Quel Kankuro? - .
-    Eccoti la chiave, e questa è di Choji. Il mio compito è terminato – tagliò corto Temari, lasciandole cadere la chiave nel palmo di una mano.
-    Manca la chiave della camera di Shikamaru – la punzecchiò Ino, sagace, riprendendosi per un attimo dalla scoperta.
Temari s’irrigidì per la tensione. Si schiarì la voce con un colpetto di tosse, per farla risuonare ferma e sicura. – A Shikamaru Nara, il Kazekage ha riservato la stanza nell’ala est. Nell’ala ovest erano tutte esaurite - .
-    Ma ceeerto… Ovvio! – proruppe Ino, con esagerata enfasi.
-    Ci vediamo nella sala per la cena – disse Temari, troncando la discussione.
-    Ok. Grazie per l’ospitalità - .
-    Dovere. A stasera, allora - .
E la bionda di Suna fece marcia indietro, allontanandosi a passi ampi e svelti.
Ino si accasciò sulla superficie della porta, gingillando con la sua chiave.
-    Ah, quelle due teste di marmo non avranno mai il coraggio di ammettere che impazziscono l’uno per l’altra - .




***





Il giorno dopo all’Accademia di Suna.



-    Come può una ragazza terribile come te essere un’insegnate? - .
-    Nello stesso modo in cui tu ti alzi la mattina – rimbeccò scaltra Temari, ordinando ai suoi genin di dividersi in due gruppi.
-    Sorridi di più, seccatura. Se ti comporti in modo acido, metterai paura ai tuoi stessi genin – la punzecchiò Shikamaru, sorridendo sornione.
-    Chiudi la bocca! Non capisco perché quelli di Konoha abbiano mandato proprio te per questo programma d’addestramento - .
-    Ehm, veramente ci saremmo anche noi – bofonchiò timidamente Choji, ma né Shikamaru né Temari lo udirono, troppo impegnati nello stuzzicarsi.
-    Perché io ho insegnato per qualche tempo all’Accademia di Konoha. Ci so fare con l’addestramento dei bambini – si vantò il chuunin della Foglia, orgoglioso.
-    Lo vedremo subito… - sibilò Temari, la voce inquietante.
Ino e Choji, seduti tra i due fuochi, impuntarono i gomiti sulle ginocchia e sbuffarono sonoramente. Quelle due teste di marmo di Shikamaru e Temari andavano avanti così dall’alba, la situazione era diventata insostenibile. In teoria erano lì per uno “ scambio culturale “ tra i due villaggi, in pratica stavano soltanto sprecando tempo.
Ino decise di tenersi occupata scavando con un piede nel cumulo di sabbia, mentre Choji immergeva la faccia nel suo pacchetto di patatine con l’intenzione di rimanerci finché quei due non si sarebbero calmati.
-    Ehi, non farai sul serio, seccatura! - .
-    Fifa, eh Nara? E stavolta non sarà solo tortura emotiva - .
-    Da brava, metti via quel ventaglio - .
-    Nemmeno per sogno. Voglio vedere le tue ossa sgretolarsi tra la sabbia – sibilò Temari, e un ghigno sadico saettò sul suo bel viso.
Shikamaru alzò cauto le braccia in alto, una gocciolina di sudore che scivolava sulla tempia. – Sono disarmato. Metti giù quell’arma, lentamente - .
-    Troppo tardi. Ormai mi hai fatto arrabbiar… Ahi, mi sono mozzicata la lingua! Accidenti! – gridò la ragazza, lasciando la presa dal manico laccato del ventaglio.
-    Perché parli troppo – sogghignò Shikamaru, trionfo. – Se parlassi di meno, non ti mozzicheresti la lingua - .
-    Almeno uno di noi due parla. Sai che noia se fossi uguale a te? Staremmo tutti e due zitti a morire di tedio - .
-    In tua presenza se apro bocca è meglio che mi limiti a respirare, perché se parlo ho torto - .
-    Insomma, basta! Tu! - strillò isterica Ino, puntando minacciosa il dito contro il suo compagno di squadra. – Tu! Perché non ti decidi a scoparla, così almeno la facciamo finita? - .
Shikamaru sgranò gli occhi, allibito. Guardò Temari alla ricerca di un sostegno, ma lei sembrava per una volta a corto di parole.
-    Ma è un’amica! – sbottò sdegnato.
Choji riemerse con il viso dal pacchetto di patatine e gli paccò una spalla come per compatirlo:
-    Certo, e io sono tua madre - .
Ino cominciò a pensare che se solo Choji fosse stato un po’ meno tarchiato, avrebbe anche potuto essere l’uomo della sua vita. Ma era cromaticamente inadeguato.
-    Sante parole, Choji! E ora, se non vi dispiace… - fece Ino, alzandosi e abbandonando il campo d’allenamento.
Shikamaru e Temari, visibilmente imbarazzati, restarono a guardare Choji inghiottire i resti di una patatina e raggiungere di corsa la sua compagna.
Azzardarono una rapida occhiata l’uno verso l’altra, per poi voltarsi di colpo in direzioni opposte.
Almeno finché lui non decise di raccogliere quel poco di coraggio e dignità che gli rimanevano, e di afferrare Temari per le spalle.
-    Che cosa stai facendo? Metti giù le mani! - .
-    Sai che ti dico? Ino ha proprio ragione –  . L’agguantò per la nuca e, impacciato, la baciò teneramente in bocca.
Bacio accompagnato dalle risatine complici dei genin.
Temari strabuzzò gli occhi, avvampando. – Shika, ma sei impazzito? Qui, alla luce del sole? – farfugliò quando lui si scostò un poco dalle sue labbra ancora umide per il suo tocco.
-    Non rovinare tutto – sospirò, passandole un braccio dietro alla schiena.
Lei ghignò in modo tanto spaventoso da incutergli una tremenda paura. – Prima di uscire ho preso la chiave dell’ufficio di Gaara - .
Shikamaru sogghignò, beffardo.
- Previdente - .






-    Gli abbiamo dato una bella scossa – osservò divertito Choji, mandando giù un’altra patatina.
-    Già. Ma tu smettila di mangiare quelle schifezze – lo rimproverò Ino, lanciandogli un’occhiata torva.
-    Io non ho le fisse della linea, per fortuna - .
-    Dovresti metterti un po’ a dieta invece, o non troverai mai una fidanzata – sentenziò Ino, severa. – Senza contare che quella roba è tutt’altro che salutare per un ninja - .
-    Magra non è sinonimo di carina – la inchiodò Choji, mostrandole un sorriso ampio.
-    Stai insinuando che sono brutta? – concluse subito lei, ma la sua attenzione fu catturata dal ragazzo accovacciato su un gradino del palazzo del Kazekage, intento a lucidare dei kunai.
Ino si fermò, osservandolo con curiosità mista a malizia.
Kankuro Sabaku, seduto a gambe divaricate su un gradino della scalinata principale, lucidava kunai e altri tipi di armi, come shuriken.
-    Choji, tu vai avanti. Io ti raggiungo subito – disse Ino, e senza lasciargli il tempo di replicare, ancheggiando come solo lei sapeva fare, mirò dritto al bersaglio.





Kankuro, la canotta nera che lasciava scoperti gli avambracci muscolosi, asciugò il sudore sulla fronte e poggiò il panno bianco sulla scala. Impugnò il kunai e lo tese in alto, per esaminarne lo stato. Il suo riflesso lo colpì negli occhi verdi, costringendolo a schermare il viso con l’altro braccio.
-    Ottimo – si congratulò, prendendo un altro kunai.
-    Eccì! - .
Il giovane sollevò lo sguardo, accigliato.
Squadrò la figura sottile che si ergeva dinnanzi a lui, il naso arricciato. Prima le gambe lunghe e magre, poi le fasce che inguainavano la carne delle cosce, e il top viola che poggiava delicato su un seno alto e, infine, una massa di capelli biondo miele che si accendeva di riflessi dorati al sole.
-    Scusa, devo essermi presa un brutto raffreddore - .
Kankuro la degnò appena di un’altra occhiata, per poi tornare a concentrarsi sul suo lavoro. – Già, con questo freddo che c’è a Suna… - .
Ino s’indispettì a quelle scortesi parole.  
-    Sono molto suscettibile agli sbalzi di temperatura – spiegò con alterigia.
Lui rispose con un’alzata di spalle, riponendo il kunai in una scatola.
Ino batté un piede a terra, irritata. Detestava essere ignorata, e se qualcuno, come Kankuro in questo momento, la ignorava lei faceva di tutto per farsi notare.
-    Cosa stai facendo? - proruppe vispa, accomodandosi accanto a lui.
-    Sto lavorando a maglia - .
-    Spiritoso - .
-    Sto pulendo i kunai per i miei allievi, mi sembra ovvio – .
Ino racchiuse il viso perfetto tra le mani, guardandolo languida e sospirando.
E immaginare di passare una mano tra quei capelli arruffati; immaginare di tracciare una scia umida su quel petto virile e sulle spalle possenti; immaginare di scivolare con il corpo esile fra le sue gambe e…
- Cos’hai da guardare in quel modo? – sbottò Kankuro, con un grugnito di protesta.
Ino sobbalzò per lo spavento. Inghiottì saliva, sentendo improvvisamente la bocca prosciugata.
Aver trovato Kankuro Sabaku così sexy la turbava profondamente.
Inclinò il viso, scrutandolo con fare cospiratorio.
-    Ma tu sei proprio sicuro di essere Kankuro? - .
-    No, sono la fata turchina. E tu chi sei? La Principessa delle Stronze? - .
-    Dico sul serio! – esclamò lei, afferrandolo per i capelli e costringendolo a guardarla negli occhi ingannevoli. – Tu sei proprio Kankuro? - .
-    Cos’è, una specie di scherzo? – biascicò il ragazzo, irritato.
-    Ma sei quel Kankuro? Quello con il viso ricoperto da strati e strati di orribile trucco viola? - .
-    Sì - .
-    Quello con la larga tuta fuori moda, il cappuccio con le orecchie da gatto e l’oscena marionetta sulle spalle? - .
-    Sì, ma tu chiamami solo Kankuro, ok?! – fece, infastidito. – E Karasu non è un’oscena marionetta - .
-    Dio, non ci posso credere… - disse in un fruscio Ino, incredula.
Kankuro rise per la prima volta, abbandonando finalmente quell’espressione imbronciata. – Cosa ci trovi di così strano? - .
Ino sbottò in un risolino isterico. – No, nulla! - .
Oddio, trovo eccitante Kankuro Sabaku!
Kankuro Sabaku, ti rendi conto!
Quello con il viso ricoperto da strati e strati di orribile trucco viola, con la larga tuta fuori moda, il cappuccio con le orecchie da gatto e l’oscena marionetta sulle spalle.
È il caldo soffocante di questo deserto che annebbia le idee.
Non c’è altra spiegazione.
-    Eccì! Eccì! - .
-    Cavolo, ma allora ti sei raffreddata sul serio. Tieni, prendi questo – disse Kankuro, porgendole premuroso un fazzoletto.
-    Stammi lontano! Non ti avvicinare! – urlò all’improvviso Ino, balzando a due metri da lui.
Kankuro strabuzzò gli occhi, inebetito. – Ma tu sei pazza – concluse, risoluto.
-    Non ti avvicinare! – ribadì Ino con tutto il fiato che aveva in corpo. Non poteva essere attratta da quella nullità. Si rifiutava categoricamente di credere ad una cosa simile. E quel pizzicore al basso ventre non poteva e non doveva essere causato dalla sua vicinanza.
-    Ti sta colando il naso – la informò Kankuro, allungando un braccio verso di lei, ma la bionda si ritrasse come se lui avesse la rabbia.
-    Non mi toccare! – gridò isterica, perché era consapevole che se l’avesse anche solo sfiorata, non avrebbe saputo resistergli. E la grande e bellissima Ino Yamanaka non poteva abbassarsi a un “ Kankuro Sabaku “ qualunque.
-    I-io devo andare via di qui. Questo deserto mi sta facendo impazzire – balbettò, e, alzatasi, cominciò a correre su per la scalinata.
Kankuro la seguì stralunato con lo sguardo. – Appartieni al Team 10 di Konoha, vero? Dimmi almeno come ti chiami - .
Lei si arrestò in cima alla scalinata, girandosi a guardarlo soltanto per pochi secondi, gli occhi azzurri riflessi in quelli verdi di lui.
-    Ino. Ino Yamanaka – e fuggì dentro.
Kankuro si passò una mano tra i capelli castani, arruffandoli. – Ino Yamanaka. Quella Ino Yamanaka? Ma quanto mi piacciono le collaborazioni tra villaggi… - .




***



La sera era calata su Suna, e la luce delle fiaccole si rifletteva tremolante contro il muro del corridoio. Il cielo, che si stendeva come un manto nero sul deserto sconfinato, era trapuntato di stelle; i rumori nel palazzo parevano sonnecchiare, solo il fruscio delle gambe di Ino contro le lenzuola.
La ragazza si girava e rigirava nel suo letto senza tregua. Si stendeva supina, si copriva fino alle orecchie, poi si riscopriva e si ribaltava sul ventre, producendo un suono attenuato. Le membra tiepide frusciavano a contatto con le lenzuola pulite. Affondava i denti bianchi nelle labbra rosse, ripetendosi che non era possibile, che non era concepibile.
Non poteva trovare bello Kankuro Sabaku, proprio non poteva.
Eppure il pensiero che la sua camera fosse a qualche metro dalla sua, stuzzicava il suo appetito di donna. In fondo si trattava pur sempre di una capatina con il fratello del Kazekage… mica con un ninja qualsiasi. E Kankuro Sabaku era pure un jonin.
Caccia grossa, insomma.
Ino impuntò i gomiti sul materasso, fissando un punto indistinto nell’oscurità.
-    Ok, accetta la realtà: tu, Ino Yamanaka, sei attratta da Kankuro Sabaku. Arrenditi alla verità – proclamò solenne.
Buttò da una parte le lenzuola, sistemò la camicia da notte, raccolse i capelli nella solita coda alta e sgusciò fuori dalla sua camera.



Tra le tue mani scoppia il fuoco che mi brucerà
ed io non voglio più salvarmi da questa verità
c’è una luce che m’invade non posso più dormire





Circospetta, Ino attraversò il corridoio semibuio, attenta a non far rumore. La camera di Kankuro doveva corrispondere all’ultima porta della fila. D’un tratto piantò il piede nudo su qualcosa di morbido, e in risposta ricevette un grugnito di protesta. Abbassò il capo e spalmato a terra trovò…
-    Shikamaru! Che diavolo ci fai a carponi e in mutande nel corridoio del palazzo del Kazekage, a notte fonda? - .
-    Shh – intimò il ragazzo, facendole cenno di abbassare la voce. – Scappo dalla strega - .
-    Come? – domandò Ino, inarcando un sopracciglio.
-    Sto scappando da Temari. Credo che abbia preso troppo alla lettera il tuo consiglio. Anzi, grazie tante per avermi ficcato nei guai fino al collo, amica mia – bisbigliò immusonito Shikamaru.
-    Oh, non devi ringraziarmi. A buon rendere! – replicò lei, ridendo malefica.
-    E tu invece che ci fai qui? – la interrogò, scrutandola con sguardo indagatore.
Ino si sentì gelare braccia e gambe. – Ehm, i-io… io veramente… - .
-    Shikamaru Nara - .
Poco più di un sibilo atroce, capace da solo di polverizzare le ossa.
Shikamaru percepì la schiena tendersi. Alzò lo sguardo terrorizzato verso la figura comparsa sulla soglia della porta.
-    Nara, finalmente ti ho trovato - .
Al suono di quella voce gelida, il ragazzo si pietrificò, incapace di muovere un solo muscolo.
Ino spostava disorientata lo sguardo da Temari ( che indossava una sottoveste viola che lasciava ben poco all’immaginazione ) a Shikamaru ( che in boxer si era illuso di poter attraversare inosservato il corridoio dell’ala est ) .
-    Scusa, stiamo recuperando il tempo perduto – spiegò Temari, sorridendo amabilmente.
O diabolicamente.
- Facendo due conti, dovete recuperare più o meno sei anni. Ce n’è da cavalcare – esclamò Ino, allusiva. Shikamaru la fulminò: Temari da quel punto di vista era già molto attiva per conto suo, non serviva che ci si mettesse anche lei a fomentarla.
- Forza, pigrone – sogghignò Temari, agguantandolo per la coda alta. – Buonanotte, Ino – e detto questo, trascinò con la forza Shikamaru in camera sua.
La porta si chiuse con un gran trambusto.
Ino scosse il capo, divertita. Shikamaru l’avrebbero riportato a pezzi, a Konoha. Accantonò questo pensiero e il suo occhio fu calamitato dalla porta affianco. Guardinga, avvolse le dita attorno alla maniglia ed entrò senza alcuna difficoltà, soltanto che nella camera non c’era nemmeno l’ombra di Kankuro Sabaku.
Be’ , non le rimaneva che aspettare lì il suo ritorno.


Un’ora dopo…



Kankuro sfilò la maglia intrisa di sudore e la gettò a terra. Afferrò la bottiglia di sakè e ne trasse un sorso, aggirandosi per la stanza in disordine.
-    Mi sono stancato di andarmene in giro per Suna fino all’una di notte, solo per far vedere a Gaara che ho una vita sociale e per convincere Temari che non sono una checca – sbuffò, asciugandosi la bocca con il dorso della mano.
Allentò la cintura dei pantaloni, scoprendo in parte i boxer neri, e posò la bottiglia di vetro sulla scrivania, sormontata da una montagna di fascicoli che non si sarebbe mai deciso a controllare.
Si buttò sul letto a peso morto, la faccia rivolta al soffitto, e socchiuse le palpebre. Scolò un altro goccio e si grattò gli addominali ben definiti, il petto che si alzava e abbassava regolarmente.
Intorno a lui imperava sovrano il silenzio del deserto.
-    Eccì! Eccì! Eccì! - .
-    Hn, che palle – sospirò il ragazzo, rovesciando gli occhi. – Ino, vieni fuori. Lo so che sei qui dentro - .
-    Parla: come facevi a sapere che ero io! – sbottò indignata la bionda, saltando fuori da sotto il letto.
-    Ogni volta che mi vedi starnutisci – spiegò lui, con una cantilena. - Non è che sei allergica a me, per caso? - .
-    Non a te. Al tuo odore orientale - .
-    Ma io non uso profumi - .
-    Lo so bene. Infatti mi sto riferendo al tuo sudore. Mi eccita troppo – profuse Ino, guardandolo voluttuosa.
-    Forse è meglio se esci – suggerì Kankuro, sudando freddo.
Lei rise maliziosa. Si lanciò sul giovane, bloccandolo al materasso per i polsi.
-    Tutti uguali voi uomini. Pensate solo al sesso. E io che ti credevo diverso dagli altri - .
-    Non sono io quello che si è tuffato sul letto – osservò Kankuro, cercando di allontanarsi dal suo viso sempre più vicino.
-    Shh. Mi vuoi, vero? – chiese Ino, in un fruscio sensuale.
-    No, veramente io volevo mettere il pigiama e andare a dormir… - .
-    Sì che mi vuoi. Lo vedo da come mi guardi - .
-    Ma non è vero! Non ti sto guardando in nessun modo - .
Ino si piegò su di lui e il suo ciuffo biondo miele gli sfiorò piacevolmente il naso.
-    Non provare a baciarmi, o mi metto a urlare - .
-    Ma chi ti bacia! – si difese Kankuro. – Stai facendo tutto da sola - .
-    E va bene, stavolta hai vinto tu, ma me la pagherai – disse Ino e si avventò sul povero Kankuro per baciarlo, ma lui si scansò appena in tempo.
-    Sei dura di comprendonio! Ora ti faccio vedere io - . Ribaltò la situazione, inchiodandola con il proprio corpo al materasso.
-    Lasciami andare, maniaco! Vuoi approfittare di una povera fanciulla indifesa? – si mise a gridare Ino, scalciando.
-    Sei tu che ti sei intrufolata nella mia stanza – ribatté con leggerezza Kankuro.
-    Mi tieni in ostaggio? – lo provocò Ino, il viso atteggiato di nuovo a un’espressione maliziosa.
Kankuro sfoggiò un sorriso sornione. L’aveva intrappolata nel suo gioco.
Maledetto Kankuro Sabaku e i suoi micidiali giochetti.
-    Non posso lasciare testimoni - .


Bello, bello e invincibile
con gli occhi verdi e col tuo gioco micidiale
scoppia nella notte il sentimento
ti sento, forte forte forte ti vorrei



Ino ricambiò il sorriso, complice. Con fatica riuscì a capovolgere la situazione e si mise a cavalcioni sul ragazzo, immergendo gli occhi nei suoi.
Afferrò i bordi della camicia da notte e tirò su, scoprendo il bel corpo candido.
Kankuro portò le mani ai suoi fianchi, affondando le dita nella carne che bruciava per l’eccitazione. Ino lo guardò languida, lanciandogli in faccia la sua veste. Lui scrollò il capo arruffato e se la tolse di dosso. Serrò i denti attorno alla carne del collo, sentendola aggrapparsi con le unghie alle sue scapole sudate.
Ino buttò la testa indietro, sciogliendo con un colpo secco i lunghi capelli biondi che travolsero come un’onda i volti di entrambi.
-    Be’ , per stanotte sono tua. Tutta tua - .
Kankuro si strinse le sue gambe al bacino alla ricerca di un contatto più intimo. Lei affondò il viso nel solco della sua spalla, lambendo la pelle umida.
Un sussurro ruvido:
- Amo il tuo sapore orientale - .



***



Intanto, nella stanza affianco…




Shikamaru indossò la maglia nera e sprofondò la schiena nel cuscino, intrecciando le mani dietro alla nuca. Buttava la testa indietro, allargando i gomiti.
Temari stava di fronte all’armadio a specchio, in cui si rifletteva per intero il suo corpo, nascosto appena da una camicia da notte guarnita di pizzi.
Si piegava di lato, verso sinistra, per osservare il suo fianco tornito, tirando appena la pelle liscia con la punta delle dita.
Shikamaru la contemplava.
La luce tremolante delle candele metteva un chiarore dorato su quelle rotondità, sul profilo del seno alto.
-    Hai visto che grande ospitalità ti è stata riservata stavolta? Ora non provare ad andare in giro a lamentarti della malignità di Gaara e della rozzezza di Kankuro! Ti hanno gentilmente concesso la camera della sorella del Kazekage del Paese del Vento! – esclamò divertita la ragazza, scansando con la punta del piede nudo un sandalo.
Lui non rispose.
-    Allora? – incalzò Temari. Si girò a guardarlo, la punta del mento che le sfiorava delicatamente la spalla scoperta.
Shikamaru alzò la testa, guardando con gli occhi fissi la curva sinuosa della schiena di Temari, le morbide carni illuminate dalla luce fioca delle candele.
Sfilò una sigaretta stropicciata dalla tasca del giubbetto da chuunin e la strinse tra le labbra ancora umide, senza accenderla, gustando il sapore amaro del tabacco che si mescolava a quello fruttato che gli aveva lasciato impresso.
- L’ultima volta che sono stato qui non hanno mostrato tutta questa gran ospitalità… - masticò seccato.
- Lo sai come sono fatti. Perché te la prendi tanto? – ribatté Temari, con noncuranza.
Il giovane Nara strabuzzò gli occhi e si tolse di colpo la sigaretta di bocca, prima che finisse di strozzarsi con la sua stessa saliva.
- E me lo chiedi pure? L’ultima volta che ho messo piede a Suna, mi hanno fatto scappare con la coda fra le gambe - .
- Oh, non sarà ancora per quella ridicola storia?! – .
Shikamaru arricciò il naso, crucciato per la sua risata impertinente. – Avrei voluto vedere te al posto mio. Appena sono arrivato, Gaara mi ha detto “ Finalmente nostra sorella ha trovato l’uomo della sua vita “ , e Kankuro, tutto puntiglioso, ha sottolineato: “ E non sei tu, quell’uomo “ - .
- Volevano farti scappare e ci sono riusciti. La colpa è tua che hai abboccato a quella stupida storia del matrimonio – replicò lei, pragmatica.
- Eh eh! Alla domanda “ Quando si sposa? “  hanno risposto in coro “ Presto. Molto, molto presto ” … Hn, idioti - .
Imbronciato, Shikamaru tornò a rannicchiarsi contro il cuscino, mentre gli occhi seguivano ancora il profilo del seno e l’ombra sottile proiettata sulle cosce.
Abbassò le palpebre per non vedere, ma quel tenero profilo si presentava con prepotenza alla mente. E pensò che sarebbe rimasto lì per tanto tempo ancora.
Quella donna era un incubo.
Specialmente quando le compariva il ghigno spaventoso sul viso, proprio come in quel momento.
-    Potresti sempre rapirmi. Andiamo via, solo io e te, senza più problemi… Credimi, non avrai niente da rimpiangere! Con me starai come non sei stato mai! – e le narici le vibrarono, segno dell’imminente, fragorosa risata.
Shikamaru dondolò la testa a destra e a sinistra, con le gambe divaricate. – Troppo complicato, ergo… faticoso – rispose vagamente, come per evitare l’argomento.
Temari prese a strofinare una guancia contro la spalla con un movimento meccanico, impregnando l’aria di un odore fruttato.
Il suo odore che gli era rimasto addosso.
Shikamaru fu scosso da un tremito di tenerezza.
Non riuscendo a distogliere lo sguardo da lei, la guardava fissamente.
Le labbra erano protese e gli occhi dal taglio languido lo penetravano con voluttà.
Il giovane emise un sospiro profondo e prolungato.
Ogni suo gesto, ogni sua espressione lo esasperava.
Di colpo ogni dubbio fu spazzato via da una folata di vento, e, sopraggiungendole alle spalle, l’afferrò bruscamente per la vita e la trascinò a terra, inchiodandola al pavimento con il peso del suo corpo.
-    Lasciami, idiota! – strillò lei, inviperita.
-    Non ho nemmeno la forza di sollevare un gomito – replicò con leggerezza Shikamaru, premendo la bocca calda contro il suo collo.
-    Konoha va d’accordo con quelli del villaggio della Nebbia? – domandò furba Temari quando riuscì a ribaltare la situazione.
-    Sai che ti ho pregato di non pensarle nemmeno certe cose – sbuffò Shikamaru, roteando gli occhi scuri.
- E perché mai? Non sarebbe una cattiva idea… La vita, sai, non è tutta qua - .
Quando Temari si piegò su di lui, tanto da mettergli il seno a un centimetro dal naso, lui balbettò come se stesse per perdere i sensi.
E poi quel viso soffuso da un sorriso innamorato.
E Shikamaru affondò a picco.




***






Erano le prime luci del mattino.
La porta dell’ufficio del Kazekage era sigillata, e dalla superficie trapelavano solo mormorii confusi e passi ampi e svelti.
Gaara stava seduto dietro alla grande scrivania, immobile e pallido come una statua di gesso. Si sarebbe detto pietrificato, se non fosse stato per quel piede sospeso nel vuoto che dondolava meccanicamente.
Kankuro, invece, traversava diagonalmente la stanza con frenesia, le mani allacciate dietro la schiena e la fronte aggrottata sotto il cappuccio.
L’aria all’interno era tesa, tagliente.
Le uniche fonti di rumore erano le imprecazioni bisbigliate di Gaara e il crocchiare nervoso delle mani del fratello.
Di fuori, nel corridoio, si avvertita un gran trambusto.
I ninja di Suna facevano andirivieni, senza tregua. L’intero Palazzo sembrava essersi mobilitato, e mancava ancora mezz’ora all’alba.
-    Kankuro, smettila di fare avanti e indietro. Così mi fai venire l’ansia. Siediti! – sbottò d’un tratto il Kazekage, perfettamente saldo dietro la sua scrivania.
-    Oh, ma io non sono preoccupato! Perché ti sembra la faccia di uno preoccupato questa? – gridò isterico il fratello, piazzandogli a un millimetro dal naso il suo faccione arrossato di collera.
Poi si buttò a peso morto contro la parete, le braccia incrociate sul petto e le gambe divaricate, il viso atteggiato a un’espressione minacciosa e imbronciata.
-    Sono preoccupato - . Gaara batté i pugni sul piano ligneo, risoluto. Si alzò e, come aveva fatto il fratello fino a poco tempo prima, prese a fare avanti e indietro per la stanza, senza tregua. I denti bianchi affondavano e rilasciavano la pelle rosea delle labbra.
-    L’ha rapita. Brutto stronzo – sbraitò Kankuro, sprofondando scomposto sulla sedia del Kazekage.
-    Da quel biglietto lei sembra essere consenziente – osservò Gaara, girandosi a guardarlo.
-    Mmpf! Ovvio che era incapace d’intendere e di volere. Quell’invertebrato deve averla stordita con qualche tecnica segreta del suo clan da strapazzo – arguì Kankuro, assumendo un’espressione seria che non gli apparteneva.
L’altro assentì, pensieroso.
-    Già, non c’è altra spiegazione – disse, ed ebbe un sospiro profondo e prolungato.
-    Dobbiamo organizzare una squadra di jonin e dare inizio alle ricerche. Ah, e non dimentichiamoci di far impiccare Nara! - .
Gaara scosse il capo, indignato. – Come si può rapire la sorella del Kazekage e sperare di farla franca?! - .
-    Io l’ho sempre detto che non era quel genio che tutti credevano – sentenziò Kankuro, altezzoso. – Vado a chiamare i jonin - .
-    Fermo là! – lo arrestò il fratello, riprendendo il suo posto dietro la grande scrivania lucida.
-    Ho già predisposto gli ordini. Choji Akimichi si è offerto volontario per costituire una squadra di ricerca addetta al recupero di Temari e di quel… quel furfante! – abbaiò tra i denti, le unghie conficcate nei palmi.
Kankuro alzò di scatto il capo, gli occhi sgranati.
-    Choji Akimichi hai detto? - .
-    Esattamente. Lui e la sua compagna si metteranno questa mattina stessa in viaggio per Konoha. Lasceranno Suna all’alba - .
Il cuore di Kankuro mancò un battito, e tutt’intorno sembrò spegnersi.
I capelli biondi che rivestivano quel dorso magro e sinuoso.
La pelle morbida e pallida, come se fosse stata inzuppata nel latte.
La bocca che sospirava avida, schiusa in un sorriso quasi innamorato.
-    Ehi, sveglia, idiota! Di’ a Baki di accompagnare Choji Akimichi e la sua compagna di squadra alle porte del villaggio. A costo di rivoltare il mondo, ritroveremo la nostra sorellina! – proclamò solenne Gaara, interrompendo bruscamente il filo dei suoi pensieri.
Kankuro sentì la bocca prosciugarsi.
-    Già… Allora… - inghiottì una consistente quantità di saliva - … allora vado a chiamarli - . Abbandonò l’ufficio, torcendosi nervosamente le dita.
Stava per perdere Ino Yamanka senza averla mai posseduta davvero.
D’impulso sferrò un pugno contro lo stipite di una porta, soffocando tra i denti un gemito. – Come la metti, la metti: è sempre colpa di Nara - .






***





-    La prossima volta fammi un piacere: stai zitta! Guarda che figura abbiamo fatto con quelli di Suna, suggerendo a Shika di darsi una svegliata – borbottò Choji, riassettando lo zaino sulla spalla. – Alla fine il genio ha avuto l’illuminazione di scappare con la sorella del Kazekage! - .
-    Perlomeno si è deciso a fare qualcosa – obiettò l’altra.
-    Sì, ma ora il Kazekage pensa che Shikamaru abbia agito da solo e abbia portato via Temari contro la sua volontà. Forse non ti rendi conto del guaio in cui si è cacciato! Lo appenderanno al cappio, te lo dico io – imperversò Choji, agitato.
-    Oh, morirà per far trionfare il suo amore! Io la trovo una cosa così romantica! – esclamò Ino, con espressione trasognata.
Il ragazzo tarchiato piegò le labbra in un sorriso, lanciandole un’occhiata complice.
L’amica, infatti, canticchiava allegramente, senza lamentarsi dello zaino sulle sue spalle delicate, del sole che seccava la pelle, del caldo che le impregnava i vestiti. Ino canticchiava spensierata.
-    Ti sei ri-ri-innamorata, per caso? – la inchiodò.
Lei si arrestò, interdetta. Sollevò l’ovale perfetto e lo guardò sconvolta.
-    Ma no! Choji, come ti viene in mente una cosa simile! – negò poi, riprendendosi dallo stordimento.
-    Bah… - fece lui, stringendosi nelle spalle. – Sul viso hai la stessa espressione con cui guardavi Sasuke Uchiha - .
Ino sbatté le ciglia chiare, la bocca semiaperta per lo stupore.
-    Sasuke – mormorò con voce spezzata, gli occhi azzurri fissi sulla sabbia.
E pensò che forse Cohji aveva ragione. Era da quando Sasuke aveva abbandonato il villaggio che non sentiva quel nodo nello stomaco, il cuore palpitante, le vene pulsare sotto la pelle. Era da tanto tempo che non provava un sentimento così intenso per un ragazzo, ed era stato bello riscoprire quella forte emozione che la invadeva e le irradiava il volto.
E adesso era così buffo paragonare Sasuke a Kankuro.
Al solo pensiero le scappò una risata cristallina.
-    Tutto bene? – domandò Choji, apprensivo.
-    Mai stata meglio! – rispose lei, tutta pimpante. E, gettando di scatto lo zaino a terra, cominciò a correre nella direzione opposta.
 


Mi sconvolge l’emozione e non so perché
oltre il bacio della folla vedo solo te
mentre corro nel tuo sguardo sotto la città
e non voglio più mi arrendo chi mi salverà




La folla si accalcava nelle strette vie di Suna, dove l’aria arida del deserto premeva sui tetti delle case come macigni di piombo. Sotto un portico, i mercanti gridavano a gran voce per calamitare l’attenzione dei clienti; in mezzo alla strada un gruppo di bambini scorazzava allegramente tra i banconi della frutta; delle anziane signore, sotto i mantelli chiari, stazionavano sulla soglia di una locanda, lo sguardo indagatore puntato fissamente su Kankuro Sabaku, il fratello del Kazekage.
Quello sollevò lo sguardo oltre la folla, appena in tempo per afferrare al volo la ragazza che gli si era lanciata tra le braccia.
-    Scusa per il ritardo – bisbigliò al suo orecchio Ino, in un soffio che lo fece rabbrividire.
-    Scusa per il raffreddore – rispedì lui, afferrandole dolcemente il mento appuntito tra due dita.
Ino scosse la testa bionda, inclinando il viso.
-    Basta con queste scuse - .
Kankuro socchiuse gli occhi, la bocca che cercava avidamente quella di lei.
-    Temo che dovremo farlo spesso - .


Sei bello, bello e impossibile
con gli occhi verdi e il tuo sapor mediorientale
bello, bello e invincibile con gli occhi verdi e la tua bocca da baciare






***




Dedicata a te, Robbè



Questa storia la dedico a Roberta ( bambi88 ) per il suo compleanno.
Tesoro, Kankuro oggi è tutto per te!! Mi raccomando, non me lo spupazzare troppo ù_ù! Ricordi quanto ci abbiamo scherzato su questa canzone?!! Ah, che belle quelle giornate! E Kankuro, per noi ( speriamo anche per qualcun'altra ^^' ) , è bello e impossibile ù_ù , specialmente Ino lo trova irresistibile!!
Auguri e, anche se invecchi ( :P ) , rimarrai sempre quella persona davvero speciale che ho conosciuto^^ .
Speriamo di rivederci presto, intanto ti mando un abbraccio!

La canzone è "Bello e impossibile" di Gianna Nannini. Il pezzo "occhi neri" è stato cambiato con "occhi verdi" , per adattarla al personaggio XD!








  
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