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Autore: rossella0806    02/01/2016    2 recensioni
Philippe Soave è uno psicologo infantile che lavora presso il "Centre Arcenciel" di Versailles, una sorta di scuola che ospita bambini e ragazzi disagiati, a causa di dinamiche famigliari non proprio semplici.
Attraverso il suo sguardo appassionato, scopriremo la realtà personale dei piccoli e grandi ospiti, ognuno dei quali troverà un modo per riscattarsi dalle ingiustizie della vita.
Ci sarà anche spazio per sorridere, pensare e amare!
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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FIESTA!


Vivianne spiò fuori dalla finestra della cucina: nessun segnale, nessuna presenza umana, al di là del vialetto, e questo voleva dire che poteva dare inizio al suo piano.
Recuperò la chiave dal tavolo in finto legno di pino, raccattò una delle due borse della spesa, stracolme all’inverosimile e appoggiate contro lo stipite, quindi urlò:
“Amore, sei pronto?!”
Alexis il marcantonio, sprint in una tuta grigia e blu, spuntò da dietro il divano, sfoggiando raggiante la dentatura bianca e perfetta:
“Certo che sì, tesoruccio! Ho recuperato i festoni in quel negozio che mi hai suggerito e poi ho scelto le bottiglie di vino: uno bianco fruttato e uno rosso. E la torta l’ho già sistemata in frigo!”
La ragazza gli si avvicinò gongolante: gli pizzicò con tenerezza una guancia, chiuse gli occhi azzurri e avvicinò la bocca a quella di lui, dove gli stampò un appassionato bacio.
“Bravo, amore, sapevo di poter contare su di te! Dobbiamo solo andare a ritirare la cena da Hélene, ma manca ancora un’ora abbondante!” constatò soddisfatta, controllando l’orario sul quadrante dell’orologio da polso.
“Ora sbrighiamoci a trasferire tutto dall’altra parte, altrimenti arriverà prima che sia tutto pronto!”



Due ore più tardi, ogni cosa era al proprio posto: nel piccolo lembo di giardino sul retro della casa, appesi alla porta, Vivianne ed Alexis avevano sistemato delle lanterne, grigie e tozze, che tenevano compagnia ad un lungo addobbo azzurro, con la scritta rossa arzigogolata, le cui parole di augurio erano quasi indecifrabili; disseminati sul fazzoletto di terra ed erba, i due piccioncini si erano divertiti a sparpagliare una dozzina di palloncini coloratissimi, la cui numerosità quasi impediva il libero passaggio da un lato all’altro del giardinetto.
Sul tavolo nero da picnic, recuperato nella cantina di Vivianne, dove era stato dimenticato da chissà quanto tempo, imbruttito dalla polvere e da generose ragnatele, spiccavano numerose prelibatezze: sformati di pasta, verdure pastellate, fondute di formaggi ed omelette ripiene creavano un grazioso effetto ottico insieme alla tovaglia verde e arancione.
“E’ tutto perfetto!” esultò la giovane, battendo le mani in un gesto di puro entusiasmo.
“Mi sembra che non manchi nulla!” continuò, guardando in brodo di giuggiole il bell’imprenditore, indaffarato a sistemare i bicchieri di cristallo.
“Tranne la torta! Con la fatica che ho fatta per portarla a casa sana e salva, non possiamo dimenticarcene!” la redarguì il marcantonio, alzando lo sguardo e sorridendole.
“Hai ragione, amore!” si scusò zuccherosa Vivianne, e si affrettò a consolarlo, stampandogli l’ennesimo bacio sulla guancia.
“Mi è venuto in mente che, forse, dovremmo mettere anche qualche bottiglia di acqua e di bibite …” sentenziò titubante la ragazza, ricordandosi della presenza dei bambini.
“Non ne abbiamo?” s’informò Alexis, non particolarmente allarmato, troppo preso a sistemare i tovaglioli di carta, verdi e arancioni come la tovaglia.
“Di acqua sì, di bibite no. Fa niente, chiederò a Liliane di recuperare qualche bottiglia: non si sa mai!”
Mentre lei riesumava il cellulare dalla borsetta, Alexis terminò di apparecchiare: adesso toccava al centrotavola, una composizione floreale piuttosto pacchiana, ma dai colori sgargianti e di grande effetto, che il suo tesoruccio aveva tanto insistito per comprare al mercatino dell’antiquariato di qualche giorno prima: e si sa, un uomo innamorato, per la sua pulzella, è disposto a tutto.




Alle sei e trentasette, quattro macchine – due Peugeot nere, una rossa e una Renault giallo senape- parcheggiarono davanti alla villetta di Philippe.
Dall’auto color canarino abbronzato, scese una coppia di mezza età: l’uomo era vestito con un completo di lino che, per le sue tinte, ricordava una grossa castagna troppo matura, mentre dalla giacca spuntava una camicia bianca e un cravattino striminzito a pois verdi.
Il viso dalla mascella alla greca si aprì in un sorriso, quando sollevò gli occhiali da sole e lascò intravedere gli occhi grigio azzurri: sistemò la montatura sui capelli sale e pepe, radi in certi punti ma folti dove la chioma traboccava ancora.
Alla sua destra, dal lato del passeggero, fece capolino una bella donna, di media altezza, i capelli ramati e freschi di messimpiega, gli occhi verdi.
Avvolta in un tailleur leggermente datato, di un cobalto accecante, attese che anche il resto della comitiva scendesse dalle altre tre auto.
Dalle Peugeot scesero per primi due maschietti di sette e quattro anni, rossi di capelli e con gli occhi nocciola, intenti a contendersi una tracolla da cui spuntava un videogame.
Poi, come delle principesse ereditarie, fu la volta delle quattro fanciulle adolescenti, inglobate in vestiti semitrasparenti color pastello, con tanto di coprispalle coordinati e capelli lunghi e setosi arricciati in chignon o sciolti sulle spalle.
Infine, dalle postazioni anteriori, fecero la loro entrata trionfale i genitori dei teppistelli: le donne assomigliavano parecchio al signore con il cravattino a pois, soprattutto per gli occhi azzurri e il profilo del volto, ma vantavano la chioma ramata della consorte.
“Forza, ciurma!” li apostrofò con un gesto del braccio l’uomo dalla mascella alla greca, assicurandosi di aver chiuso l’automobile.
Quindi, attraversò la strada, dietro di lui il resto del gruppo, ubbidienti come soldatini ma sbuffanti come locomotive di un treno.



“Eccoli! Sono arrivati!” esclamò Vivianne, mentre andava incontro agli ospiti.
“Signori Soave! Siamo qui, venite!” li salutò sbracciandosi, mentre Alexis le arrancava alle calcagna: si era cambiato d’abito, adesso indossava una Polo a maniche corte, bianca, che metteva in risalto l’abbronzatura, e dei bermuda appena sopra le ginocchia, eleganti e sportivi al contempo, in perfetta sintonia con i mocassini color cammello.
“Uh lalà! Lei dev’essere la vicina di casa di Philippe, giusto? Ėnchanté, mademoiselle, vraiment énchanté!”
“Che galantuomo! Suo figlio non mi avevo detto di avere un padre così gentile!”
La ragazza, spumeggiante in un vestito turchese e i capelli biondi raccolti sulla nuca, si lasciò fare molto volentieri il baciamano.
“I ragazzi non sono ancora arrivati?” domandò sornione il nuovo venuto, mentre la moglie gli dava una gomitata.
“Edmond, non ci presenti?”
L’uomo sbuffò impercettibilmente e, strabuzzando gli occhi in direzione di Vivianne, prontamente si scusò con la sua dolce metà:
“Ma certo, Nadine, perdonami, cara. Volevo fare un po’ il farfallone con questa bella giovincella: dunque, questa è mia moglie …”
Le due donne si strinsero cortesemente la mano, mentre il padre di Philippe proseguiva con le presentazioni:
“Queste sono le nostre figlie: Claire, Jeanne ed Agnése, con i loro rispettivi mariti, François, Vincent e Fabrice. Infine, ecco gli adorati nipoti: i piccoli Raymond e Fréderic e le madamigelle Sophie, Julie, Valerie e Christine!”
“Siete una famiglia stupenda, signor Soave, davvero complimenti! Però, adesso, sarà meglio entrare: Philippe e Liliane arriveranno tra poco! Suo figlio non sa nulla della festa a sorpresa: crede di passare una tranquilla serata con la fidanzata, da soli, invece … non sa cosa gli aspetta!”
“Così si fa! Mi piacciono le donne con iniziativa!” continuò Edmond, facendole l’occhiolino e seguendola in casa, ovviamente dopo aver fatto passare la consorte.  



Liliane era emozionata come non le capitava da mesi: non vedeva l’ora di incontrare la madre e le sorelle di Philippe, di condividere con loro la meravigliosa notizia che avevano tenuto segreta fino a quel momento, fino alla festa di compleanno che ci sarebbe stata quella sera.
Con una scusa, era riuscita a tenere fuori casa Philippe per l’intero pomeriggio, convincendolo ad andare a fare due spesucce in città, a Versailles, mentre Vivianne e il suo fidanzato allestivano la cena in giardino: le stava davvero simpatica, quella ragazza, era cordiale e molto generosa; si era offerta di preparare ogni cosa, senza addossarle alcuna responsabilità, come se fossero state migliori amiche.
Dopo che le aveva fatto avere il doppione delle chiavi della villetta, Liliane era andata ad intercettare Philippe all’entrata del supermercato, convincendolo a rimandare i rifornimenti per il giorno successivo.
Erano le sette e mezza, ormai, il sole sarebbe tramontato di lì a poco, e l’atmosfera era a dir poco perfetta: la giornata era stata piacevolmente calda, illuminata da un sole estivo di inizio agosto.
Non c’era molta gente, per strada, quasi tutti si erano riversati nelle piscine o nei parchi, per godere di un po’ di fresco e allontanarsi dalla calura, le fronde dei sempreverde e il zampillio delle fontane ad alleviare le temperature tropicali.
Era stanca, ma felice e immensamente soddisfatta: alla fine, dopo i primi tre negozi, si erano rifugiati in un bar con i tavolini all’aperto, sotto un gazebo in mezzo ai frassini; avevano chiacchierato di quello che li avrebbe aspettati, di lì ai prossimi mesi, si erano divertiti a sparare nomi, a immaginare viso e colore degli occhi, la forma del naso e quella delle labbra; avevano prenotato due Schwepps e poi gli immancabili ACE, ottimi per accompagnare una fetta di torta alla crema di limone.
Adesso, nonostante i piedi che le dolevano e la schiena che cominciava a dare segni di tensione, Liliane non avrebbe potuto reputarsi più fortunata ed appagata: guardando al passato, a ciò che era accaduto per colpa di quel mascalzone bugiardo di Mathieu e dei suoi sporchi traffici di riciclaggio di denaro, si sentì sollevata a pensare che, nonostante l’apprensione e la paura di essere ingiustamente arrestata, il loro bambino stesse bene.
La visita dalla ginecologa, il giorno prima del suo fermo, quasi tre mesi prima, aveva confermato la gravidanza di poche settimane: ecco perché, quel pomeriggio, dopo la partenza di Sophie dal Centre, aveva dovuto declinare l’invito di Philippe a cenare insieme.
“Amore, sei stanca?” le domandò il compagno, aiutandola a scendere dalla Mini Cooper blu notte e baciandola sulla bocca, ormai spoglia di rossetto.
“Un pochino, ma non preoccuparti. Allora? Pronto a festeggiare? Ci aspetta una serata spettacolare!”
“Lo so: solo tu ed io, sdraiati a letto, con la luce soffusa, una bella pizza al metro, la TV a basso volume, anzi, meglio della musica, possibilmente romantica ma non troppo e …” cominciò ad elencare lo psicologo, mentre si avviava lungo il vialetto di casa, intento a sbaciucchiare il collo e una guancia di Liliane.
“Che ne dici di mangiare fuori, in giardino?” gli rispose con noncuranza, una volta entrati, lanciando occhiate ansiose in direzione della veranda.
“Oh, beh, sì, perché no? E’ una serata così bella, che è un peccato starsene al chiuso! La pizza potremo mangiarla al chiaro di luna!”
Philippe, l’ingresso in penombra per il sole che stava calando, si affrettò ad andare in cucina per bere dell’acqua: tutte quelle bibite gli avevano fatto venire ancora più sete, così trangugiò, uno dietro l’altro, due bicchieri di acqua frizzante.
“Uhm, a proposito, le bottiglie di coca cola e di aranciata sono ancora in macchina, vero?”
“Sì, le ho messe nel bagagliaio. Se le vai a prendere, quando torni possiamo chiamare la pizzeria …” ribatté Liliane, sorridendogli e togliendosi le scarpe.
“Ti aspetto in giardino!” gli gridò, mentre il ragazzo era già sul vialetto.

“Eccomi! Mi stavano cadendo: non capisco perché abbiamo preso tutte queste bottiglie … chi li beve sei litri di … Liliane?! Dove sei andata?”
Philippe era ritornato con il carico da undici, la coca cola biologica e l’aranciata: quando alzò lo sguardo, dopo aver posato le due confezioni per terra, si accorse che la fidanzata non era più in piedi, ad attenderlo; per l’esattezza, non era nemmeno seduta, sembrava sparita.
Forse è andata un attimo in bagno, a cambiarsi, o magari in camera, a sdraiarsi, passò
mentalmente in rassegna, cercando di non farsi aggredire da un attacco insensato di panico: se non ricordava male, gli aveva gridato qualcosa, mentre stava uscendo a recuperare le bottiglie, ma non ci aveva dato peso, anzi, non l’aveva proprio sentita.
Salì preoccupato al piano di sopra: aprì, chiamandola per nome, le porte della toilette e della stanza in cui dormiva, ma di lei nessuna traccia.
E se si fosse sentita male? Se qualcuno l’avesse rapita?
Nella testa di Philippe, cominciarono a balzare mille interrogativi, uno più infelice e poco probabile del precedente.
L’unica soluzione, cominciò a convincersi, è che sia già andata in giardino, ad apparecchiare.
Scese a due a due gli scalini e, attraversando il salottino e la cucina, finalmente aprì la porta della veranda …
“Sorpresa!! Tanti auguri di buon compleanno! Tanti auguri a te, tanti auguri a te! Tanti auguri a Philippe, tanti auguri a teeeeeeeee!!!
“Ma … io …” tentò di replicare l’interessato, riuscendo più che altro a biascicare invano.
Perché è un bravo ragazzo, perché è un bravo ragazzo, perché è un bravo ragaaazzooo, nessuno lo può negar! Nessuno lo può negar, nessuno lo può negar, nessuno lo può negaaaar!
“Evviva! Auguri, fratellino!”
“Trent’anni e non sentirli, figlio!”
“Buon compleanno, tesoro della mamma!”
“Auguri, zio”
Philippe cercò lo sguardo di Liliane, che gli stava sorridendo e, con le labbra, tentava di sussurrargli un appassionato ti amo.
Finalmente, dopo che la bolgia di parenti gli lasciò tirare un attimo il fiato, dopo che il marcantonio gli stritolò per benino la mano e Vivianne desisté dall'incriccargli le spalle con un morsa degna di un pugile, riuscì a raggiungere la fidanzata, sulla quale tutti gli occhi dei presenti erano puntati.
L’unica persona che la ragazza conosceva, infatti, era Edmond: se lo ricordava esattamente allo stesso modo, farfallone e sorridente, proprio come in quell’occasione, ormai tre mesi addietro, in cui lo aveva incontrato in seguito allo sfratto momentaneo da parte della moglie, Nadine.
Liliane non ebbe neppure il tempo di realizzare dove fosse la futura suocera, che si ritrovò a baciare dozzine di guance, a stringere mani, a condividere sorrisi e sguardi, occhiate amichevoli e incuriosite, per nulla inquisitorie o recriminatorie.
Forse, l’idea della festa a sorpresa non è stata così ottima, si disse, con tutta questa gente e questa confusione, ho paura di non trovare il momento adatto per dare la bella notizia.
“Un attimo di attenzione, per favore!”
Philippe richiamò all’ordine la ciurma che, eseguito il proprio dovere, adesso non vedeva l’ora di avventarsi sul ricco e succulento buffet.
Lanciò un’occhiata ai due piccioncini (alias Vivianne ed il marcantonio), compressi in un angolo del giardino, illuminato da esagerate candele rosse e verdi, che continuavano a sbaciucchiarsi e a sorridere come ebeti alle battute l’uno dell’altra; incrociò gli sguardi dei suoi genitori, delle sorelle e dei cognati, che tentavano di tenere a bada i due teppistelli, intenti a litigare per accaparrarsi il videogame; intravide le dita veloci delle nipoti scorrere sul display del cellulare. Infine, incontrò gli occhi verdi e sinceri di Liliane: le strinse la mano, con forza e sicurezza, come a confermare la sua presenza e a ricevere il benestare per iniziare il discorso che avrebbero affrontato. Insieme.
“Dunque … dato che mi avete stravolto i piani per la serata …”
“Philippe!”
“Scusa, mamma. Riformulo la frase: allora, dato che mi avete piacevolmente stravolto i piani per la serata, vorremmo approfittarne per dirvi una cosa molto importante ...”
“Sì, ma prima, vorrei ringraziare Vivianne ed Alexis” s’intromise la psicologa “per aver contribuito a rendere speciale e perfetta questa festa: grazie di aver pensato a tutto voi, di aver preparato con cura la tavola e gli addobbi … siete stati davvero splendidi”
Partì un applauso di congratulazioni rivolto ai due pesci lessi che, sentendosi nominare, si riscossero dal loro torpore di colombi innamorati.
“Liliane ed io abbiamo da darvi una notizia fantastica, stupenda!”
Gli occhi di tutti i presenti si concentrarono sul festeggiato e la fidanzata: calò un silenzio irreale, nessuna brezza a solleticare le fronde degli alberi, nessun uccello notturno a librare nel cielo stellato, nessun motore o clacson di automobile a disturbarli.
“Lo diciamo insieme?” cercò l’approvazione Philippe, stringendo più forte la mano della ragazza e guardandola.
“Sì … ecco ... sono incinta!!!”
“Oh … ma, Edmond, hai sentito! Il nostro tesoro aspetta un bambino!”
“Più che lui, è la nostra futura nuora che attende un pargolo”
“Sottigliezze, testone!”
E giù l’ennesima caterva di auguri e congratulazioni agli interessati, fino a quando, improvvisamente, la voce di Vivianne si fece largo tra i mormorii di approvazione:
“Ma Philippe, uffa, sei sempre il solito! Passi che sia il tuo compleanno e che devi stare al centro dell’attenzione, ma così mi hai rovinato la mia di sorpresa!”
“Quale sorpresa?” s’informò incredulo il ragazzo, mentre tentava di non sputare in faccia al marcantonio, che aveva appena finito di stritolarlo per benino.
“Anche noi abbiamo un annuncio importante da dare!” sentenziò gongolante la fisioterapista, facendosi avanti tra la folla.
Prese uno dei calici, un coltello e, colpendo delicatamente il vetro con la posata, lanciando un’occhiata complice ad Alexis, comunicò estasiata:
“A giugno … ci sposiamo!!! Non è fantastico?!”
Ed ecco nuove congratulazioni e felicitazioni ai futuri sposi: tutta la ciurma si sposta nella loro direzione, dimenticandosi per un istante dei quasi genitori, increduli e solitari all’altro lato del giardino.
“Che cosa?!” domandò allibito Philippe, facendosi largo tra la folla, mentre Liliane ripeteva quanto fosse felice per i fidanzati.
“Ma … ma … insomma … non … “
Lo psicologo si gettò sconsolato su una delle sedie e, inabissato dagli spintoni dei parenti, che presero quel gesto come l’inizio dei festeggiamenti e si catapultarono prontamente sul buffet, non riuscì più a spiccicar parola: avrebbe dovuto sorbirsi quell’energumeno per sempre?! Era questo il suo triste destino? Le strette omicide del marcantonio sarebbero diventate il suo incubo; per non parlare di come l’amore aveva completamente rincretinito la sua cara e dolce Vivianne, trasformata in una confezione di caramelle al miele.
Si guardò in giro, deluso che nessuno lo capisse: al momento del soffio delle candeline, quasi non riuscì a spegnerle; doveva infatti risparmiare fiato prezioso per ridere alle stupide battute del marcantonio, futuro sposo di Vivianne e suo stritolatore personale.
   
 
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