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Autore: Pirilla_Echelon    03/01/2016    2 recensioni
Sanremo. Periodo del famoso Festival.
Due ragazze alla ricerca degli ospiti internazionali che nessuno conosce in questa città di tamarri.
E una corsa sotto la pioggia, gridando al mondo quanta felicità può portare un solo sorriso fatto dalla persona giusta.
Dal testo:
" Vedrai che li riusciremo a beccare " mi dice Erica, notando il mio sbalzo di umore.
Annuisco. Lo spero davvero.
Ci tengo da morire a fargli sapere che la loro musica è arrivata anche qui, dove c’è una generazione fatta da persone senza sogni e desideri, ed è arrivata a me, dandomi il coraggio di credere che ogni cosa è possibile se la si vuole veramente.
Voglio ringraziarli di persona,perché farlo su Facebook o Instagram o Twitter non mi basta.
Ho la necessità di vederli da vicino, parlargli a quattrocchi sperando di non trasformarmi in una patata dislessica.
...
" Ehi, magari, non sono ancora arrivati. Entriamo e chiediamo? "
Sorrido " Magari, riusciamo a farci mettere al tavolo con loro " ridacchio.
" Certo, e tu e Jared potrete dividervi una bella bistecca di tofu. Vegani del cavolo " scuote la testa.
" E tu potrai avere il bisteccone di Shannon "
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saaalve!
Vi sono mancata, vero? Vi chiedo scusa per la lunga assenza, ma mi sono trasferita per studio a Firenze e nella casa in cui sto, non ho il wi-fi. Giuro che, appena potrò, aggiornerò anche l'altra ff su Jay..vi chiedo un po' di pazienza.
Anyway, in questi giorni che sono tornata a Sanremo ho avuto questa idea un po' stravagante di ambientare la storia proprio nella mia città e soprattutto nel periodo del festival.
Mi faceva piacere l'idea di raccontarvi qualcosa su questo posto, specie su cosa facciamo noi fangirl per rintracciare le star internazionali che vengono come ospiti.
Spero possiate apprezzarla.
Fatemi sapere che ve ne pare e buona lettura.
Bacii<3




Guardo le mille lucine colorate che mi scorrono sulla testa mentre passeggio per il centro della mia città: Sanremo.
Per le strade principali, c’è un sacco di gente, come sempre nel periodo del festival. Il famosissimo Festival della Canzone di Sanremo.
In realtà, per noi sanremesi, il festival è una vera menata: ha sempre creato un afflusso esagerato di persone, il traffico, l’aumento della spazzatura per le strade, del chiasso e i cantanti non erano mai valsi la pena di restare davanti al teatro Ariston a prendersi il freddo di febbraio.
Il solo pro a questo festival, è che ogni anno arrivano i fantastici ospiti internazionali.
L’anno scorso, per esempio, sono riuscita a vedere Margot Robbie, Will Smith, gli Imagine Dragon e un ciuffo dei capelli rossissimi di Ed Sheeran. Mi sono quasi sciolta in lacrime quando Margot mi ha salutata dal finestrino della sua auto nera.
È di una bellezza accecante.
E, poi, è divertente inseguire le star per cercare di accaparrarsi una foto o un autografo.
La fortuna di questa città, è che - non essendo troppo grande - gli alberghi di lusso dove gli artisti alloggiano son pochi e facili da trovare: il Royal, il Globo, Il Londra, il Miramare, il Lolli e tutti gli altri...
Gli ospiti internazionali, specialmente, stanno sempre al Royal che, tra tutti, è l’albergo più lussuoso.
Cinque stelle splendenti sopra all’insegna al neon, dotato di spa al suo interno, palestra, piscina esterna e salone da ballo.
Insomma,solo a guardarlo, riesco a percepire il peso della mia povertà.
Ad ogni modo, l’unica volta che ci sono entrata, è stata proprio l’anno scorso per beccare Ed Sheeran e – come posso spiegarmi.. – vale tutta la sua fama di albergo extra lusso. Ecco.
Mi volto verso un gruppo di ragazzine che urlano a crepa pelle.
<< Oddio, chi sta uscendo? >> sto sull’attenti.
<< Il solo e unico Lorenzo Fragola >> Erica mi risponde con il suo solito tono sarcastico che mi strappa un sorriso.
<< Che sballo >>
Il sarcasmo è una cosa che ci accomuna parecchio. Come un sacco di altre cose.
Camminiamo a passo spedito per Corso Matteotti. Il freddo si condensa in qualche nuvoletta di fumo bianco.
Mi sento il naso che ghiaccia e l’arietta che punge le guance, facendole diventare rosse.
Guardo le ragazzine dietro di noi, mentre stanno appese alle transenne ai lati del lungo red carpet che si estende dall’entrata dell’Ariston, fino alla fine della parte anteriore di Piazza Borea.
Le sento lanciare un altro urlo per Lorenzo Fragola che le snobba bellamente.
E pensare che, tra poco, dentro al teatro ci saranno anche loro.
Ebbene si. I Mars sono venuti a Sanremo per promuovere il loro nuovo disco ed io ancora fatico a credere che potrebbero capitarmi davanti da un momento all’altro. E fatico anche a credere che quelle rincoglionite che urlano a Fragola, non li conoscano neanche e che si strappino i capelli per uno che non si degna nemmeno di firmare qualche autografo o fare qualche foto.
I miei ragazzi, invece, sarebbero felici di uscire a passare un po’ di tempo coi fan. Con noi Echelon.
Peccato che in questa città del cazzo, di persone che ascoltino buona musica non ce ne siano.
A Sanremo, se non sei un tamarro e non ti fai i risvoltini, sei un coglione.
Bleah.
<< Agitata? >> Erica mi guarda e sa già cosa le risponderò.
Il nostro rapporto di amicizia è sempre stato basato su un alto grado di empatia. Spesso, le nostre conversazioni sono mute e quando non lo sono, dalle nostre bocche escono le stesse identiche parole nello stesso identico istante.
Non mi stupisce affatto che molte persone abbiano iniziato a shipparci! Mi viene da ridere solo a pensarci.
<< Sono agitata a merda! >> esclamo, con la voce che traballa dall’emozione.
Mi sono immaginata un incontro con loro almeno un centinaio di volte.
Mi sono immaginata di sprofondare in uno dei super abbracci di Shannon. Stritolata dalle sue braccione muscolose.
Di perdermi in uno dei sorrisi a denti storti di Tomo e di rapirlo per mettere su un allevamento di gatti.
Di incrociare gli occhi di Jared, di folgorarlo col mio sguardo e di correrci incontro – ovviamente a rallentatore per creare atmosfera – e di scambiarci un lungo bacio. Con tanta lingua, ovviamente, e senza mancare di palpatine losche.
<< Stai ancora fantasticando, Gre? Questa volta, cosa farai con Jay? Vi rotolerete sull’asfalto, scambiandovi chilometri di lingua, o vi darete da fare nel vicolo? Potresti portarlo al Mc Donald per conquistarlo. O, magari, a prendere un bel Kebap, pieno di carne di bestiole innocenti. Sono certa che cadrebbe ai tuoi piedi, svenuto..per il disgusto!  >> Erica mi tira una gomitata, mentre mi sfotte e scoppia a ridere chiassosamente.
Che bastarda.
<< Ma vai a cagare! >> Le do una spinta che quasi la fa volare << Sei solo gelosa, perché vorresti fare le stesse cose con lo Shanimal! >> Barcolla nel tentativo di rimettersi in piedi.
Cazzo, è talmente nana che con una spintarella cascherebbe come una pera.
<< Ti ho già detto che sono fidanzata con Tomo! >>
Scansiamo la gente che ci passa affianco in Corso Matteotti.
<< Ti ricordo che Tomo è sposato, sfigata >>
<< Si, con Shannon! >> Scoppiamo a ridere entrambe.
Uh. Mi piacciono un sacco queste serate passate a camminare a passo spedito per le vie, tra le luminarie, la gente che chiacchiera e guarda le vetrine, respirando l’aria gelata.
Per altro, alla ricerca dei miei idoli.
<< Allunga il passo, Erica. >> dico alla mia amica, aumentando di velocità.
<< Prendi per il culo? Lo sai che ho le gambe corte!>>
Mi fermo al semaforo in fondo alla strada, lasciando che le macchine sfreccino.
<< Si, lo so che sei nana. >> rido.
Ci stuzzichiamo come una vecchia coppia di spose.
<< Non prendermi per il culo. Sai benissimo che se il cielo iniziasse a crollare, saresti la prima a morire. Alta come sei! >>
Rido ancora, ma stavolta senza smuovere gli occhi da davanti a me. Mi sta salendo l’ansia.
<< Vedrai che li riusciremo a beccare >> mi dice Erica, notando il mio sbalzo di umore.
Annuisco. Lo spero davvero.
Ci tengo da morire a fargli sapere che la loro musica è arrivata anche qui, dove c’è una generazione fatta da persone senza sogni e desideri, ed è arrivata a me, dandomi il coraggio di credere che ogni cosa è possibile se la si vuole veramente.
Voglio ringraziarli di persona,perché farlo su Facebook o Instagram o Twitter non mi basta.
Ho la necessità di vederli da vicino, parlargli a quattrocchi sperando di non trasformarmi in una patata dislessica.
<< Dai che il Royal non è lontano >> Erica mi incoraggia.
<< E se arriviamo lì che loro stanno già scendendo all’Ariston? >>
<< Eh, si torna indietro e si aspetta là finchè escono! >> mi sorride.
Fatela santa, subito.
Le sorrido a mia volta, felice di avere un’amica che capisca quanto questa cosa sia importante per me e che mi sostenga nella riuscita.
Camminiamo ancora, abbiamo già superato tutti i negozi più gettonati della zona - Foot Locker, Stradivarius, Mango.. – ed ora ci troviamo sotto al Casinò, tutto illuminato a festa.
Continuiamo la nostra scarpinata. Manca davvero poco all’albergo. Basta svoltare a destra, in fondo alla strada del Casino, oltrepassare la chiesa russa e continuare per un paio di metri in salita.
Uff, ad ogni passo che faccio, sento l’ansia che aumenta.
Di sicuro, arriverò da loro che la matita sarà andata a farsi fottere, i capelli avranno le sembianze di un nido di cicogna, le ascelle pezzate e l’alito che sa di schifo.
Un bel biglietto da visita da mostrare al trio de “I Perfetti”.
Ma si, alla fine poco mi importa. Sono certa che loro non mi giudicheranno.
Ancora pochi metri e ci siamo. Riesco a vedere le vetrate del grande hotel.
Erica sembra essere in fibrillazione quasi più di me.
<< Ci siamo! >> dice col fiatone e gli occhioni accesi che variano dal castano dorato al verdino.
Cerco di riempire i polmoni di aria, mentre percorriamo gli ultimi metri.
I Mars potrebbero essere lì dentro, cazzarola!
Solo all’idea, comincio a tremare.
<< Gre.. >> Erica si ferma. La guardo, mentre osserva oltre l’entrata dell’hotel, verso il parcheggio.
Sposto lo sguardo anche io in quella direzione. Vedo solo tante macchine dai colori diversi.
<< Che c’è? >> domando.
Tiro un’occhiata al fattorino del Royal, che ci guarda circospette. Nulla di cui debba preoccuparmi, visto che lo conosco a furia di fare agguati ai vips da queste parti.
<< Vedi che ci sono solo macchine? >> mi dice, indicando tutte le auto parcheggiate.
Non la seguo.
Però..aspetta. Forse, ho capito.
<< Di solito, gli ospiti internazionali hanno il furgoncino nero a nove posti.. >> constato.
<< Esatto. E qui non ci sono furgoncini con vetri oscurati. Questo vuol dire.. >>
<< ..che sono già andati giù. >> concludiamo insieme.
Sbuffo. Ecco, abbiamo attraversato Sanremo a piedi per nulla.
Ci guardiamo sconsolate. << Che facciamo? >> chiedo.
<< Ehm ehm.. >> Alle nostre spalle, il fattorino – Luca, se non ricordo male – si schiarisce la gola per parlare << Cercate quei tre tipi americani? >> domanda.
“Quei tre tipi americani..”. Mi vien voglia di strozzarlo.
<< Si >> diciamo all’unisono, io ed Eri.
Si guarda intorno come se fosse un segreto. Beh, in teoria, lui non sarebbe autorizzato a rivelare gli spostamenti dei clienti dell’albergo. Tuttavia, sono ormai anni che mi spiffera tutto.
<< Sono scesi poco fa, verso l’Ariston, ma pare che prima si fermassero a mangiare qualcosa dal Praga D’Oro >>
Io ed Erica ci guardiamo.
Il Praga D’oro è un pub di fronte alla scuola Mater Misericordiae, poco prima del porto vecchio. Non è proprio vicino a dove ci troviamo noi, ma facendo di corsa, potremmo sempre beccarli.
<< Grazie! Grazie mille! >> urliamo e ci mettiamo a correre, dirette nuovamente verso il centro.
Sono ancora le otto e quarantacinque. Secondo le soffiate che mi sono arrivate, i Mars si esibiranno al teatro alle dieci e mezza circa.
Ciò significa che hanno ancora quasi un’ora e mezza per mangiare. Noi impiegheremo una decina di minuti per arrivare al Praga D’Oro.
Possiamo farcela!
Ci precipitiamo giù per la discesa e corriamo, rischiando quasi di scapicollare giù e rotolare fino al mare.
<< Daje, Casella! Muoviti! >> urlo alla mia compare, chiamandola per cognome.
<< Secchi, ti ho già detto che ho le gambe corte! Non rompermi i coglioni! >>
Ridiamo e continuiamo a correre, spezzando il silenzio della strada che sale fino all’autostrada.
Il freddo ci sferza in faccia, ma ce ne freghiamo e continuiamo a correre e ridere.
Attraversiamo al contrario le strade verso il centro. Un volta arrivate su Corso Matteotti, prendiamo uno dei vicoli che scendono verso il porto e continuiamo, fino a che non ci ritroviamo davanti alle scuole e, quindi davanti al pub che Luca ci ha indicato.
Guardo i dintorni del locale un po’ indispettita.
Mi sembra tutto troppo quieto. Non mi aspetto certo una cricca di ragazzine che urlano, perché – come ho già detto – siamo ben pochi a conoscerli, ma un po’ di movimento anche da parte dei proprietari dei locali, me la aspetterei.
<< Troppa calma, vero? >> dice Erica.
Annuisco. << Vuoi vedere che non stanno neanche qui? >>
<< Beh, in effetti, non vedo nemmeno il furgoncino >> Dico sconsolata.
Erica mi guarda e va leggermente in panico. Quando mi sconsolo, va sempre un po’ in ansia, perché non sa come aiutarmi. Come se ce lo avesse di obbligo morale quello di farmi stare meglio.
<< Ehi, magari, non sono ancora arrivati. Entriamo e chiediamo?  >>
Sorrido << Magari, riusciamo a farci mettere al tavolo con loro >> ridacchio.
<< Certo, e tu e Jared potrete dividervi una bella bistecca di tofu. Vegani del cavolo >> scuote la testa.
<> la sfotto, perché so quanto odia che le parli di Shannon.
Insiste a negare di non trovarlo attraente. Pff, io so benissimo che lo ama alla follia.
Certo, lo fa a suo modo..ma è così. Deve essere così!
<< MA BASTA CON STO SHANNON! >> mi da un cazzotto sulla spalla.
Rido a squarciagola.
<>mi fulmina, acida come non mai.
Ci addentriamo al Praga D’Oro.
All’entrata, dietro un piccolo bancone, situato nelle vicinanze di una mini-console per la musica, c’è uno dei proprietari.
Questo pub – che per altro è enorme ed offre una vasta gamma di birre aromatizzate- è gestito da una coppia di omosessuali. Io li adoro, ogni volta fanno battute che mi fanno scompisciare.
La cosa più bella è stata quando uno dei due, ci aveva provato con mio padre. Ero morta!
<< Ciao bellezze! >> il signore ci saluta calorosamente << Volete solo bere o mangiate? >>
Gli sorrido. È proprio quello che ci aveva provato con mio papà, quello con un rasta solo infilato dietro l’orecchio destro.
<< Veramente, volevo chiederle una cosa >> dico, cortese.
Mi sorride, disponibile, e mi chiede di continuare.
<< Volevo sapere se, per caso, la band americana che doveva venire a cena qui, è già arrivata.. >>
La sua espressione si trasforma da un sorriso cordiale, ad una smorfia disgustata.
<< Intendi quei tre scalmanati? >> la sua voce si fa stridula. Diciamocelo, da checca isterica. << Li ho cacciati! >>
Erica resta a bocca aperta. << Ma che hanno combinato? >>
<< Uno rompeva le palle sul cibo. Si è incazzato perché nessuno mi aveva avvisato che fosse vegano e gli ho servito una bistecca..ma posso capirlo!
L’altro, invece, si è messo a giocare col dessert. Ci si è impiastricciato le mani e la faceva colare giù come se fosse un cacca. E, in tutto questo, il terzo rideva come un forsennato. Li ho dovuti buttare fuori, sti maleducati >>
Io ed Erica guardiamo il tizio ad occhi sgranati.
Non. Ci. Credo.
<< Ah. Allora niente. Scusi il disturbo.. >>
<< Di niente. Ciao, meraviglie! >>
Usciamo dal pub, ancora scioccate.
<< Io non ci credo! Hanno rispettivamente quarantacinque, quarantaquattro e trentasette anni! Come possono essere così deficienti?! >> esclama Erica.
Oddio, ha ragione! Età cerebrale: quattro anni.
Me li immagino pure, quei tre bamboccioni che escono dal pub ridendo, dopo essere stati cacciati.
Mah, non ci sono speranze di farli rinsavire.
<< Sono shockata. Ad ogni modo, non sono neanche qui >> Faccio notare.
Erica alza le spalle.
<< L’unica cosa che ci resta da fare, ormai, è aspettarli davanti all’Ariston >> mi dice, arrancando un sorriso.
Sospiro.
Non so perché, ma sento che la speranza mi sta lentamente abbandonando. Inizio a pensare che non sia destino che io mi trovi faccia a faccia con i Mars.
Certo, li avevo visti da lontano – tranne Shan, che al concerto di Roma non si era presentato – ma vederli da vicino, scambiarci due stupide parole..boh, per me sarebbe davvero la cosa più bella del mondo.
Mi mordo le labbra.
Ho ancora l’adrenalina in corpo all’idea che siano qui, ma è difficile riuscire a non cedere alla tristezza. Mi viene voglia di rinunciare.
Guardo Eri.
Percepisce il mio sbalzo di umore. Mi prende male quando la vedo in imbarazzo per come mi sento io e, irrimediabilmente, cerco di rincuorarla.
<< Ma si. Lo sai che tuo marito Shannon non se ne andrebbe mai via senza prima darti una bella ripassata >>
<< Dio, ti ammazzo se non la pianti. Ti ho detto che io amo solo Tomo e i suoi gatti >>
<< Tomo è sposatoo >> dico, cantilenando.
Gira gli occhi al cielo << è sposato con me! >> incrocia le braccia la petto.
<< Ma non era sposato con Shannon? >> sghignazzo.
Si imbroncia. << Non so. Vorrei shipparlo schifosamente con me stessa, ma non posso smettere di credere nella Shomo >>
Questi si che sono i veri problemi esistenziali.
<< Meglio continuare a shippare la Shomo. Anche perché Terica non suona bene per nulla! >>
Ride, arricciando il naso e scoprendo i denti. Ogni volta che ride così, mi ricorda un porcospino.
Ci incamminiamo verso l’Ariston, quasi trascinando i piedi.
Mi sento addirittura stanca. Ho male ai talloni e il naso è talmente freddo che temo mi cada.
Tra l’altro, il cielo è in procinto di regalarci una bella pioggiarella. Domani avrò come minimo la febbre.
Che culo!
Arriviamo davanti all’Ariston e ci facciamo un piccolo spazio tra la folla.
<< Secondo te, si sono già esibiti? >> chiede Erica.
Guardo l’orologio. Sono le dieci e un quarto.
<< No, loro dovrebbero cantare alla mezza. Ma, di sicuro, sono già dentro. >> mi affaccio leggermente dalla transenna.
Siamo sul lato destro delle transenne, davanti a quello che – normalmente- sarebbe un negozio OVS, ma che per il festival si trasforma nella postazione di lavoro di RTL 102.5. il che significa che ci troviamo davvero vicine alle porte dell’Ariston.
Riusciamo perfettamente a vedere le casse dove, generalmente, vengono venduti i biglietti per il cinema, la hall lussuosa con tanto di lampadario fatto di diamanti et similia, le tende rosse che conducono in platea e la scalinata che porta ai camerini ed alla galleria.
Conosco bene l’Ariston. Ci ho fatto qualche spettacolo di danza e lo scorso anno, abbiamo presentato un film girato qui a San Remo dalla mia insegnante di recitazione, in cui ho fatto qualche comparsata.
Inutile dire che mi ci vorrei trasferire e vivere il resto dei miei giorni in questo posto così bello.
<< GRETA, GUARDA! >> Erica mi dà una botta fortissima al braccio che mi risveglia dal mio momento catatonico.
Alzo lo sguardo su di lei, poi mi volto nel punto in cui mi sta indicando.
Oddio!
Shannon sta scendendo proprio ora dalle scale che portano ai camerini ed è diretto alla piccola zona bar – ci scommetto quel che volete – a prendersi un caffè.
Lo guardo inebetita.
Avevano ragione tutte quelle Echelon che dicevano che non hai idea di quanto fascino abbia lo Shanimal finchè non lo vedi dal vivo.
Si, è alto un metro e un tappo, però..cazzo, ha degli occhi che massacrano il mio sistema nervoso.
Vorrei mettermi ad urlare per attirare la sua attenzione, ma credo di aver dimenticato come si respira.
<< Erica.. >> non riesco a dire null’altro. Ci limitiamo entrambe a fissarlo, mentre – quasi a rallentatore – poggia le labbra sulla tazzina, deglutisce, la poggia insieme ai soldi sul bancone e torna da dove è venuto.
Sbatto ancora le palpebre, mentre osservo le sue spalle muscolose sparire su per le scale.
Guardo Erica.
Anche lei ha la faccia sconvolta.
Dio, che bomba ormonale che è quell’uomo.
Riesco solo a pensare che mi piacerebbe sentire il suo profumo.. Sbaglio o, qui fuori, inizia a far caldo?
Ma sticazzi, ora mi sento formentata! E non ho manco voglia di lasciare l’impresa di vederli tutti e tre insieme e di ringraziarli.
<< Erica, se andiamo dall’uscita posteriore abbiamo più probabilità di vederli. Dai, lì c’è sempre pochissima gente e con sto tempo del cazzo ce ne sarà anche meno! Andiamo, ti prego! >>strattono la mia amica per un braccio, iniziando a tirarla in direzione di piazza Colombo, la piazza principale di Sanremo.
Lei si lascia tirare in modo amorfo e, quando me ne rendo conto – a cinquanta metri di distanza dal punto in cui eravamo prima – la guardo.
Ha un’aria trasognante, rilassata, in pace col mondo. Troppo in pace col mondo.
Mi blocco e la guardo.
<< Casella, ti senti bene? >> le tocco le spalle.
Lei mi guarda a sua volta e sorride. << Dio, è bellissimo >> Ancora poco e le verranno gli occhi a cuoricino. << Avevi ragione, Gre..è stupendo >>
Oh Gesù. Ho paura a chiederle di chi sia parlando, anche se è ovvio chi sia il soggetto..
<< Parli di.. >>
Mi interrompe << Shannon. Si. Mi sono innamorata schifosamente di lui. Avrei voluto essere quella tazzina di caffè per sentirmi la sua bocca addosso ed essere risucch.. >>
<< Gesù, fermati! Non voglio sentire altro! >> mi tappo le orecchie.
Cosa mi tocca sentire.
<< Devo avere quell’essere perfetto tutto per me >> continua a guardare per aria con quella sua aria trasognante.
Ho creato un mostro.
<< Si, contaci. Muoviti! >> riprendo a trascinarla, ma nulla. Lei continua a fluttuare sulla sua nuvola di zucchero filato.
<< Casella, torna in te. Inizi a preoccuparmi >> dico, mentre percorriamo la strada che scende in via Roma, dove c’è l’uscita posteriore del teatro.
Passiamo davanti alla grande profumeria, dove torreggia il cartonato della pubblicità del Dior Sauvage col bel faccino di Johnny Depp. Lo guardo con amore infinito e continuo il mio percorso con Erica che continua a sproloquiare.
<< Hai visto quegli occhi? >> Quel tono mellifluo mi fa sperare di morire.
Comunque, ovviamente si. Quegli occhi li avevo visti eccome: erano libido allo stato puro.
<< E meno male che non ti piaceva, eh! >>
<< Non ho mai detto che non mi piacesse >> afferma convinta, abbandonando – grazie a Dio – la sua aria da scolaretta innamorata.
<< Ah no? Ricordo di averti sentita dire più volte che Leto Senior ti fa schifo >> Rido sotto ai baffi.
Dai, sapevo benissimo che avesse un debole per lo Shanimal. In fondo, chi non lo ha?!
Mi scocca un’occhiataccia << Mi stai mica sfottendo? >>
Trattengo una risata << Ma certo che no >>
<< Sei la solita vacca >>
Scoppio a ridere per il tono acido che mi rivolge. Mi lascio sfuggire anche qualche grugnito durante la mia risata, cosa che porta a ridere anche lei.
Nel giro di due secondi, la strada deserta si riempie del nostro baccano.
Cavolo, mi mancava un po’ ridere così con la mia migliore amica. Stare a Firenze, mi piace un sacco, ma..davvero, mi mancava avere una persona così fidata e familiare con cui ridere.
Corriamo ancora fino in fondo alla discesa, proprio davanti alle poste, svoltiamo l’angolo e ci troviamo subito davanti al grosso cancello di ferro che serra l’entrata posteriore.
Due uomini in divisa stanno dietro ai cancelli per accertarsi che nessuno tenti di infiltrarsi nell’edificio e per lasciar passare, invece, gli artisti.
Bene, le guardie sono sempre un’ottima fonte di informazioni. Bisogna solo ingraziarseli un po’ e il gioco è fatto.
<< Casella, daje. Forse riusciamo a farci dire a che ora usciranno i ragazzi e se, dopo, andranno dritti in albergo o faranno qualche scalo in piazza Bresca o al Victory >>
Piazza Bresca è la piazza più frequentata dalla gioventù. Motivo per il quale non ci vado quasi mai, dato che i giovani qui son tutti dei bruciati.
E il Victory è il locale più “cool” di tutta la città. Che poi il suo essere “cool” consiste nel far cibo di merda, bevande alcooliche annacquate e passare musica tamarra. L’unica cosa bella è la posizione dell’edificio: si affaccia proprio sul mare e, diciamocelo, osservare quella distesa scura di notte – che sia attraverso le grandi vetrate o sulla grande terrazza – ha sempre un qualcosa di magico e romantico.
 << Si. Ho bisogno di rivederlo >> Addio, l’abbiamo proprio persa.
Scuoto la testa e mi avvicino alle due guardie.
<< Salve. >> dico in tono gentile ad uno dei due. Quello un po’ più anziano.
<< Salve. >> mi risponde in tono gentile.
Erica si avvicina dietro di me.
<< Le volevo chiedere se sapesse qualcosa sulla band che è lì dentro.. >> sorrido.
L’uomo sembra subito mostrarsi disponibile, dopo un attimo di freddezza che ,credo, fosse dovuta all’uniforme che porta.
<< Intendi i Dear Jack? >> Mi da subito del tu e questa cosa mi fa piacere.
Certo che pensare ai Dear Jack quando ci sono i Mars lì dentro, mi fa accapponare la pelle.
Sento un grugnito di disappunto provenire da Erica.
<< No, intendevo la band americana. >> Nemmeno spreco tempo a dire il nome, tanto so che mi guarderebbe confuso e spaesato.
Lo osservo arricciare labbra e fronte e guardare il suo collega. << Josè, tu sai qualcosa di una band americana? >>
Qualcosa mi puzza con questi due..
Il ragazzo più giovane e palesemente extracomunitario gli rivolge un sorriso complice. << Mm, nah. Non so nulla >>
Ah, okay. Quindi state decidendo di fare gli stronzi e di non dirci nulla eh.
<< Ah, fa nulla. Grazie comunque >> dico.
Guardo Erica e le strizzo l’occhio, mentre quei due tornano a pensare agli affari loro.
Come se Greta Secchi si potesse arrendere così facilmente. Giammai!
<< è da tanto che siete qui, ragazzi? >> domando.
Il più anziano mi guarda di nuovo.
<< Si, cazzo. Sono qui da stamattina alle dieci per controllare che nessuno entri. Ma chi mai dovrebbe entrare qui e soprattutto per fare cosa? Per rapire Povia? >> storce il naso e gira gli occhi.
<< Io ho iniziato alle otto, stamattina. Alle tre sono tornato a casa e stasera alle sei son tornato. Non ne posso più di sta rottura di palle >> sbuffa il giovane in un accento che mi sembra albanese.
<< Cavolo! >> esclamo
<< Sarete distrutti >> aggiuge Erica che, ormai, ha capito il mio gioco.
Bisogna prendere confidenza con le guardie. Diventargli amici, andargli a genio e, a quel punto, il gioco è fatto: saranno loro a dirci di loro spontanea volontà ogni cosa.
<< Scommetto anche che vi pagano una miseria per stare qui tutte queste ore >> continua Eri.
L’adulto scuote la testa << Solo cento euro in più alla fine del mese >>
L’espressione indignata che ne segue la dice lunga..
Sorrido ad Erica. Ancora un paio di sviolinate e sputeranno il rospo.
<< ..voi vi fate il culo, state al freddo, aprite e chiudete sto cancello trentamila volte..e vi ripagano con solo cento euro in più?! >> faccio un’espressione sbalordita.
<< Che vergogna >> aggiunge Eri.
La cosa che le guardie amano fare di più è lamentarsi.
Lamentati con loro e diventerai loro amica.
<< Già! >> i due dicono all’unisono.
Sorrido ancora alla mia amica, che risponde al sorriso. Siamo complici come sempre.
Li vediamo mettersi in un angolino e confabulare tra loro.
<< è fatta, Erica. >> sussurro e già ridiamo.
<< Sei la solita bastarda >>
Le mostro il medio con molto affetto.
I due si riavvicinano e facciamo del nostro meglio per toglierci dalla faccia i nostri ghigni soddisfatti.
Tornano alla loro posizione ed io faccio finta di controllare qualcosa al telefono, in attesa che la soffiata arrivi.
La prima guardia si schiarisce la voce.
<< Ehm. Ragazzina, avvicinati. >> mi indica e mi fa segno di avvicinarmi al cancello, dietro al quale lui è posizionato.
Mi faccio avanti. << Si? >>
<< La band esce di qui per le undici e mezza e, poi, tornano in albergo. Al Royal. >> mi dice, accennando un sorriso. << Ma non spifferatelo a nessuno >>
Ma a chi dovremmo spifferarlo che qui nessuno li conosce.
<< No, certo che no. E grazie.. >>
<< Mauro. E tu sei? >> chiede.
<< Greta. Piacere. >> rispondo << Lei è Erica >>
<< Lui è Josè >>
<< Piacere >>
Ci guardiamo soddisfatte.
Possiamo starcene ad aspettarli qui, indisturbate, dato che – oltre a noi – ci sono solo altri due ragazzetti di tredici anni circa.
<< Ah, Mauro. Sta arrivando una macchina >> una macchina che – se non vedo male – sta trasportando Platinette, svolta verso il cancello per avere accesso.
<< Apro subito >> sorride e si adopera per aprire. << Grazie >>.
 
I minuti passano, anche se non sembrerebbe proprio, e la mia ansia decolla.
Mancano ancora una decina di minuti a che i ragazzi vengano fuori.
È quasi un’ora che mi faccio dei discorsi mentali su cosa dirgli, su come ringraziarli. Tuttavia, ho la netta sensazione che  davanti a loro, perderò ogni capacità espressiva in mio possesso e apparirò come una ritardata mentale.
Figo.
Comunque, mi sa che gli dirò solo un semplice “Grazie”. Conciso, magari detto con un tono un po’ dolce ed un sorriso stampato in volto. È pure semplice da capire per loro.
Sospiro guardando Erica.
<< Sei pronta ad abbracciare tuo marito? >> le chiedo.
Lei mi lincia con lo sguardo << Ho ammesso di essere innamorata di Shan, ma ciò non toglie che lui sia sposato con Tomo. >>
Alzo gli occhi al cielo. Quanto disagio assimilato in una sola ragazza..
<< Pensi che arriveranno prima che mi si staccheranno le dita dei piedi per il freddo? >> chiede lei.
Mi alzo dal gradino di un negozio lì accanto.
<< Ma si. È quasi ora >>
Guardo il display del cellulare. È davvero ora!
Oh cazzo..tra poco sbucheranno proprio qui davanti a me. Mi sento già male.
<< Eri..vieni. Tra poco, escono! >> sono in preda ad un’ansia disperata.
Non riesco a stare ferma. Davvero, credo che mi prenderà un colpo al cuore.
Sudo ma, al tempo, stesso ho i brividi di freddo.
<< Calmati. Fai venire l’ansia pure a me! >> Erica mi tira da un braccio per farmi risedere.
<< Dai, da qui non li riesco a vedere! >> mi lamento.
Lei alza gli occhi al cielo. << Rompi coglioni. Non ne posso più di stare in piedi! >>
<< Stai tranquilla, Gre, che quando escono ti avviso io. Tanto ce lo riferiscono con gli auricolari.. >>
<< Grazie, Mauro. Sei troppo buono. >> rispondo.
Mi metto quieta accanto alla mia amica e cerco di frenare l’ansia.
E aspetto.
Aspetto cinque minuti. Poi dieci. Venti. Quaranta minuti. Un’ora.
<< Ma dove cazzo sono finiti?! >> sbotto.
<< Dai, lo sai che Jay è una diva. Sarà in bagno a spalmarsi la crema sulla faccia per far sparire le rughe! >>
Sbuffo e torno a sedermi.
Aspettiamo ancora. E ancora.
<< Nessun segnale, Mauro? >> urla Erica, anche lei, ormai al limite della sopportazione.
<< No. Nulla >>
Inizio seriamente a dubitare che quei tre siano ancora là dentro.
Forse se ne sono già belli che andati a casa e se ne stanno al caldo sotto il loro bel piumone, mentre noi siamo qui a ghiacciarci il culo, sperando che escano un secondo anche solo per salutarci.
Mi salgono le lacrime.
Per l’ennesima volta, Erica si rende conto del mio sbalzo di umore, ma stavolta, non ha parole da dirmi. È sconsolata tanto quanto me.
La guardo con la coda dell’occhio, mentre si muove sul gradino. Quasi fosse seduta su una panca di spine.
<< Gre… >> mi volto a guardarla. << Mia mamma mi ha scritto che è arrivata a prendermi. È qui dietro l’angolo >> me lo dice col male al cuore. Glielo posso leggere proprio in faccia.
So quanto le scocci lasciarmi da sola, specie dopo non essere riuscita ad avverare il mio desiderio.
Bene.
Mi pare di capire che sia arrivata l’ora di levare le tende anche per me. Anche perché sta iniziando a piovere e non ho voglia di stare ancora ad aspettare.
Inizio a sentirmi un filino stupida a starmene sola ad attendere una band che ha deciso di giocare a nascondino tutta la sera.
Sbuffo.
<< Okay. Fa niente, tanto mi sono rotta di aspettare la Divah e le sue compari. >> dico sconsolata.
Lei mi guarda. Poi mi poggia una mano sulla spalla, molto impacciatamente.
Nessuna delle due è molto pratica nel contatto con gli altri: ci piace tenere il nostro spazio, dunque – le poche volte che capita di doverci toccare – è piuttosto buffo il modo in cui lo facciamo.
<< Mi spiace. >> sussurra.
<< Pazienza. Aspetteremo il loro prossimo concerto per molestarli al meglio >> sdrammatizzo per non mostrare quanto, in realtà, mi renda triste non vederli quando sono proprio qui, dentro ad un teatro che sta a dieci metri da me.
<< Okay. >> arriccia le labbra. << Vuoi che aspetto i tuoi con te? >>
<< No, tanto c’è mio fratello giù al porto. Vado da lui >> le sorrido.
Annuisce << Allora, io vado. Ci scriviamo dopo, Secchi! >> mi saluta con la mano e se ne va.
Ho sempre l’impressione che nei nostri saluti, manchi sempre qualcosa. Di solito, le ragazze, si salutano con due bacini. Noi non abbiamo mai preso questa abitudine, forse più per una cosa nostra di imbarazzo che per altro.. ma boh. A volte, mi fa strano non salutarla come faccio con tutte le altre amiche.
<< Yes! Ciao.. >>
La guardo svoltare l’angolo e sparire.
Vabbè, è ora anche per me di andare.
Mi avvicino al cancello dove Mauro è ancora di guardia. Josè, invece, non lo vedo.
<< Mauro. >>
L’uomo si volta verso di me.
<< Grazie per tutto. Me ne vado. >> Sorrido debolmente.
Accenna un sorriso, capendo che mi dispiace non poter vedere quei tre tizi che per lui sono solo una rottura di palle, poiché lo costringono a stare al freddo e sotto la pioggerella.
<< Mi spiace che tu non sia riuscita a vederli. Ad ogni modo, mi ha fatto piacere che ci abbiate tenuto compagnia >>
<< Figurati. Buon proseguimento e buona notte >> saluto con la mano e lui mi risponde.
Mi lascio alle spalle quel cancello e mi dirigo verso il marciapiede opposto alla strada, dove c’è il ristorante giapponese dove io ed Erica andiamo spesso insieme ad altri nostri amici.
Mi fermo un attimo davanti all’entrata del posto e sbircio dentro. C’è sempre un sacco di gente, ma stasera tutti hanno preferito starsene a casa per vedere il festival in televisione, piuttosto che venire a “viverselo” davanti alle porte dell’Ariston.
Mi volto per continuare la mia passeggiata fino in piazza, ma..magari, prima è meglio sentire se mio fratello è ancora lì o se si è spostato da qualche altra parte.
Faccio per tirare fuori il telefono dalla tasca, ma la mia presa non è troppo salda e l’apparecchio mi cade a terra.
Impreco.
Mi piego per raccogliere i vari pezzi: si è scoperchiato e la batteria è finita vicino alla porta del ristorante. La raccolgo.
Sento uno scricchiolio provenire dalla mia sinistra.
Alzo la testa di scatto.
Mauro sta aprendo il cancello e, appena vede che sono ancora qui, mi saluta con la mano e mi indica qualcosa alle sue spalle. Spalanco gli occhi.
Il furgoncino è parcheggiato in mezzo allo spiazzo tra il cancello e l’edificio.
Vedo il portellone del cofano che si apre e qualcuno che traffica. Momento! Quella è Emma.
Oh cielo! Dal vivo è così bella.
Subito dopo aver messo lei a fuoco, vedo che dalla porta di servizio, sta uscendo Josè insieme ad un'altra guardia. Un tipo pelato e spesso.
Stanno scortando sicuramente qualcuno..
Infatti, subito dopo di loro, vedo lo Shanimal con addosso un piumino aperto, la maglietta della Black Fuel che gli ho visto addosso prima ed i suoi soliti pantaloni neri col cavallo basso.
Lo vedo ridere e voltarsi indietro. Da lì sbuca l’adorabile Tomo che ride a squarcia gola. Amo la sua risata.
Solo a sentirla, mi sto lasciando trasportare in una piccola risata. Una valanga di emozioni mi salta addosso.
Sono tutte emozioni positive. Talmente positive che sto ridendo e piangendo senza accorgermene.
Ascolto ancora la conversazione di Tomo e Shannon che continuano a scambiarsi battute su una certa lampadina esplosa durante l’esibizione e ridere come due bambini troppo cresciuto.
Quanto sono belli.
Vorrei fargli una foto al volo, ma il mio telefono è a pezzi e non posso distrarmi da loro per rimontarlo. Non posso perdermi nulla di quello che fanno.
Camminano verso la macchina, con tutta la calma del mondo, belli appagati per la bella serata. Si muovono in modo così spontaneo anche in un posto che non conoscono affatto.
Invidio il loro essere cosmopoliti.
Ma dove è il terzo?
Come se avesse sentito che lo stessi cercando, Jared appare sulla soglia della porta di servizio. Ne intravedo prima la sagoma nella penombra, poi riesco a vederlo completamente.
Indossa una giacca di pelle nera, leggera – troppo leggera per il freddo che fa – ed un paio di pantaloni neri attillati. Ai piedi, porta delle specie di stivaletti marroni.
Direi che, per i suoi standard, è piuttosto elegante. E mi piace un sacco.
È talmente bello che guardarlo mi fa male agli occhi ed all’autostima. Tuttavia, non riesco a staccarglieli di dosso.
Le lacrime mi scendono velocemente sulle guance. Se la felicità fosse una persona, per me, sarebbe proprio lui.
Si avvicina al furgoncino e consegna un qualcosa ad Emma. Qualcosa che non riesco a vedere da qui, ma che comunque lei infila nel bagagliaio.
Lo fisso ancora. Con quei capelli castani un po’ spettinati e quella barba accennata è un vero schianto.
La sua espressione è indecifrabile. Forse, un pelo irritata. Credo perché nessuno lo ha riconosciuto o fermato per un autografo.
Oh, se solo si accorgesse di me..
Cazzo, ora sto proprio singhiozzando. Non riesco a trattenermi, non sono padrona delle mie emozioni e di tutta la felicità che mi sta piovendo addosso.
Jay si guarda intorno per un attimo. Credo mi abbia sentita, accidenti.
Volta la testa nella mia direzione. Punta i suoi occhi azzurri su di me ed io perdo venti anni di vita.
Cazzo devo essere uno spettacolo tremendo mentre piango come una fontana, eppure lui continua a guardarmi con interesse. Quasi gira la testa come un bimbo curioso.
Vorrei dire che mi sento paralizzata da quegl’occhi, ma non è così. Anzi, mi sento ancora più forte, nonostante stia piangendo come una fontana.
Presa una botta di coraggio, alzo le mie mani e le unisco in una Triad; voglio fargli capire che qualcuno che li ama c’è, anche in questo posto.
Ed proprio lì che lui si apre in un sorriso e continua a guardarmi.
Cazzo, non riesco a smettere di piangere e non riesco neanche a smettere di ragionare. Anzi lo faccio talmente velocemente che non riesco a focalizzarmi su un solo pensiero.
Ho solo una parola chiara che mi passa per la mente e gliela devo assolutamente dire.
<< Grazie >> Quasi sbiascico da quanto sono emozionata.
Non so se sia riuscito a sentirmi, fatto sta che il suo sorriso si stia allargando a dismisura.
Vedo la sua bocca che si muove lentamente, sillabando un "Grazie” o, come direbbe lui, “Grazii” .
Rimango esterrefatta.
Guardo ancora Jared. Lui guarda me.
Gli correrei contro per abbracciarlo, se non avessi paura di inciampare nei miei stessi piedi e cadere rovinosamente.
Il cuore martella. L’emozione non si placca per niente e questa connessione tra me e lui mi fa sentire così..speciale. Si, mi sento speciale da morire.
Chissà se anche lui si sta sentendo come me o se, per lo meno, sto riuscendo a regalargli un minimo della mia gioia.
In quel momento, sento il rumore della macchina che viene accesa e i fari che mi arrivano dritti in faccia, accecandomi.
Sbatto le palpebre, mentre abbasso le mani.
Jay si volta a guardare il furgoncino. Tutti sono saliti a bordo, tranne lui che ha continuato questa conversazione silenziosa con me.
Shannon gli dice qualcosa da dentro l’abitacolo e suo fratello annuisce.
Torna a me, alza la mano e mi sorride ancora.
Nei suoi occhi vedo ciò che sto provando anche io: una gratitudine immensa.
Lo guardo mentre sale e prende posto accanto a suo fratello. Poi la porta si chiude e il furgoncino parte.
Quando mi passa accanto, non riesco a vedere nulla di ciò che accade al suo interno, poiché i vetri sono oscurati..ma ne ho la certezza. Jay ha ancora i suoi occhi puntati addosso a me.
Non so come faccio a saperlo, ma lo sento.
Alzo il braccio e saluto Jay – o il nulla- con una gran felicità nel cuore.
Non ci credo ancora. Quello che è appena accaduto deve essere per forza un sogno.
Mi asciugo le lacrime che mi congelano la faccia, senza smettere di singhiozzare e di ridere.
Ancora non riesco a trattenere la felicità e l’adrenalina che mi scorrono nelle vene. Cazzo, mi sento scoppiare.
Mi metto a correre per la strada deserta, urlando come una pazza. Attraverso, mezza città gridando al mondo la mia felicità, danzando sotto la pioggia.
Canto qualche verso di City of Angels e di qualche altra canzone, mentre proseguo la mia maratona personale.
Grazie al cielo, nessuno sta in giro a con questo tempo.
Diavolo, non mi sono mai sentita così bene in vita mia.
Mi fermo solo dopo che sento le gambe e la gola farmi male. Dio, sono zuppa, ma non riesco a spegnere questa gioia.
Devo dirlo ad Erica!
Sfilo il telefono dalla tasca e lo rimonto. Appena lo accendo, vedo che mio fratello ed Erica mi hanno chiamata.
Mio fratello può aspettare ora. Devo parlare assolutamente con la mia migliore amica, perché solo lei può capire cosa sento ora.
Seleziono il suo contatto dal registro e aspetto che risponda.
Al quarto squillo sento la sua voce.
<< Gre! Ma dove cavolo eri finita?! >> mi ammonisce, ma sono immune al suo rimprovero.
Riempio i polmoni di aria e guardo il cielo piovoso. Quanta bellezza.
<< Ero in paradiso, Erica! >>
 
 
  
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