IV
...and I'm just the same[1]
...and I'm just the same[1]
◆
Una ragazza.
Bella oltre la perfezione e oscena, con la lingua di fuori e mezza faccia macchiata di rosso.
La fissa, col solletico fra le gambe: è pura, ma non inesperta, e conosce a memoria quel vellichio, sotto le mutande.
Piano, leva i tacchi, una scarpa dopo l'altra, allontanandosi dal cielo una decina di centimetri – fa troppo caldo lì, per essere in Paradiso.
«Che cosa stai facendo?» domanda a quell'opera vivente di carne, modellata dagli orgasmi di un dio esageratamente generoso – una tale bestia prolifica, il loro padre così sessuale.
Chiedere è lecito. È un gioco fra vergini. È un elisir di incesto.
«Sono te» risponde Apollo-ragazza, mentre lei si libera pure della maglia, restando a petto scoperto.
«Puoi essere mia, se vuoi» allora gli concede – e sa quanto lo vuole.
«Per una notte.»
Bella oltre la perfezione e oscena, con la lingua di fuori e mezza faccia macchiata di rosso.
La fissa, col solletico fra le gambe: è pura, ma non inesperta, e conosce a memoria quel vellichio, sotto le mutande.
Piano, leva i tacchi, una scarpa dopo l'altra, allontanandosi dal cielo una decina di centimetri – fa troppo caldo lì, per essere in Paradiso.
«Che cosa stai facendo?» domanda a quell'opera vivente di carne, modellata dagli orgasmi di un dio esageratamente generoso – una tale bestia prolifica, il loro padre così sessuale.
Chiedere è lecito. È un gioco fra vergini. È un elisir di incesto.
«Sono te» risponde Apollo-ragazza, mentre lei si libera pure della maglia, restando a petto scoperto.
«Puoi essere mia, se vuoi» allora gli concede – e sa quanto lo vuole.
«Per una notte.»
NOTE:
[1] Da Devotion degli Hurts: in particolare, è la frase che segue a quella usata nel precedente capitolo come titolo. Potete leggere qui, per intero e in lingua inglese, il testo della canzone.