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Autore: alaskha    03/01/2016    2 recensioni
“No, aspetta – fui lui a fermarmi, quella volta – non ti va un caffè?”
“Io non bevo caffè”
“Sei davvero newyorkese o bluffi? Non mi piace la gente che bluffa”
Avevamo usato lo stesso verbo, quindi probabilmente Luke Hemmings non era un bugiardo bluffatore.
“Sono newyorkese e non bluffo, semplicemente non mi piace il caffè ed io e te non ci dobbiamo piacere, non dobbiamo neanche mai più rivederci, quindi non importa”
“Giusto”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante.
Istanti nei quali lui non si tolse mai dalle labbra quel sorrisino sfacciato.
“Quindi?” mi riscosse lui, dal mio stato pietoso di trance.
“Quindi addio, Luke Hemmings”
“Mi dici addio perché New York è grande ed è facile sbagliarsi?”
Annuii.
“Esatto”
“Speriamo non sia così grande come dicono, allora”.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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quando trovate l'asterisco ascoltate se volete "Magnetic" di Jessie J
 
 


chapter fourteen

5 seconds of summer


 
Avevo dormito ancora da Luke, abbracciata a lui, nel suo letto. Le notti passate a Brooklyn con lui, scorrevano più dolcemente, che a Manhattan, nel mio letto, da sola, triste. Dormivo meglio, beata ed anche di più, senza pensieri.
Svegliarsi con il profumo della sua pelle, il suo braccio delicatamente appoggiato alle mie spalle, per stringermi a sé, era decisamente meglio che svegliarsi con l’odore di caffè solubile e le voci di Dan e mio padre.
Avevo trovato un altro paradiso, lì con lui.
Aprii gli occhi, godendomi la pace delle 10:00 AM e la luce del mattino che filtrava candida dalle tende bianche della finestra. Sorrisi, e dio, da quanti anni era che non sorridevo appena sveglia?
Guardai Luke ed attenta a non svegliarlo, dosando ogni mio movimento, scesi dal letto per dirigermi in cucina. Socchiusi la porta e camminai scalza lungo il piccolo corridoio. Sbirciai nella camera di Mike, e lo trovai addormentato, con la bocca semichiusa ed un’espressione beata. Ridacchiai sommessamente e raggiunsi la cucina, che dava direttamente sulla sala.
Misi a fare del caffè per le due rockstar ed un po’ di acqua calda per me, ‘che Luke aveva comprato le bustine di the caldo, ricordandosi che io il caffè non lo bevevo mai, nemmeno di mattina.
Sfilai una sigaretta dal pacchetto di Marlboro di Michael e mi stesi sul divano, con le gambe appoggiate al tavolino, scoperte dalla sola maglietta di Luke che portavo. Afferrai l’iPhone che stava su di esso, forse di Mike e composi l’unico numero che conoscevo a memoria.
“Ehi, John!” risposi, quando sentii la sua voce assonnata.
“Jen? – chiese, ancora mezzo addormentato – no, non puoi essere tu, sei troppo felice e sono solo le dieci del mattino, è fuori discussione che tu sia mia sorella”
Sbuffai, mantenendo comunque un’aria divertita. Era l’effetto che quella casa aveva su di me.
“E invece sono proprio io, Jonathan – chiarii – quindi fatti un caffè forte e ascoltami, devo dirti una cosa importante”
“Probabilmente sto sognando, ma visto che non posso fare altrimenti, ti ascolterò – iniziò – avanti, dimmi”
Ridacchiai, alzandomi per andare a spegnere il gas della caffettiera. I due rockers non avevano una pratica macchinetta, e quindi ero costretta a preparare il caffè alla vecchia maniera. Ma nulla che Maribel Diaz non mi avesse insegnato a fare.
“Il Root Hill fa ancora musica dal vivo?” mi informai, maneggiando la caffettiera.
“Sì, perché? – chiese mio fratello – sei entrata a far parte di una band? Figo, formato sogno di mia sorella”
“John, piantala di credere che sia un sogno, tirati un pizzicotto o buttai dalla finestra, ma renditi conto che è la realtà”
“Okay d’accordo, sono confuso – ammise John, mentre io ridacchiavo, appoggiandomi al piano cucina – sei entrata o no in una band?”
“No, non si tratta di me – misi in chiaro – è Luke che suona in una band, e vorrebbero esibirsi per la prima volta dal vivo” spiegai.
“Oh, ma certo, Luke..” il suo tono di voce si fece suadente.
Perché a me il fratello spastico?
“John, torna in te, giuro che la prossima volta chiamerò Sabine”
“E quindi vorresti che parlassi con Harry, giusto?” mi ignorò lui.
“Giusto – confermai – puoi farlo?”
“Certo, io ed Harry siamo ottimi amici, lo sai”
“Mi farai sapere?”
“Ovvio, sorellina – fece, scoccandomi un bacio – torno a dormire e svegliarmi da questo strano sogno”
Riattaccai, arresa alla sua stupidità patologica.
Il Root Hill era il locale in cui lavorava Jonathan da un anno, ormai. Oltre a fare drink da paura, ospitava anche band e cantanti solisti alle prime armi, così avendo assistito alla telefonata fiasco di Calum, ebbi il colpo di genio. Non l’avevo detto a Luke per il semplice motivo che non avevo voglia di illuderlo, prima volevo assicurarmi che Harry fosse disponibile e d’accordo.
Harold Edward Styles, più conosciuto come Harry Styles, era il giovane proprietario del Root Hill. Aveva solo due anni in più di John ed aveva preso il posto di suo padre. Harry era bello, alto, eccentrico, con i boccoli di Taylor Swift e le gambe di Kendall Jenner. Avevo sempre avuto una semi cotta per lui, ma tutte le newyorkesi e non che almeno una volta nella loro vita siano entrate al Root Hill, sono inevitabilmente cadute nella rete insidiosa del fascino di Harry Styles.
“È il mio compleanno, per caso?”
La voce di Mike mi riscosse dai pensieri, e mi voltai subito verso di lui. Lo trovai con una canottiera nera, dei pantaloncini sportivi ed i capelli verdi tutti scompigliati dal cuscino.
“Buongiorno, Clifford! - lo accolsi, porgendogli la sua tazza di caffè – con tre cucchiaini di zucchero, come piace a te!”
Michael guardò me, poi la tazza che reggevo tra le mani e poi ancora me. Dopodiché afferrò il suo caffè, con un’alzata di spalle e: “Una ragazza seminuda mi ha fatto il caffè senza che io glielo chiedessi – ragionò – è senza dubbio il mio compleanno”
Lo guardai dirigersi verso il divano, mentre io mi sedevo sul piano della cucina, sorseggiando il mio the caldo. Non feci in tempo a dire nulla, che i passi strascicati di Luke per il corridoio, avvisarono la sua entrata in cucina.
“Che avete da urlare di prima mattina, maledetti?” ci aggredì.
Deglutii pesantemente, quando lo osservai: aveva dei pantaloni della tuta grigi, era scalzo e non portava la maglietta. Beh, certo, la stavo indossando io la sua.
Si stava scompigliando ulteriormente i capelli con la mano, ed aveva ancora gli occhi assonnati. Aveva l’espressione idilliaca di un bimbo appena sveglio, mentre mi guardava.
“Prima mattina? – domandai io, retorica – Hemmings, sono le undici”
“Appunto”
Roteai gli occhi al cielo, guardando la sua schiena allontanarsi verso il pacchetto di Marlboro abbandonato sul tavolino della sala, da cui avevo accinto anche io, prima di lui.
“Non mi fai gli auguri?” gli chiese Mike.
“Auguri? E per cosa? – fece confuso Luke – hai messo incinta qualcuna?”
Michael lo guardò male, mentre il suo amico gli si accomodava affianco.
“È il mio compleanno, oggi” chiarì Mike, spegnendo la sua sigaretta nella conchiglia.
Luke lo guardò stranito.
“Cliff, tu compi gli anni a novembre – gli ricordò – e siamo a giugno”
Mike aggrottò le sopracciglia, improvvisamente confuso.
“E allora perché Jenelle mi ha accolto vestita così e con una tazza di caffè?”
Luke si limitò a tirargli uno schiaffo dietro la testa, mentre io afferravo la sua tazza di caffè e mi avvicinavo a loro.
“Jen non ti farebbe quel tipo di regalo neanche se tu vincessi un milione di dollari alla lotteria, amico, mettitelo bene in testa”
“Beh – intervenni io, porgendogli il caffè – in quel caso, forse potrei pensarci”
Mike ridacchiò, sorseggiando un po’ della bevanda calda.
“Per me?” mi chiese Luke.
“Senza zucchero, giusto?”
“Giusto, principessa”.
 
 
 
 
 
Era una giornata tranquilla, nel garage di Calum: Ashton e Michael stavano giocando a Shangai, ed io ancora dovevo capire perché, il padrone di casa si stava rollando una canna e Luke aveva un’espressione seria, mentre rifletteva con una penna in mano ed un foglio quasi bianco, davanti ai suoi occhi, sul tavolo.
Mi avvicinai a lui, cercando di sbirciare, ma non appena si accorse di me, accartocciò il foglio.
“Cos’era?”
“Nulla – si strinse nelle spalle – oggi non ho ispirazione”
“Stai scrivendo una nuova canzone?” m’informai, sedendomi affianco a lui.
“Ci sto provando”
“Di cosa parla?”
“Sorpresa” mi soffiò sulle labbra, con un sorriso sornione.
“Che palle che sei, Luke Hemmings, sai che odio le sorprese!”
Luke rise, quando mi vide incrociare le braccia al petto, come una bambina capricciosa.
“Quanto sei bella, quando metti il broncio”
Mi sussurrò all’orecchio, prima di sollevarmi e farmi sedere sulle sue gambe, circondandomi la vita con le sue grandi braccia.
“Piccioncini, quando avevate intenzione di dirmi che Jenelle si sarebbe trasferita da noi? – c’interruppe Mike – dovrò rivedere molte delle mie abitudini”
“Ma Jenelle non si è trasferita da noi” chiarì, Luke.
“Ah no? – si sorprese Michael – credevo fosse così, dal momento in cui tutte le mattine la vedo girare semi nuda per casa, non che mi dispiaccia, s’intende”
“Hemmings, posso trasferirmici anche io da voi?” fece Ashton.
Luke fece per dire qualcosa, ma io lo precedetti.
“Non vivo con loro, Ash – dissi – è capitato che qualche notte mi fossi fermata a dormire, ma per questioni di.. beh..”
“Non devi dare spiegazioni a nessuno – mi disse Luke, guardandomi negli occhi, sottovoce – puoi fermarti tutte le volte che vuoi, capito?”
In realtà a qualcuno dovrei darle, le spiegazioni..
Sapevo che quello che stavo facendo a Dan non era giusto, ma d'altronde, lui mi aveva mai chiesto qualcosa di queste notti? Insomma, probabilmente non sapeva nulla, del fatto che avessi passato la notte fuori ma, non gl’importava del fatto che ci stessimo vedendo molto di meno.
“Jen? – mi richiamò Mike, ed io mi voltai verso di lui – casa nostra è sempre aperta, per te”
“Grazie, Mike” gli sorrisi, sinceramente.
E mi strinsi un po’ di più a Luke, appoggiando delicatamente la testa alla sua.
“Che noia quando fate gli sdolcinati – intervenne Ashton, ragionando su Shangai – rovinate la nostra reputazione di band rock”
“Irwin, sta’zitto – disse Luke – stai giocando a Shangai, cazzo” lo prese in giro.
Ash lo mandò a quel paese, con il terzo dito, molto finemente, mentre Calum rideva.
“Ehi, Cal – lo richiamai – dov’è Cher?”
“Ecco l’altro motivo per cui non saremo mai credibili – disse Ashton – fottiti Clifford, tu e il tuo stecchino verde, chi è il campione adesso?”
“Certo – fece Calum, incerto, nel guardarlo – è per colpa mia, che nessuno ci prenderà mai sul serio, no?”
Luke rise, ed io con lui.
“Vai a farti fottere Ash – Mike si alzò indignato dal tavolo di Shangai – passa la canna, Hood”
Ed affogò i suoi dispiaceri nella marijuana.
“Cherrie arriva più tardi” mi disse poi Cal, mentre porgeva la canna a Michael.
Annuii, pensando poi ad una cosa che non so per quale motivo non mi fosse venuta in mente prima.
“Ragazzi? – feci, riflettendo – ma voi com’è che vi chiamate?”
“Ashton, Luke, Calum e Michael?” rispose, ovvio.
Mike, che era il più vicino a lui, si occupò di picchiarlo per la stronzata che aveva detto.
“Quanto sei stupido, Irwin – intervenne poi Cal – intende qual è il nome della nostra band”
Luke mi guardò e: “In effetti non ci abbiamo mai pensato”.
“Beh, non sarebbe ora di darvi un nome? – gli dissi – in caso qualcuno dovesse chiedervi di partecipare a qualche serata, avrebbe bisogno di annunciarvi..” buttai lì, sperando che John stesse adempiendo ai suoi doveri di fratello maggiore.
“Certo, come no” fece Calum, pessimista come al solito.
“Oh, e dai Hood – lo riprese Ash – piantala di fare sempre il porta sfiga, Jen ha ragione, abbiamo bisogno di un nome”
“Questo è lo spirito, Ash!”
Mi alzai in piedi per dargli un cinque.
“Michael ed i suoi ragazzi” disse la testa verde.
Luke lo incenerì con lo sguardo.
“Vaffanculo, Cliff”
“Vacci piano, oggi è il mio compleanno” si difese.
“Ma che cazzo dici, Mike?” gli chiese Calum.
“Storia lunga - s’intromise Luke – tu hai qualche idea, principessa?”
“Beh, in effetti, avrei pensato a qualcosa..” cominciai, incerta.
“Perfetto!” esplose Ash.
“Sarebbe?” m’invitò a continuare Mike.
“4 Seconds of Summer – dissi – voi siete quattro, e a tutti piace l’estate, quindi è come se portaste un po’ di sole ovunque andiate, con la vostra musica” spiegai, gesticolando.
Calum sorrise, soddisfatto, ed Ashton mi abbracciò.
“Sei una benedizione, Jenelle Stratford” mi scoccò un bacio sulla guancia.
“Vi piace?”
“Stai scherzando? – chiese retorico Michael – è perfetto!”
Sorrisi, compiaciuta.
“E tu Luke, che ne pensi?”
Luke era stato l’unico a non dire nulla.
Puntammo tutti e quattro gli occhi su di lui, aspettando il responso.
“Non mi fa impazzire, in realtà”
Calum sbuffò, e Michael si accese una sigaretta, scuotendo la testa.
“Che rompi cazzo che sei, Hemmings – disse Ash – cos’ha che non va il nome di Jenelle?”
“Noi non siamo in quattro – chiarì Luke – credo che 5 Seconds of Summer sia più appropriato, ormai tu fai parte di noi, no?”
Non seppi cosa dire, stavo addirittura per commuovermi, di fronte a quelle parole.
“Oh Lukey!” lo prese in giro Calum.
“Vai a farti fottere, Hood” rispose Luke, alzandosi per raggiungere le sue sigarette.
Ma io lo bloccai per il polso, costringendolo a voltarsi verso di me.
“Credo sia meraviglioso, Luke”
Lui mi sorrise, guardandomi negli occhi. Avrei voluto baciarlo. Mi alzai sulle punte, avvicinandomi alle sue labbra, ma Ashton lo afferrò per le spalle e lo portò via da me.
“E bravo Hemmings!”
E mentre i ragazzi davano fastidio a Luke complimentandosi per il nome, io mi accesi una sigaretta, pronta a consultare il mio iPhone che aveva appena vibrato.
Era Maribel, e quando aprii il messaggio vidi una foto di Jai, che faceva la sua “faccia gonfia”, ovvero gonfiava le guance, fingendosi un pesce palla. La didascalia diceva: “Ad un bimbo manca la sua sorellona”.
Sorrisi a 234724 denti e mi venne subito un’idea.
“Ehi, Luke? – lo richiamai – mi accompagni in un posto?”.
 
 
 
 
 
Suonai il citofono in oro, ultimo piano: Stratford.
“Sì, chi è?” risuonò la voce di Maribel qualche secondo dopo.
“Ciao Mari! – risposi io – sono Jen, mi mandi Jai? Ho una sorpresa per lui”
Maribel riattaccò, ed io guardai Luke.
“Puoi spiegarmi?”
Gli mostrai un sorriso, perché l’avevo trascinato fino a casa mia senza dirgli nulla. Avevamo attraversato per l’ennesima volta il ponte di Brooklyn con lo skateboard, fino a Manhattan, Wall Street.
“Una volta avevo promesso a Jai che tu gli avresti fatto fare il giro di New York con il tuo skateboard e beh, so che è impossibile farlo davvero, ma quando lo stava usando l’ultima volta io e te abbiamo litigato e..”
“Non dire altro – mi fermò lui – ho capito tutto”
Mi scoccò un occhiolino, ed io desiderai dare un nome a quello che eravamo. Ma la vocina eccitata di Jai non mi permise di dire nulla, così mi morsi la lingua e lo guardai correre in braccio a Luke, sorridendo come una scema.
“Ometto! – fece Luke, sollevandolo in aria – finalmente ci rivediamo!”
“Tu e Jenny avete fatto pace, vero?”
“Certo che sì”
Jai batté le piccole manine, rise di gioia e: “Allora? Qual è la mia sorpresa?”
Luke lo posò a terra e gli indicò lo skateboard, posandoci sopra un piede.
“Eccola qui - disse – facciamo un po’ di pratica e uno di questi giorni ti porto allo skate park che sta a Brooklyn, ci stai?”
Guardò prima Jai, poi me, che annuii, come per confermargli che sì, andava bene. Andava tutto bene, purché lui fosse felice.
“Sììììììììììì!”
E Jai non poteva essere più felice di così. Luke lo fece salire sullo skate e lo accompagnò per un po’, dopodiché lo lasciò andare da solo, nello spiazzo davanti casa, quello dove si innalzavano le statue del toro e dell’orso di Wall Street.
*“Beh, è felice, direi” disse poi Luke, affiancandomi.
“Eccome se lo è” assentii, guardandolo sorridente.
“E tu? – sentii i suoi occhi addosso – sei felice tu?”
Mi voltai verso di lui, e mi venne ancora voglia di baciarlo. Sentii le sue mani ancorarsi ai miei fianchi, facendo sì che mi avvicinassi a lui e che i nostri corpi si scontrassero.
“Sì” annuii.
“5 Seconds of Summer – fece poi lui, ridendo appena e mordendosi il labbro adornato dall’anellino nero – che colpo di genio, principessa”
“Io avevo detto 4 Seconds, il risultato finale è opera tua” lo corressi.
“Sì, ma è merito tuo, quindi sono io che ti dico grazie, stavolta”
Sorrisi, bramando le sue labbra. Ma quando lui si protese in avanti, verso la mia bocca, mi voltai dall’altro lato e mi scostai da lui, liberandomi della sua presa.
“Cosa fai?” mi chiese lui, allargando le braccia.
“Non credo sia il caso, siamo sotto casa mia..” provai, incerta.
“Ma certo – fece lui – potrebbe arrivare il tuo fidanzato o peggio, tuo padre, giusto?”
Annuii, mortificata.
E Luke rise, amaramente.
“Che hai da ridere?”
“Non lo so, Jen, non so niente”
Eravamo l’uno di fronte all’altro, con Jai che scorrazzava in giro con il suo skate e ci guardavamo, in silenzio.
“Luke io credo che..”
“Jenelle?”
Ma fui interrotta nuovamente, non da Jai, però.
“Dan?”
Mi allontanai ancora di più da Luke, ma lo sguardo di Daniel andò direttamente su di lui: lo stava squadrando, da capo a piedi.
“Cosa fai qui, giù? – mi chiese, più confuso che mai – e con questo tipo, per di più?”
Stavo per rispondere, Luke stava per avvicinarsi e Dan stava per dare di matto, ma tutti e tre non avemmo tempo di fare né dire nulla, perché: “Jen! Luke! Avete visto che ho fatto con lo skate?”
Jai ci raggiunse ed io lo avvicinai a me, così che potesse stringersi alla mia gamba. Era come se lo stessi proteggendo da qualcosa.
Gli occhi di Dan saettarono alla figura minuta del mio fratellino. 
“E lui? Non dovrebbe essere di sopra a fare i suoi compiti? – fece il mio fidanzato, autoritario – frequenta il corso estivo, Jen”
“Non spetta a te decidere cosa lui deve fare o non fare, Dan” chiarii.
“Che sta dicendo Daniel, Jenny?” mi chiese Jai ingenuamente, guardandomi dal basso.
Gli accarezzai la testolina e mi sembrò di rivivere i momenti con Steve.
“Niente, tesoro, va’ di sopra da Maribel – gli dissi – io arrivo tra un minuto”
Jai si avvicinò a Luke e gli fece cenno di abbassarsi, così lui si accovaccio di fronte al piccolo, che gli scoccò un grande bacio sulla guancia.
“A presto!” gli disse.
Luke gli scompigliò i capelli e non aveva voglia di sorridere, ma per lui lo fece.
“Ciao ometto!”
Rimanemmo io, Dan e Luke.
“Perché permetti che questo qui abbia dei contatti con lui?” si riferì a Jai, spezzando il silenzio.
“Almeno Jai è felice quando sta con lui – iniziai – Luke non gli ricorda quello che sta passando, come se non fosse già abbastanza difficile senza che qualcuno lo faccia di continuo”
“Ma come diavolo ti sei vestita?”
Ma mi ascoltava?
Luke rise, sommessamente, e per Dan quel suo gesto non passò inosservato.
“Che hai da ridere, tu?” gli chiese.
“Ma la ascolti, ogni tanto? – cominciò – o sai solo pensare a come si veste e con chi va in giro, Daniel Crawford?”
“Perché sai il mio nome?”
“Scommetto che tu sai il mio” lo sfidò.
“Ragazzi..” cercai di intromettermi.
“Jenelle, chi è questo tipo e perché sei con lui?” chiese, autoritario, con voce forte.
Mi sembrava di stare di fronte a mio padre.
“Beh, io..” boccheggiai.
“Rispondi, dannazione!” sbottò Dan, incontrollato, mettendo quasi paura.
Luke si mise in mezzo, andandogli sotto.
“Non parlarle così”
“Ma tu chi sei per dirmi come parlare o non parlare alla mia fidanzata?”
“Non m’importa se è la tua fidanzata, merita rispetto e rivolgendoti così a lei, non glielo stai di certo portando”
“Mi parli di rispetto? Tu? – fece, puntandogli un dito contro – tu che te ne vai in giro con la ragazza di un altro da mattina a sera, Luke Hemmings?”
“Allora avevo ragione – sostenne spavaldo – lo sai qual è il mio nome”
Vidi Daniel alzare un braccio e quando chiuse la mano a pugno, mi misi tra i due, dividendoli, con una mano sul petto di entrambi.
“Adesso basta!”
Luke guardò in basso, scuotendo la testa.
“Lascia che lo faccia – disse poi -  avrei solo un buon pretesto per continuare”
“Nessuno continuerà niente, qui, non voglio che vi prendiate a pugni – misi in chiaro – state facendo i ragazzini e nessuno di voi due lo è”
“Forza, andiamo a casa” disse Daniel.
Lui mosse qualche passo verso il grande portone in vetro del palazzo, ma io rimasi lì, di fronte a Luke, senza dire nulla.
“Cosa fai? Non vai? – mi provocò lui – non vorrai disobbedire agli ordini del capo”
“Luke, tu non capisci” sostenni.
“No, è vero, non capisco – confermò lui – e non voglio farlo, per cui va’ da lui”
Fece per salire sullo skateboard, ma io lo bloccai, tirandolo per un braccio.
“Non t’importa, giusto? – urlai, quasi – non t’importa di niente, perché dovrebbe importarti qualcosa di me?”
“La pensi realmente così?”
“Non lo so”
Luke sospirò, pesantemente.
“Vieni con me – mi disse – sali sullo skate, andiamo a Brooklyn e resta con me”
Tentennai.
“Non posso”
Luke annuì, sconfitto, e incazzato.
“Come ti pare, salutami Dan, spero siate felici insieme”.

 


sounds goos feels good!
Buon anno bimbe, da me, Genn, Ben e Giulia!
siamo arrivati al 2016, come avete passate il capodanno? io benissimo! sono tornata ieri da Roma con i miei amici. non potete capire quanto sia bella, l'avevo già vista ma ero troppo piccola per apprezzare a pieno. mi manca già.
anyway, scusate per l'assenza ma tra le feste e la partenza, ho avuto poco tempo.
che ne pensate del 14esimo capitolo? compare il nome di Harry che sì, è il proprietario del locale dove (forse) suoneranno i 5 seconds of summer.
la storia del nome me la sono completamente inventata ahahah non so nemmeno io come, ma vi piace? quanto è stato dolce Luke.
e per finire, abbiamo la semi-lite. Dan se li meritava i pugni di Luke e beh sì, anche Jenelle.
e nulla, fatemi sapere che ne pensate, alla prossima.
vi adoro e ancora buon 2016.



 
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