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Autore: Lamy_    04/01/2016    0 recensioni
Amira e Robert si sono dichiarati ma c'è un piccolo problema: lei ha trascorso un mese davvero impegnativo ma quando ha avuto la possibilità di fermarsi si é domandata: ma Robert che fine ha fatto?
Un viaggio misterioso, un film da girare, un figlio da salvare e un amore che ha bisogno di una spinta per nascere. Ce la faranno Amira e Robert?
A new start for us, la storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SECONDO: La signora Downey.
 
 
Dove diavolo é finita quella maledetta maglietta?
Quella mattina sarebbero iniziate le riprese, tutti erano già sul set, attori e collaboratori, tranne Robert ed Amira. La ragazza non riusciva a trovare la maglietta che aveva scelto di indossare, la valigia era piena di vestiti, ma lei cercava proprio quella maglia. Voleva a tutti i costi fare colpo su Robert, perciò doveva avere un abbigliamento impeccabile. Già si era infilata i jeans e calzava un paio di ballerine blu, ma era alla strenua ricerca di una maglia a tre quarti blu che si abbinava perfettamente alle scarpe. Mentre si guardava attorno, al centro della stanza, la porta si spalancò rivelando Robert sulla soglia. Gli occhi di lui osservarono la figura sinuosa della ragazza, indugiando sul reggiseno bianco con accenni di pizzo, e le guance di Amira andarono a fuoco, poi si chiuse di corsa in bagno.
"Vieni vestita in quel modo?" le gridò Robert dalla stanza da letto, ridendo e dando un'occhiata in giro. Pochi minuti dopo Amira uscì con addosso una camicia a canottiera bianca.
"Stavo cercando una maglia, ma non l'ho trovata." si giustificò lei, nascondendo malamente il suo imbarazzo, e, prendendo borsa e agenda, uscì dalla stanza seguita da Robert. Si diressero in silenzio al parcheggio, dove l'autista li attendeva, ed entrarono in macchina. Jeff alzò il vetro scuro per concedere loro privacy e, dopo un breve sguardo alla strada, mise in moto. Robert sembrava stanco, lontano, quasi perso chissà dove. Amira non aveva chiuso occhio, il dubbio e la curiosità, e forse anche un accenno di timore, non le avevano dato tregua durante la notte.
Magari si tratta davvero di una donna.
Forse lui aveva realmente conosciuto una donna ed era partito per stare con lei, e solo al pensiero che questa fosse una possibilità plausibile sentì il cuore stringersi in una morsa dolorosa. Ma Robert non le avrebbe fatto un torto del genere, non avrebbe mai conosciuto un'altra, non le avrebbe dato false speranze per trentadue giorni, anzi le avrebbe subito detto la verità a brucia pelo come era solito fare.
-Pensa a lavorare, ragazza. Non lasciare che le emozioni ricadano sul tuo lavoro, devi essere un'assistente perfetta.-
Amira di sottecchi lanciò un'occhiata verso di lui, facendo finta di scrivere un messaggio. Robert aveva la fronte poggiata al finestrino, gli occhi erano coperti dagli occhiali da sole eppure le occhiaie erano evidenti, e aveva l'aria trasognata.
"Va tutto bene?" azzardò a chiedergli la ragazza con voce dolce e bassa per evitare che Jeff sentisse, poi gli poggiò una mano sulla spalla. Lui sospirò, scuotendo di poco il capo, e sorrise, il sorriso più finto di sempre. Annuì e poi tornò a guardare i palazzi e gli alberi scorrere veloci oltre il finestrino oscurato. Amira lasciò cadere la mano sul sedile, spostando lo sguardo su quelle stupide parole contenute nella sua agenda, delusa, ferita e amareggiata da quel comportamento. Chissà, forse desidera essere altrove, magari da solo, magari con la donna di cui si è invaghito.
"Oggi sul set arrivano anche i produttori." provò a dire Amira nel tentativo di farlo parlare, anche mezza parole sarebbe bastata, ma lui si limitò ad annuire una seconda volta e a perdersi nuovamente nei suoi pensieri. Il tragitto continuò in quel clima di tensione, imbarazzo e silenzio totale. Venti minuti dopo Jeff parcheggiò a pochi metri dall'ingresso dell'edificio dove si tenevano le riprese, e solo allora Amira si sentì alleggerita. Salutò l'autista e poi seguì Robert lungo il corridoi che conduceva al loro camerino, dove trovarono la costumista e la parrucchiera ad aspettarli. Robert le salutò cordialmente e si sedette davanti allo specchio della scrivania per lasciarsi preparare, mentre Amira prese posto sul divano alle spalle di lui e si rimise ad ordinare la sua agenda. Ogni tanto alzava lo sguardo allo specchio che rifletteva l'immagine di Robert, gli avevano tagliato i capelli e gli stavano aggiustando il ciuffo, avevano scelto per lui un completo adatto per un avvocato, dato che avrebbe interpretato tale personaggio, e gli avevano steso un po' di fondotinta qua e là.
"Permette, questa la indosso da solo."
Le aiutanti annuirono e si dileguarono, lasciandoli soli. Robert si avvicinò ad Amira con la mano tesa, stava reggendo una cravatta. La ragazza alzò gli occhi su di lui e lo guardò confusa.
"Mi aiuti?" le chiese con lo sguardo fisso su di lei, che annuì e si alzò per dargli una mano. Si posizionò di fronte a lui e gli avvolse la cravatta attorno a collo, passandola sotto il colletto della camicia, e poi cominciò a legarla eseguendo vari giri. Dopodiché la tirò per controllare che fosse messa bene e incrociò i suoi occhi. Sentiva una voglia irrefrenabile di abbracciarlo, di baciarlo, di sentirlo suo, di averlo tutto per sé. Gli occhi di Robert erano concentrati sulle labbra di lei, così morbide, colorate di rosa dal rossetto, così invitanti. Le mise una mano sulla schiena e si avvicinò a lei, le sfiorò la bocca quando la porta del camerino si aprì: il regista lo stava chiamando. Amira si allontanò subito ed uscì in corridoio, dopo aver preso la borsa, e si diresse al bar per evitare di peggiorare le cose.
"Amira!"
La ragazza si voltò quando udì il suo nome e agitò la mano in segno di saluto, Harold era seduto al bancone del bar e stava bevendo un caffè. Amira ordinò un thè bollente e prese posto accanto al suo amico.
"Robert è in scena?"
"Sì, lo hanno preparato e a momenti dovrebbero iniziare a girare."
Il barista le portò la tazza di thè che aveva ordinato e cominciò a sorseggiarlo in silenzio, con la mente persa a pochi momenti prima. Sentire la mano di Robert sulla sua schiena le aveva riempito il cuore di gioia e adrenalina, sentiva il sangue correre nelle vene, sentiva la testa girare. Voleva baciarlo, voleva riprovare le emozioni di quella notte, assaporare di nuovo quelle labbra, sentire il suo corpo avvolto dalle sua braccia.
-Sono un caso perso, ormai. Gli omini nella mia testa sono tutti morti ed ora sono in balia del mio autocontrollo, che di controllo ha ben poco.-
"Signorina Taylor, la vogliono sul set!" gridò qualcuno all'altoparlante.
Amira lasciò una banconota sul bancone per il thè e, salutando Harold, si diresse di corsa sul set. Afferrò la sua agenda per cancellare il primo impegno concluso, ossia trucco e parrucco, e si avvicinò alla postazione di Robert. L'agenda le cadde dalle mani con un gran tonfo, tant'è che tutti si voltarono a fissarla, e sgranò gli occhi: Susan stava risistemando la cravatta a Robert. La ragazza raccolse l'agenda, scusandosi per il baccano, e si voltò di spalle per non far vedere che era sul punto di scoppiare a piangere. Si asciugò una lacrima e si schiarì la voce.
-Questo è il tuo lavoro, e lei è solo una produttrice. E' qui per lavoro, solo per lavoro. Sta calma.-
Riprese a camminare verso il suo capo e tenne gli occhi bassi, non aveva il coraggio di vederli insieme.
"Oh ma che piacere rivederla, signorina Taylor!" esclamò Susan con voce allegra e un entusiasmo falso quanto il suo sorriso. Amira respirò a fondo e tentò di riprendere il controllo della situazione.
"Salve, signora Levin."
"Come mi hai chiamata, ragazzina?"
Amira sorrise e la guardò in faccia, stringendo il ciondolo della collana a forma di sole e con un coraggio che le venne dal profondo.
"L'ho chiamata col suo cognome di battesimo, Levin. Su Wikipedia non c'è più scritto Susan Downey, ed io mi fido. E poi ero presente quando ha ceduto il cognome del suo ex marito per riappropriarsi del proprio."
Beccati questo, stronza.
Susan sbuffò infastidita e poi le rivolse un'occhiata truce e, sprezzante e stizzita, le si avvicinò.
"Non funzionano i tuoi giochetti con me."
"Certo, signora Levin."
La produttrice si allontanò con un ultimo sguardo colmo di odio e si accostò al regista. Robert scosse la testa e rise.
"Tu sei un fenomeno, ragazza!"
"Che ci fa lei qui? Non compariva sulla lista dei produttori del film." la voce di Amira era fredda, tagliente e non lasciava spazio alle battute o all'ironia.
Robert non le rispose, abbassò soltanto il capo e si morse il labbro inferiore.
Ma certo! Il viaggio misterioso lo ha fatto con Susan. Che idiota senza speranze che sono!
"Amira..."
"Non c'è bisogno che aggiunga altro, signor Downey, mi è tutto chiaro.
 
 
"E' necessario che quella ragazza lavori ancora per te?" chiese Susan con la bocca contratta in una smorfia di disgusto. Robert si abbandonò sul divano con gli occhi chiusi e ripensò a quella mattinata terribile. Trovare Amira in reggiseno era stato un colpo al cuore e lui avrebbe voluto mollare tutto e rimanere lì, con lei, in quella stanza a dimenticare il mondo e ad accarezzarsi. Ma lui non poteva. Susan aveva fatto  carte false pur di farsi prendere dal regista come co-produttore ed ora lo controllava minuziosamente. Avrebbe voluto spiegare ad Amira del perché la sua ex moglie, ora non tanto ex, fosse tornata e avrebbe voluto rassicurarla riguardo ai suoi sentimenti, dirle che era pazzo di lei, che voleva solo lei, che la desiderava ogni momento della sua vita.
"Robert!"
La voce stridula di Susan lo costrinse ad aprire gli occhi e ad annuire, ricevendo uno sguardo rabbioso da parte di lei.
"Amore, lo so che sarà difficile far tornare le cose come prima ma noi, insieme, possiamo farcela. Dimentichiamo gli ultimi due anni e ricominciamo da capo." gli sussurrò Susan all'orecchio, sedendosi a cavalcioni su di lui, mentre le sue mani scendevano fino al bottone dei pantaloni. Robert sbuffò e cercò di allontanarla, ma qualcuno bussò all'improvviso e lui per un attimo rimase fermo. Susan biascicò un 'avanti' e poco dopo apparve Amira, con la sua agenda rossa stretta al petto, ormai consumata dagli anni e scolorita, che diventò pallida e abbassò lo sguardo mentre i suoi occhi erano lucidi. Robert sentì una leggera pressione sul cavallo dei pantaloni e sposto lo sguardo dalla porta alla sensazione che provava: la mano di Susan erano posate proprio lì.
"Scusatemi." sussurrò Amira per poi scappare lungo il corridoio, e Robert sapeva che sarebbe corsa a nascondersi da qualche parte per piangere. Allontanò le mani della sua ex e si alzò in tutta fretta, passandosi una mano sul viso e dandosi dello stupido mentalmente.
"Da quando ti preoccupi che qualcuno ci trovi in situazione così...intime?"
"Da quando non voglio trovarmi in queste cazzo di situazioni con te, Susan!" urlò Robert e poi, infilandosi in tasca il cellulare, uscì dal camerino. Attraversò l'intero stabilimento e alla fine andò incontro ad Harold.
"Signor Dow..."
"Hai visto Amira?"
Harold rimase di sasso e lo fissò torvo ma subito si guardò attorno per vedere se riuscisse a trovare la sua collega.
"Qui non c'è. Forse la può trovare dietro agli alloggi dei costumisti, c'è un piccolo giardino di rose."
Robert annuì e si incamminò a passo svelto verso i camper degli aiutanti, aveva la mente annebbiata dalla rabbia e voleva solo trovare quella ragazza e chiarire. Si ritrovò dinnanzi ad un piccolo arco di pietra bianca, lo oltrepassò e in lontananza vide la figura di Amira. Si avvicinò a lei, seduta su una panchina, e le si affiancò. Amira alzò gli occhi e nel vederlo tentò di scappare ma lui le strinse la mano e la tirò nuovamente a sedere.
"Non è come credi." esordì Robert con la voce affannata, lo sguardo catalizzato sulla sua mano che stringeva quella
piccola di lei.
"Non mi interessa! Non me ne frega un cazzo se te la scopi nel camerino, Robert!"
"Io non... sei una stupida!"
Amira si alzò e con un strattone si liberò dalla presa di lui, poi si allontanò con le mani tra i capelli.
Fa che sia tutto uno scherzo. Non può davvero capitare a me.
Robert la raggiunse, abbracciandola da dietro, e le lasciò un bacio sulla guancia con la speranza di farla calmare, ma lei tremava ancora e forse era per rabbia oppure era la sua vicinanza.
"Davvero non è come credi. Lei è stata mandata qui dalla sua casa di produzione e il regista è ben contento, non la manderà via. E riguardo a prima...è stata lei a prendere iniziativa, e non mi sto giustificando, senza che io le concedessi il permesso. Amira, dopo quella notte, la nostra notte, non mi sono avvicinato a nessun'altra."
La nostra notte.
La ragazza si voltò verso di lui, sempre tra le sue braccia, e gli posò dolcemente le mani sul petto per poi accarezzare il punto esatto in cui si trova il cuore. Batteva forte.
"Così non posso andare avanti. Ho bisogno di...di una situazione tranquilla per poter continuare il mio lavoro. Capisci?" disse Amira, tenendo gli occhi fissi su di lui, la voce bassa e controllata, le mani salde sul suo petto. Robert annuì, stringendola a sé. La ragazza si staccò di colpo, si avviò verso il set con le mani tremanti e un nodo alla gola.
"Amira."
Lei non si voltò e continuò la sua avanzata, poi si bloccò e sorrise tra sé amaramente.
"Andiamo, signor Downey, le riprese iniziano tra dieci minuti."
 
 
"Quindi lei é tornata?!"
Amira si era allontanata dal set per chiamare Lola e potersi sfogare un po' con qualcuno che capiva bene la sua situazione. Si poggiò con la schiena ad un muretto e prese a calciare dei sassolini.
"Sì, lei è qui. Robert dice che ha fatto di tutto pur di essere presa sul set, ed ovviamente ci é riuscita, e inoltre ha detto che non se ne andrà. Non so, credo che lui abbia fatto quel famoso e alquanto misterioso viaggio con lei." disse Amira con la voce bassa per non farsi sentire, qualcuno avrebbe potuto riferire tutto a quell'arpia, e si lasciò scivolare lungo la parete per finire accovacciata sulle ginocchia.
"Tesoro, secondo me ti stai facendo troppe fantasie! Mi ha sempre detto che Robert é un tipo che dice le cose in faccia senza alcun timore e adesso perché dovrebbe mentire? Forse con il viaggio c'entra il figlio, intendo quello grande, e non vuole che si sappia in giro. E sono convinta che sia stata Susan davvero e prendere iniziativa in camerino, anche perché Robert non é certo uno che si tira indietro dinnanzi alle attenzioni di una donna."
Amira sorrise, si sentiva più rincuorata ora che aveva parlato con Lola, e sapeva che doveva tornare sul set.
"Ora devo andare, Jeff mi sta aspettando da dieci minuti. Grazie di tutto, Lola, sei davvero un'amica."
"Oh figurati! Sono la migliore, lo so!"
Amira chiuse la chiamata, premendo sul tasto rosso, e tra una risata per le parole della sua amica e una maggiore sicurezza raggiunse il suo autista nel parcheggio.
"Signorina Taylor, mi sono preso la briga di recuperare la sua borsa." le disse Jeff non appena lei gli fu vicino, gli sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. Le venne aperto lo sportello e, una volta accomodatasi, prese la sua agenda dalla borsa e controllò gli impegni:
Alle 15 ha un'intervista, e poi deve ritornare sul set fino alle 22. Oh mamma, io già non ce la faccio più.
"Signorina, siamo arrivati."
"Grazie, Jeff. Ora puoi andare, io torno con il signor Downey."
Amira scese dall'auto e si avvicinò ad Harold, che stava appartato per non dare fastidio, per poi osservare a scena: era ambientata a casa del Giudice, concentrata in giardino, ed era il momento in cui Hanc (ossia Robert) si rendeva conto che l'auto di suo padre aveva un fanale rotto.
"Guardala, si comporta come se comandasse." le disse Harold con un cenno del capo in direzione del regista affiancato da Susan. Amira alzò gli occhi al cielo e fece una smorfia di disgusto.
"Ora si crede la padrona del mondo come tutte le volte in cui ha accompagnato Robert sul set. Ti ricordi quando pretendeva di pilotare le domande a cui il cast de 'The Avengers" avrebbe dovuto rispondere?"
Harold rise e scosse la testa.
"Sì! E ha litigato con Chris Evans. É stato epico."
Amira soffocò una risata per evitare di disturbare gli attori e si perse ad osservare Robert a lavoro. Era un attore eccezionale, entrava nel personaggio, ne assorbiva ogni minima sfumatura, ogni espressione, ogni sentimento, che riusciva a trasmettere attraverso lo sguardo, i gesti e la voce. Le venivano i brividi ogni volta che lo vedeva all'opera. Si calava nei panni di qualsiasi personaggio per poi interpretarlo nei migliori dei modi.
"STOP! La scena era perfetta! Dieci minuti di pausa, e poi giriamo la scena nel bar."
Robert sorrise al regista e si allontanò, sedendosi sulla sua sedia con la scritta 'RDJR' stampata sullo schienale. Amira gli si avvicinò con una bottiglietta di acqua tra le mani. Stava tremando.
"Grazie." le disse Robert, lei annuì e aprì la sua agenda rossa per sbarrare l'impegno riguardante le riprese fuori in giardino.
-Oddio, come sta bene co questo taglio di cappelli. Mi sanguina il cuore, aiuto! Chiamate un dottore perché il mio cuore oltre non regge. Fanculo, Robert. Non potevi nascere brutto e antipatico invece di nascere così...così...-
"Sei stato davvero bravo, tesoro!" gracchiò la voce di Susan, che era accanto a loro, e rivolse un mezzo sorriso ad Amira. La ragazza sbuffò e restò immobile, guardando verso la villetta dove Robert avrebbe recitato, e poi agitò la mano per salutare Duvall, il quale ricambiò con un ammiccamento.
"Quell'uomo ti adora." esordì Robert sorridente mentre lanciava uno sguardo alla sua assistente che abbassò gli occhi in imbarazzo.
"E non é l'unico." sussurrò lui, facendole l'occhiolino e regalandole un sorriso luminoso. Amira sorrise a sua volta e poi tornò alla sua agenda.
"Signor Downey, le ricordo che oggi ha un'intervista. Chiedo a qualcuno dello staff di accompagnarci così le aggiusta i capelli e il trucco?"
"No, Amira, andremo solo io e lei. Mi basta."
"Come desidera."
Susan emise un verso di fastidio e poi si ricompose, cercando di mascherare la stizza ma con scarsi risultati.
Nonna 0, Amira 1. I'm too fab for you, bitch!
"Downey, sul set! Ora!"
Robert si cambiò d'abito, gli venne sistemato il ciuffo e ritoccato il trucco, e infine salì nella stanza dove avrebbe girato la scena con l'intera troupe, compresa la sua assistente. Amira ed Harold si fecero piccoli piccoli in un angolo.
"Robert, adesso apri quello scatolone, dove ci troverai una maglia dei Metallica, e la indossi davanti allo specchio."
L'attore annuì e si mise a lavoro. Amira fu travolta dai brividi quando Robert si tolse la camicia per indossare la maglia che il personaggio indossava da ragazzo e dovette scrollare le spalle per riprendersi da quella visione, avrebbe voluto accarezzargli gli addominali appena pronunciati, avrebbe voluto contornare i tatuaggi con la punta delle dita, avrebbe voluto...
"Ti vibra il cellulare." le disse Harold a bassa voce, la ragazza si scusò e abbandonò la stanza per rispondere. Sul display apparve 'Mamma'. Amira sospirò e poi si portò il cellulare all'orecchio.
"Pronto?"
"Bambina mia! Come stai?"
-Sono innamorata del mio capo, devo assistere alle sue riprese, devo accompagnarlo ovunque, devo sopportare la sua ex moglie, devo fingere che vada tutto alla grande, e devo anche rispondere a questa chiamata. Mi viene voglia di buttarmi sotto un camion.-
"Va tutto bene, mamma. Da voi?"
Amira si era allontanata molto dalla sua famiglia quando aveva capito che non l'avrebbero sostenuta a causa del suo lavoro, i suoi genitori avevano sempre scelto per lei e suo fratello Andrew e anche raggiunta la maggiore età avevano continuato a comandare la loro vita. Però, mentre suo fratello aveva deciso di seguire le orme di suo padre e diventare architetto, lei aveva rifiutato di lavorare come insegnante di lingue e aveva deciso di accettare il lavoro offertole da Robert. Voleva staccarsi dai suoi genitori e quel lavoro le aveva dato la libertà che tanto desiderava.
"Qui stiamo benissimo. Ti volevo dire che tuo fratello e Madison hanno scelto la madrina per il battesimo della piccola Anna. Hanno scelto te!" esclamò sua madre con voce stridula e entusiasta. Amira sbarrò gli occhi e il panico ebbe la meglio su di lei.
-HANNO SCELTO ME? MA QUESTO VUOL DIRE TORNARE A CASA...QUESTA ANDREW ME LA PAGA. SPORCO TRADITORE.-
"Ah...che bello. Scusami, ma adesso devo tornare a lavorare. Dopo chiamo Andrew e ne parliamo. Ciao, mamma."
Amira chiuse la chiamata senza aspettare che sua madre rispondesse e si mise le mani tra i capelli, con quale coraggio sarebbe tornata a casa dopo tre anni?
"Signorina Taylor!"
La ragazza si voltò e vide Robert farle cenno di avvicinarsi, e così fece. Jeff le aprì lo sportello e lei entrò in macchina senza dire una parola.
"Che succede?" le chiese Robert, la voce preoccupata, gli occhi fissi su di lei e una mano sulla sua spalla.
"Niente, signor Downey. Sono solo molto stanca."
 
 
Alle 23:30 la giornata lavorativa si era conclusa. Amira, dopo un pomeriggio di intensa fatica tra interviste, cambi d'abito, trucco, capelli e riprese, aveva cenato in fretta e si era congedata dallo staff per rintanarsi in camera sua. Si era infilata il pigiama ed ora era in bagno. Qualcuno bussò alla porta e lei, sbuffando, andò ad aprire: era Robert.
"Fhe fuffede?" chiese lei, allarmata e stupida, con lo spazzolino in bocca che deformava ogni parola pronunciasse. Robert rise dolcemente a quella vista: lei con un paio di pantaloni del pigiama grigi, una maglia con una stampa di Topolino di quattro taglie più, il dentifricio attorno alle labbra e i capelli legati in uno chignon improvvisato.
"Volevo fare un giro qui attorno e mi chiedevo se tu volessi accompagnarmi."
Amira sembrò pensarci su, forse era riuscito a convincerla, ma lei scosse la testa e tentò di chiudere la porta, azione che venne impedita dal piede di Robert che aveva bloccato la porta. La ragazza sbuffò e lo fece entrare.
"Amira, ti prego, vieni con me. Ho bisogno di staccare la spina."
-Se non colgo al volo questa occasione sono fregata, ne devo approfittare. Forse, anzi sicuramente, domani me ne pentirò. Ma domani è un altro giorno.-
La ragazza alzò l'indice come a dire 'un momento', raccattò i primi vestiti che le capitarono a tiro e si chiuse in bagno, dove finì di lavarsi i denti e indossò un paio di jeans, una canottiera grigia e le scarpe da ginnastica, poi si legò i capelli in una coda ed uscì.
"Sono pronta!"
Robert annuì ed insieme lasciarono l'albergo usando la porta della servitù per non destare sospetti. L'aria era calda, frizzante e la luna splendeva alta nel cielo come uno spicchio di luce argentea.
"Ti voglio portare in un posto!" esordì Robert dopo vari minuti di silenzio, le afferrò la mano e prese una scorciatoia. A quel contatto Amira sentì una scossa lungo il corpo, come se potesse sciogliersi da un momento all'altro, chiuse le dita attorno alla mano di lui e si lasciò guidare. Sbucarono in un ampia strada totalmente deserta, eccetto qualche ubriacone che usciva o entrava nei bar, e imboccarono un altro vicolo illuminato appena da un lampione mal funzionante.
"Se aveva intenzione di uccidermi potevi farlo nella mia camera eh!"
Robert scoppiò a ridere e si voltò verso di lei con un'espressione buffa.
"Non voglio ucciderti, voglio...fare un bagno!"
Solo quando arrivarono nei pressi di un cancello di ferro con tanto di catenaccio Amira capì che quella era la piscina comunale.
-Cosa? Vuole scavalcare e farsi un bagno? Cos'è la piscina dell'hotel gli fa schifo? Perché ho accettato? A cosa stavo pensando? No, okay, lo so a che stavo pensando e lo sai anche tu che stai leggendo!-
"Scavalco prima io, così ti apro il cancello...in qualche modo."
"Stai forse dicendo che non sono in grado di scavalcare? Si sposti, signor Downey!"
Robert si allontanò di qualche passo e, con le braccia conserte, si concentrò su Amira. La ragazza prese un respiro, poi incastrò un piede nel primo spazio disponibile del cancello e cominciò a salire, aggrappandosi di qua e di là, fino ad arrivare dall'altra parte.
"Beh devo dire che mi hai stupito!" esclamò lui sorridente, quella ragazza era una vera forza della natura. Amira lo invitò ad entrare, senza che il cancello gli venisse aperto, e così lui ripeté le stesse azioni per poi ritrovarsi a pochi centimetri da lei che, troppo imbarazzata, prese a camminare verso la piscina. Quando raggiunsero la vasca piena d'acqua, Amira si sedette sugli spalti mentre Robert si avvicinò subito alla piscina.
"Tu non vieni?"
"Sei tu che vuoi fare il bagno, non io!"
Robert rise e cominciò a spogliarsi, si sfilò la maglietta, poi le scarpe, a seguire calzini e pantaloni, rimanendo solo in boxer. Diede un'occhiata alla piscina e si tuffò, riemergendo alcuni secondo dopo, portandosi  i capelli indietro con entrambe le mani.
-Io sto per morire, me lo sento. ROBERT DOWNEY JR, IN MUTANDE, BAGNATO, CON QUELLO SGUARDO BEFFARDO, QUEGLI ADDOMINALE CHE...ODDIO, VI INVITO AL MIO FUNERALE.-
"Dai, Amira, lasciati andare e vieni qui!"
-Beh se me lo chiedi così...-
La ragazza lasciò la sua postazione, scendendo per raggiungere la vasca, e abbandonò i vestiti lì. Senza tener conto dello sguardo di lui che la stava studiando si immerse nell'acqua e si poggiò a bordo vasca. Robert la raggiunse e l'affiancò.
"Che avevi oggi? Hai avuto il muso lungo tutto il pomeriggio."
"Mi ha chiamata mia madre e mi ha detto che mio fratello e sua moglie mi hanno scelta per fare da madrina ad Anna il giorno del suo battesimo."
"Ma tu non vuoi tornare a casa."
Amira annuì e iniziò a nuotare mentre lui rimase lì a fissarla: non indossava chissà cosa, eppure quel semplice intimo azzurro la faceva sembrare terribilmente bella e sensuale.
"Già. Non torno a casa da tre anni e non ho voglia di ritornarci."
"E' la tua famiglia, Amira."
"Sì, ma hanno sempre voluto comandare in ogni aspetto e decisione della mia vita, e lo sai. Più volte hanno provato a convincermi a lasciare questo lavoro ma...io...io..."
Robert nel frattempo l'aveva raggiunta all'altro bordo vasca, mise le mani ai lati della sue spalle e si avvicinò tanto da sentire i loro petti combaciare. Le gambe di Amira si avvolsero attorno al bacino di lui e posò le mani sulle sue spalle, erano a pochi centimetri.
"Baciami." sussurrò lei con gli occhi incatenati a quelli di Robert che, con un sorriso, annullò la distanza baciandola. Il bacio dapprima dolce e casto si trasformò in un bisogno travolgente, urgente, desiderato. Si allontanarono con il fiato corto, gli occhi lucidi e un sorriso felice.
"Non sai da quanto desideravo farlo." disse Robert, accarezzandole la guancia, mentre la tirava più a sé in modo che i loro corpi fossero attaccati. Amira gli passò le mani tra i capelli bagnati, sentiva il calore emanato dal corpo di lui, si beava del suo tocco, si lasciava lambire da quelle attenzioni.
"Mi sei mancato." ammise lei per poi poggiare la testa sulla spalla di lui, che le lasciò un bacio sul collo, poi lo guardò negli occhi e sorrise sorniona. Si liberò dalla presa di Robert, raggiunse la scaletta, uscì dall'acqua e si voltò verso di lui.
"Venga un po' qui, signor Downey!"
Robert uscì dalla piscina e la raggiunse, afferrandola per i fianchi per avvicinarla nuovamente a sé. Lei rise piano e con l'indice cominciò a contornare i suoi tatuaggi, passando per il petto, e scendendo lungo l'addome. Poi lo baciò. Lui sorrise nel bacio, sentendo il cuore esplodergli di gioia nel petto, con le mani che correvano sulla schiena di Amira, finalmente aveva tutto ciò che desiderava tra le sue braccia.
"Dovremmo tornare in hotel."
Robert scosse la testa energicamente e l'abbracciò ancora di più, assaporando la sua pelle.
"No, restiamo un altro po'."
Amira dovette cedere agli occhi dolci di lui e annuì, abbandonandosi a quelle carezze che tanto aveva desiderato.
 
 
 
 
Salve a tutti! :)
Scusatemi se sono sparita ma la scuola mi ha tenuta impegnata.
Cercherò di aggiornare presto, promesso.
Che ne pensate della storia? E dei personaggi? Cambiereste qualcosa? Lasciate una recensione ;)
Alla prossima.
Baci xxx
 
Ps. scusate eventuali errori.
 
Ps.-à vi lascio il link della Os che ha dato inizio a questa storia J
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3302461&i=1
  
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