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Autore: Mery Rose    04/01/2016    2 recensioni
La storia inizia (è ambientata) da subito dopo la 5x01 ATTENZIONE! in questa mia ff, non seguirò tutti gli avvenimenti effettivamente avvenuti nel corso della storia, infatti molte parti "cruciali" le troverete rivisitate per esigenza di..."trama" xD
Può un cuore lacerato dalla sofferenza ed un animo infervorato dalla vendetta, trovare la pace nel perdono e nell'amore? Può l'oscurità converitrsi alla luce e trovare la redenzione?
Dal testo: "[...]Credi che essere me sia facile? Voi mi credete invicibile per via dei miei poteri, di ciò che sò e che potrei fare. Ma indovina un pò? Non è così. Non è mai stato così e non lo sarà mai.
Il male che mi porto dentro...la mia oscurità, non sarà mai sazia. La mia vendetta doveva essere il compimento dei miei sforzi, il mio destino dipendeva da quello. E se non ho la certezza di quello che ho creduto di essere fin ora, cosa potrò mai essere? Cosa mi rimane, se non il familiare e costante odio? Niente, ecco cosa. Alla fine, io non sono niente."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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EFP (3) La grande sacerdotessa  

             
           
 La Grande Sacerdotessa
                         
  Capitolo III




Far parlare la nonnina non era stato poi così difficile come aveva previsto. Si aspettava una certa resistenza, ma dopo qualche domanda, le aveva raccontato in grandi linee cos'era successo in quel breve periodo, da far diventare la città un vero e proprio deserto. Era evidente che ci tenesse davvero al suo piccolo locale. 
Le disse che una maledizione si era abbatuta da poco sulla città, facendogli dimenticare le ultime sei settimane della loro vita. La vecchia aveva continuato borbottando qualcosa sul fatto che quella non era la prima volta mentre la ragazza la incitava a dirle di chi fosse la colpa. Quella abbassò lo sguardo come se le richiedesse un grande sforzo parlarne, ma dopo qualche istante di silenzio continuò dicendo che si trattava di un essere molto potente, conosciuto come L'Oscuro. Ashira capì subito di chi effetivamente stesse parlando e si affrettò a chiederle dove l'avrebbe potuto trovare, ma ella non lo sapeva. Dai suoi occhi leggeva che diceva la verità, così si precipitò fuori dalla tavola calda, camminando velocemente per la strada guardandosi a destra e sinistra come per scorgere qualche inidzio che l'avrebbe condotta da quell'essere, che ormai credeva più che certamente essere Nimue.
In quel luogo, seguire la traccia magica era pressocchè inutile, dal momento che tutta la città gallegiava in una nube di energia magica molto potente. Individuarla non sarebbe stato facile, ma se si fosse avvicinata abbastanza a lei, avrebbe capito dove fosse.
Accellerò di poco il passo, mentre girava in continuazione la testa da una parte all'altra cercando di sintonizzarsi sulle varie traccie magice, captando quella più potente. I suoi occhi scandagliavano ogni casa, ogni vicolo, fino a spingersi dove l'occhio umano non avrebbe potuto osservare oltre. La forte presenza di magia oscura andava via via accrescendosi man mano che si avvicinava ad una piccola villetta blu cielo, con rifinizioni in bianco acceso. Essa era circondata da una specie di alone di magia nera talmente pesante, che la strega avrebbe giurato di vederlo ricoprire l'intera superficie della casa.
Finalmente l'aveva trovata. Corse su per le scale del portico, fermandosi sulla veranda di fronte alla porta d'entrata. Alzò la mano chiusa apugno per bussare, ma si fermò. Ora che finalmente aveva trovato la Sacerdotessa, sarebbe stata sicuramente molto aprezzata una dimostrazione dell'accrescimento dei suoi poteri. Avrebbe potuto impressionarla, per compiacerle.
E quale modo migliore, se non quello di rompere il vincolo di protezione che aveva butttato su quella casa? Sorrise tra sè e sè, mentre incollava lo sguardo sul pomello della porta di legno, ordinandole di sgretolarsi al suo volere. Quello rimase immobile per circa mezzo minuto, prima che delle lievi scosse osscillanti fecero prendere a tremolare gli infissi della porta, segno che il vincolo si stava spezzando. Con un ultimo sforzo, la porta si spalancò verso l'interno con violenza, tanto che i cardini per poco non si staccarono dal resto della parete. 
Forse aveva osato un pò troppo, infatti un lieve giramento di testa la colse in pieno facendole poggiare una mano sulla porta per sostenersi. Chiuse gli occhi e dopo poco si sentì di nuovo meglio. Usare la magia di botto, dopo tutti quegli anni e con quello sforzo, gravava molto alla sua salute. Ogni cosa aveva un prezzo e la magia non faceva di certo eccezione. 
L'immortalità non la riparava da questo tipo di ripercussione negativa che aveva su di lei, la magia che esercitava. Come Nimue le aveva insegnato, per evitare di stare in quel modo - o anche peggio - bisognava allenarsi di continuo con la propria magia, così che possa trovare una via di sfogo e non rimanere tutta compressa in un corpo che seppure eterno, aveva i suoi limiti.
Attraversata la soglia della casa, si guardò intorno osservandola con superficialità quando il suo sguardo si posò su una piccola porta sotto le scale centrali. L'aprì e si ritrovò in un piccolo sottoscala il quale conduceva ad un piano sottostante, intermanetre fatto di roccia scura. Scese le scalle rocciose come guidata da una mano invisibile, che le diceva esattamente dove andare. Alla fine di esse, si trovò letteralmente in una grotta di roccie scoscese illuminata da fioche torcie alle pareti. Al centro, vi era un grosso masso nel quale vi era incastrata una spada, anzi...LA spada. Excalibur rifletteva la fioca luce delle torcie, come se fosse la propria a risplendere in quell luogo angusto ed umido. Cosa ci faceva li? Si avvicinò lentamente e con una certa venerazione, con la mano tesa verso la sua lucente impugnatura che sembrava implorarla di afferrarla e di prendere il suo immenso potere...
<< Come hai fatto ad entrare? >> subito ritrasse la mano come se si fosse scottata, giarandosi di scatto verso la voce che aveva parlato. Il profilo dell'individuo era nascosto dall'oscurità della grotta, ma Ashira avvertiva la chiara energia oscura emanare da quella figura, anche se la voce le era del tutto estranea. 
<< Grande Sacerdotessa... >> disse, con un lieve moto di speranza che le fece fare qualche passo nella sua direzione << ...siete proprio voi? >> Quella non rispose e la ragazza, anche non vedendola, poteva avvertire il suo sguardo penetrante trapassarla da parte a parte.
<< Nessuno mi chiama più così dai tempi delle guerre degli orchi. Ora ho un'altro nome >> un'altra voce si aggiunse in quella specie di conversazione. Era quella di Nimue, che giungeva dalla parte opposta della grotta. La ragazza si girò verso di lei e vide il viso squamoso della donna fare capolino da sotto il pesante cappuccio nero del mantello che indossava
<< Lo sò...ora vi fate chiamare l'Oscuro. Un nome decisamente adatto alla vostra presonalità, oserei dire..  >> la ragazza si zittì subito, mentre l'esile figura dall'altro capo, riemergeva dalle tenebre della grotta mostrandosi alla flebile luce delle torcie.  Una donna dai tratti dolci, con i capelli argentati castigati in un rigido ed impeccabile chignon sulla nuca, rispondeva al suo sguardo. Qualcosa nei suoi occhi le fece venire un piccolo brivido. Scosse la testa e spostò lo sguardo da Nimue a quella donna, sentendosi sempre più confusa.
<< Chi è questa donna? Cosa vi è successo? Perchè vi trovate qui e non a Camelot dove vi aspettavo circa mille anni fà? >>
 Nimue parlò << Una cosa alla volta, mia cara apprendista. Per dare una risposta a tutte le tue domande, devo raccontarti cos'è successo una volta che hai lasciato Camelot per la prima volta, quando ci siamo incontrate.
Dopo la tua partenza, Merlino ha incatenato la mia anima ad un pugnale magico con il quale posso essere controllata ed uccisa da chiunque lo possegga. Ma ho trovato il modo di imbrogliarlo. Quando venni uccisa per la prima volta nel corpo che tu ricordi, trovai il modo di passare la mia anima e il mio potere nella persona che mi uccise, così da tramandarlo. Ho passato tutti questi anni, in corpi di umani assetati di potere e vendetta. Più essi venivano uccisi, più la forza del mio potere si accresceva nutrendosi dei loro rancori e bramosie. E ora...la fortuna ha voluto che fossi tramandata in questa donna che in precedenza era portatrice di una grandissima magica bianca >> concluse il suo racconto, guardando compiaciuta la donna di fianco a sè. << Tuttavia questa "scrociatoia" ha dei difetti...la coscenza dell'individuo che mi ospita è quasi sempre predominante, così che io mi riduca ad una semplice voce-guida nei suoi pensieri, e solo alcune delle persone dotate di una grande forza magica possono vedermi, come te... >>
Ashira era rimasta in silenzio per tutto il tempo, mentre assimilava le sue parole e le comprendeva. << Perchè avete scagliato quella maledizione su Camelot? Perchè siete venuta in questo mondo, e in questa epoca? >>
<< E' stato necessario per la riuscita dell'impresa. Dovevo trovare un modo per portare Excalibur qui, è l'ho trovato! >> spiegò Nimue. Ashira sapeva che qualcosa non quadrava, ma si limitò ad annuire titubante, osservando le piccole pietre sparse qua e là sul pavimento roccioso, per poi alzare lo sguardo sulla Sacerdotessa. << Vi ho aspettato per circa milletrecento anni! Non pensavate che forse avrei avuto il diritto di saperlo? Sarei potuta stare con voi per tutto questo tempo e invece avete preferito che aspettassi da sola! Perchè? >> la ragazza la guardò con gli occhi sbarrati ed increduli, aspettando una risposta.
Nimue non si scompose minimamente, al contrario. Le rivolse un sorriso che poteva passare benissimo per una beffa, ma che voleva sembrare affetuoso. << Oh, mia cara Ashira. Ultima tra le Streghe Immortali e padrona degli elementi, non hai idea di quanto io ti abbia aspettata. Gli anni che hai dovuto passare nell'attesa saranno ben ripagati, fidati. La tua magia farà la differenza nella nostra battaglia. >> uno strano sguardo passò tra la donna con i capelli color del ghiaccio e la Sacerdotessa, che Ashira non sapè bene come interpetare.<< La guerra contro i mortali porterà pace nel nostro mondo e in tutti gli altri, vero? >> chiese la giovane, pontanto i suoi occhi scuri in quelli verdi di Nimue.
La Sacerdotessa la fissò intensamente per qualche breve istante, prima di risponderle << Certo. Rimarranno solo le persone come me e te, portatrici della magia pura >> in quel momento l'altra donna fece come per aggiungere qualcos'altro, ma Nimue la zittì con un gesto secco della mano. Lo sguardo della ragazza si assottigliò di poco.
 << Ascolta, Ashira...perchè la nostra missione si compia è necessario che tu completi il tuo apprendistato e per riuscirci, dobbiamo estrarre Excalibur dalla sua roccia. Stò già provvedendo a questo, quindi non devi preoccuparti. Resta in città e quando tutto sarà pronto mi raggiungerai e insieme otterremo ciò che abbiamo sempre voluto. Vendetta! Nel frattempo ambientati, ma devi fare molta attenzione agli abitanti di questa città. Come avrai capito dalla traccia di energia, molti di essi padroneggiano la magia e cercheranno in tutti i modi di ostacolraci. Non devi assolutamente permetterglielo. >> disse con fermezza, avvicinandosi di poco a lei, nascondendola alla vista della donna. Ashira puntò lo sguardo alle spalle di Nimue <>
<< Lei è d'accordo con qualsiasi cosa io gli dica ed è dalla mia parte, in fondo, non potrebbe essere altrimenti. Lo stesso posso dire di te? >> si affrettò a continuare lei, mantenendo i suoi enormi verdi in quelli della strega.
<< Sono sempre stata dalla tua parte, lo sai bene >> rispose la ragazza, tornando ad osservare lo sguardo della donna che continuava a seguirla in ogni movomento, senza dire niente, mentre si avviava verso le scale di petra. Sentiva un qualche strano presentimento su di lei, che non riusciva a spiegarsi in nessun modo.
la Sacerdotessa si rivolse a lei. << Ora puoi andare, Ashira...noi dobbiamo prepararci ad accogliere un ospite speciale >> 
La ragazza si ritrvò a varcare la soglia della casa senza nemmeno rendersene conto, mentre fuori un sole pallido si nascondeva dietro grosse nuvole bianche.


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