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Autore: Sanae77    04/01/2016    8 recensioni
Sinapsi
si•nà•psi
1. In neurofisiologia, la connessione funzionale tra due cellule nervose o fra una cellula nervosa e l'organo periferico di reazione.

E se questa connessione avvenisse anche tra due persone?
Svegliarsi e non sapere dove si è collocati.
Non ricordare come ci si è arrivati.
Essere da soli, ma essere coscienti che di solito accanto a noi c’è un'altra persona, che però non c’è.
Un percorso particolare per scoprire la vita della coppia più famosa di CT.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sanae
Il microfono annuncia il volo, questa settimana è passata talmente in fretta, è volata. Lui di fronte a me, mi sta stringendo a più non posso, le mie lacrime bagnano la sua camicia che adesso non è più perfetta come prima, adesso è stropicciata dai miei pugni che l’hanno stretta per tanto tempo.
Sto imprimendo nella mia mente il suo odore, il suo calore, so già che saranno le cose che mi mancheranno di più quando saremo lontani.
Il telefono, le email, la sola voce, non possono compensare il tatto, la vista, l’olfatto.
No, non possono e noi abbiamo cercato di farne scorta, ma so già che appena salirò su quel dannato aereo, la mancanza sarà totale.
“Ci vediamo presto!” mormora tra i miei capelli.
“I nostri presto, sono un po’ ambigui” ammetto tentando un sorriso.
“Già, - sospira con due dita fa alzare il mio mento, deposita un bacio sulle mie labbra, poi continua – chiamami appena arrivi.”
“Sarà notte fonda” dico fissandolo con amore.
“Non importa, tu chiamami, voglio sapere che stai bene” annuisco e mi sciolgo dal suo abbraccio, per dirigermi verso il mio paese, lasciando lui un’altra volta al suo amato pallone, so che ci tiene tantissimo, ma io inizio a odiarlo.
Aereo, volo, secondi, minuti, ore, giorni, mesi. Tempo, una sola parola che le raccoglie tutte, quello che lontano da lui scorre con un lentezza disarmante.
 
 
 
Sanae
Tempo che passa, tempo che scorre, la scena cambia di nuovo e ricordo molto bene questo momento, rivedo me stessa stesa sul letto al telefono, con il Capitano ovviamente, il suo pallone sempre fedele tra le mie mani che fa avanti e indietro. Come da sei mesi a questa parte le nostre telefonate si sono intensificate, la lontananza fisica si fa sentire, dopo quello che abbiamo condiviso durante il mio soggiorno in Brasile. M’immergo nel ricordo di quelle parole, perché dopo aver parlato del più e del meno, delle nostre giornate solitarie e così cariche d’impegni, lui mi spiazza con una frase.
 
… ricordo
“Allora ci vediamo presto, tra cinque mesi inizia il word yuong. Immagino sarete contattate come manager tu e Yukari.”
“Oddio, siamo già ai preparativi?” chiedo curiosa.
“Certo, amore” la sua voce mi avvolge quando mi dice così, e mi scalda il cuore.
“E quanti giorni staremo insieme?”
“Credo non meno di una settimana” il tono cambia è davvero contento.
“Che bello e dopo?”
“Dopo torno in Giappone per un’altra settimana, poi dovrò partire di nuovo per il Brasile.”
“Staremo lontani ancora per molto vero?” domando con un filo di tristezza, perché è vero che ci vedremo per quindici giorni filati, ma dopo…
“Vedremo, dipenderà da molte cose” nel suo tono avverto uno strano stato di agitazione.
“Tutto bene Tsubasa? Da cosa dipende scusa?” questa conversazione ha preso una piega strana, non capisco che cosa abbia in mente.
“Non temere niente di grave, saprai a tempo debito, ci sentiamo tra qualche giorno, adesso devo scappare” conclude rapidamente.
Resto un attimo imbambolata a guardare prima la cornetta, dopo il pallone, e dopo aver salutato il mio interlocutore, osservo la sfera di gomma e improvvisamente le domando: “Che diavolo ha in mente il tuo padrone?”
 
 
Quella domanda mi ha tartassato per mesi, fino al campionato per l’esattezza, soltanto alla fine di questo ho scoperto che cosa avesse in mente.
… ricordo
Sanae
Siamo tutti al ritiro, il Capitano finalmente è arrivato dal Brasile, ha fatto talmente tardi che di volata si è cambiato ed è fiondato in campo, appena in tempo perché le squadre stavano entrando.
Lo vedo mi cerca, quindi dagli spalti mi sollevo e lo saluto, annuisce e sorride con un cenno della testa, non vedo l’ora di abbracciarlo.
La partita, una gioia per gli occhi, dopo un inizio sofferto hanno preso a giocare come sanno fare loro, Tsubasa è eccezionale, si vede che l’allenamento in Brasile lo ha trasformato, quant’è che non ci vediamo? Un anno? Sì, un anno circa, il suo corpo si è fatto a uomo. Vibro al pensiero di un nuovo contatto tra di noi dopo tanto tempo.
Finalmente il triplice fischio, indica la fine dell’incontro, corro di sotto, voglio vederlo. Appena scende, mi precipito di fronte a lui, ci fissiamo, ma la gente è davvero troppa.
“Bentornato Capitano” mormoro, la voce rotta dall’emozione.
Si avvicina per parlare in privato “Mi sei mancata Anego, ho voglia di stare con te” il suo braccio ha cinto la mia vita, il mio corpo adagiato sul suo.
“Alloggio nella stanza 245, ti aspetto” sussurro con voce rotta dall’emozione.
I sui occhi brillano nei miei, mentre mi libera e va a farsi la doccia, intanto io mi avvio verso la camera che divido con Yukari, ma so per certo che lei è impegnata per almeno due ore, quindi decido di approfittarne all’istante.
Non ascolto nessuno di quelli che mi stanno chiedendo dove diavolo sto correndo, non m’importa, ho così voglia di stare con Tsubasa che tutto il resto non m’interessa.
 
 
Tsubasa
Ancora non mi capacito di quello che le ho detto, senza quasi salutarla, ma nei suoi occhi nocciola ho letto lo stesso desiderio, la stessa voglia, la stessa necessità, e quando mi ha sussurrato il numero della camera, non ho avuto più alcun dubbio.
 
Riesco a eludere le interviste, il mister, i compagni, dando la colpa al jet leg.
Soltanto Ryo si avvicina e piano mi dice: “Un jet leg di nome Anego immagino!” Intanto ha afferrato la mia testa e mi sta scompigliando i capelli ancora umidi di doccia.
“Piantala Ryo, sono stanco.”
“Comprensibile, va, ti aspetta! Tu sparisci, lei scomparsa, non siamo scemi!”
Annuisco con un sorriso e fuggo da lei.
Il corridoio mi sembra così lungo mentre vedo scorrere le porte delle camere a destra i numeri pari, a sinistra quelli dispari.
È un bel hotel in stile classico, 241… continuo a camminare 243… ci siamo.
245, mi fermo di fronte a questa porta chiusa, raccolgo un profondo respiro e busso.
“Avanti” mi giunge dal suo interno.
Apro e lei illuminata dal sole del pomeriggio, è alla finestra che sta guardando fuori, si volta, i contorni scuri fanno risaltare la sua bellezza, è proprio una donna adesso.
“Chiudi, non vorrei che arrivasse Yukari, è impegnata per le prossime due ore, ma meglio non rischiare” ammette calma. Non capisco come faccia a parlare così tranquillamente, è un anno che non tocco il suo corpo e la voglia mi sta uccidendo.
Eseguo e faccio scattare la serratura, a lenti passi ci avviciniamo, i suoi occhi nei miei, deglutisco a fatica, mentre l’afferro per la vita, facendola aderire a me.
Ho bramato il suo calore, il suo odore, la sua pelle, la sua morbidezza.
Adesso è qua per me.
Non riesco a capire cosa sia successo, cosa sia cambiato dal momento che ci stiamo spogliando con foga reciprocamente. La lontananza, fa vibrare i nostri corpi, che hanno preso il sopravvento sulla ragione e su noi stessi.
 
E mentre la adagio sul letto, penso che fare l’amore con lei, riequilibri tutta la fatica, tutta la pazienza avuta finora, tutto il tempo passato lontano.
Compensa, tutto.
 
 
Sanae
La bramosia dell’attesa, lui che arriva e io calma che gli dico di chiudere la porta. Tutta l’ansia dell’attesa è scomparsa da quando lui ha messo piede in questa stanza. L’emozione è papabile, sembra quasi che una coperta ci avvolga al suo interno, mi volto, mi avvicino, siamo vicinissimi , ma non ci tocchiamo.
Poi quel gesto, nessuna parola, solo il corpo che parla, la ragione che cessa e finalmente lui dentro di me. Un anno, tanto, troppo, ma la sensazione che sa donarmi compensa l’attesa.
Forse l’attesa ha reso ancora più bello questo istante, come quel giorno in Brasile, come la nostra prima volta, come se oggi fosse una seconda prima volta.
Tsubasa è forte, mentre lo sento su di me.
Tsubasa, la sua pelle è tesa, liscia, calda; le mie mani non smettono di passare in rassegna il suo corpo che si adagia su di me.
Tsubasa è amore, lo avverto attraverso i pori della sua pelle, i nostri odori si mescolano, rilasciando una fragranza comune, dell’amore che stiamo consumando.
Tsubasa, mi cerca, le sue mani su di me, sono calde, forti, premono, mi vogliono come io voglio lui.
E quando finalmente i nostri corpi si uniscono, il calore emanato da entrambe è quasi insopportabile, mentre insieme raggiungiamo il piacere.
Nudi, abbracciati sotto le lenzuola, che sanno di pulito e della nuova fragranza del nostro amore. Non abbiamo ancora parlato, sento la sua mano passare distrattamente lungo tutto il mio fianco, l’ho immaginata ogni notte, questa mano che mi accarezza. Non ho idea da quanto tempo siamo così immobili. Ho perso la percezione del tempo. Quando sono con lui il tempo scompare, anche se so che continua a passare e che la sua partenza si avvicina nuovamente.
La mia testa appoggiata sul suo petto, che tranquillo si abbassa e si alza, il TUM TUM del suo cuore mi culla. Sento che raccoglie aria, infatti dalla sua bocca finalmente esce un suono. “Lo sai che ti amo?”
Volto il viso verso l’alto e vedo la sua mascella in controluce, poco più in la il profilo delle sue labbra; proprio quello che cercavo, mi allungo e bacio quella carne così tenera, per poi esclamare: “Diciamo che nell’ultima ora l’ho immaginato.”
“Scema!” risponde in un sorriso.
Torno seria, lo fisso intensamente, prima di esclamare: “Ti amo anch’io Tsubasa, da impazzire!
 
Ed è così che è iniziato il nostro personale campionato, solo che ancora non immaginavo che cosa sarebbe accaduto di lì a pochi giorni. Perché la frase a metà, ha trovato la sua collocazione esattamente dopo la festa della vittoria del Word Young.
 
Abbiamo lasciato tutti a festeggiare, domani partiamo per tutti il Giappone, e per altri dieci, forse quindici giorni, potremmo stare insieme come una normale coppia, dopo… vedremo come ha detto Tsubasa.
“Non ti sono bastate tutte le partite che hai giocato in questi giorni?”
Chiedo alle spalle di Tsubasa che sta passeggiando per il prato del campo da calcio, dove si è disputato il torneo. Sta palleggiando con il suo amico, ma lo conosco troppo bene, è nervoso, tremendamente nervoso.
“Pensavo!” risponde secco.
“Beh questo lo avevo capito, è circa quindici minuti che la palla non tocca terra, a cosa pensavi?” sorrido.
Si blocca stoppa la palla a terra e la trattiene sotto al piede, mi fissa, mi avvicino.
La sua mano sposta una ciocca dei miei capelli portandoli dietro all’orecchio.
“Dicevo, pensavo, che un altro anno sia davvero un periodo troppo lungo.”
“Tsubasa, non è che ci siano molte alternative.”
Le sue mani prendono le mie, i suoi occhi brillano mentre lo sento esclamare: “Sposami! Diventa la signora Ozora e parti con me, non ci saranno più distanze, più attese… insieme, per sempre, al mio fianco come da piccoli, mi hai sempre sostenuto in tutto, Sanae non ce la faccio a stare senza di te, ti amo!”
Lo dice così, tutto in un fiato, neppure il tempo di ragionare, il mio cuore corre via impazzito, gli occhi pizzicano mentre sento delle lacrime rigare il mio volto.
Ed è il mio cuore, più che la ragione a parlare per me.
“Sì, Tsubasa ti seguirò ovunque, ti amo!” e mi bacia, con la stessa passione del primo giorno che ci siamo rivisti. Il campo da calcio ci seguirà per tutta la vita, visto che le parti più importanti del nostro amore sono state vissute al suo interno.
 
 
“Certo potevamo completare l’opera facendo l’amore sul campo” esclamo guardando la scena conclusa.
“Effettivamente questa ci manca, il primo bacio, la prima volta che ti ho detto ‘ti amo’ e dove ti ho chiesto di diventare mia moglie, sì, questa manca alla nostra collezione d’amore dentro un campo da calcio” risponde divertito.
“Scemo, –sorrido, poi aggiungo- magari quando usciamo di qua?” annuisco divertita, ma mi muore il sorriso sulle labbra mentre penso, come diavolo usciamo di qua?
“Già, magari” anche il suo tono adesso si è rattristato.
Improvvisamente come era già accaduto in precedenza il terreno prende a vorticare velocemente, ci abbracciamo l’uno all’altro, per sostenerci, mentre si susseguono immagini veloci.
 
 
Tsubasa
Vedo come passare le immagini, il giorno del matrimonio, lei stupenda solare e felice, io al settimo cielo e con la consapevolezza che non partirò più da solo, che al mio fianco ci sarà lei, che sugli spalti ci sarà lei. Vedo la nostra vita scorrere di fronte a noi come un registratore mandato a tutta velocità.
Il nostro soggiorno il Brasile, Roberto che mi dice che non ha più niente da insegnarmi e che sono pronto per il calcio europeo.
Io che torno a casa carico di gioia e dico a Sanae che adesso possiamo partire alla volta dell’Europa, dove sceglierò la squadra dove giocare.
Festeggiamo insieme questo primo traguardo, ho realizzato parte del mio sogno; andare in Brasile e diventare un calciatore, adesso mi aspetta l’Europa per affermarmi come professionista.
Noi che partiamo, noi che decidiamo insieme di restare a Barcellona.
Poi le prime difficoltà, io che vengo messo nel Barcellona B, la mia rabbia, la mia frustrazione, e poi lei. Lei che mi sostiene, lei che ha fiducia in me, lei sempre al mio fianco.
La nostra vita insieme, in un paese straniero, noi in visita alla città, noi in cerca del nostro nido d’amore. Siamo felici, innamorati e felici.
Io che accetto la sfida dei dieci goal e dei dieci assist. La promozione, il passaggio nel Barcellona A, sono un professionista e gioco al fianco dei più grandi giocatori, e anche se in un primo momento Rivaul, si era dimostrato ostile, dopo è diventato uno dei miei amici; adesso il Barca ha due fantasisti.
Io e lei, sempre vicini, lei nella tribuna d’onore, lei che tifa per me, io che le dedico i miei goal. Anche se vedo le scene susseguirsi velocemente di fronte e me, assaporo ancora ogni sensazione, ogni ritorno a casa, ogni sua accoglienza. La nostra vita da sposini novelli. Non c’è più niente della malinconia che avevo visto fin’ora negli occhi dei ragazzi che ogni volta si salutavano in aeroporto.
La scelta di vivere insieme, di sposarsi è stata la più sensata, non credo che un rapporto possa durare tanto a lungo senza logorarsi. Il tempo, l’attesa, la lontananza ci stavano distruggendo, ho fatto davvero bene a farle la proposta di matrimonio.
 
Improvvisamente tutto si blocca, un enorme porta ROSSA con la scritta EXIT compare di fronte a noi.
Afferro la sua mano e faccio per afferrare la maniglia, ma lei s’impunta.
Mi volto, non capisco “Andiamo dai è l’uscita”
“Solo per te, Tsubasa, io non posso superare questa porta”
“Perché?”
“Qualcosa me lo impedisce, non posso proseguire, ma tu puoi farlo, va, devi andare è la tua occasione vai…”
“Non ti lascio qua Sanae” affermo con tono deciso.
Improvvisamente una forza ci stacca, io vengo trascinato verso la porta e lei immobile con le braccia protese verso di me viene sospinta indietro, ha le lacrime agli occhi, mentre io sto letteralmente piangendo mentre le grido: “Tornerò a prenderti, fosse l’ultima cosa che faccio!”
La porta si chiude con un tonfo sordo è tutto buio, non capisco dove sono.
   
 
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