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Autore: Horse_    05/01/2016    6 recensioni
{Sequel Una vita senza di te significa non vivere per niente.}
(Per capire qualcosa consiglio di leggere anche l’altra storia)
Ian e Nina hanno appena capito cosa provano veramente l’un per l’altra e, dopo una notte d’amore e passione, si preparano per tornare a casa. Sono entrambi decisi ad iniziare una nuova vita insieme con i loro figli, perché sono stati separati fin troppo, ma, una volta tornati a casa, dovranno fari i conti con la cruda realtà. Ian è sposato con Nikki, che è ancora sua moglie, mentre Nina sta, quasi in modo fisso, con Eric. Una notizia sconvolgente porterà i due a separarsi definitivamente, ma sarà per sempre? Riusciranno a lottare contro tutto e tutti per stare finalmente insieme con i loro bambini e con il loro vero amore?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                          What's going on?


Seventheenth Chapter.
Pov Nina.

Rimango per qualche istante a guardarlo ridere, poi decido di domandargli perché è effettivamente qui. Mi fa piacere che sia qui, non posso nasconderlo, ma c’è dell’altro. Dell’altro che riguarda me o lui.

 

“Ian, perché sei qui?”- gli domando piano.

 

Lui in risposta aggrotta le sopracciglia, turbato.

 

“Ti dispiace che sia venuto qui a trovarti?”- mi domanda sorpreso.

“Non ti ho detto questo.”- gli faccio notare abbassandomi un po’ la coperta. -“Sei sul serio venuto qui per dirmi di Stefan?”

“Si e… No.”- mi risponde.

 

Ecco, lo sapevo.

Che cosa c’è ancora?

 

“Ho saputo che… Avete litigato. Tu e tua madre, intendo.”- mormora cercando di misurare le parole.

 

Si, io e mia madre abbiamo litigato, ma è una cosa nostra. Ho tentato di iniziare una conversazione, ma… Ha sempre tagliato corto. L’ho offesa veramente, non con parole pesanti, ma credo di averla offesa nell’anima e dovrò impegnarmi veramente tanto per avere il suo perdono. Solo che non trovo nemmeno io le parole adatte.

Può bastare un semplice Scusa? Può essere, come no.

 

“Si, allora?”- domando diffidente.

“Da quello che mi ha detto ha ragione.”- ribatte serio guardandomi attentamente negli occhi. -“Non dovevi dirle quelle cose.”

 

Da quello che mi ha detto? Da quando lui e mia madre sono diventati confidenti? Fino a una settimana fa stavano litigando per causa mia, com’è possibile? Quante cose possono cambiare in una settimana.

 

“Da quando siete diventati confidenti?”- domando forse troppo brusca.

“L’altro giorno è venuta a prendere i bambini da me, voleva vederli e i gemelli volevano stare con lei, come giusto che sia. Non mi sembrava la Michaela del solito e… Mi ha spiegato quello che è accaduto. Come puoi pensare una cosa del genere?”- mi domanda con tono grave. -“Sei viva, Nina, ed è questo l’importante.”

“L’ho detto in un momento di… Non era un bel momento, okay? Tutti possono sbagliare, perché io no?”- domando, invece.

 

Lo sguardo di Ian si addolcisce e mi accarezza delicatamente una mano.

 

Tutti possiamo sbagliare, senza distinzioni. Quello che volevo dire è… Sono state parole molto forti. Tu pensi davvero questo? Avresti preferito morire piuttosto che essere qui?”- mi domanda.

 

Sospiro abbassando lo sguardo. Vivere è un dono, lo sappiamo tutti e si, preferisco essere viva così. Adesso lo penso, ma dopo? Cosa dirò tra qualche mese, tra qualche anno?

Ho dannatamente paura di non riuscire a farcela e il futuro -un futuro così- mi spaventa.

 

“No, sai che non è così. E’ stato uno sbaglio dire quello che ho detto.”- rispondo infine.

“Tua madre è preoccupata Nina. E si sente tanto in colpa.”- mi dice piano.

“Perché in colpa?”- domando leggermente sbigottita. -“Lei non ha fatto nulla.”

“Per cosa ha fatto dopo quello che le hai detto.”- sottolinea.

“Io mi sto sentendo in colpa, non lei.”- specifico invece. -“E vorrei chiederle scusa, ma non ne trovo la forza.”

“Perché?”- mi domanda mentre io appoggio la testa sulla sua spalla. 

“Perché ho paura che dopo abbia troppe aspettative e io non… Non ce la faccio. Dopo si metterebbe in testa che io sia in grado di farcela e non voglio deluderla, non ancora. L’ho delusa con quello che le ho detto, me ne rendo conto, ma non posso farlo ancora.”- mormoro abbassando il capo mentre i miei occhi diventano lucidi.

“Non hai deluso tua madre, Nina, è solo rimasta… Sorpresa, tutto qui. E no, nessuno si aspetta nulla. Non deluderai tua madre anche se non riuscissi a”- si blocca per qualche istante osservandomi indeciso se continuare. “farcela, perché ce la farai.”

“E se non ce la facessi?”- domando io. Mi indico le gambe con la testa. -“Guardami, sono qui da una settimana e… Nulla.”

“Hai troppa fretta, sei sempre stata così frettolosa. Ci vuole tempo e calma per queste cose.”- mi risponde Ian accarezzandomi una gamba.

 

Sospiro frustrata. Lui l’accarezza, ma io non sento nulla.

 

“Credi che possa perdonarmi?”- gli domando. -“Per quello che le ho detto.”

“Sono sicuro che lo farà. Avete avuto un brutto momento entrambe, ma andrà tutto bene.”- mi dice toccandomi il naso con la punta delle dita.

“Ti ha mandato mia madre qui? O vuoi soltanto guadagnare dei punti con lei?”- domando io leggera.

“Se tua madre sapesse che sono qui mi ucciderebbe e no, non voglio guadagnare punti con lei, non deve sapere che sono stato io a farti rinsavire.”- mi dice sorridendo.

 

Gli tiro un pugno sul braccio e lui fa una smorfia addolorata.

 

“Non sei stato tu a farmi rinsavire, avrei fatto pace comunque.”- borbotto io.

“Quindi mi stai dicendo che non ti sono stato d’aiuto?”- mi domanda offeso.

“Al contrario. Grazie per essere stato il mio confidente, ne avevo bisogno…”- mormoro invece sorridendogli.

 

Rimaniamo per qualche secondo in silenzio. Secondi che sembrano minuti, ore, ma non mi pesano affatto. Il silenzio tra noi è sempre stato pieno di parole, tranquillità, calma.

Ed è proprio vero che, quando stati bene con una persona, il silenzio non è per nulla imbarazzanti e ti senti a tuo agio comunque.

Poi, però, decido di domandargli dall’altro.

 

“E tu invece cos’hai? Ti ho visto parecchio turbato e non penso che sia colpa di mia madre…”- mormoro alzando gli occhi verso di lui.

 

Lo vedo sospirare leggermente passandosi una mano tra i capelli. Gesto che fa quando è nervoso. O agitato. O nervoso e agitato insieme, cosa che, in questo momento, sembra essere veramente.

 

“Non ho niente, davvero.”- mi risponde. 

“Mi sembri strano, mi sto preoccupando per te.”- gli dico accarezzandogli una guancia.

“Non ti devi preoccupare per me, sto bene.”- mi dice dolcemente.

“Mi stai aiutando, vorrei ricambiare.”- gli rispondo io.

“Non preoccuparti, mi stai già aiutando così.”- mi dice.

 

Non mi sembra convinto di quello che sta dicendo, ma decido di non sforzarlo. Quando è sotto pressione rischia di fare cose di cui potrebbe pentirsi non voglio che accada questo. La nostra bolla di sapone è rotta da una porta che si spalanca facendoci sobbalzare entrambi. Davanti a noi c’è Eric.

Oh.

Ian, molto più lucido di me, si alza di scatto facendo finta di nulla.

 

“Non sapevo che fossi qui…”- mormora Eric all’indirizzo di Ian.

“Sono venuto per dirle una cosa sui bambini, ma me ne stavo andando.”- gli risponde Ian con tono pacato, mentre io vorrei solo sprofondare. Non abbiamo fatto niente di male, eppure perché vorrei sparire sotto terra? -“Verrò questa sera con i bambini.”

 

Annuisco incapace di dire altro. Ian e Eric si guardano per qualche istante, poi alla fine il primo se ne va, non prima di aver salutato entrambi.

Il silenzio cade su di noi ed è una situazione parecchio scomoda. Certo, Eric non ci ha beccato a fare chissà cosa, ma non è stato comunque piacevole ed io mi sento in colpa.

Eppure quando sono con Ian non lo sono, è una situazione così complicata.

Ma quando alzo lo sguardo su di Eric lo trovo tranquillo e nulla mi dice che se la sia presa per quello che ha visto. Anche se non ci sarebbe nessun motivo per prendersela, non abbiamo fatto niente, eravamo solo insieme. Ecco un’altra cosa che distingue Ian con Eric. Il primo è terribilmente geloso e possessivo, il secondo è più mite e molto meno possessivo.

 

“Sono venuto a trovarti per sapere come stai.”- mi dice dolcemente sedendosi sulla sedia accanto al letto. Poi mi porge una scatola. -“E ti ho portato queste. Non sono il massimo per la salute, ma sicuramente scaturiranno un po’ di fame.”

 

Apro la scatola e vedo ciambelle ricoperte di glassa con la cioccolata. Il mio stomaco brontola e forse, almeno una, posso anche mangiarla. La fame c’è, poca, ma c’è e non vorrei offendere Eric. E’ tanto preoccupato per me e non voglio deluderlo ancora. In questa settimana sono stata un po’ nel mio mondo e non gli ho dato le meritate attenzioni, anche se non è una colpa grave. Il mio pensiero è solo una e potrebbe essere una cosa egoista, ma con tutto quello che mi è capitato non potrebbe essere diversamente.

 

“Grazie.”- gli sorrido prendendo una ciambella. Eric mi guarda soddisfatto e felice nel vedermi mangiare qualcosa. -“Mi mancavano le ciambelle.”

“Non ti piace proprio il cibo dell’ospedale, eh?”- mi domanda scuotendo leggermente il capo.

“Non è che non mi piace, è solo…”- mi blocco per qualche secondo. -“Okay, fa schifo, ma ultimamente non ho molta fame e non voglio essere pressata.”

“Va bene.”- alza le mani in segno di resa facendomi ridacchiare. -“Niente più pressioni, ma sono comunque felice di vederti mangiare qualcosa.”

 

Finisco di mangiare la ciambella e appoggio la scatola sul comodino accanto al letto sentendomi già piena. 

 

“Solo una?”- mi domanda quasi con rimprovero. -“Mangiane almeno un’altra, ti farà bene.”

“Credo sia la prima volta che sento dire che i dolci fanno bene.”- ridacchio, ma poi ritorno seria. -“Sono piena, davvero, magari dopo ne mangerò un’altra.”

 

Rimaniamo per qualche istante in silenzio, godendo uno della presenza dell’altro, poi Eric mi bacia la fronte dolcemente sedendosi accanto a me nel letto.

 

“I medici ti hanno detto qualcosa di nuovo?”- mi domanda piano, come per paura di una mia reazione.

“No, nulla. Hanno solo detto che le costole e le altre cose sono apposto, ma… Nulla di nuovo.”- gli dico sospirando.

“Nemmeno quando potrai tornare a casa?”- mi domanda.

“No, non hanno ancora parlato di questo. Spero il prima possibile, ma…”- rimango zitta per qualche istante. -“Sono stanca di questo posto.”

“Lo so, amore, ma vedrai che tra poco sarà tutto finito…”- mormora contro le mie labbra.

 





























 

                                                                   * * *





























 

 

Sono stesa sul lettino dello studio del medico e quest’ultimo sta guardando le lastre delle mie costole e quelle della testa.

Poco fa mi ha anche controllato le zone del corpo dove fino a poco tempo fa avevo dei punti e sembra stia andando tutto bene. Mia madre è seduta accanto a me. Ce l’ha ancora con me, ma ha comunque voluto assistere alla visita.

 

“Le costole si sono perfettamente sistemate, visto il tempo che sei stata qui con noi.”- mi dice e io annuisco soltanto. -“Alla testa non hai più problemi, ma questo lo sapevamo già da prima; tutto sommato è stato il punto meno delicato. Le ferite si sono già rimarginate e abbiamo tolto i punti dopo il giusto periodo, quindi è tutto apposto.”

“Questo vuol dire che posso tornare a casa?”- domando con una nota di felicità nella mia voce.

 

Il medico, purtroppo, scuote la testa.

 

“No, non ancora. Tra qualche giorno verrà qui un medico specializzato in casi come questi e vogliamo sentire un suo parere. Non ti farà male rimanere qualche giorno in più.”- mi dice guardandomi.

 

Abbasso il capo sconfitta. Se va tutto bene, almeno quello che dovrebbe andare, perché non posso tornare a casa mia?

Non posso far altro che annuire, mogia.

 

“Non è un dramma, Nina, tra un po’ potrai farlo, solo che quel giorno non è oggi.”- mi risponde aiutandomi a mettermi seduta.

 

Ormai mi conoscono tutti, o quasi. Grazie ai miei figli. Hanno fatto amicizia con tutti venendo costantemente qui e il più delle volte se ne vanno a casa pieni di caramelle. Sarebbero in grado di sciogliere chiunque. Ovviamente, conoscendo i miei figli, conoscono anche me.

Ma non mi importa, io voglio tornare a casa mia.

Ormai sono quasi due settimane che sono qui dentro. Il medico mi prende in braccio e mi adagia sulla carrozzina, poi, seguito da mia madre, mi accompagna all’interno della mia stanza.

Se ne va, una volta sistematami sul letto, lasciandoci da sole. Mia madre fa per andarsene, ma la blocco.

Credo sia giunto il momento per chiarire.

 

“Non andartene.”- le dico e la vedo bloccarsi sulla soglia della porta. -“Ho bisogno di parlarti, ti prego… Mamma.”

 

E mi sembra essere ritornare indietro nel tempo quando, dopo qualche guaio, le chiedevo scusa. Effettivamente la situazione non è molto cambiata, ma questa è più grave.

 

“Dimmi quello che devi dire.”- ribatte fredda.

 

Più fredda del previsto. Non è un buon inizio, ma ho tutta l’intenzione di farmi ascoltare. So che l’ho delusa, ma sono rimasta delusa anche io dal mio comportamento.

 

“Mi dispiace per quello che ti ho detto… L’altro giorno… Più di qualche giorno, l’altra… Quasi due settimane fa…”- mormoro.

 

Mi dispiace? Davvero Nina? Sono in grado di dire molto più che un Mi dispiace.

 

“Non pensavo davvero quello che ho detto, è stato… Non è stato un bel momento, ma non lo pensavo davvero, mamma, devi credermi! Ho sbagliato a dirlo, ma mi è uscito. Sai che non avrei preferito morire, non avevo digerito bene tutto… Non l’ho digerito ancora, ma mi sto davvero impegnando, sto cercando di farlo. Solo che ho… Ho paura, ho davvero paura di tutto questo. Non so come affrontarlo, è tutto così difficile, e non avrei dovuto prendermela con te.”- mormoro.

 

Mia madre mi guarda e non riesco a capire come abbia preso le mie parole. E’ un bene o un male?

 

“Di che cos’hai paura?”- domanda infine.

 

Di che cos’ho paura?

Di tutto, ovvio. 

 

“Di questo, di che cosa possa accadere d’ora in avanti e non so… Non so come affrontarlo.”- le rispondo abbassando lo sguardo. -“Ho paura di non essere abbastanza forte e i bambini… Come farò a prendermi cura di loro da sola?”

“Tu pensi di essere da sola, ma non lo sei. Ti ho mai abbandonata in questi trentaquattro anni di vita? Mai, nemmeno quando mi hai detto di essere incinta. Credevo avessi più fiducia in me. Sono tua madre, come potrei abbandonarti?”- mi domanda chiudendo la porta.

 

Non e n’è andata, è un buon segno.

Io ho fiducia in mia madre, so che non mi lascerà mai, ma non voglio obbligarla a fare questo. Ognuno ha la propria vita e non deve essere obbligato ad essere il mio baby-sitter personale. Ho perso la mia indipendenza, l’unica cosa che mi faceva sentire veramente forte.

 

“So che non mi abbandoneresti mai, mamma, ma ho perso la mia indipendenza, capisci? Prima ero in grado di fare qualsiasi cosa, ora non più. E sto impazzendo qui. Ogni giorno è sempre uguale e… E tutte queste cose… Non… Mi dispiace, non… Non avrei mai dovuto dirti quelle cose, non le ho mai pensate veramente, mi… Mi dispiace. Non ti dico di perdonarmi così su due piedi, perché non ci riesco nemmeno io, ma avevo bisogno di scusarmi…”- le dico affranta.

 

Non alzo gli occhi quando termino la frase perché ho paura di qualsiasi cosa. Nella stanza c’è silenzio e non credo sia un bene. Non mi aspettavo silenzio, magari qualche altra parola, ma… Subito dopo sento due braccia calde avvolgermi e rimango parecchio interdetta e sconvolta. Interdetta e sconvolta. Sconvolta e felice. Felice.

Se mi sta abbracciando vuol dire che mi ha perdonata, credo.

 

“Non serviva tutto questo discorso per dirmi che ti dispiaceva, ma l’ho apprezzato comunque.”- mi dice mia madre accarezzandomi una guancia. Alzo il capo e mi scontro con il suo sorriso. -“Non sono rimasta arrabbiata con te, che poi arrabbiata non ero, per quello che hai detto, ma per come avevi deciso di affrontare il problema. Se anche tu rimanessi così, cosa che nessuno pensa, avresti sempre me ad aiutarti. E tuo padre. E pure tuo fratello, ovviamente, insieme ai bambini. E Ian.”

 

Ho sentito veramente Ian uscire dalla bocca di mia madre?

 

“Non guardarmi così, tesoro, hai capito quello che ho detto. Io e lui abbiamo avuto una conversazione, oh, ma non è importante in questo momento.”- continua stringendomi un po’ più forte. -“Quello che volevo dirti è… Puoi sempre contare su di noi e questo non è assolutamente un obbligo. Ci vorrà del tempo perché le cose si sistemino. Settimane, mesi, forse un anno. Ma andrà tutto bene e, nel peggiore delle ipotesi, avrai sempre la tua famiglia accanto. L’indipendenza non è dettata solo dal corpo, ma anche dal carattere, e tu lo sai.”

“Lo so, ma-”

“Niente ma.”- mi riprende mia madre. -“Hai sentito quello che ha detto il dottore? Tra qualche giorno verrà uno specialista e sicuramente lui ci dirà cosa fare e faremo tutto il possibile per aiutarti. I dottori hanno detto che è incompleta, un motivo c’è.”- continua mia madre.

“Si, però dopo qualche settimana dovrebbe vedersi, sentirsi, qualcosa, no?”- domando.

“No, perché il corpo di ogni persona ha una ripresa diversa. Ci vorrà un po’ più tempo, ma andrà tutto per il meglio, te lo prometto! E non voglio più sentire storie… E’ giusto che tu mi confida le tue paure, puoi sempre farlo, questa non è una situazione facile, ma non voglio più sentirti ragionare così e voglio che tu ti riprenda seriamente.”- mi dice seria. -“Hai mangiato?”

“Una ciambella, questa mattina. Magari ne mangerò una dopo.”- le rispondo. -“Sono perdonata?”

“Serve chiederlo?”- mi sorride amorevole, di un sorriso che solo le mamme sono in grado di fare. -“Vorrà dire che adesso andrò a prenderti qualcosa.”

 

Non ribatto, annuisco soltanto per una volta. 

 

 

 

 

Cinque giorni dopo.

 

“Sei nervosa?”- mi domanda Eric dolcemente.

“Un po’.”- mormoro fissandomi le gambe. -“Non dovrei?”

“Credo sia normale, dopotutto.”- mi bacia dolcemente.

“E se trovasse qualcosa che non va?”- domando piano tamburellando le dita contro il materasso. -“Oltre a quello che ho già.”

 

Il famoso dottore è arrivato due ora fa e tra poco verrà a visitare anche me. Ovviamente ha dovuto visitare anche altri pazienti e questo non ha fatto altro che accrescere la mia ansia… E se magari tutti si fossero sbagliati ed in realtà la situazione è più grave del previsto?

 

“Non troverà nulla, confermerà quello che hanno già detto, vedrai.”- mi dice staccandosi da me. -“Mi dispiace andarmene, avrei voluto esserci.”

“Lo so, non fa… Niente.”- mormoro io al suo indirizzo.

 

Jonathan ha una recita ed Eric, ovviamente, andrà da lui. All’inizio era titubante, ma alla fine l’ho convinto. Non perché non lo voglia, ma suo fratello non ha nessuno altro oltre a lui ed è giusto così.

 

“Non appena finirai la visita chiamami.”- si assicura.

“Lo farò.”- gli rispondo. -“E tu mi racconterai della recita, dì a Jonathan buona fortuna da parte mia.”

 

Annuisce sorridendomi e, dopo avermi dato un veloce bacio, se ne va.

 

 

 

***

 

 

Matthew, il dottore specialista di cinquant’anni circa, mi ha fatto, con l’aiuto degli altri medici dell’ospedale, una visita completa durata quasi un’ora.

Ora sta osservando attentamente tutte le carte e il mio cuore batte a mille. La presa di mia madre si fa più forte e sento anche io la sua ansia. Mio padre e accanto a me, dall’altra parte del letto. Il medico non ha ancora detto nulla, continua a leggere il referto fatto dagli altri medici. La porta all’improvviso si apre e rimango sorpresa.

Ian. Ian? E’ davvero qui per me? Mi guarda e mi sorride, mentre mio padre lo fulmina con lo sguardo, ma si trattiene dal cacciarlo via.

 

“Lei è?”- gli domanda infatti il medico titubante.

“Sono… Mi dispiace essere arrivato così tanto in ritardo, ho-”

“Può rimanere.”- interviene mia madre troncando ogni domanda sul nascere.

 

Mio padre la guarda sbalordito, Ian meravigliato, io non dico nulla. Apprezzo veramente che Ian sia qui in questo momento, lo apprezzo davvero tanto. E non domando nulla nemmeno a mia madre per questo suo comportamento, ora sono concentrata su altro. Ian rimane sulla porta appoggiandosi allo stipite, forse non vuole sentirsi di troppo. Io gli sorrido, grata, e lui ricambia il mio sguardo con la stessa intensità.

Questo momento è rotto dal medico che alza lo sguardo su di me e il sangue mi si gela nelle vene.

 

 

 

_____________________________________________

 

Okay, sono riuscita ad aggiornare prima dell’Epifania, un premio a me. No, nessun premio, è che questa settimana avrei avuto difficoltà ad aggiornare perché sto preparando alcune cose per il mio compleanno e quindi ho preferito aggiornare oggi :)

Altro capitolo Nian, più o meno, se si esclude la parte centrale. Ian è venuto a sapere, tramite un dialogo con Michaela, che lei e Nina hanno litigato e, come un buon pacifista, riesce a far ragionare la ragazza. Non che lei non volesse scusarsi, ma non sapeva bene come farlo perché aveva paura della reazione della madre, quando questa si sentiva pure in colpa.

I “classici” problemi tra madre e figlie, ma poi hanno risolto, anche perché Michaela, come ogni mamma, è un muro portante per Nina e se l’abbandonasse anche lei crollerebbe del tutto. So, le due hanno fatto pace *^*

Ian ha qualcosa che lo sta tormentando, qualcosa che non sapete pure voi, e Nina se ne accorge subito, ma lui non vuole rivelarle nulla. Comincerete a capire qualcosa dai prossimi capitoli, don’t worry.

Poi c’è la parte con Eric, anche se sta andando e venendo a spezzoni, c’è. La situazione del triangolo (Nina-Ian-Eric) è ancora lì e per il momento così rimarrà, anche se Nina si sta rendendo sempre più conto che Eric, attuale fidanzato, non sarà mai come Ian e che non proverà mai un amore così travolgente per lui, ma per quello abbiamo ancora un po’ di tempo. 

L’ultima parte… Non dico nulla sull’ultima parte.

Grazie alle fantastiche ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, a cui risponderò a breve ^^

Alla prossima <3



PS: E Nina che è andata a fare il bagno con gli squali l'avete vista? Dio mio, senza nessuna gabbia e a vivo contatto con loro... E io che ho paura anche di un minuscolo granchio sulla sabbia, pur abitando al mare... Non ce la posso fare >.<
  
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