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Autore: Alphabet Loser    05/01/2016    1 recensioni
Si conoscono ad una festa, Nicephore è ubriaco come al solito e la scambia per un ragazzo, ma lei non si offende.
A Petra le feste non piacciono per niente, ma, un po' per caso un po' no, si ritrova a frequentarle spesso.
Finiscono per decidere che se si vedono quando lui è ubriaco è meglio per entrambi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Petra sostituì il bicchiere di Coca-Cola con quello pieno di patatine più tre popcorn che aveva tra le gambe. Era la prima festa-da-universitari-come-quelle-dei-film a cui avesse partecipato. Non era mai stato un'amante delle feste, e quella le stava riuscendo particolarmente fastidiosa. La musica era troppo alta, nonché orribile, le ragazze succinte nonostante il clima non particolarmente tiepido, i ragazzi sboroni, metà degli invitati a rischio di coma etilico. Le scale, lontane dalle casse, lontane dai bagni, lontane dalle camere da letto, un po' a metà rispetto a tutto, le offrivano una silenziosa e gradita compagnia. Da lì aveva modo di osservare i festeggiatori allo stato brado, chiedendosi chi, tra lei e loro, avesse bisogno di aiuto psicologico. Se era lì, in quell'habitat a cui non apparteneva, era a causa di una sua amica, il cui ragazzo era un felice frequentatore di qualsiasi evento offrisse alcol gratuito, o ad un prezzo modico. Conosceva forse tre persone in tutto, e non essendo troppo incline a socializzare, aveva optato per le scale. Ogni tanto le sue esigue conoscenze venivano a scambiarle due parole, o quelli che salivano o scendevano le chiedevano perché fosse lì. «Non ho nient'altro da fare» rispondeva lei, bevendo un sorso di Coca-Cola o sgranocchiando una patatina, per far sembrare che l'attività gastronomica la stesse impegnando intensamente. Si riforniva regolarmente di cibo e bevande (solo bibite, l'alcol le faceva schifo), pensava ai fatti suoi, stava seduta, magari dava un'occhiata a qualcosa su internet sul cellulare. Quell'improvvisa occasione mondana non turbava la sua placida esistenza. Finché un ragazzo non capitombolò accanto a lei. Aveva sentito un rumore paragonabile a "corpo umano che rotola per una decina di gradini" e poi si era ritrovata un tizio completamente sconosciuto a privare lei e le scale della loro intimità.

«Heeeeeey»

Era evidente che facesse parte della metà di invitati a rischio coma.

«Come va?»

Aveva un sorriso da idiota, puzzava di alcol come un senzatetto la notte della vigilia e parlando le si era avvicinato un po' troppo alla faccia. Strinse le labbra. Il ragazzo sembrava abbastanza svampito da non pretendere necessariamente una risposta, per sua fortuna. Lui rise, poi si corrucciò per un attimo.

«Hey. Cos'hai lì nel bicchiere?》 chiese curioso. «Coca»

La guardò perplesso.

«Cola» specificò lei.

La sua espressione si distese. Il suo sguardo si perse momentaneamente in un vuoto cosmico che sembrava avere tutte le risposte ai grandi quesiti della vita.

«Oh»

Rise. Petra interpellò lo spirito di Gandhi, chiedendogli dove avesse sbagliato. Dopo due secondi di tregua, lo sconosciuto la scrutò attento e partì di nuovo all'attacco.

«Sai...» si avvicinò pericolosamente, e lei si schiacciò contro il muro, perplessa. Intimorita? Forse anche. «Non prendermi per uno che diventa gay da ubriaco, però... per te farei un'eccezione anche da sobrio»

Si esibì in quello che probabilmente sarebbe dovuto essere uno sguardo sensuale, e Petra aggrottò le sopracciglia.

«Cosa?» «Sei etero?» chiese. «Dai, sei troppo carino per essere completamente etero» «Sono una ragazza»

Il tipo inclinò la testa con un'espressione da ebete.

«Ah?» «Sono una femmina»

Lui allungò una mano incerto, per andarla a piazzare con proverbiale grazia sulle di lei tette. Petra si limitò a guardarlo male. Per lo meno, il ragazzo sembrava troppo scemo per essere pericoloso, o troppo fatto.

«Hai le tette» «Eh» «Senti ma...»

Aggiunse anche l'altra mano, evidentemente gli serviva un contatto più approfondito per sincerarsene.

«...sicuro che non sei, tipo, un ragazzo trans?» «Sicura» «Mh»

Piegò la bocca. Niente, non riusciva a convincersi.

«Se lo dici tu. Come ti chiami?» «Petra» «È un nome strano» «Sono ungherese» «Oh. Sono fighe, le ungheresi?»

Petra un po' rise, nonostante si sentisse a disagio. «Beh, sono stata in Ungheria solo una volta, io sono nata qui, e non mi pare che siano più fighe delle francesi»

Lui rise. Va bene. Non si stava dimostrando eccessivamente molesto. Avrebbe potuto tollerarlo ancora per qualche minuto.

«Io sono Nicephore»

Le allungò la mano, con un sorriso largo, un po' da ubriaco.

«È un nome strano. Più del mio, intendo» «Vero. Ma puoi chiamarmi Bastien» «Perché?» «È il mio secondo nome» «Ah»

Il silenzio evidentemente non gli garbava, trenta secondi dopo disse: «Allora, non hai niente da dirmi?» «Mh, no?»

Ma cosa voleva, quello.

«Io sono ubriaco, non puoi aspettarti che sia io a fare conversazione. Tu non lo sei.»

«Già»

Forse non aveva voglia di conversare con lui?

«Che cosa significa il tuo nome? Nicephore» «Ah, non ne ho idea. Dovrebbe significare qualcosa? Boh»

Petra si rassegnò a deludere le sue aspettative di sobria conversatrice.

«Senti, io vado a prendermi da bere»

Petra non rispose, semplicemente fece quel piatto sorriso di cortese assenso, mentre Nicephore si alzava facendo forza su una mano. E va bene. Prese una manciatina di patatine dal bicchiere, e le ingurgitò con quello charme che in genere riservava ai cereali. Quel tipo doveva essere fuori come una pianta di basilico sul balcone, o gli avevano passato roba buona. Ma poi mise da parte il suo lato sarcastico e asociale, quello predominante, e pensò che in fondo non si era comportato in modo così strano. Tranne l'inizio. Quello era stato strano. Accarezzò lo scalino sotto di lei. "Ora non c'è più nessuno a frapporsi tra di noi, scala-chan" Si sbagliava. Nicephore tornò trionfante, con una lattina di birra tra le dita, spalmandosi vicino a lei.

«Non mi dai un bacio di bentornato?» «Temo di non essere abbastanza virile per te»

Nicephore rise, e Petra pensò che l'avrebbe fatto nello stesso modo se non fosse stato ubriaco.

«Touché»

Aveva la voce un po' impastata, strascicata. Fluida, però. Petra si domandò se era così che ci si faceva amici, magari anche così che la gente rimorchiava.

«Vuoi?»

Allungò la lattina, con un'espressione innocente, da bambino.

«No grazie»

Rise ancora.

«Cos'è, sei l'amico che guida?»

Non lo corresse.

«No, è che non mi piace l'alcol.»

Nicephore rimase a bocca aperta, scandalizzato.

«Cosa- come? Perché» «È solo che, boh, non mi piace. È solo amaro. Non è buono» «Ma è alcolico. È quello il punto»

Petra rise un po', così, per non ignorarlo del tutto. Si ricordò di una cosa, e tirò fuori il cellulare.

«Nicephore significa portatore di vittoria»

In fondo quel tipo sembrava simpatico. Ed era carino. Tutti sono sensibili alle persone carine. Lui si girò verso di lei, sorridente.

«Eeehi. Perfetto. Non mi è mai piaciuto abbastanza. Mi calza a pennello»

Poi le mise la testa tra le ginocchia, rovesciandola all'indietro per guardarla dalla sua posizione, seduto sotto di lei.

«Sei davvero carino, Peter» disse sorridendo, con un'espressione un po' persa. «Falso» «Perché?» «Vari motivi. Tra cui quello che io sono Petra e non Peter»

Lui si morse il labbro, pensieroso.

«Non sono ancora sicuro di questo»

Petra rise, più sinceramente. A essere onesta, voleva andare a casa. Aveva sprecato lì già più di un'ora, e iniziava ad avere sonno. Si bevve un sorso di Coca-Cola mentre Nicephore si scolava la lattina che, una volta vuota, gli scappava dalla mano e rimbalzava giù per i gradini fino al pavimento. Si era fatto silenzioso, e gliene era grata. Stese le maniche della camicia su tutte le braccia, iniziava ad avere un po' freddo. Un tizio salì le scale accanto a loro toccandosi fugacemente il cavallo dei pantaloni con mediocre discrezione. Petra pensò che le feste fossero davvero una palla. Passò lì ancora qualche minuto e vide solo lingue avventurose, mani in avanscoperta, imbecilli che forse erano pure convinti, di star ballando. Nicephore le tirò l'orlo dei jeans.

«Petra» «Mh» «Devo vomitare»

Petra sospirò.

       

Pensò che avrebbe potuto scegliere un lavandino. Anche solo un cesso, come nei film. Ma no. Lui doveva vomitare sotto il giovane albicocco del giardino. Rigurgitava mentre lei gli teneva i capelli indietro, sentendogli la fronte sudaticcia. Quando finì si sedette, con la felpa storta e le spalle appena tremanti.

«Ho freddo. Dov'è il bagno?» «Non potevi chiedermelo prima?» disse mentre lo tirava su. «Eh?» «Dico, non potevi andare a vomitare in bagno? Proprio nel prato?» «E va be'. Sarò mica l'unico» «Non so cosa sperare francamente»

Lo sbattè nel bagno al piano di sotto, dove lui con deliziosa nonchalance si mise a pisciare davanti, gemendo come se qualcuno l'avesse costretto, a bere come un pirla senza cervello. «Fine» mormorò Petra, ammirata, senza che lui la sentisse. Si lavò le mani e diede una sciacquata alla faccia. Ebbe ancora un paio di conati di vomito, ma per fortuna si limitò a quello. Era triste vederlo piegato sul lavandino, le mani a stringerne i bordi, era triste vederlo star male. «Da quant'è che sono qui?» «Qui alla festa?» «Mh» «Non so, è iniziata da più o meno un'ora. Un'ora e un quarto, forse» «Wow, ho sboccato dopo solo un'ora» esclamò ridendo. «Non è un record» aggiunse poi serio, guardandosi nello specchio. Petra rise, per sperare un istante dopo che lui avesse almeno in parte scherzato.

«Credo di dover andare a casa» «Già» «Tu resti qui?» «No, penso che andrò anch'io» «Fico»

Nicephore sorrise.

«Mi accompagni?»

       

Attraversarono la folla festante, sgraffignando da un tavolo lui una fetta di torta e lei una di lizza. Nicephore le aveva detto di abitare lì vicino, entrambi erano a piedi e anche la casa di Petra non distava molto da lì. Arrivati all'ingresso, lei si girò a scrutare gli invitati.

«Devi salutare qualcuno?» chiese lui. «Mmh. No. Non importa, tanto adesso non li vedo»

Uscirono, passando davanti all'albicocco contaminato. L'aria si era fatta fresca, il cielo era nero punteggiato di nuvole grigie. Nicephore si avviò verso quello che Petra aveva detto essere il suo indirizzo, e lei lo seguì. A un certo punto, mentre camminavano, lui le si appoggiò su una spalla, portandosi una mano alla tempia.

«Che c'è?» «Niente. Mi gira la testa» «Casa tua è dopo la mia?» «No. L'abbiamo già passata» «Ah»

Petra si arrestò.

«E perché non l'hai detto?» «Pensavo di accompagnarti e poi tornare indietro» «Oh. Be', non è il caso»

Era gentile, l'alcolizzato, non se l'aspettava. Lo fermò una volta arrivati davanti al suo condominio.

«Vivi da sola?» «Con una mia amica. Sono venuta qui per studiare» «E cosa studi?» «Legge» «Uuh, impegnativo. Non ho violato nessuna legge, vero? Non mi denuncerai?» «Anche se lo facessi non credo che ti condannerebbero» rispose Petra ridendo. Lui fece un faccino da beagle abbandonato. «Tranquillo, non ho intenzione di farlo» «Va bene. Allora ci vediamo un'altra volta, forse» «Già, forse»

Lui sorrise, con le mani nelle tasche della felpa e un'espressione un po' da sciroccato.

«Buonanotte, Peter» «Buonanotte»

Petra lo vide allontanarsi, girarsi per salutarla con la mano, e tornare a guardare davanti.

  
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