Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dryas    06/01/2016    2 recensioni
E’ l’anno 1950 e Lettie Daly è stanca dei pomeriggi passi al jukebox a bere frappè. Sa cucinare solo bignè e il suo sogno è Los Angeles, ma nessuno sembra credere in lei, né i suoi genitori né l’odioso tenente Roger Cooper. Sfidando tutti, Lettie lascia Elsinore e la felicità sembra completa quando l’affascinate attore Mike Davis si innamora follemente di lei. Tuttavia, per quanto si ostini a negarlo, la realtà è ben diversa dai suoi sogni. Gli Stati Uniti sono lacerati dalla minaccia nucleare e dallo scoppio della guerra in Corea, per la quale Roger si è imbarcato e che sembra perduta quando l’esercito annuncia la ritirata sotto il 38° parallelo. Tra l’attesa del ritorno del marines, che scopre essere tutt’altro che presuntuoso, e la tormentata storia con Mike, si inseriscono accuse di spionaggio e rifugi antiatomici. Lettie si scontrerà con le contraddizioni di un’epoca che l’ha riempita di illusioni e che la vedrà costretta a lottare per trovare se stessa.
Storia partecipante al concorso ‘Epic Love’ di Lady Crazy sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A













38°Parallelo








Capitolo Nove






I signori Cooper e James arrivarono a Los Angeles il giorno dopo. Lettie li incontrò all’ospedale, dove l’accolsero con una marea di ringraziamenti, neanche fosse stata lei a riportare Roger dalla Corea. La signora Cooper non riusciva a trattenere le lacrime, ma non appena vedeva che il figlio se ne accorgeva cercava di nasconderle. Il marito, al contrario, traboccava di risate e battute spiritose, ed era così fiero da sorridere ogni volta che lo guardava. James li ospitò per tre giorni, poi con voce grave e un certo imbarazzo le raccontò dei comportamenti deliranti di suo padre. Una notte si era messo a scavare nel suo giardino, urlando che stavano tutti per morire. I bambini si erano spaventati così tanto da non riuscire più a dormire. Avevano dovuto rimandarlo a casa, dal suo rifugio antiatomico, o sarebbe impazzito del tutto.
Roger intanto migliorava, dopo una settimana poteva camminare senza stampella, ma la fasciatura alla testa rimaneva. Sapeva che a volte aveva degli incubi terribili e si svegliava urlando e cercando la sua pistola. Non appena si rendeva conto di non essere in Corea, si prendeva la testa tra le mani e non parlava più per ore. A lei non era mai capitato di vederlo così sofferente. Andava a trovarlo due volte a settimana, dopo il lavoro, ed era sempre stato tranquillo, apparentemente sereno. Ma Lettie non era cieca, li notava quei soldati che vagavano tra i corridoi con l’aria terrorizzata e spaesata. Magari non avevano un graffio, eppure soffrivano come tutti gli altri, se non di più. Sperava con tutto il cuore che Roger riuscisse a convivere con i ricordi di quello che aveva visto e che aveva fatto, o la guerra non l’avrebbe mai più abbandonato e sarebbe diventato come suo padre.
-Hai cambiato appartamento alla fine?- Non sapeva come, ma le loro conversazioni si erano trasformate da impossibili a spontanee. Faceva ancora troppo freddo per passeggiare di sera, così rimanevano nella stanza di Roger e Lettie gli raccontava della sua giornata.
-Sì, è decisamente più modesto, ma mi piace molto di più.-
-Hai perso il lavoro?- le chiese allarmato.
-No, no, ce l’ho ancora- si sbrigò a rispondere. Sapeva perché si era agitato. –Non ci sono state conseguenze, per quella notte.-
Roger si rilassò e Lettie si scoprì a sorridere. Neanche tre mesi prima considerava i suoi silenzi un insulto, ora invece li adorava. Sapeva che per ogni parola non detta corrispondevano azioni ben più significative di qualche frase pronunciata senza pensarci. Roger era un uomo d’azione e l’aveva dimostrato più volte.
-Sai, ho deciso di cambiare. Proprio oggi ho detto al mio capo che mi licenzio e per la settimana prossima ho già un paio di colloqui. Uno in particolare mi piace davvero tanto, è in una casa di moda. Potrei curare la rivista e al tempo stesso conoscere le ultime tendenze di Los Angeles! Anche se a volte ho paura di aver scritto in fronte che vengo da Elsinore e in quel caso non mi assumerebbero mai. Tu che vivi qui da tanto tempo, pensi che io possa sembrare una vera abitante di Los Angeles? Credi che ce la potrei fare?-
Roger sembrò pensieroso. -Ti ho a mala pena riconosciuto quella domenica a pranzo da James. Se non ti avessi già incontrata avrei pensato solo a quanto fossi bella ed elegante, niente di più, come per tutte le donne all’ultima moda di Los Angeles.-
Lettie arrossì. –Non riesco a capire se è un complimento o una critica ben mascherata.-
-Voglio solo dire che tu sei diversa da loro. L’ho capito fin dalla prima volta che ti ho vista, da quella bandana rossa che portavi legata in testa.-
-Pensavo che non mi avessi nemmeno guardata quel pomeriggio!- esclamò sorpresa. Il fatto che si ricordasse quel particolare scombussolò tutti i pensieri, come un mulinello che disperde le foglie autunnali.
-E’ difficile non notarti, Letitia- le disse abbassando il tono di voce. –Ma poi mi sei venuta incontro con tutti quei cupcake e il sorriso finto, e mi sei sembrata uguale a tutte le altre. Quindi ti ho ignorata.-
-Non mi hai solo ignorata, ti sei rifiutato di ballare con me e sei andato via tre ore prima. Bel colpo tenente! Perché credi che mi stessi così antipatico?-
Roger rise. Lettie avrebbe voluto mettergli le braccia al collo e baciarlo in quel momento. Il suo sorriso era magico, la sua risata incantava. Sentiva che avrebbe potuto ascoltarla ogni giorno della sua vita e sarebbe stata felice per sempre.
-Bene allora- continuò, con gli occhi grigio-azzurri puntati su di lei. –Abbiamo una cena e un ballo in sospeso. Sabato prossimo sei impegnata?-
Lettie spalancò gli occhi e sbatté le lunga ciglia nere un paio di volte. Si poteva essere felici e terrorizzate al tempo stesso?
-Non ho nessun impegno.-
-Sempre se al tuo fidanzato non dà fastidio. Vorrei solo ringraziarti per quello che hai fatto in questi giorni e offrirti qualcosa da bere.-
Non gli aveva detto di aver lasciato Mike solo perché aveva paura di esporsi. Quello che provava per Roger la faceva sentire così in colpa verso Pamela che arrivava a detestarsi più di quanto detestasse la fidanzata dell’uomo di cui si era stupidamente innamorata, per la seconda volta, per di più. Lo trovava di una crudeltà divertente. Desiderava un amore che apparteneva già a un’altra, ma questa volta si trattava di Roger. Era certa che si fosse fidanzato con una brava ragazza, come l’aveva definita lui stesso, sicuramente molto bella e che non aveva mai bevuto tanto da ricordarsi a mala pena la notte in cui aveva perso la verginità. Il desiderio di averlo era tanto forte quanto il disprezzo che provava per se stessa.
Disse che non c’era nessun problema e accettò la sua proposta. Si sarebbe concessa solo quel piccolo piacere, poi avrebbe fatto di tutto per dimenticare Roger Cooper. Non lo meritava e se lui avesse saputo come si era comportata negli ultimi mesi avrebbe smesso di dirle quanto era bella.
Roger lasciò l’ospedale dopo due settimane di ricovero e andò a stare da James. Le visite di Lettie finirono, così come il suo lavoro alla Mirelli Company. Quella settimana passò all’insegna dell’incertezza. Avrebbe trovato un altro lavoro? Roger si sarebbe ricordato del loro appuntamento? Per cinque giorni non lo vide e non lo sentì. Arrivò venerdì e pensò che se ne fosse dimenticato perché nessuno con serie intenzioni ti lascia in sospeso per così tanto tempo, quindi il giorno dopo andò al colloquio per la casa di moda più agguerrita che mai. Aveva imparato a sue spese a non far girare tutto attorno ad un’unica persona e non avrebbe ripetuto lo stesso errore che aveva fatto con Mike per poi ritrovarsi piena di vergogna e rimpianti, anche se si trattava di Roger. Così come non avrebbe mai aspettato che suo marito ritornasse la domenica mattina dopo aver passato la notte con un’altra, così non avrebbe permesso di annullarsi per un uomo solo perché quello era il suo dovere in quanto donna.
Andò dalla parrucchiera e indossò il suo abito nuovo. Gonna nera che si apriva fino al suo ginocchio con eleganza e giacca corta color panna, stretta in vita, che scendeva lungo i fianchi come il calice di un fiore. Per ultimo indossò le scarpe, della stessa tinta della giacca, con un leggero tacco, e i guanti Gucci di sua madre.
Il colloquio fu un successo. Si stupì della maestria con cui aveva imparato a gestire situazioni formali, che un tempo l’avrebbero solo fatta sentire fuori luogo, e quando uscì si sentì forte e fiera di sé per la prima volta. Arrivò a casa con indosso un nuovo foulard, comprato per festeggiare il successo, e un nuovo lavoro. Si preparò a passare un weekend tranquillo sfogliando gli ultimi numeri della rivista per cui avrebbe lavorato da lunedì quando il telefono suonò.
La delusione nel riconoscere la voce di sua madre le fece capire di stare più male di quanto volesse ammettere. Roger si era davvero dimenticato. Si sdraiò sul divano, con i capelli tirati indietro da un cerchietto e un piatto di biscotti appena sfornati. Non si aspettava che il telefono suonasse un’altra volta, alle cinque di pomeriggio, a meno di due ore dall’ora di cena.
-Pronto? Letitia?- C’era solo una persona che la chiamava con il suo nome completo e non con il diminutivo. E c’era solo una persona con un timbro di voce capace di farle accelerare il respiro per l’emozione. Era Roger e le diceva che sarebbe passato a prenderla alle sette.
Lettie lo maledette per averla fatta stare sulle spine per una settimana intera e per il preavviso di due ore scarse, ma si sentiva così felice che niente avrebbe potuto rovinare quel momento, neanche dei bigodini messi in fretta e furia.
Rimase ad aspettare accanto alla finestra e quando riconobbe la macchina di Roger uscì. Sentì il vento provenire dal mare sfiorarle la pelle mentre lo guardava scendere dalla macchina e aprirle la porta. Il cielo arancio del tramonto faceva apparire meno serio il suo tubino nero dalle spalline sottili e la cravatta azzurro ghiaccio di Roger aveva la stessa sfumatura dorata del suo sguardo. Era irreale e affascinante, anche con un cerotto a coprire il taglio sulla nuca. La fece sedere accanto a lui, mentre continuava a ripetersi che era un’uscita tra amici e niente di più. Altrimenti avrebbe chiamato prima.
-Allora, quanto mi hai odiato per aver chiamato solo due ore fa?- Fu la prima domanda che le pose. Lettie lo guardò storto, ma non riuscì a non sorridergli. Aveva sempre avuto quel maledetto vizio di leggerle nella mente.
-Oh, non molto. Non so se lo sai ma mi stai antipatico da quella volta in cui non hai ballato con me e non è una cosa che si dimentica facilmente- rispose mettendosi i suoi occhiali da sole modello Cat-Eye, comprati quello stesso giorno insieme al foulard. –Spero solo, per il tuo bene, che il posto in cui mi porterai abbia l’orchestra dal vivo.-
Si voltò per vedere la sua reazione e lo sorprese a guardarla. –Mi dispiace- le disse con serietà. –Ancora una volta sono stato scortese. Sei davvero molto bella, Letitia.-
Stando con Mike aveva ricevuto dai suoi amici complimenti anche più manifesti e intensi, tanto che nemmeno i più spinti le davano fastidio. Si sentiva a suo agio quando veniva corteggiata, la sua vanità ne era lusingata, e aveva imparato a flirtare con gli uomini senza sentirsi in imbarazzo. Il motivo di tutta quella sicurezza, aveva da poco capito, non era la fiducia in se stessa né era diventata una frivola egocentrica. Era molto più semplice: di quegli uomini non gliene importava nulla. Invece un semplice “sei davvero molto bella” pronunciato dal tenente Roger Cooper bastò per farla arrossire come una dodicenne alle prime armi e fargli sapere che ogni sua parola aveva il potere di controllarla.
-E un’altra cosa- continuò Roger, mentre svoltava per la settantaseiesima. Lettie si sentiva come sotto tortura. –Mi dispiace per Marta.-
Si voltò a guardarlo. La questione Marta-Paul non si era mai presentata nelle due settimane in cui si erano visti e ora era il primo argomento della serata. Non gli disse che aveva avuto ragione, che Marta voleva davvero ingannare Paul. Non avrebbe capito che lo stava facendo per il suo bambino, quello che non sarebbe più nato. Nessun uomo avrebbe mai potuto capire il dolore di quella scelta, nemmeno Roger. E infondo nemmeno lei si era sbagliata: l’amore di Marta e Paul era vero e continuava ad esserlo, grazie a Roger. Non avrebbe rovinato la felicità dei loro migliori amici per qualcosa che apparteneva al passato.
-Credo che tu ti sia già fatto perdonare per questo- gli rispose, accarezzandolo con lo sguardo. –Magari fra qualche mese ci ritroveremo a fare da testimoni allo stesso matrimonio.-
Roger la portò in un ristorante elegante in riva al mare. Aveva un lungo pontile di legno che partiva dalla spiaggia e fili di luci bianche che accompagnavano la passeggiata con un saliscendi armonioso. L’interno era moderno, con più sale circondate da ampie finestre che davano sul mare, ed era pieno di gente. Il loro tavolo era verso il centro, ma anche da lì si poteva scorgere il riflesso della luna sull’acqua.
Ordinarono piatti di pesce e una bottiglia di champagne. Per Lettie cominciava ad essere difficile continuare a pensare che quello non era un vero appuntamento, ma solo un modo per far ricominciare un’amicizia partita male. Inoltre, se osservava Roger, la sua speranza diventava ancora più forte, perché il calmo e misurato tenente che aveva conosciuto a Elsinore non solo era più loquace e sorridente, ma era anche nervoso. Aveva rovesciato la saliera, si era quasi versato il vino sulla camicia e le aveva chiesto due volte come stavano i suoi genitori. Se fosse stato un vero appuntamento a quel punto avrebbe pensato che il suo accompagnatore era davvero innamorato di lei, ma Roger Cooper era fidanzato e così lei, per quanto gli aveva raccontato.
-Mi hai detto che avevi dei colloqui questa settimana. Come sono andati?-
-Molto bene!- esclamò con sincera felicità. –Sono stata assunta oggi nella casa di moda che mi piaceva tanto. E’ un sogno che si realizza!-
-Chi l’avrebbe mai detto che una semplice ragazza di Elsinore avrebbe fatto tutta questa strada- rispose Roger, facendole le congratulazioni.
-Anche tu sei di Elsinor, e sei un eroe di guerra- rispose, sentendo di non meritarsi tanto.
-Io ho solo seguito le orme dei miei fratelli e i desideri di mio padre. Tu hai fatto molto più di me e tutto da sola. Un brindisi?-
Alzò il bicchiere pieno di champagne piegandosi verso di lei e guardandola con un sentimento che Lettie non aveva mai ricevuto: ammirazione. Deglutì e fece tintinnare il suo bicchiere contro quello di Roger. Se non avesse smesso di guardarla in quel modo a fine serata non avrebbe più resistito dal baciarlo.
Il locale era davvero affollato e tra la musica e il vociare riuscire a parlare divenne difficile. Doveva necessariamente piegarsi in avanti verso Roger. Solo in un attimo di distrazione, quando si appoggiò alla sedia per far riposare la schiena, riconobbe una risata a lei famigliare. Smise subito di sorridere quando i suoi occhi incontrarono la figura elegante e distinta di Mike. Era al bar con degli amici e teneva in mano un drink mentre con l’altro braccio si appoggiava al bancone. Aveva il solito modo di fare disinvolto e seducente, che catturava l’attenzione. I loro sguardi si incontrarono e la sua reazione fu così evidente che anche Roger si voltò a cercare chi l’aveva fatta impallidire in quel modo. Mike appoggiò il bicchiere e si diresse verso di loro. Aveva uno sguardo ammaliante e un atteggiamento per nulla ostile, ma Lettie sapeva che le sue intenzioni non erano affatto buone.
-Roger, senti … - disse, richiamando il soldato sfiorandogli la mano. Doveva dirgli che si era lasciata con Mike prima che glielo dicesse lui o avrebbe pensato che lo stesse ingannando; ma ormai era troppo tardi, Mike era accanto a loro.
-Lettie, cara, cosa ci fai in un posto tanto elegante?-
Non si alzò in piedi per salutarlo, ma rimase seduta senza sorridere. –Come puoi vedere sto cenando- gli rispose con freddezza. Poi prese un respiro profondo e continuò. –Lui è Roger Cooper, tenente della marina. Roger, lui è Mike Davis.-
Non aggiunse altro. Vide gli occhi chiari di Roger fare un guizzo e seppe esattamente cosa stava pensando. Mike, il suo fidanzato, li aveva appena sorpresi a cenare in un ristorante elegante. Lettie sperò solo che non la odiasse quando avrebbe capito anche il resto della verità.
-Un soldato, Lettie? Non hai sempre detto che la loro aria tronfia ti dà la nausea?- Mike era partito all’attacco senza neanche qualche colpo di prova.
-Non mi ascoltavi molto quando parlavo- ribatté acida. Mike rise.
-Ho sempre avuto un debole per il tuo caratterino!- esclamò, uscendone ancora una volta vincitore. –Allora, tenente, ha già iniziato a raccontarle delle sue eroiche avventure? Le donne impazziscono per la divisa, chissà da quanti elicotteri è già saltato e quanti blindati ha guidato in mezzo alla giungla. Non me lo dica, ha persino salvato qualche bambino da una morte ingiusta.-
Roger non aprì bocca. Lettie avrebbe voluto prenderlo a pugni per la sua mancanza di rispetto e probabilmente Roger l’avrebbe fatto se avesse detto una sola parola in più. O forse era più arrabbiato con lei? Ormai doveva aver capito, dal modo in cui Mike le parlava, che non c’era più niente che assomigliasse a del tenero tra loro.
-Sto scherzando! Sono un attore, dopotutto, e anche bravo, se ci siete cascati. Ma ora, tenente Cooper, le parlerò da amico- continuò con fare disinvolto. -Deve sapere che per tenere a bada questa signorina dovrà spendere molto in martini e caviale, ma non si preoccupi, poi saprà come ricompensare i suoi sforzi.-
-Mike … -
-E’ bellissima non è vero? Una bambolina. Non ti chiamavo sempre così, tesoro? E che fisico, un vitino da stringere per tutta la notte.-
-Mike!-
Il suo timido tentativo di farlo stare zitto lo aizzò ancora di più. Divenne serio e sostenne il suo sguardo con aria di sfida. Quando vide le sue labbra muoversi ebbe paura.
-Lettie sa come far felice un uomo.-
Si alzò in piedi e lo guardò con rabbia. Poi lo afferrò per un braccio e lo trascinò lontano da Roger, fuori dal locale. Si sentiva offesa, umiliata e sapeva che Mike con quell’ultima frase aveva vinto. Le ragazze con un passato non hanno speranza di trovare un marito, uno come si deve, un gentiluomo, quale era Roger.
-Come osi!- gli gridò non appena furono all’aperto. –Come osi parlare di me in quel modo! Mi sono comportata così per colpa tua, io mi fidavo di te, ti amavo!-
-Lettie, eri molto più invitante nei panni dell’ingenua ragazza di campagna. Ora guardati, sei davvero orribile. Non piangere, ti si sbaverà il mascara e il tuo bel soldatino scapperà a gambe levate.-
-Lui non è come te!-
-O come te?-
Tentò di colpirlo al viso con uno schiaffo, ma Mike riuscì a fermala. La tirò a sé, guardandola con disgusto e stringendole il polso così forte da fale male. Lettie si sentì sopraffatta, non solo perché non riusciva liberarsi dalla sua presa, ma perché sentiva che quell’errore avrebbe rovinato per sempre la sua vita.
-Cosa diavolo stai facendo?- La voce di Roger sorprese entrambi. Mike si sbrigò a lasciarla andare e protese le mani al cielo. Sapeva bene che dal punto di vista fisico non avrebbe potuto averla vinta contro un soldato, ma il gesto non bastò per fermare Roger, che fu a un passo dal colpirlo. Fu Lettie a mettersi in mezzo e ad allontanarlo. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, lo pregò solo di fermarsi.
-Oh, ma che brava- ricominciò Mike, che di fronte alla minaccia di Roger ritornò aggressivo. -Ti sei trovata un soldatino che ti difende. Lui ti ama per quella che sei non è vero? Oh, ma forse non gli hai raccontato della tua prima sbronza. Lo hai dimenticato? Ti sei ubriacata così tanto che non ricordi nemmeno di essere venuta a letto con me e il mattino dopo sembrava che avessi commesso un delitto.- Rise.
Lettie rimase immobile a guardare il primo uomo a cui aveva donato il suo cuore deriderla e umiliarla davanti a quello che sperava potesse essere la sua redenzione. Come aveva fatto a vedere del buono in una persona che viveva solo per se stessa? Come aveva potuto essere così stupida da credere alle sue bugie?
-Pensavo davvero di amarti- gli disse, cercando di non far tremare la voce, -ma questo non toglie che io abbia sbagliato. Ora sei contento? E’ quello che volevi sentirti dire? Mi fai pena, Mike, sei solo come un cane, senza rispetto e senza un briciolo di dignità!-
Mike cercò di colpirla, ma Roger fu più veloce e gli bloccò il braccio. Poi con un gesto brusco lo spinse indietro e Mike alzò di nuovo le braccia in segno di resa. Era un verme, ma non era stupido. Si accese una sigaretta e tornò a fissarla.
-Non finisce qui- le disse. Poi finalmente se ne andò. Infondo aveva ottenuto il suo obbiettivo, Roger non le avrebbe più dato un’altra possibilità. Lettie sapeva bene che aveva un rigido codice morale e ora era venuto a conoscenza che invece lei non lo aveva affatto. E per dargliene conferma, gli aveva mentito fino all’ultimo. Nemmeno lei si sarebbe data un’altra possibilità.
-Chiamo un taxi- disse, mentre lo superava e ritornava nel ristorante per prendere la borsa. Roger rimase immobile, mentre Lettie lasciava il molo in più in fretta possibile.
Non lo avrebbe più rivisto. Neanche volendo, non avrebbe più avuto il coraggio di incontrarlo. Ora sarebbe stata sola in quell’enorme e vuota città. Non avrebbe più avuto un posto alla tavola di James la domenica, né la signora Cooper da chiamare per dei consigli. Quella sera non aveva perso solo Roger.
Una volta a casa, bevve un sorso di scotch e si lasciò cadere sul letto ancora coperto dalle riviste che aveva comprato quel pomeriggio. Solo qualche ora prima il suo futuro le sembrava luminoso e raggiante, ora aveva le calze di nylon strappate e il cuore a pezzi. Era stata così stupida a sperare, ma sarebbe stato meno doloroso accettare che Roger non ricambiasse i suoi sentimenti piuttosto che essere considerata una poco di buono dalla persona che amava. Ora che non aveva più stima di lei non potevano nemmeno più essere amici. Roger Cooper era uscito definitivamente dalla sua vita.
All’improvviso un deja-vu la distrasse. Disperazione e battiti alla porta. Era una situazione che aveva già vissuto quando aveva scoperto che Marta era andata ad abortire e nello stesso istante un poliziotto si era presentato a casa sua. La sensazione che seguì fu di paura intensa e un senso di nausea. Stavano bussando.
-Chi è?- urlò.
-Sono io.-
Si alzò dal letto terrorizzata. Aveva smesso di bussare, ma si avvicinò comunque per controllare. Sapeva che non se n’era andato, la sua macchina era parcheggiata in malo modo davanti al cancello. Afferrò la maniglia, indecisa. Era come se avesse un coltello piantato nel petto tanto soffriva, ma in mezzo a tutta quella confusione trovò il coraggio di aprire.
Lo sguardo di Roger era indecifrabile, intenso e penetrante. Lettie indietreggiò e lasciò che si facesse avanti senza che il contatto visivo si interrompesse. Aveva la cravatta allentata e i primi bottoni della camicia slacciati. Poteva intravedere le clavicole, che puntavano verso le sue larghe spalle, e parte del petto. Non l’aveva mai visto così trascurato.
-Tu sei … - cominciò a dire, ma poi si fermò. Gli aggettivi che passarono nella testa di Lettie erano i più offensivi che conoscesse e si fece male da sola. Osservò il suo petto alzarsi e abbassarsi in attesa di trovare il momento giusto per esplodere e dirle in faccia quanto la detestasse.
Quando allungò una mano e l’afferrò per il braccio si spaventò. Urtò contro di lui mentre l’avvolgeva e premeva le dita sulla sua schiena per attirarla ancora più a sé. Minuscola ed esile contro un corpo così robusto e forte. Avrebbe potuto ucciderla stringendo solo un po’ di più l’abbraccio.
-Dimmi che non stai così male per colpa mia- le sussurrò. Lettie, ancora sconvolta per quello che stava succedendo, non riuscì a rispondere, ma si aggrappò alla sua camicia e nascose il viso contro il suo petto.
-Credevo che mi odiassi.-
Alla sua risposta Roger la strinse ancora di più. –Come diavolo potrei odiarti?-
-Hai sentito quello che ha detto Mike.-
-E’ un idiota- ribatté.
-Ma è tutto vero, Roger- ebbe il coraggio di dire e nel farlo alzò il capo per guardarlo in volto. Lo vide esitare ed ebbe paura. Quando sentì la presa allentarsi ebbe la certezza che non l’avrebbe mai più tenuta tra le sue braccia.
-Tutti a Los Angeles sono caduti e si sono rialzati almeno una volta- disse invece. Lettie cominciò a piangere: era perdono quello? La stava perdonando? Tornò a nascondersi nel suo abbraccio e sperò che quella sensazione di pace che sentiva dentro di sé non l’abbandonasse mai più. Aveva già conosciuto il cuore di Roger, sapeva che era infinito. La stava consolando, tuttavia non si sarebbe illusa un’altra volta, come con Mike. Sperava solo che una volta lasciata la protezione del suo abbraccio sarebbe stata abbastanza forte per andare avanti con il suo perdono, ma senza di lui.
-Non saresti dovuto venire fin qui apposta- gli disse.
-Sarei dovuto venire prima invece- ribatté. Lettie aspettò in silenzio che continuasse, ma di fronte al suo silenzio si allontanò quel tanto che bastava per vedere la sua espressione. Non appena Roger si accorse di essere osservato trovò il coraggio di parlare.
-Non sono stato sincero neanche io. Non sto più con Pamela- confessò. –Ci siamo lasciati appena sono tornato dalla Corea. Oggi ti ho chiamato all’ultimo minuto perché sapevo che per me non sarebbe stata una semplice serata tra amici, ma qualcosa di più. Per tutti questi mesi ho avuto in testa solo te, Letitia, ma non osavo sperare. Poi, quando è comparso quell’idiota del tuo ex fidanzato, ho capito che anche tu, forse, volevi la stessa cosa, e ho dovuto venire qui, per avere una risposta. Mi credi pazzo?-
-Ti credevo indifferente- rispose Lettie con il cuore in gola.
-Allora tu sei pazza!- esclamò Roger con un sorriso. Poi tornò a stringerla. -Mi dai una tale sicurezza, quando ti guardo, riesco a vedere un futuro. Non mi era mai successo di pensare al mio futuro finché non ti ho incontrata.-
Fu Roger a baciarla, e anche se non c’era stata l’elettrizzante corsa che aveva preceduto il bacio con Mike, per Lettie fu il bacio più bello che avesse mai ricevuto, proprio perché le era stato dato. Roger l’aveva scelta tra tutte le brave ragazze di Elsinore e tra tutte le pin up di Los Angeles. Non gli importava che non sapesse cucinare né si sentiva minacciato dalla sua ambizione. L’amava per quello che era e non per quello che poteva essere. Una ragazza di provincia che aveva avuto il coraggio di inseguire il suo sogno, da sola, nella sua gonna a trapezio e in un mondo privo di certezze.
Lettie da quel momento seppe che se avesse avuto freddo avrebbe potuto sempre contare sulla protezione della giacca di Roger e il lunedì mattina, quando si presentò al nuovo lavoro e le dissero che aveva talento, sentì di essersi liberata di ogni paura.
La ritirata dell’esercito americano al sud del 38° parallelo era stata vista come una sconfitta, ma per Lettie non era così. Roger non sarebbe tornato a casa se non si fossero ritirati. Si pensa sempre che chi indietreggia lo faccia per debolezza e che la vittoria spetti solo a chi continua ad attaccare, nonostante le perdite che sta subendo. Se McArthur non avesse messo la vita dei suoi uomini prima del numero di nemici uccisi, gli Stati Uniti e il mondo avrebbero perso la guerra. Fu grazie a quel gesto che la fiducia dei soldati crebbe, la strategia cambiò e le vittorie cominciarono ad arrivare. Ed è un piano universale. Fu ammettendo di essere in errore che Lettie aveva compiuto il primo passo verso Roger. Se non l’avesse ascoltato ma fosse rimasta a rimuginare sul giudizio sentito di nascosto nel ripostiglio delle scarpe, ora non vedrebbe il suo sorriso ogni giorno. Se non fosse caduta insieme a Mike, non avrebbe apprezzato la fortuna che aveva. Si sentiva viva e libera, nonostante tutti i se e tutti i ma del suo presente sospeso, e aveva la certezza che il meglio doveva ancora venire.









… si conclude qui la mia prima storia originale. Vorrei ringraziare chi ha deciso di leggere fino all’ultimo capitolo e soprattutto chi ha recensito. Nonostante i molti dubbi che sono nati in corso di pubblicazione, ho deciso di arrivare fino alla fine e non interrompere a metà la storia.
Sono contenta, nonostante tutto, di aver trovato il coraggio di pubblicarla e di affrontare eventuali critiche. Non mi resta che salutarvi e ringraziarvi ancora una volta!

A presto,

Dryas


   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dryas