Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Sanae77    07/01/2016    10 recensioni
Sinapsi
si•nà•psi
1. In neurofisiologia, la connessione funzionale tra due cellule nervose o fra una cellula nervosa e l'organo periferico di reazione.

E se questa connessione avvenisse anche tra due persone?
Svegliarsi e non sapere dove si è collocati.
Non ricordare come ci si è arrivati.
Essere da soli, ma essere coscienti che di solito accanto a noi c’è un'altra persona, che però non c’è.
Un percorso particolare per scoprire la vita della coppia più famosa di CT.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
… Quattro mesi prima

Taro
Quello che sto leggendo su questo giornale non può essere vero, non è possibile. Lancio il pezzo di carta sul divano di casa, vado in camera mentre afferro il telefono per chiamare Genzo, intanto inizio a fare la valigia, dopo due squilli il portiere mi risponde: “Hai letto?”
“Sì, sto partendo.”
“Anch’io, ci vediamo là”
“A dopo”

GRAVE INCIDENTE STRADALE PER IL FANTASISTA DEL BARCA
GRAVISSIMI TSUBASA OZORA E SUA MOGLIE COINVOLTI

I due coniugi si stavano recando a un importante ricevimento, quando un camionista ha perso il controllo del mezzo investendo in pieno l’auto dei due giovani. Immediati i soccorsi, ma subito le condizioni dei due sono apparse gravissime, tanto da indurre entrambi in coma farmacologico. Ci uniamo al dolore della famiglia e speriamo in una pronta ripresa dei due coniugi Ozora… prosegue.


Con Azumi, salgo sul primo aereo che conduce a Barcellona nella speranza che il giornale come al solito esageri la notizia, intanto cerco di telefonare a Ryo che certamente sarà già in viaggio, visto che mi dice che il telefono è spento.

Dopo poche ore di viaggio arriviamo all’hotel nei pressi dell’ospedale, depositiamo i bagagli e dopo aver chiamato un taxi ci facciamo portare direttamente nel luogo dove sono ricoverati i due nostri amici.
Azumi è seduta al mio fianco con sguardo teso e concentrato all’esterno, e mentre vedo correre le immagini dal finestrino penso alla metà della Golden Combi e spero che possa ancora esistere.

Fuori dalla stanza non c’è nessuno, ovviamente abitando in Francia sono quello più vicino, prendo un profondo respiro ed entro, mentre sento la mia donna che praticamente mi sta stritolando la mano.
L’odore di disinfettante m’investe, tanto da fami storcere il naso, la stanza è illuminata da una debole luce, vedo due letti singoli con due corpi distesi immobili, sono bianchi come cadaveri, ma i BIP insistenti degli allarmi mi fanno capire che ancora batte un cuore e che c’è vita.

L’infermiera ci viene incontro. “Siete parenti?” chiede.
“No, sono un suo compagno di squadra giochiamo nella nazionale Giapponese insieme, come stanno?” rispondo.
“Se non siete parenti non posso parlare delle loro condizioni, mi dispiace” espone contrita.
Le prendo le mani tra le mie e con la massima calma e convinzione tento il tutto per tutto. “Senta, siamo le persone più vicine che adesso possono raggiungerli, i genitori sono tutti in Giappone e prima che siano qua, passeranno almeno due giorni, adesso arriverà a breve anche un altro compagno di squadra, staremo noi con loro finché non arriveranno i parenti; la prego, ci dica che cosa possiamo fare.”

Scuote la testa, si gira verso i nostri amici, li guarda, dopo torna a fissare i miei occhi poi esclama: “Non potrei, ma in questo caso… sono gravi, fisicamente non hanno riportato grossi danni, la ragazza ha una gamba rotta, mentre il ragazzo un braccio, i danni maggiori sono alla testa, entrambi sono in coma farmacologico, perché il dolore sarebbe stato troppo grande da sopportare, il problema è che mentre lui ha un elettroencefalogramma che da segni evidenti di attività celebrale, lei… beh lei ne ha pochissimi, e più passa il tempo meno ne notiamo, quindi parlatele. Parlatele tantissimo, credo sia l’unico sistema per non farla andare via.” Vedo una lacrima sbucare dall’angolo dei suoi occhi, deglutisco vistosamente per le parole appena udite, non posso credere a quello che ho appena sentito.

Al mio fianco sento dei singhiozzi sommessi, è la mia ragazza che sta piangendo, mentre a lenti passi, nella luce soffusa, la vedo dirigersi verso Sanae e sottovoce iniziare a raccontare cose di vita quotidiana.

“Grazie” dico rivolto all’infermiera, lei annuisce ed esce dalla stanza lasciandoci soli.
“Facciamo i turni Taro, affittiamo un appartamento, chiedi se puoi allenarti qua; magari senti l’allenatore di Tsubasa, sono certa che non te lo negherà vista la situazione, non possiamo lasciarli in queste condizioni.” La sua voce è rotta dai singhiozzi, quindi mi avvicino e poso una mano sulla sua spalla affermando: “Ok Azumi, cercherò di organizzare tutto per restare qua, parlerò con la mia squadra e li raggiungerò per le partite, spero che possano darmi il benestare”.

Mi avvicino a Sanae, le tocco una guancia: è gelida. La testa è completamente fasciata, mi chino e deposito un flebile bacio sulle fasciature mentre sussurro: “Forza Manager, non puoi arrenderti così, sono certo che ce la farai non ti sei mai arresa neppure con quel testone che adesso è tuo marito, quindi non pensare di lasciarci da soli con un Capitano che stressa solo noi! Siamo intesi?” il mio tono cerca di essere scherzoso, ma quando mi rendo conto che mi viene da piangere mi allontano velocemente per riprendere il controllo, non voglio che percepisca la mia disperazione.

Faccio il giro del letto e arrivo da Tsubasa, gli prendo una mano e la stringo più che posso, dopo mi avvicino al suo orecchio e parlo: “Capitano, non ti sei mai arreso in vita tua e hai vinto tutte le partite che abbiamo giocato. Bene, questa è la più importante di tutte, ti voglio combattivo e forte come lo sei quando scendi in campo; ci conto Tsubasa, mi hai capito?!” nessun movimento dal mio compagno, quindi mi discosto ed esco dalla stanza per iniziare il giro di telefonate che mi permetterà, spero, di soggiornare qua finché i due coniugi non si saranno ripresi.

Dopo circa un’ora arriva S.G.G.K., lancia una borsa in un angolo e a braccia conserte si posiziona ai piedi del letto di Tsubasa, poi quasi tuona: “Allora che è successo?”
Gli racconto tutto, lo vedo ascolta, spesso incurva la bocca, sbuffa, si contrae in una smorfia, ma quando vedo allungare la mano per togliersi il cappellino, e passarsi stancamente una mano sul volto: capisco che ha perfettamente recepito il messaggio.

Sicuro che abbia capito tutto, gli illustro il nostro piano. “Ottima idea Misaki, ma bisogna fare altro, qua ci vuole anche un fisioterapista, non ho idea di quanto dovranno restare a letto, ma qualcuno deve mantenere il tono muscolare, altrimenti Ozora chi lo sente quando si sveglia.” Il tono è serio e deciso, anche se in controluce vedo scendere una lacrima sul suo volto, che immediatamente fa sparire con il palmo della mano, poi prosegue: “A questo ci penso io” dichiara mentre a grandi falcate esce dalla stanza. Fa il duro, il grosso, il forte, ma lo vedo che ha accusato duramente il colpo, vedere i nostri amici in queste condizioni è terribile per ognuno di noi.


È così che abbiamo appreso la notizia, è così che con i genitori dei nostri amici, tutti i giorni, da quattro mesi a questa parte, non facciamo altro che alternarci in questa maledetta stanza d’ospedale, parlando ininterrottamente a entrambi.
Per non cancellare la loro memoria e per far sentire che noi ci siamo, noi, e tutti i membri della nazionale, che alternandosi a settimane, spesso ci hanno aiutato dandoci il cambio. Tutti, sono venuti, tutti!


Genzo
Quattro mesi e nessuna ripresa. Sono appena entrato nella stanza dando il cambio a Azumi, è distrutta, credo sia quella che ha passato più tempo con loro.
Mi posiziono nella solita sedia posta nel mezzo ai due letti, mi tolgo il cappellino e lo metto sul letto di Tsubasa, hanno già tolto il gesso circa due mesi e mezzo fa, come le bende, a vederli adesso sembra che stiano dormendo, hanno anche interrotto il coma farmacologico, ma entrambi non si sono più ‘svegliati’, sembra che stiamo bene dove sono; hanno delle facce così rilassate.
Mi avvicino al Capitano e lo osservo, ha sempre quel volto da ragazzino felice, mi fa quasi rabbia, sento salire il nervoso per questo stallo che si è creato.

“Tsubasa, mi sono rotto i coglioni di parlarti e tu che non mi rispondi, hai capito pezzo di idiota! Adesso basta devi condurre la squadra ai mondiali, non pensare di star lì a fare il bello addormentato siamo intesi?!” il mio tono è alterato, me ne rendo perfettamente conto, ma chi se ne frega, questi due continuano a dormire, i toni dolci per me sono finiti.
“Ozora adesso basta devi giocare con noi!” lo prendo per un braccio e lo scuoto leggermente. Nel frattempo l’altra mano batte un pugno sul materasso, ho una terribile rabbia repressa per quello che è accaduto ai miei amici.

Dal suo corpo proviene un mugugno.

Sgrano gli occhi e spalanco le orecchie. “Ehi, hai detto qualcosa?”
“Non gridare Genzo ti sento.” La voce di Tsubasa è bassa, ma chiara.
La mia bocca è spalancata: “Come hai detto?”
“Non gridare!” mi ripete.

Lo afferro per le spalle, mentre sento scendere delle lacrime dagli occhi, non posso crederci è qua e parla. Allungo la mano verso il comodino e premo il pulsante rosso, in meno di un minuto arriva l’infermiera: “Si è svegliato!” le grido, e quando vede il Capitano con gli occhi semiaperti, fa retromarcia mentre la osservo letteralmente correre lungo il corridoio.

Odo molti passi concitati provenire dall’esterno, pochi istanti dopo una squadra di dottori è vicino a Tsubasa, io mi discosto e aspetto, mentre lo stanno visitando e chiedendo varie cose, lo sento è smarrito e sta insistentemente chiedendo di sua moglie, pochi istanti dopo entra anche sua madre, che è già attaccata al telefono per chiamare il padre; l’ho intuito dalle prime parole che ha detto al suo interlocutore.

La vedo abbracciare il figlio e piangere, ma lui non si arrende, continua a chiedere di Sanae, nessuno osa rivelargli la verità. Adesso il suo sguardo è fisso nel mio, so cosa cerca, annuisco e mi avvicino, poi da lui una voce ferma e decisa: “Fuori tutti, voglio parlare solo con Genzo”.

Non immagina che sua moglie è più vicina di quanto immagini, è proprio lì, alla sua sinistra, solo che ci sono talmente tante persone che ancora non può averla vista. Il medico prova a replicare: “Ma signor Ozora, si è appena svegliato…” mentre fa un cenno con la testa di portare via il letto di Sanae, ma io li blocco.
“No, ci penso io!” impongo con tono di voce autoritario, lo sguardo del Capitano è incollato al mio, sa perfettamente che non gli mentirei mai.
Dopo proseguo: “Lasciateci soli”.


Tsubasa
Dopo che ho visto quella grande scritta EXIT a caratteri cubitali bianchi impressi su quella porta rosso vermiglio, ho capito subito che tutto era finito, che il gioco era cessato e che dovevo tornare alla realtà. Ho afferrato la maniglia deciso e ho premuto, Sanae mi aveva detto che lei non poteva venire, io le ho giurato che sarei tornato a prenderla, e così farò. Il nostro ultimo sguardo però non mi è piaciuto per niente, sapeva di addio.

Dopo che ho varcato la soglia e la porta si è richiusa ho come sentito una forza risucchiarmi verso l’alto, poi una voce, che ho subito riconosciuto essere quella di Genzo; perché diavolo sta gridando così cavolo!
Il sonno è finito, il senso di spossatezza è passato, sento la mente leggera, mentre prima la sentivo piena di cose da fare, da risolvere, di ricordi da vivere, di Sanae che tutte le volte pareva fuggire da me.
Adesso sono circondato da dottori, mia madre piange, e io non capisco, Genzo è in fondo alla vetrata, mi guardo un attimo intorno e capisco di essere in ospedale, sono consapevole che è accaduto qualcosa. Dopo varie domande a cui non ottengo risposta le mie pupille s’incollano all’unica persona che non mi mentirebbe mai; ci conosciamo da troppo tempo, c’è troppo rispetto tra di noi perché lui mi menta, lui è l’SGGK, la persona più onesta e leale che io conosca.

Infatti intuisce subito i miei bisogni e liquida tutti, ma appena restiamo soli, il suo sguardo si sposta di lato, e io la vedo.
Vedo lei nel letto a fianco del mio, lei, il mio amore è disteso che dorme, o così sembra, sento Genzo sospirare, poi si avvicina, afferra la sedia e si mette al mio fianco tra me e Sanae, mentre io esclamo: “Che cosa è successo Genzo?” continuando a fissare mia moglie, che non accenna nessun movimento.
“Speravo vivamente che non toccasse a me questa parte, ma nel mio cuore sapevo che sarei stato io quello che doveva darti la notizia…” con un gesto afferra un giornale e me lo porge, dopo che ho letto il titolo, le mie mani iniziano a tremare, mentre mi volto a osservare Sanae, che dorme.
“Tsubasa, ci sono ancora due cose che devo dirti, oggi è il 30 settembre …” afferro nuovamente la carta che prima avevo lasciato andare, e osservandola meglio, mi rendo improvvisamente conto di quanto sia stropicciata, poi i miei occhi mettono a fuoco la data 3 Giugno, quattro mesi.
Sono passati quattro maledetti mesi. Prendo a respirare velocemente, Genzo si avvicina e posa una mano sulla mia stingendola, mentre con voce ferma m’invita a calmarmi.

Respiro profondamente, così riesco in pochi attimi a riprendere il controllo. La mano del mio amico non mi molla mentre sento che mi dice: “Guarda Sanae, osservala bene, non noti niente?”
Che cosa dovrei notare? A parte il fatto che è distesa in un letto di ospedale e sembra stia dormendo placidamente, mi sciolgo dalla sua stretta e cerco di sollevarmi sui gomiti, ma sono debole, quindi lui si alza va ai piedi del letto e tramite il meccanismo fa sollevare leggermente il mio busto così che io possa vedere, e quello che vedo mi fa mancare il respiro.

Il mio sguardo sale dai piedi fino alle gambe per poi arrivare al suo busto, per l’esattezza al suo ventre, e quello che vedo non può essere vero, non è possibile, quella sporgenza può essere soltanto una cosa, una cosa a cui avevamo pensato e progettato, ma che ancora non sapevamo.
Sento il mio labbro tremare, mentre singhiozzo un: “non è possibile!”
“Tsubasa, i dottori hanno detto che è un miracolo, i bambini sono sopravvissuti all’incidente, perché per fortuna Sanae non ha riportato ferite eccetto la testa e una gamba rotta, sono due maschi Capitano, congratulazioni.”
“Du… due maschi” esclamo mentre il mio volto viene invaso dalle lacrime.
“Già, due bei maschietti, e ora veniamo alla parte difficile.”
“Più di questa?”
“Sì, Tsubasa, l’elettroencefalogramma di Sanae è quasi piatto, non hanno dato molte speranze di ripresa, la tengono in vita soltanto per i bambini, mi dispiace.” Lo dice tutto in un fiato, mentre vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime e dopo rigare il suo volto, per un attimo, prima che la mano passi veloce a nasconderle, dopo continua: “Adesso è di cinque mesi, immagino che al momento dell’incidente non sapevate della gravidanza, ha detto il dottore che si sono salvati proprio perché era all’inizio e protetti da tutto.”

Sgrano gli occhi e inizio a piangere, mentre sento le braccia di Genzo stringermi forte intanto che mormora parole di conforto, dopo un tempo che non so calcolare gli sussurro che voglio restare da solo, e lui mi lascia con il mio dolore e con Sanae che continua a dormire.

Faccio uno sforzo sovraumano cercando di mettermi seduto, dopo sposto di lato le gambe e finalmente sento i miei piedi toccare terra. Afferro con una mano la sedia e la posiziono di fronte a me, così da poterla utilizzare per raggiungere lei.

Con non poca fatica e imprecazioni riesco ad arrivare, mi metto vicino a lei, mi chino, l’abbraccio poi le parlo: “Quando mi hai mostrato tutta la nostra vita questa cosa non me l’hai mostrata Sanae, perché non la sapevi vero? Perché non sapevi che stavamo per diventare genitori?! Dio amore saresti così felice… non ti permetterò di perderti questo della nostra vita, io torno a prenderti e ti porto via da lì; mi hai capito Sanae! Torno a prenderti non ti lascio fare come vuoi, sei mia, anzi nostra, devi stare con noi è chiaro?!” Neppure mi rendo conto che sto quasi urlando, sento la porta alle mie spalle aprirsi, non mi volto.

“Tsubasa…” mi chiama, è mia madre.
“Lasciami solo!” Sono aspro; so che non è colpa sua, ma adesso sono incazzato nero con il mondo, con tutto questo e non voglio vedere nessuno, la mia mano compie un gesto che non mi aspettavo, tolgo il lenzuolo che la copre, lo abbasso fino a scoprire il suo ventre, dopo le alzo la maglia e poso un leggero bacio sulla sua pelle diafana, dove sotto c’è il frutto, anzi i frutti, del nostro amore.

La sua pelle è liscia, proprio come la ricordavo, è calda, è morbida, è profumata, sa di lei, sa di noi, del nostro amore, avverto un movimento sotto le carezze che sto donando ai miei figli. “Vi riporterò la vostra mamma, ve lo prometto” sussurro sotto la pelle che s’increspa, la vita si muove in questo corpo addormentato, piango mentre il suo ventre si bagna delle mie lacrime, dopo il buio.

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sanae77