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Autore: WaterfallFromTheSky    07/01/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Quando riprese i sensi era riversa per terra. Ci mise alcuni secondi per rendersene conto: avvertiva solo qualcosa di duro contro il corpo e contro la guancia. Si sollevò appena e mise a fuoco un lettino basso, stretto, dall'aspetto scomodo, appoggiato contro una parete di roccia. In cima, una finestrella quadrata chiusa da sottili sbarre di metallo. "Ma cosa....?".
Si voltò di scatto e vide delle sbarre. Era...in una cella?
Si alzò malamente e, debole, cadde all'indietro, sbattendo contro quel dannato letto; riuscì a mettersi in piedi e a raggiungere le sbarre. Vide un corridoio di pietra levigata, come le pareti, che ospitavano delle torce spente. Non c'era nessuno. Ma dov'era finita? Perchè era lì? Tentò di ricordare...ma l'unica cosa che le venne in mente fu Lady Kagami, Tatsumaru, loro che cadevano in mare, quella ragazza ninja con gli spadini, e poi quell'altro ninja...
L'avevano catturata loro? Chi erano? Erano contro Kagami. Quindi...erano ninja Azuma, forse? E quindi l'avevano catturata e ora era nelle prigioni di Godha?
-Ma porca miseria-. Si lasciò andare e scivolò per terra, in ginocchio, la fronte contro le sbarre. Era stanca, affamata, sporca...ma soprattutto la sua vita non aveva più uno scopo. Fino a quel momento aveva cercato di stare con suo fratello e tirarlo fuori dal guaio in cui si era cacciato, ma adesso lui voleva ucciderla. Anche ora che Kagami non c'era più Haruko dubitava seriamente che lui fosse tornato sui suoi passi. Sempre ammesso che la ninja fosse effettivamente deceduta: dopo che aveva fallito con l'espediente del veleno, Haruko non si sarebbe stupita di scoprire che era sopravvissuta alla caduta in mare e a quello spaventoso temporale. Del resto, se una donna era diventata così forte e aveva radunato così tanti seguaci, significava che fosse dura a morire, che non fosse semplice da sovrastare. Haruko si scoprì a sperare che fosse ancora viva. Perchè doveva ucciderla. Adesso era quello il suo scopo, il suo unico obiettivo. Ma possibile che fosse sopravvissuta a una caduta del genere?
Era disperata. D'un tratto non le importò più di essere lì rinchiusa, tanto non aveva un posto dove andare, qualcuno da incontrare.
Non aveva più nulla, più nessuno.
-Maledetta Kagami- borbottò, lacrimando per la disperazione e la rabbia.
Notò che non aveva con sè nemmeno un'arma. Anche se avesse voluto uccidersi, non avrebbe potuto farlo. Poteva solo attendere di morire di fame, o di malattia, in tutta quella sporcizia. Non poteva sperare nemmeno in una morte clemente...
Udì dei passi; si asciugò in fretta le lacrime e si spostò sul letto, dando le spalle all'entrata per fingersi addormentata. I passi si fermarono proprio in corrispondenza della sua piccola e logora cella; una voce maschile la chiamò:-Ehi-. Non era particolarmente severa, solo un pò autoritaria. Haruko sapeva che era inutile perdere tempo, tanto prima o poi sarebbero riusciti a parlarle. Si voltò, mettendosi a sedere.
Vide un uomo sulla cinquantina, con sottili baffetti e capelli brizzolati raccolti in una coda bassa. L'espressione del viso era seria ma non ostile. Due guardie dal viso anonimo lo accompagnavano, rigide e silenziose.
-Sei sveglia finalmente-. Haruko non aveva idea di quanto tempo fosse stata priva di sensi.
-Devo interrogarti. Sarebbe bene che collaborassi-. La ragazza si limitò a fissarlo, impassibile. Non gliene importava gran che, non c'era molto che potesse dir loro. E se Lady Kagami era davvero morta, bè, non c'era più alcuna minaccia per Godha.
-Il gatto ti ha morso la lingua?-. Forse, se avessero trovato inutile la sua testimonianza, avrebbero potuto decidere di eliminarla. Haruko accarezzò l'idea...
Sempre meglio che morire di fame o di malattia.
L'uomo sospirò e tirò fuori un mazzo di chiavi, quindi ne infilò una nella serratura e la aprì, entrando nella cella. Una delle guardie lo seguì. A quel punto, richiuse tutto e tornò a guardarla.
-Devo farti delle domande-. Prima doveva interrogarla. Ora doveva farle delle domande. Sperava di rendere la frase meno pesante e, quindi, che lei fosse più collaborativa?
-Non posso esservi utile-
-Ah, allora parli-. Davvero spiritoso.
-Decidiamo noi se puoi servirci o meno. Tu limitati a rispondere-. Haruko assunse un'aria seccata ma non replicò. L'uomo si sedette per terra, di fronte a lei, la schiena perfettamente diritta; partì con la prima domanda:-Come ti chiami?-. Voleva prenderla con le buone. A lei poco importava.
-L'educazione vuole che ci si presenti prima di chiedere a qualcuno come si chiama-
-Tu sei una criminale! Altro che educazione!- sbottò la guardia. Haruko la ignorò ma l'uomo alzò una mano per zittirla.
-Mi chiamo Seiji Akano e sono il responsabile delle prigioni. Puoi rispondere ora?-
-Che ti importa di come mi chiamo?-
-Ti conviene collaborare-. La voce acquisì una nota minacciosa, ma a lei non importava. Rendendosi inutile, l'avrebbero tolta di mezzo.
-Bene, allora ti porrò solo domande utili. Eri un ninja di Toda?-
-Ti sembra una domanda utile?-
-Che impertinente- commentò a mezza voce la guardia che era rimasta fuori. Seiji però mantenne la calma e disse:-Quindi confermi di far parte della fazione nemica-
-Non c'è più alcuna fazione nemica. Toda è morto-
-Quindi, morto Toda, voi ninja non farete nulla? Cercherete un nuovo padrone?-. Bè, tecnicamente funzionava così.
-Suppongo di si. Nessuno di noi ha interesse nell'attaccare Godha direttamente-. Aveva mentito: Kagami e i suoi ninja avevano proprio questo come obiettivo. Ma lei non voleva che si indagasse su questo, altrimenti sarebbero potuti risalire a suo fratello...
"Nonostante tutto, non riesco a fare a meno di tentare di proteggerlo" pensò amaramente.
-Bene, è una notizia rincuorante-
-Posso sapere come mai ti fidi della mia parola? E se mentissi?-. L'uomo non rispose; anzi, le domandò:-La Principessa Kiku dice di conoscerti. Ha detto che hai cercato di nasconderla durante l'attacco al castello-
-E' forse un crimine questo?-
-Lord Godha si chiedeva semplicemente come mai un ninja nemico non solo non abbia ucciso lui e la sua famiglia, ma abbia perfino tentato di proteggere sua figlia durante l'attacco-
-Io eseguo solo gli ordini. Il mio non era quello di ammazzare la famiglia reale-
-E qual era?-
-Dovevo solo consegnare un messaggio a Godha Motohide. Mi sono limitata a fare questo. I ninja solitamente non uccidono per piacere e con facilità, ma solo se costretti o se ricevono un ordine specifico-
-Ma non hai ricevuto l'ordine di proteggere la principessa-
-Non l'ho protetta, l'ho solo nascosta. Avrebbero potuto trovarla. E infatti è stata rapita-
- Le hai dato un fumogeno-
-Già. Ne avevo uno di troppo-. L'uomo la fissò, pensieroso, e la cosa la innervosì, ma fece finta di nulla. Alla fine, si alzò e disse:-Riporterò quanto mi hai detto a Lord Godha. Ti farò sapere cosa decide di fare con te-
-Come se potesse decidere qualcosa di buono- mormorò lei, incurante di essere sentita. In realtà si augurava proprio che prendesse la decisione peggiore possibile...
***
Restò avviluppata su se stessa sul lettino scomodo ad osservare i movimenti della luce del sole nella cella, e poi il sopraggiungere del buio. Non si mosse da lì tutto il tempo, tranne quando le portarono da mangiare: si alzò e rovesciò la scodella per terra, per non cadere in tentazione. Farla finita era l'unica cosa che le restava da fare e, in qualche modo, per opera sua o per ordine di Godha, ci sarebbe riuscita. E lo desiderò sempre più, ogni ora che passava. In quella solitudine, in quel silenzio, in quello spazio angusto e freddo, la sua mente non poteva far altro che vagare. E riportava a galla tutto ciò a cui lei si sforzava di non pensare.
Ricordi. Ricordi felici d'infanzia, di tempi che le mancavano e che le sembravano così remoti...ma soprattutto ricordi orribili, che le laceravano l'anima come quando li aveva vissuti e che inevitabilmente la facevano singhiozzare di dolore.
Il mattino dopo si ritrovò rannicchiata in posizione fetale, le guance che le tiravano per le lacrime rapprese sulla pelle. Le faceva male il collo per la posizione scorretta e aveva fame e sete. Ciononostante, quando poco dopo Seiji Akano le portò da mangiare, lei rovesciò di nuovo tutto per terra con un gesto furioso.
Non era riuscita a proteggere la sua famiglia, non era riuscita a proteggere suo fratello, nè a uccidere Kagami...ma almeno sarebbe riuscita a farla finita in un modo o nell'altro, poco ma sicuro. Nessuno le avrebbe fatto cambiare idea a riguardo.
***
Era seduta per terra a contare le sbarre e dividerle mentalmente in gruppi. Era un passatempo piuttosto noioso, ma non c'era altro che potesse fare per non pensare, ricordare e trascorrere le ore.
Avvertì dei passi in avvicinamento; non fu stupita di rivedere quell'Akano, di nuovo scortato da due guardie. Quando vide che stava aprendo la cella, si spostò indietro per permettergli di entrare, anche se non aveva la minima voglia di interagire con nessuno. Era ovviamente di pessimo umore.
Seiji si introdusse nella cella e dedicò una veloce e perplessa occhiata al cibo gettato per terra, in un angolo. Richiuse la cella. Stavolta era entrato da solo.
-Non hai paura che possa farti del male?-
-Potresti fare ben poco disarmata e senza aver mangiato. E, anche se fosse, le guardie entrerebbero subito e mi aiuterebbero-
-Sei venuto a comunicarmi la decisione del Lord?-
-Già. Non sa cosa fare con te-
-Uhm. E come mai?-
-Bè, sei un ninja, liberarti non sarebbe saggio. Tuttavia, non hai fatto male alla sua famiglia quando avresti potuto. Per ora sconterai tutto restando qui dentro-. Haruko sbuffò col naso. Maledetto buonismo di Godha.
-Non vuoi mangiare, vedo. Hai il palato fine?-
-Se vuoi fare conversazione, trovati qualcun altro-
-Il tuo comportamento è incomprensibile dall'inizio alla fine, ragazza. E comunque Lord Godha vorrebbe delle risposte più precise da te. Non ci hai detto nulla-
-Avevo detto fin dall'inizio che non vi sarei stata utile-
-Tu non vuoi esserci utile, è diverso-
-Non ho modo di esserlo, questo è quanto. Non ho nulla da dire o da spiegare. Riferiscilo al nostro Lord. E se non dovesse essere chiaro, digli di venire qui che glielo dico io per bene-. Ciò detto, Haruko gli diede le spalle, impertinente.
-Ti avverto che potresti costringerci a torturarti-
-Non ne vedo il motivo. Non ci sono minacce tali da giustificare una simile azione, e questo Godha lo sa. E comunque non mi sembra proprio il tipo-
-Sarà peggio per te, stupida ragazza- concluse l'uomo, irritato; uscì senza aggiungere altro e Haruko gliene fu grata.
***
Passarono due giorni. Fu ancora interrogata, ma stavolta da due coppie di guardie. Ricevette calci e schiaffi in entrambi i casi, guadagnando così un naso sanguinante, una guancia gonfia e un fianco dolorante, a pezzi.
Avevano voluto sapere chi fosse, da dove venisse, il suo ruolo nell'attacco, perchè si ostinasse a non dire nulla, se stesse proteggendo qualcuno, perchè non mangiasse. Lei non aveva pronunciato una sillaba. Aveva perfino trovato un certo piacere quando l'avevano picchiata: almeno il dolore che aveva dentro sarebbe stato sostituito per un pò da quello delle sue parti fortemente lese. E di nuovo non mangiò. Ormai iniziava a sentirsi debole e la fame le mordeva lo stomaco, la sete le seccava la lingua e la gola. Ma non le importava. Ormai non poteva più importarle di nulla.
Quella storia andò avanti anche per i due giorni seguenti; Haruko collezionò una serie di lividi sparsi per il corpo che non osò esaminare -anche sul viso, dato che l'avevano sbattuta contro al muro- e non poteva poggiare la faccia sul lettino poichè le doleva. Inoltre, un paio di treccine le erano state inavvertitamente strappate quando l'avevano afferrata per i capelli, e ora lei le guardava, abbandonate per terra quasi nel centro della cella. Si sentiva distrutta, nel fisico e nell'anima. Non riusciva a muoversi, per i dolori e per la mancanza di forze, e i suoi ricordi e la solitudine e il senso di fallimento e di perdita la tormentavano, facendola lacrimare quasi incessantemente. Era in uno stato pietoso: mai aveva pensato di poter raggiungere una simile condizione.
Abbandonata sul letto, continuava a fissare le treccine, lacrimando dall'occhio destro. D'un tratto, colse un lieve squittio. Subito dopo, un topo nero come la pece fece capolino e si introdusse nella cella. Haruko non si mosse; non aveva mai temuto nessun animale, nemmeno i serpenti. Lo osservò pigramente mentre annusava l'aria e si addentrava prudentemente in quello spazio triste. Si fermò ad un metro da lei. Per alcuni secondi si fissarono l'un l'altra, ma poi il topo comprese che la ragazza non aveva alcuna intenzione di nuocergli e la lasciò perdere. Esaminò le treccine, ma perse subito interesse per loro, concentrandosi sui pezzi di cibo che lei aveva di nuovo rifiutato malamente. Iniziò a mangiare velocemente, di gusto, le parve. Lei si sentì meglio: le era stato insegnato a non sprecare mai nulla, men che meno il cibo, ed era lieta che ciò che lei doveva rifiutare non sarebbe andato perduto.
-Mangia, piccolino. Bravo-. Non era tanto piccolo ma poco importava.
-Mangia, mangia. Ah, beato te che sei felice così-. Lo invidiava molto. La sua vita era così semplice: vagare in cerca di cibo, di un rifugio, di qualcuno con cui accoppiarsi, e poi daccapo. Fine.
Il topo ripulì quasi perfettamente la cella da tutto quel cibo buttato e Haruko lo osservò in silenzio. Arrivò perfino a trovarlo carino, ad affezionarcisi. Quando terminò, l'animaletto andò via come se nulla fosse, passando attraverso le sbarre esattamente com'era entrato e sparendo subito dalla sua vista. Sarebbe tornato? Haruko si ritrovò a sperare di si. Almeno un minimo di compagnia...
Passi. Oh no. Compagnia si, ma non quella. Non si sentiva pronta a farsi pestare di nuovo...
Ma quella volta sarebbe andata diversamente. Lo capì non appena vide Lord Godha in persona davanti alla sua cella.
***
Era venuto davvero.
Incontrò lo sguardo del signore. Ma giusto per un secondo, poichè quello successivo lui guardava la sua cella, il pavimento sporco di cibo e di gocce del sangue che aveva perso dal naso, e poi di nuovo lei, il suo vestito logoro, le sue condizioni pietose...
C'era pena nei suoi occhi. Haruko non sapeva cosa pensare: che diavolo ci faceva un signore come lui nelle prigioni? Davanti alla sua cella?
-Fatemi entrare in questa cella- ordinò Godha. Immediatamente una delle guardie aprì la cella e lui vi entrò, accompagnato da un'altra guardia. Haruko si tirò su a sedere, faticosamente, storcendo appena il viso per il dolore all'addome.
-Vi inviterei a sedervi, Lord Godha, ma in questo caso credo sia più educato il contrario-
-Ti stai lasciando morire, Masami. Perchè?-. Masami. Già, era quello il nome con cui si era presentata a palazzo.
-Stai proteggendo qualcuno? Perchè vuoi rovinare me e la mia famiglia?-
-Magari stessi proteggendo qualcuno, signore. E magari volessi rovinarvi-
-Cosa significa?-
-Lasciatemi in pace. Oppure date l'ordine di uccidermi. Sono stanca. Non ho altro da dire-. Ciò detto, gli diede le spalle e si stese di nuovo, lentamente. Lord Godha sospirò tristemente e andò via senza dire altro.
***
-Che seccatura-
-Non lamentarti. E' la nostra missione-
-Una missione seccante-. Non le rispose. Non le si poteva dare tutti i torti. Mai il Maestro Shunsai aveva affidato loro una missione del genere. Ayame si rifiutava perfino di definirla tale.
-Io non capisco, davvero. Perchè Lord Godha da così tanta importanza a quella ragazza? Proteggeva una nemica! Perchè non la fa uccidere e basta?-
-Non lo so, Ayame. Lord Godha è molto sensibile. Ciò che le ha raccontato la Principessa gli impedisce di prendere questa decisione drastica-
-Ma la Principessa è una bambina! Il suo giudizio non può essere attendibile-. Rikimaru era nuovamente d'accordo con la ninja. Shiunsai aveva detto loro che la Principessa Kiku aveva instaurato un buon rapporto con quella ninja nemica, si fidava di lei. Eppure, era stata solo un'infiltrata. E non l'aveva davvero protetta, come lei aveva sostenuto. Era imprudente fidarsi del parere di una bambina sensibile quale era la Principessa. Certo, condannare a morte qualcuno non era qualcosa da fare a cuor leggero, ma...
-Siamo arrivati. Bah, vorrei tornare indietro e allenarmi. Sarebbe più proficuo-
-Basta lamentarsi, ormai ci siamo. Vediamo di finire in fretta-
-Mh-. I due ninja Azuma furono scortati da una guardia nelle prigioni e presso la cella della ragazza ninja che avevano il compito di far parlare. Dovevano estorcerle informazioni in ogni modo e capire se mentisse o meno. In base al loro giudizio, Lord Godha avrebbe deciso definitivamente cosa farne di lei, senza indugiare oltre. Era una missione diversa dalle altre: non c'erano armi, non c'era pericolo di morte...almeno non per loro. Richiedeva una capacità di giudizio sottile, non indifferente. D'un tratto Rikimaru si sentì a disagio, poco convinto di poter portare a termine con successo quella missione apparentemente innocua e senza importanza.
Quando furono davanti alla cella, entrambi i ninja restarono malamente colpiti dalla situazione. Videro la ragazza in questione seduta per terra con la schiena contro al muro, il viso rivolto al soffitto in un'espressione assorta. Era sporca, malandata, era evidente che non stesse bene ed entrambi sapevano che, se si fossero avvicinati, avrebbero avvertito un odore non molto piacevole. La maggior parte delle treccine con cui erano acconciati i suoi capelli erano sfatte. Ed era dimagrita, pallida. All'angolo opposto della cella, entrambi notarono un topo che si affrettava a nutrirsi da una ciotola piena. I due si scambiarono un'occhiata accigliata, pensando la stessa cosa: perchè la prigioniera lasciava il suo cibo a un topo?
Haruko notò i nuovi arrivati e lanciò loro una vacua occhiata, che presto divenne seccata. Che ci facevano quei due lì? Tra l'altro, non nutriva molta simpatia per la ragazzina. Era colpa sua se aveva perso l'occasione di ammazzare Lady Kagami. Maledetta mocciosa. Il solo vederla la irritò. Probabilmente era anche per via di quel suo vestito rosso; lei odiava il rosso. L'unica cosa a consolarla era che nemmeno lei sembrava felice di essere lì. Il suo compagno, invece, era semplicemente impassibile.
Haruko osservò la guardia andar via e il topo, che lei aveva battezzato Kuro-chan1, fuggire veloce come una saetta.
-Avete spaventato Kuro-chan-
-E chi diavolo sarebbe?- replicò la ragazzina, stizzita.
-Il mio topo-
-Fantastico, è andata. Possiamo anche andarcene, questa non ci sta più col cervello-
-Ayame-. Ayame incrociò le esili braccia, irritata. Haruko fece lo stesso, squadrandoli dal basso in cui si trovava. In realtà si soffermò sul ragazzo, poichè era quello che conosceva meno tra i due. Era senza dubbio più alto di lei, serioso; i capelli corti e brizzolati erano folti, ma il colore gli conferiva una certa maturità che probabilmente non aveva. Haruko non era gran che nell'indovinare l'età di qualcuno, ma difficilmente gli avrebbe dato più della sua età. Non potè comunque evincere altro, visto che aveva metà volto coperto da una maschera nera. Poteva così vedere solo i suoi occhi, neri e impassibili.
-Cosa volete? Siete venuti a giustiziarmi?-
-Magari- replicò Ayame.
-Ci dispiace di aver spaventato Kuro-chan- disse invece il ragazzo. Ayame alzò gli occhi al cielo.
-In ogni caso, non siamo qui per giustiziarti- continuò lui -Al contrario, Lord Godha vorrebbe salvarti la vita. Ma tu non glielo rendi facile-
-Perchè mai vorrebbe fare una cosa del genere? Che interesse ha?-
-Nessuno. Lord Godha è semplicemente un buon sovrano e tu fai parte del suo popolo. Presumo che la spiegazione sia questa-
-Oltre a quella che la Principessa Kiku sostiene che tu sia buona. E' vero?- domandò invece Ayame, sbrigativa. Haruko sospirò ma non rispose, stanca.
-Come ti chiami?- chiese il ragazzo, gentile.
-Ma lo fate apposta? Tu sei quello buono e tu la cattiva?- fece Haruko.
-Io non sono cattiva. E lui è sempre così...gentile- rispose Ayame, pronunciando l'ultima parola come se fosse una qualità negativa. Il giovane la ignorò completamente e disse, come per convincerla poi a parlare a sua volta:-Io sono Rikimaru e lei è Ayame. Siamo del clan Azuma-
-Non mi piace parlare con persone che hanno il viso coperto. Mi danno l'impressione di aver qualcosa da nascondere-. Per tutta risposta, Rikimaru si scoprì il viso, abbassando la maschera.
-Allora?- la incalzò Ayame.
-Tanto lo sapete. Non credo che siate qui senza sapere quel poco che ho detto da quando sono qui-
-Ebbene si, Masami- capitolò Rikimaru, paziente.
-Senti, inizi a stancarmi- fece Ayame, brusca.
-Quella è l'uscita. Nessuno ti trattiene-. Il secondo successivo, Haruko era contro al muro con le manine piccole ma forti di Ayame serrate intorno al collo. Haruko tentò di liberarsi, ma era troppo debole; la ragazzina sibilò:-Ti conviene parlare. Non amo perdere tempo-
-Ayame, lasciala andare-
-Non otterremo nulla col tuo buonismo- lo redarguì lei, mentre Haruko chiudeva gli occhi e pregava di morire all'istante. "Ancora un pò e l'assenza di ossigeno mi sarà fatale...". Purtroppo, la ninja mollò la presa e Haruko cadde di sedere per terra, libera e boccheggiante. Vagamente udì Rikimaru rispondere:-A me sembra il contrario. E' stata evidentemente picchiata, eppure non ha rivelato nulla-
-E pensi che lo faccia con le buone, allora?-
-Non possiamo affermare il contrario finchè non lo appuriamo-
-Il solito ingenuo- mormorò lei più seccata di prima; dopo, minacciò Haruko:-Senti un pò Masami, o come cavolo ti chiami. Ti spiego bene la situazione. Lord Godha vuole che capiamo se hai qualcosa da nascondere o meno e se sia il caso di ammazzarti o lasciarti vivere. Sii collaborativa perchè basta una nostra sola parola affinchè tu muoia entro domani-
-E allora ditela questa parola e facciamola finita!- sbottò Haruko, gli occhi lucidi. La severità di Ayame parve vacillare. Haruko continuò, con veemenza:-Non vi dirò nulla, nè a voi nè a nessun altro. La mia vita, il mio passato, restano miei e basta. Sono una criminale. Sono una ninja. Ho mentito a tutti in questo palazzo per due giorni e, anche se non ho ucciso nessuno, ero comunque parte della fazione nemica. Uccidetemi. Anche adesso. Non c'è nessun interesse nel tenermi in vita-
-Hai protetto la Principessa- la interruppe Rikimaru; Haruko fece, imperterrita:-L'ho solo nascosta! E le ho dato un fumogeno, va bene, ma non l'ho protetta attivamente! C'è una bella differenza. E non basta certo questo a salvarmi!-
-Insomma, vuoi morire. Ho capito bene?- chiese Ayame, stavolta seria ma non ostile come prima. Haruko annuì una volta sola, decisa. Lei le chiese:-Perchè?-
-Sono affari miei-
-Se ti liberiamo, ti ucciderà qualcun altro, forse?-
-Sono. Affari. Miei-. Ayame non seppe cos'altro dire di fronte a tanta testardaggine. Era evidente sia a lei che a Rikimaru che, sebbene quella ragazza fosse debole e debilitata, la sua volontà di morire fosse invece molto forte.
Ayame lanciò un'occhiata a Rikimaru, incapace di prendere una decisione. Non vedeva di buon occhio quella ragazza ed era piuttosto nervosa e arrabbiata con chiunque, col mondo intero, per la morte di Tatsumaru; era arrivata lì con l'idea che avrebbero dovuto uccidere quella ragazza e che sarebbero giunti presto a quella conclusione...ma, inaspettatamente, aveva capito come mai Lord Godha fosse così restio a prendere una tale decisione. Era vero, quella era una ninja nemica...ma sembrava inoffensiva e disperata. E, almeno per quel che riguardava loro, non aveva fatto nulla per meritare di morire. Eppure, come ci si poteva fidare di qualcuno di cui non si sapeva assolutamente nulla ma che potenzialmente poteva essere un pericolo?
Contrariamente ad Ayame, invece, Rikimaru non aveva dubbi sul da farsi.
***
-Maestro, non potete....!!-. Era tutto inutile, Ayame lo sapeva. Il Maestro aveva assunto la tipica espressione di quando non c'era modo di fargli cambiare idea. Ormai aveva deliberato.
-Grazie, Maestro- disse invece Rikimaru, chinando il capo e alzandosi subito dopo.
-Aspetta a ringraziarmi. Sei tu che hai avuto quest'idea, Rikimaru. Sei tu che hai portato qui questa ragazza. Dovrai quindi essere tu a occuparti della faccenda-
-Certamente, Maestro. Ne sarò responsabile io-
-Ci puoi giurare! Non contare su di me!- esclamò Ayame. L'anziano maestro aprì la bocca per ammonirla, ma lei lo precedette, già sapendo cosa lui volesse dirle:-Maestro, non possiamo occuparci di tutti coloro che hanno bisogno. Noi siamo ninja, non è questo il nostro mestiere! E non abbiamo certo perso Tatsumaru per prenderci lei!-. Non attese la replica di nessuno e uscì di gran carriera, quasi travolgendo Rikimaru nonostante la piccola statura. Shiunsai sospirò profondamente, mentre Rikimaru gli domandò:-Ma, Maestro...è così sbagliato quello che voglio fare?-
-Non lo è. Sei un bravo ragazzo, Rikimaru, hai un cuore buono nonostante tu abbia scelto un percorso che spesso ti porterà a fare cose di cui non sarai fiero. Se vuoi aiutare quella ragazza, fallo pure, purchè non ci crei problemi. Ti ricordo che non sappiamo nulla di lei...-
-Lo so bene, Maestro, non sarò imprudente. Avete la mia parola. Sono pronto a ucciderla se dovesse essere la cosa migliore da fare-
-Bene-. Rikimaru annuì nuovamente e si voltò per andarsene, ma il vecchio lo richiamò e disse:-Sii paziente con Ayame. Non sta vivendo un periodo facile. Tra noi è senz'altro quella che soffre di più per la scomparsa di Tatsumaru-
-Me ne rendo conto-
-Cerca di non trascurarla in favore di Masami. Non è abituata a condividere i suoi spazi con un'altra ragazza-
-Certo che no, Maestro-
-Bene. Puoi andare-.
 
 
 
1Kuro-chan: Kuro = nero, Chan= vezzeggiativo
  
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