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Autore: LittleDreamer90    07/01/2016    9 recensioni
Durante le vacanze di Natale, la giovane Kagome è determinata a tirar fuori il coraggio e dichiararsi finalmente al ragazzo che le piace.
Quando viene invitata a trascorrere le feste in montagna proprio dal giovane di cui si è invagita, la strada della sua coraggiosa missione sembra essere tutta in discesa.
Si sa però che non tutto va come vorremmo o come avremmo immaginato...
Tuttavia non tutto il male viene per nuocere.
E se a sogni e delusioni uniamo anche un affascinante maestro di sci che, tra un punzecchiamento e l'altro, farà battere il cuore alla nostra Kagome... forse il nuovo anno inizierà portando con sè gradite sorprese.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ayame, Inuyasha, Kagome, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mentre arrancava nella neve dietro a Shiro, Kagome sembrava persa in un mondo tutto suo.
Le sembrava di galleggiare, come se fosse stata ubriaca.
Sentiva le guance in fiamme e il cuore battere in modo irregolare.
Cos’era? Che avesse preso anche lei l’influenza?

Si riscosse, sentendo il suo accompagnatore chiamarla flebilmente: - Kagome? Senti… ecco io – bofonchiò Shiro fermandosi all’improvviso e girandosi indietro a guardarla.

Lei lo fissò interrogativa, aspettando che continuasse.

Il ragazzo sospirò, abbassando lo sguardo verso i propri scarponi ricoperti di neve: - Io volevo chiederti scusa. Mi dispiace averti dato l’impressione sbagliata, averti fatto del male. Ho sbagliato, e mi dispiace molto -.

Inaspettatamente la giovane sorrise, senza traccia di tristezza: - Non preoccuparti. È stata anche colpa mia – ammise – Non ce l’ho con te, tranquillo -.

Shiro la fissò, stupito: - Ah. Quindi… quindi siamo ancora amici? – osò domandarle.

- Umh… sì, direi di sì – considerò Kagome, internamente stupita.

Era come se… ok, non le era ancora del tutto passata, era ancora amareggiata con se stessa ma… stranamente, in poco tempo, la cosa le era come scivolata addosso.

Era strano. Decisamente.
Poteva essere perché… perché quella per Shiro era stata davvero solo una cotta, un’infatuazione e non… amore?

Quella considerazione la stranì.

Shiro tirò una specie di sospiro di sollievo: - Bene, ne sono felice. Sei una bella persona, Kagome – ammise con sincerità – Ed è davvero semplice volerti bene. Ne è la controprova la facilità con cui sei riuscita a far aprire InuYasha in così poco tempo. Sei speciale, lo penso davvero – le disse.

Lei avvampò. Come?!? Cosa c’entrava InuYasha, ora?

Notando l’espressione della giovane, Shiro le sorrise apertamente, alzando poi il viso a guardare il cielo: - Ha patito molto dolore, quel ragazzo, sai? Ed è diventato ancora più burbero di quanto non fosse già a causa della morte della madre, dopo ciò che accadde con Kikyo – soffiò.

La curiosità punzecchiò la giovane. Kikyo? Era il nome che lo aveva sentito pronunciare disperato nel sonno.

- Davvero non mi capacito di come sia riuscito a non crollare, ad andare avanti – continuò Shiro – Voglio dire, al posto suo, se fosse capitato a me di essere accusato così ingiustamente… credo sarei impazzito – sospirò – In realtà non mi sento di incolpare nemmeno mia cugina. Aveva solo quindici anni, si sa che a quell’età.. – si adombrò.

Sebbene fosse curiosa e confusa da quelle mezze frasi, Kagome evitò di chiedere spiegazioni, percependo la tristezza del giovane. Non aveva nessun diritto di ficcare il naso in cose che non la riguardavano.

Tuttavia, al ricordo della figura del mezzodemone che si agitava, del dolore che traspariva dalla sua voce, percepì il cuore farsi pesante. 


Tornati in albergo, Kagome trovò inaspettatamente Koga ad attenderla nella Hall: - Alla buon ora! La vuoi finire di sparire all’improvviso, Kagome? Quelle due hanno fatto venire i capelli bianchi anche a me, da quanto erano preoccupate – bofonchiò, riferendosi ad Ayame e Sango.

Di fronte all’espressione mortificata dell’amica, il demone lupo si aprì in un sorriso intenerito: - Dai cucciola vagabonda. Andiamo a rassicurare quelle mamme chiocce apprensive e quel mezzo polletto di un Hojo – scherzò, avvolgendole un braccio intorno alle spalle e facendola ridere.

Questa volta però, le amiche non si accontentarono delle sue mezze scuse e pretesero di sapere tutto per filo e per segno.
Con un sospiro, Kagome si trovò allora costretta a vuotare il sacco.

- Lo sapevooo!!! – esultò Ayame, alla fine – L’avevo detto, io, che sarebbe scattata la scintilla con il maestro di sci! Mai che qualcuno mi dia retta, per la miseria! – sbuffò risentita, incrociando braccia e gambe, seduta sul letto.

La diretta interessata arrossì: - Ma no! Che dici, Aya! Non è vero – si schermì stringendo al petto il cuscino.

- Dico, dico, Kagome cara! – continuò saccente la rossa – Sai cosa vuol dire quando un ragazzo, ammalato, si lascia accudire? Non è una cosa che si vede tutti i giorni. Tu gli piaci, fidati. E lui piace a te -.

- Aya!!! – sbottò ancora Kagome, rossissima.

No, non era assolutamente vero. Lui… lei…
- No, lui non mi piace, affatto! Lo sapete, come mi comporto se mi piace qualcuno, no? Arrossisco, divento nervosa e.. – tentò di auto convincersi.

- E sei davvero sicura di non averlo fatto anche con lui? – le fece notare Koga, uscito in quel momento dal bagno, fresco di doccia ed ancora in accappatoio, rassegnato al fatto che la camera che divideva con la fidanzata fosse ormai diventata il luogo privato di raduno delle tre.

- Koga!!! – sbottò Kagome.
Ci si metteva anche lui, adesso?!

- Pff. È inutile che tenti di negare. Ti ho visto, sai? Durante la lezione per imparare a sciare, e anche prima. Tutte le volte in cui lui ti punzecchiava, balbettavi e diventavi rossa. E no – la precedette, vedendola in atto di protestare – Non era solo irritazione o rabbia. Ti conosco bene anche io, Kagome! Quando sei davvero arrabbiata o innervosita, sfoderi la tua espressione da finto angioletto e ti allontani da quella persona il prima possibile. Con lui, invece, non solo gli hai dato corda, ma gli hai anche risposto per le rime – affermò, spiazzandola.

Sango ridacchiò, riconoscendo la veridicità delle osservazioni dell’amico.

Kagome rimase a bocca spalancata, sgomenta ed incapace di replicare.

- E battibeccare con lui ti diverte, ammettilo! Vi ho visti, la sera di Natale, al buffet – concluse Koga, con espressione vittoriosa.

- Se posso dire la mia, Kagome… - intervenne Sango – Io trovo che, con lui, tu riesca ad essere… naturale, te stessa. Come faceva notare Koga, di solito con i ragazzi tendi a… bloccarti, a fare il pesce muto. Ma non con InuYasha. Pensaci. Vorrà pure significare qualcosa, non credi? – le sorrise, facendo l’occhiolino ad Ayame.

- Il mio tesoruccio ha perfettamente ragione! – asserì quest’ultima – Ti adoro, amore. Sono orgogliosa di te! Stanotte ti meriti un premio – affermò civettuola ed allusiva.

Koga arrossì, imbarazzato e colto alla sprovvista: - Tesoro! Ti sembrano cose da dire? Davanti a loro, poi! – sbottò, indicando con un gesto della mano le altre due ragazze presenti nella stanza.

La fidanzata però fece spallucce: - Embè? Che ho detto di male, scusa? Mica si scandalizzano. Non sono certo delle innocenti verginelle, cosa credi? Sango, specialmente! Beh, in effetti, stando con uno come Miroku… - considerò, prima di venir investita da un cuscino in pieno viso - Ehi!! Sango! Ma che… - protestò.

L’amica rise, prendendo Kagome per un braccio e trascinandola verso la porta: - Dai, andiamocene, Kagome! Lasciamo i due piccioncini a tubare in pace – li punzecchiò, suscitando l’imbarazzata reazione di entrambi i demoni lupo.


Poco prima di scendere per la cena, mentre era intenta a spazzolarsi i capelli, Kagome ripensò alle parole degli amici.
Davvero a lei piaceva InuYasha? Come era possibile?

“Eppure non volevi andartene, oggi pomeriggio. E ci sei rimasta male, in fondo, per quel bacio mancato” la pungolò la voce della coscienza “Stai bene, con lui. Riesci ad essere te stessa, senza la tua solita paura di essere giudicata male. Perfino nelle situazioni imbarazzanti, tutte le volte in cui sei caduta davanti a lui, sei riuscita a riderci su”.

Dovette ammettere con se stessa che era vero.
Si innervosiva, di fronte a tutti i commentini sarcastici del mezzodemone, certo, però sapeva bene che non erano volti a ferirla, a mortificarla. Lei stessa aveva pensato, la sera del buffet, che quella sorta di… gioco tra loro, fosse divertente.
Inoltre nessun ragazzo era mai stato capace di confortarla, di farle passare la tristezza come aveva fatto lui, con disarmante naturalezza.

Sospirò.
Kami, che confusione!



Kagome riuscì a incontrare di nuovo Kaede solo a mattina inoltrata del giorno seguente.

Ansiosa di scusarsi per averla fatta preoccupare ed assicurarle che il cibo che aveva preparato era stato gradito, la seguì nella stanza privata dietro la reception, bussando titubante sullo stipite della porta: - Emh… mi scusi, signora Kaede. È permesso? Posso? – domandò timidamente.

- Avanti, avanti cara! Prego – le sorrise la donna, facendole segno di sedersi accanto a lei.

Cordiale, le chiese del pomeriggio precedente e fu contenta di sapere che il cibo che aveva preparato per il mezzodemone fosse risultato gradito.

Le domandò anche dello stato di salute in cui lo aveva trovato e si incupì non poco quando Kagome accennò all’incubo.

Temendo di aver parlato troppo, la giovane si affrettò a minimizzare, ma la reazione dell’anziana la sorprese: - Magari fosse stato solo un innocuo incubo, ragazza mia. Magari. Ah, povero ragazzo. Così giovane, eppure il suo cuore ha già sofferto molto. Io ho tentato di essergli d’aiuto, sai? Però oltre un certo punto non ho potuto fare granché. L'ho accudito e cresciuto, quando sua madre morì. Aveva trovato una sua stabilità, tutto sommato, e anche grazie a Kikyo sperai di vederlo finalmente felice – sospirò, affranta.

Notando l’espressione incuriosita della giovane, fece un mezzo sorriso: - Forse è il caso che ti spieghi, vero? –.

Kagome però si affrettò a negare: - N-no, signora. Se non vuole non è obbligata a… cioè, spetterebbe ad InuYasha, parlarmi di sé. Shiro mi ha accennato ad una Kikyo ma… non importa, non voglio metterla nei guai -.

Come se lei non avesse proferito parola, l’anziana continuò imperterrita, ormai avviluppata nel tunnel dei ricordi: - Me lo ricordo ancora, sai, cara? Era notte e nevicava quando quella donna bussò alla nostra porta, con un neonato tra le braccia. Ci disse che l’avevano cacciata di casa poiché aveva rifiutato di abortire. Il suo nome era Izayoi ed era la donna più bella che avessi mai visto. Per ricambiare la nostra generosa ospitalità, si offrì di aiutare in hotel, prima nelle pulizie e poi come contabile – le raccontò Kaede, sistemandosi più comodamente sulla sedia.

Kagome la ascoltava in silenzio, rapita e desiderosa di sapere.

- Era una donna cocciuta, sai? InuYasha ha preso molto da lei, in questo – ridacchiò l’anziana – Considera solo questo, lo chalet. Glielo regalammo, era comunque una costruzione rimasta inutilizzata, ma lei si impuntò, fino a che non riuscì a pagarlo al nonno di Shiro fino all’ultimo centesimo. Era davvero volenterosa, determinata e non si lamentava mai -.

- Ma… e il padre? Perché non… – soffiò la ragazza, trasalendo nel realizzare di aver espresso a voce quel pensiero.

- Non lo disse mai chiaramente, ma il demone padre del bambino la lasciò sola. Probabilmente non seppe nemmeno di aver avuto un figlio – sospirò Kaede.
- Come… non l'ha mai saputo? – boccheggiò Kagome, stranita.

- Izayoi non si è mai sbottonata, sull’argomento. Diceva che le bastava avere il suo bambino accanto e che InuYasha era la sua gioia più grande. Io però non ho mai creduto che non le importasse. Lo dice il nome stesso che diede al suo bambino che, come avrai capito, è un mezzodemone cane. Solo in seguito, grazie al padre di Shiro, sono riuscita a collegare i pezzi, a ricordarmi di quel ricco demone che circa un anno e mezzo prima che comparisse Izayoi, era venuto in Hokkaido per fare da finanziatore ad un imprenditore locale che voleva costruire una modernissima cabinovia. Inu No Taisho. Un importante magnate giapponese, già sposato e padre di un bambino – esalò, facendo sussultare la ragazza.

Kaede la guardò, rammaricata: - Già. È la conclusione a cui arrivammo tutti. InuYasha deve essere stato il frutto di una notte di passione. E Izayoi non se la deve essere sentita di pretendere qualcosa dal padre di suo figlio, all’inizio. Tuttavia, crescendo, InuYasha iniziò a fare domande, come era giusto che fosse. Questo spinse la donna ad andare da lui, avendo inoltre scoperto che l’uomo aveva divorziato. – d’improvviso si incupì.
- InuYasha aveva otto anni, la signora Izayoi era riuscita a rintracciare il padre di suo figlio, ma… non si seppe bene cosa accadde. Finalmente InuYasha avrebbe potuto incontrare suo padre ed era così felice – continuò la donna, con espressione mesta – Lei non arrivò mai a destinazione. Ci fu un incidente. Quel povero ragazzo non conobbe mai il padre e non vide mai più tornare la madre -.

Quella rivelazione raggelò Kagome, che si portò una mano alla bocca.

Il suo cuore perse un battito nel ricordare cosa il giovane avesse gridato durante l’incubo del giorno precedente.

Non andare, mamma! Resta qui, a casa, con me.

- O-oddio! – esalò ad occhi sgranati.

Lo sguardo triste dell’anziana le provocò una stilettata al cuore: – Fu devastante, per il piccolo InuYasha. Qualche anno dopo sapemmo che anche suo padre era morto, schiantandosi con il proprio aereo privato. Dopo la morte di Izayoi, InuYasha non aveva più voluto saperne di informare il padre della sua esistenza. Così, alla fine, è rimasto solo al mondo. La cosa peggiore fu che iniziò ad incolparsi per il fatto di aver spinto la madre a partire. Per non aver voluto conoscere suo padre quando avrebbe potuto farlo. Tuttavia tenne duro, grazie anche al sostegno di tutti noi. Era la nostra mascotte – sorrise intenerita – Una mascotte un po’ pestifera, a dire la verità – affermò, facendo sorridere anche la ragazza – Col tempo pareva che tutto andasse per il meglio. Lui e Shiro divennero amici e, grazie a lui, InuYasha conobbe Kikyo -.

- Oh, mi pare di aver capito che fosse la… cugina di Shiro, dico bene? – chiese Kagome.

L’anziana annuì: - Sì. Era una ragazza strana, solitaria, sempre sulle sue. Forse anche perché i genitori non si occupavano molto di lei. Probabilmente fu questo ad attirare InuYasha, riconoscere in lei la sua stessa solitudine – commentò Kaede, chiudendo gli occhi – Erano giovani, dei ragazzi di soli 15 anni. Kikyo e i suoi genitori, gli zii di Shiro, vennero qui verso la fine di un febbraio. Lei ed InuYasha si conobbero e si innamorarono. La ragazza però viveva ad Hakodate. Di fatto si vedevano poco, non più di due o tre volte l’anno, solo quando Kikyo tornava qui in vacanza o per allenarsi con i pattini. Già, voleva diventare una famosa pattinatrice su ghiaccio, vista anche la sua algida bellezza -.

A quelle parole, Kagome si stupì di avvertire una strana fitta di… gelosia?

Si riscosse subito, dandosi della sciocca. Era ovvio che lui avesse avuto delle donne! Ok, erano in montagna, ma non in un eremo! E poi lui era così affascinante e dolce…

Arrossì a quel pensiero.

- Ancora una volta, però, la felicità che sembrava ad un tocco di dita, finì in frantumi – gracchiò commossa la donna, asciugandosi una lacrima dispettosa – Aveva nevicato. E Kikyo era testarda quanto InuYasha. Perfino lui l’aveva sconsigliata di andare a pattinare. C’è ancora neve, qui, a marzo, ma comincia a sciogliersi, con l’approssimarsi della primavera. Lei però fu irremovibile. Voleva andare a pattinare sul lago, per mostrargli la coreografia per una gara che si sarebbe tenuta pochi giorni dopo. Litigò perfino con i genitori che non volevano lasciarla andare. Da bravo ragazzo innamorato, InuYasha esaudì quel capriccio e la accompagnò. – sussurrò – Fu un istante. Il ghiaccio sottile cedette a causa dei ripetuti atterraggi e delle acrobazie e lei cadde in acqua. InuYasha si era allontanato di qualche metro, verso la motoslitta che avevano usato per arrivare lì –.

Kagome era immobile, le mani strette al petto e gli occhi traboccanti di lacrime, incredula.
No, non poteva essere successo che anche lei… no. Si rifiutava di crederlo!

La donna, leggendo terrore negli occhi della ragazza, si affrettò a rassicurarla: - No, cara, non temere! È tutt'oggi viva e vegeta. Sposata con un medico, a quanto ne so. Grazie ai riflessi demoniaci, InuYasha la ripescò in tempo. Rischiò molto anche lui, non di meno. Non si può pretendere che un ragazzo poco più che adolescente riesca ad avere il sangue freddo di un adulto. Purtroppo le conseguenze dell’ipotermia si fecero sentire, nonostante InuYasha avesse tentato l’impossibile per tenerla al caldo e tornare all’albergo più in fretta che potesse. Si scatenò il putiferio. Appurato che la figlia fosse viva, i genitori, -se genitori si possono chiamare persone del genere-, cominciarono ad inveire contro il ragazzo, specialmente per il fatto che Kikyo avrebbe saltato la gara del suo debutto a causa di quella bravata – continuò Kaede, arrabbiata.

Kagome continuò a guardarla, attonita.

- A nulla servì tentar loro di spiegare che i due non avevano colpa, che era stata una fatalità, un'imprudenza. A dire il vero, avrebbero dovuto ringraziare il cielo che Kikyo non fosse uscita da sola, che ci fosse stato InuYasha, con lei. Invece di essere grati al ragazzo per aver salvato la figlia da una sicura morte per annegamento, gli diedero solo addosso – sospirò – Inizialmente Kikyo lo difese, ma ben presto cedette all'influenza dei genitori, incolpandolo di non aver fatto abbastanza per impedirle di andare – ammise.

A quelle parole, la ragazza dai capelli corvini balzò in piedi, indignata: - Come!?! Ma che faccia tosta! -.

Kaede si lasciò scappare un sorrisino: - Era una ragazza giovane e un po' succube, Kagome. Inoltre quella per InuYasha doveva essere stata poco più di un'infatuazione. Non sto dicendo che non lo amasse, sia chiaro. Solo che… era un tipo di amore acerbo, il suo. Infantile ed egoista. Capisco fosse difficile, mantenere una relazione a distanza. Però anche il fatto che lei non abbia mai voluto che lui andasse a trovarla… si telefonavano, certo. E Kikyo convinceva sempre i genitori a portarla qui tutte le volte che voleva -.

“Certo. Però, non è certo sufficiente per mantenere un rapporto! Da come lo dice, sembra che fosse sempre e solo lui ad adeguarsi ai desideri di lei” pensò Kagome “Dov’è la vicendevolezza, in tutto questo? Capisco sia difficile, una relazione a distanza, ma sembra quasi che mancassero di impegno” riflettè mestamente.

- Beh, sta di fatto che smisero gradualmente di sentirsi, fino a che si lasciarono. Per InuYasha fu l’ennesima esperienza dolorosa e l’ennesima colpa ingiustificata che iniziò ad assumere su di sé – sospirò l’anziana.

- No, non deve nemmeno pensarlo! Non è giusto! Cosa c’entra lui con – si infervorò la giovane, stringendo i pugni, ma una voce proveniente dalle loro spalle unita al rumore di qualcosa che veniva appoggiato con violenza su una superficie solida la fece sobbalzare.

Voltandosi di scatto, rimase pietrificata, così come pure Kaede.

Davanti a lei, InuYasha le stava fissando con occhi colmi di dolore e rimorso, in viso un’espressione a metà tra il sarcastico e l’arrabbiato: - Non dirmi che sai fare anche la psicologa, ragazzina. Non sono affari che ti riguardano – soffiò cupo – E tu, vecchiaccia dalla lingua lunga, non avevi alcun diritto di dare corda a questa ficcanaso e raccontarle i fatti miei -.

Kagome trasalì: - N-no, ti sbagli. Io non… Shiro mi ha… - balbettò.

La risata quasi cattiva che il mezzodemone fece la agghiacciò: - Ah, Shiro, eh? Tutti a farsi i fatti miei, qui dentro, vero? Sapete che vi dico? Andatevene tutti al diavolo! – urlò quasi, voltandosi ed uscendo dalla stanza.

Fu istintivo per Kagome corrergli dietro: - InuYasha, no. Aspetta! Non è come credi! – tentò di dirgli.

- Ah, no? – le rispose lui, già arrivato in mezzo alla hall – Eppure eccolo lì – continuò, lasciandola perplessa – Eccolo quel dannato sguardo che compare negli occhi di ogni singola fottuta persona che è venuta a conoscenza della mia storia – ringhiò – Tutti, tutti finite per guardarmi in modo diverso, come un povero bambino sfortunato che non puoi evitare di compatire dalla pena che ti fa! -.

La ragazza sussultò, ma non fece a tempo a ribattere perché lui uscì all’esterno.

E, spinta da un impulso incontrollabile, Kagome lo seguì di nuovo.

Quegli occhi ambrati traboccanti di rabbia e rimorso… no, doveva riuscire a fargli capire che lei non…

Voleva riuscire a lenire tutto quel dolore.

 
*********


InuYasha uscì, sbattendo la porta.

Si sentiva imbufalito, amareggiato.
Stupida vecchia e stupida ragazzina curiosa!

Quella mattina, perfettamente ristabilito dalla febbre, si era alzato, pronto per un nuovo giorno.

Aveva dormito poco, in realtà, ancora stupefatto dal fatto che… fosse stato sul punto di baciarla.

Nel breve tragitto verso l’albergo, la sua mente si era ossessivamente chiesta come avrebbe reagito Kagome, non appena lo avesse rivisto.

Lo avrebbe ignorato, comportandosi come se niente fosse successo?
Eppure, la sera precedente, non si era scostata da lui schifata. Certo, avrebbe potuto essere rimasta immobile solo a causa della sorpresa. O dell’imbarazzo.

Segretamente, nel suo cuore, sperò che lei lo trattasse come al solito, con naturalezza, che non lo evitasse.

Oppure, ancora meglio, che risultasse imbarazzata.
In effetti era lei ad essere venuta da lui per accudirlo. Nessuno le aveva imposto di farlo, no?

Uno strano senso di calore lo avvolse, ripensando a come lei fosse stata in grado di tranquillizzarlo dopo l’incubo.

Già, l’incubo.
Era un brutto segno, il fatto che quei ricordi si fossero ripresentati.
Purtroppo, aveva anche intuito il perché del riemergere di tutto.

Si stava affezionando a lei.

 Di contro, il suo inconscio, aveva voluto rammendargli cosa era successo alle uniche due persone che aveva amato con tutto se stesso, sua madre e Kikyo.
Quell’incubo era stato una specie di meccanismo di protezione da sentimenti che stavano iniziando inconsapevolmente a sbocciare.

No, non poteva affezionarsi. Ci sarebbe stato stroppo male, quando tutto si fosse distrutto ancora una volta.
No. Aveva paura di soffrire ancora. Proprio per questo, dopo Kikyo non aveva avuto più altre storie.

Non era un santo, certo. Come ogni uomo, aveva anche lui le sue necessità. Qualche scappatella con un paio di turiste c’era stata, ma niente di più.

E poi, il confettino era innamorato di Shiro, no? Nonostante tutto, lei non avrebbe potuto aver già dimenticato quei sentimenti.

In conclusione, era meglio imputare alla febbre quello strano momento ed andare avanti senza scervellarcisi troppo. Era stato un momento di debolezza, punto.


Arrivato davanti all’entrata dell’hotel, salutò l’infreddolito portiere. Poi si diresse oltre la reception, per poter rendere a Kaede i recipienti che gli aveva inviato il giorno prima con dentro da mangiare.

Ciò che arrivò al suo fine udito lo pietrificò, facendolo rimanere davanti alla porta.

No! No, dannazione, no!

Lei non doveva sapere nulla di… l’avrebbe guardato con occhi diversi, ora, non sarebbe stata più come prima, con lui, così… dolce, spontanea, premurosa.

L’avrebbe solo compatito.

Un forte sentimento di amarezza gli chiuse lo stomaco e un senso di nausea lo invase.

Sentendo poi le esclamazioni della ragazza, si rabbuiò ancor di più.

Dunque era anche lei come tutte le donne, alla fine.
Ficcanaso e con la sindrome della crocerossina. Ma lui non aveva bisogno di essere accudito, o compatito. Non era questo ciò che cercava.
 Stava bene da solo!

“Ne sei davvero sicuro?” gli chiese la sua vocina interiore “Cos’è che vuoi ottenere da lei, sentiamo! Amore, forse?”.

Quella considerazione lo irritò.

No. Non aveva alcun diritto di esigere amore da qualcuno.

Delusione ed amarezza si tramutarono ben presto in un mix esplosivo di sconforto e rabbia e, prima ancora di rendersene conto, era già entrato nella stanza, zittendole.

Quando però quella stupida ragazzina aveva cominciato a tentare di giustificarsi, a negare, non ci aveva più visto e si era costretto ad uscire per evitare di aggredirle entrambe. Lei e quella dannata vecchia che se ne stava in silenzio, con espressione serafica, come se non avesse fatto nulla di male!

Kami, gliela avrebbe fatta pagare, a quella stupida vecchiaccia decrepita!

- InuYasha! No, aspetta – lo raggiunse la voce di Kagome, mentre lui aveva già attraversato metà del piazzale innevato dell’hotel – Aspetta! Hai frainteso tutto. Lascia che ti spieghi! – ansimò, nello sforzo di tener dietro al passo del mezzodemone infuriato.

Fuori di sé, desideroso di togliersela di torno, di restare solo per poter calmare il battito forsennato del proprio cuore, InuYasha si girò, fulminandola con lo sguardo: - cos’è che vorresti spiegare, eh? Fammi indovinare, che tu volevi solo aiutarmi, giusto? Io non lo voglio, il tuo aiuto. Non voglio la tua compassione, la tua pietà. Non sono il tuo caso umano, Kagome! -.

La ragazza si accigliò: - Ma ti ascolti quando parli? Caso umano?? La vuoi smettere di dire idiozie? E poi, spiegami che male c’è, se qualcuno si preoccupa per te, scusa! È normale, vuol dire che quella persona ci tiene a te, che ti vuole bene – tentò di farlo ragionare – Sei tu stesso, a considerarti una vittima! Non è stata colpa tua! Né per tua madre, né con Kikyo! -.

- ZITTA! Sta’ zitta! Chi sei, tu, eh? Cosa ne sai, di me? Niente! Smettila di mettere il becco in cose che non ti riguardano! Nessuno ha chiesto il tuo parere! Cosa te ne importa, poi? Tra qualche giorno tornerai a casa tua e non ci rivedremo mai più, quindi fatti i cazzi tuoi e torna nel tuo buco a piangerti addosso perché il ragazzo che ti piace ti ha solo presa per il culo! – urlò, rimanendo però ad occhi sbarrati nel realizzare cosa avesse detto, nella foga rabbiosa del momento.

Il cuore gli si strinse in una dolorosa morsa nel vederla chinare il capo, umiliata e con gli occhi pieni di lacrime.

- Scusa, i-io… non… - balbettò dispiaciuto ma ancora arrabbiato – Torna dentro. Lasciami solo – mormorò, prima di darle le spalle, avviandosi verso il suo chalet.



Kagome rimase ferma, immobile in mezzo al cortile.
Si sentiva vuota ed impotente.

Alzando il capo trasalì.

A pochi metri da lei, Keiko la osservò con malcelato disprezzo: - Mi sono sbagliata, su di te – la sentì dire – Fai tanto l’amicona, ma poi… dì la verità, visto che non hai ottenuto niente dal mio amoruccio, ora stai puntando ad InuYasha, vero? – sibilò, cattiva – Beh, mi dispiace per te, tesoro, ma non ci riusciresti comunque. Quel mezzodemone è troppo chiuso in se stesso e sarebbe fatica sprecata, tentare di convincerlo. Il gioco non vale la candela - sentenziò.

Se in un primo momento Kagome si era sentita ferita da quelle infondate e gratuite accuse, le ultime parole della ragazza fecero scattare in lei una specie di ribellione, come una scintilla che accende la polvere da sparo.

E no. Ok, poteva passare per un’approfittatrice, pazienza. Ma sentirle dire che InuYasha fosse… un caso perso, fatica inutile… no. Non poteva sopportarlo, questo.

- E tu che ne sai, scusa? Ci hai almeno provato? No, vero? – sbottò, alzando la testa – Ovvio che no. Perché a te piace vincere facile, vero? Vuoi che tutto vada esattamente come vuoi tu. Ed è per colpa di gente come te se… oh, lasciamo stare. Non capiresti nemmeno se te lo spiegassi come ad un bambino dell’asilo – la zittì – Hai già il tuo amoruccio, no? Che ti importa di ciò che faccio io? E non temere, puoi pure tenertelo senza problemi, il tuo Shiro. Ora scusami, ma ho urgenza di sistemare una certa faccenda – concluse, sorridendo in modo calmo e angelico.

Ridacchiò internamente nel ricordare le tante volte in cui Koga e Miroku le avevano detto che, con quell’espressione calma, incuteva più paura di un Oni infuriato.

Si voltò, pronta a seguire i passi del mezzodemone, non prima di aver dato ad un’ammutolita Keiko l’ultima stoccata finale: - Comunque, prima di sparare veleno sugli altri, ti consiglio di pensare a te stessa. Se la tua idea dell’amore è quella della “massima resa col minimo sforzo”, beh, spiacente ma io non la vedo affatto così. Ti saluto -.


Nel frattempo InuYasha era quasi giunto a casa. Tuttavia le sue sensibili orecchie captarono il flebile suono di una voce che chiamava il suo nome.

Girandosi indietro, potè notare, alla base del lieve pendio che conduceva al suo chalet, una figuretta minuta che arrancava nella neve alta.

- Ti avevo detto di lasciarmi in pace. Vattene! – le urlò, cupo, ma Kagome non gli diede retta.

Quando lo raggiunse, quasi non riusciva più a respirare per l’affanno. Doveva avere corso.

Dio, quelle guance rosse, le labbra ansimanti e i lunghi capelli pieni di cristalli di ghiaccio.

Probabilmente era capitombolata nella neve alta, più di una volta, considerando l’agilità di cui era dotata.

Era così bella…
No, maledizione! Era arrabbiato con lei, cavolo! Non doveva mettersi a pensare che fosse bella!

- Prima mi hai chiesto cosa me ne importasse. – riuscì a sussurrare lei con un filo di voce – Non lo so. So solo che mi fa male vederti soffrire, vedere che ti incolpi da solo e ti punisci per avvenimenti accaduti indipendentemente da te. Non è colpa tua, se tua madre è morta. Non è uscita di casa perché l’hai costretta – affermò aspra, alzando lo sguardo a sostenere quello di lui – Lei ti amava, e voleva vederti felice. L’ha fatto per entrambi, per te e per se stessa, di andare da tuo padre. Anzi, no! L’ha fatto per tutti e tre! Per te che avevi il diritto di avere un padre, per lui e il suo diritto di sapere di aver avuto un altro figlio e per sé stessa, per il suo diritto di poter rivedere l’uomo che amava -.

Inuyasha sussultò, sorpreso da quanto la ragazza fosse stata capace di leggergli dentro.

- E per quanto riguarda Kikyo, è stata lei, la debole! Invece di ringraziare tutti i Kami di essere viva, di ringraziare te per averla salvata, invece di ammettere che era colpa sua quanto tua, che quell’imprudenza l’avevate fatta insieme… ha lasciato che fossi tu, il capro espiatorio – ansimò la ragazza, sentendo le lacrime iniziare a scendere – E ti dirò di più: se è vero amore, col cavolo che si tratta l’altro come… come un giocattolo! Un giocattolo di cui ci si ricorda solo quando ci serve e che si abbandona quando ci si stufa. Un amore va coltivato, difeso con le unghie e con i denti, se necessario. E se si strappa qualcosa in una relazione, si fa anche l’impossibile per ricucirlo – singhiozzò, accorata.

InuYasha si inalberò: - E tu che ne sai, scusa? Solo sparare sentenze sulla base di un racconto di una stupida vecchia e -.

Si interruppe, vedendo la ragazza rivolgergli un sorriso mesto che, paradossalmente, gli parve anche dannatamente dolce.

- Non sono molto ferrata, in amore, è vero. Però credo di aver ben chiaro cosa farei io se – iniziò – No, niente. Non ha importanza. Anche se te lo dicessi, ora come ora, finirei solo per fare la figura della stupida. E tu sei ancora troppo arrabbiato, al momento e non mi crederesti. Comunque sia, volevo solo precisare una cosa: ti sbagli. Non è pietà, quella delle persone che ti stanno attorno. È amicizia, affetto e… amore. Quella che tu hai definito “stupida vecchia” ti vuole un bene dell’anima e io… – riprese Kagome, interrompendosi però a metà, scuotendo la testa.
 “Anche io credo di volerti bene” concluse mentalmente.
– No, lascia perdere. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, dice il detto. Hai ragione tu. Non avrei dovuto intromettermi. Non avrei dovuto nemmeno venirci, in Hokkaido – sospirò triste, guardandolo dolcemente negli occhi.

- Appunto! Se te ne fossi rimasta a casa, non saresti rimasta invischiata in problemi non tuoi – ribattè InuYasha, camminando verso la porta di casa sua, turbato dall’effetto che quello sguardo castano aveva avuto su di lui.

– Forse è proprio questo posto, che porta male, in inverno – tentò di scherzare debolmente lei, tirando su col naso e lasciandosi scappare un sospiro.
Non c’era più nulla che potesse dirgli. Dal modo in cui aveva cambiato argomento, era chiaro che la questione fosse chiusa – I-io... scusami. Non ti infastidirò più, se è questo che desideri -.

No, non era questo, ciò che voleva, ma l’amarezza parlò ancora per lui, prima che potesse impedirglielo: - Ecco, brava -.

“Dannazione!” pensò, mordendosi le labbra. Che diavolo stava facendo? Non si era mai comportato così!

Si voltò a contemplarla ancora una volta, accarezzandone la figura con lo sguardo e aggrottando le sopracciglia nel notare che… - Sei uscita di nuovo senza giubbotto, razza di incosciente! Torna subito in albergo! – la rimproverò e lei annuì, girandosi per tornare sui propri passi.

- InuYasha? – lo chiamò ancora, senza voltarsi - Ti giuro che io non intendevo… i-io volevo solo… esserti vicina, nient’altro. Ricambiare in qualche modo tutte le cose che hai fatto per me. Non era mia intenzione farti rivangare ricordi dolorosi. Mi ero solo preoccupata per te, così come Kaede. Non avercela con lei, te lo chiedo per favore – sussurrò.

- Non ce n’è bisogno. Non devi preoccuparti. Sto bene e sono abituato a cavarmela da me. Scusa, per prima. I-io non… non ho pensato, prima di parlare – mormorò InuYasha.

- Mh-mh. Non importa. Allora io… tolgo il disturbo – pigolò con tono flebile, come se…

“Oddio, sta per piangere di nuovo?” Si chiese allarmato il ragazzo.

E perché sapere di esserne il responsabile gli aveva provocato un groppo in gola?

- Allora… ciao, InuYasha – concluse la ragazza, facendo due rapidi passi in avanti, finendo però per affondare nella neve – Che goffa – ridacchiò, trattenendo un singhiozzo.

Non voleva piangere di nuovo davanti a lui, così si rialzò, spazzolandosi i pantaloni.


Il giovane rimase immobile, guardandola allontanarsi.

Solo quando la sua figura non fu più visibile, retrocedette verso la propria abitazione.

Entrato, si appoggiò con la schiena alla porta che aveva chiuso dietro di sé, gli occhi nascosti dalla frangia argentea.


Il resto della giornata fu una specie di agonia per entrambi.
Kagome si rintanò in camera.
inuYasha cercò sfogo al nervosismo… facendo le pulizie.

Sfortunatamente, mente stava sistemando camera e vestiti, gli capitò in mano QUELLA felpa.

Stizzito, la gettò malamente sul letto.

Con quel movimento, però, finì per urtare la sveglia sul comodino lì accanto, facendola cadere.

Alzando gli occhi al cielo la raccolse, sbuffando nel constatare che lo sportellino posteriore che copriva le batterie fosse finito sotto il letto.

Mettendosi a bocconi, fece per prenderlo, quando la presenza di qualcosa di luccicante poco lontano dallo sportellino, attirò la sua attenzione.

Stupito ed incuriosito, si sporse per afferrare l’oggetto, trattenendo il fiato nel momento in cui capì di cosa si trattasse.

La catenina che Kagome aveva al collo la notte di Natale.

Doveva averla persa senza accorgersene.

Se la rigirò tra le mani, seduto a terra.

Il suo cervello stava già progettando di correre a riportargliela seduta stante.

Dannato traditore!

No, doveva riuscire ad elaborare un discorso per scusarsi, prima! Eh, come se fosse facile! Si era reso conto di aver esagerato e che lei aveva perfettamente ragione. Su tutto. Era stato un po’ egoista, a pensare solo a se stesso, a lasciarsi sommergere dalla negatività.

In definitiva, sbollita la rabbia, si era reso conto di essersi comportato da vero idiota e ci aveva pensato anche la vecchia a ricordarglielo quando, circa un’ora prima, si era fatta accompagnare da Shiro fino a lì.

Gli era quasi preso un colpo, nel trovarsela davanti all’improvviso, avvolta in un largo scialle di lana: - InuYasha, ascolta – aveva esordito la donna – Smettila di fare quella faccia! Non sta per arrivare la ramanzina, tranquillo. Anche se, dopo la scenata da primadonna con crisi di nervi, ti meriteresti una bella sculacciata – lo rimproverò, di fronte all’occhiata esasperata che lui le aveva rivolto – Volevo solo informarti che il signor Keichi, vista anche la tua recente influenza, ha deciso di lasciarti in ferie fino al tre gennaio. Ed è un ordine. Una settimana di riposo ti farà solo bene. Senza contare che oggi è il 28 Dicembre, e quindi l’ultimo giorno lavorativo dell’anno. Lo so che di solito mi aiuti con le pulizie, ma questa volta sei esonerato! -.

Fantastico, ora non avrebbe avuto nemmeno il lavoro con cui distrarsi un po’!

- Va bene, va bene. Ho capito. Bah, come ti pare! Ora spicciati a tornare all’hotel, vecchia. Non sei più una ragazzina e tra poco inizierà a far buio e più freddo – fu il borbottio del giovane, mentre la spingeva verso la porta.

Verso l’ora di cena, tuttavia, si vide costretto a recarsi all’albergo. Si era dimenticato di fare la spesa!!!

Stranamente, benchè fosse stato proprio quello il desiderio che aveva espresso, si dispiacque di non incrociare Kagome da nessuna parte.

E fu con sorpresa che, alla fine, mentre aiutava Shiro a spostare un pesante tavolo dalla sala da pranzo verso quella per la colazione, la scorse intenta ad osservare, come suo solito, la neve che cadeva fuori da una delle finestre del salone. 

I loro occhi si incrociarono attraverso il vetro.

Dapprima Kagome sussultò, poi si affrettò a girarsi verso di lui, facendo per sorridergli ma… ma InuYasha distolse lo sguardo di scatto, come scottato e voltò il capo dall’altra parte.

Il sorriso si gelò sulle labbra di Kagome e fu come se una stilettata –l’ennesima durante quella vacanza- le trapassasse il cuore.

Lui… l’aveva ignorata.

Se solo la ragazza avesse saputo quanto le cose stessero diversamente, in realtà.
Ciò che lei aveva scambiato per indifferenza e disprezzo, era solo del semplice imbarazzo.

Semplicemente, il mezzodemone era a disagio e non sapeva come comportarsi.

E si era appena dato mentalmente dell’idiota per aver pensato per la centesima volta che lei fosse bellissima, anche mentre contemplava assorta la neve.




Il 29 dicembre, all’incirca alle nove del mattino, InuYasha trotterellò nervosamente verso l’albergo, stringendo in una mano, affondata nella tasca del giubbotto, la catenina della ragazza.

Sbuffando e borbottando, stava tentando di ripassare il discorso che si era preparato:
“Dunque. Allora. Buongiorno, Kagome. Nah! Dopo che hai trattato malissimo una persona, non le dici mica buongiorno, come se niente fosse” considerò “Ciao. Ecco, sì. Meglio. Ciao… ragazzina. Sì. Perfetto. Ciao ragazzina. Lo sai che sei proprio sbadata? Hai perso questa e non te ne sei nemmeno accorta”.

Ok. Poteva andare. Poi avrebbe potuto scusarsi e… ma sì, perché no. Darle di nuovo una mano con gli sci.

Arrivato nella hall però fu stordito da un urlo sovrumano: - Come?!? Cosa vuol dire che se n’è andata? Che è tornata a casa? Senza dire niente a nessuno? Ma… - sbottò Sango.

- Tesoro, calmati – tentò di rabbonirla Miroku, appoggiandole una mano sulla spalla.

- Col cavolo che mi calmo, Miroku! Ma dico! Vuole farmi venire un infarto? Come ha potuto fare le valigie e andar via senza avvisarci! Oh, appena la ripesco… vedrà! Non gliela posso perdonare, questa -.

Stranito, InuYasha non ebbe nemmeno il tempo di razionalizzare, perché fu preso per il colletto del giubbino da Koga: - Ehi, tu, razza di cagnolino. Che hai fatto a Kagome, eh? È colpa tua, se è fuggita così all’improvviso, vero? Parla, bastardo! – ringhiò furente, sordo alle preghiere di Ayame che tentava inutilmente di calmarlo.

Come?!? Kagome? Andata? Andata dove?!?

Era uno scherzo, vero? Non poteva essersene andata. Dovevano ancora chiarirsi, lui doveva ancora scusarsi. E ridarle la catenina e poi…

Di fronte allo sguardo incredulo del mezzodemone, Koga lo lasciò andare.

- C-come? – riuscì a sillabare InuYasha.

- Eravamo d’accordo di fare colazione verso le otto, visto che avevamo deciso di recarci in paese a fare shopping selvaggio insieme e ritornare per mezzogiorno. Lei però ci ha detto di non avere appetito e che ci avrebbe raggiunti dopo colazione nella hall, ma… vedendo che tardava, siamo andate in camera sua, trovandola vuota, ad eccezione di un biglietto, in cui ci comunicava che… - raccontò la demone lupo.

La voce di Sango risuonò nell’atmosfera fattasi pesante e silenziosa: - “ Ciao, ragazzi. Scusatemi se sono scappata senza dirvi niente ma… ho deciso di tornare a Tokyo. Questa vacanza si è rivelata un vero disastro e non me la sento proprio di rimanere ancora. Che non vi venga in mente di seguirmi, eh? La prenotazione è fino al 2 gennaio, quindi rimanete dove siete e divertitevi.
Divertitevi anche per me. Io starò bene, non preoccupatevi. Sango e Ayame: Scusatemi, amiche mie!
Un abbraccio, Kagome.” – lesse, con tono lugubre – Quella dannata imbecille! Non ha voluto fare colazione perché intanto se l’è svignata! Ohhh! Io la ammazzo! – riprese a dire l’amica.

Inuyasha era rimasto ancora fermo, impalato ed incredulo.

- Ragazzi? – li raggiunse la voce mesta di Hojo – Ho chiamato, ma… di aerei non se ne parla fino a domani. E i treni… l’unica alternativa è quello notturno. Gli altri erano alle otto e alle undici e un quarto di stamattina. Contando che sono le nove passate e che per arrivare a Sapporo da qui ci vogliono più di due ore e mezza… non faremmo in tempo – comunicò loro.

L’occhiata che gli rivolse Sango avrebbe fatto scappare perfino un grizzly.

Kaede intanto non aveva tolto gli occhi di dosso ad InuYasha da quando lo aveva visto in balia di Koga.

Lo vide stringere i pugni fino a conficcarsi gli artigli nella carne ed uscire, sbattendo la porta.

Sospirò.
Di questo passo quei poveri cardini non avrebbero retto ad altri colpi.


Il mezzodemone si fermò al limitare del cortile.

Andata. Anche lei era andata via.

Ipocrita. Tutte quelle belle parole e poi cosa faceva? L’aveva lasciato solo.

Come Kikyo.

“Ma se sei stato tu, a dirle di tornarsene da dove era venuta!”.

- Taci, stupida coscienza! – borbottò, ai limiti dell’udibile.

- INUYASHA! -.

Quell’urlo lanciato a distanza ravvicinata gli fece fare un salto.

- Sei rimbecillita del tutto, vecchia? Che diamine! Mi hai perforato un timpano – sbottò, fulminando Kaede con lo sguardo.

- Piantala di fare il bambino, ragazzo. Il mondo non gira tutto intorno a te, sai? – lo sgridò.

- Di che diavolo parli, dannata! -.

Lei però ignorò quella osservazione scontrosa: - Che pensi di fare, quindi? – gli domandò.

- EH? Ma… vuoi parlare chiaro, accidenti a te? – si lamentò il giovane – Non ci sto capendo nulla -.

“Benedetto ragazzo” pensò accigliata l’anziana.
- Hai intenzione di lottare per la tua felicità una buona volta o no? È inutile che fai la vittima, se tu sei il primo a subire passivamente gli eventi. Non puoi pretendere che una persona torni, se non le hai dato un motivo per farlo – fu la sua risposta.

- M-ma – balbettò lui.
Era giunto il momento di chiamare uno psichiatra per la vecchia!

- Loro hanno deciso di partire domani all’alba per andare in aeroporto. E tu? Tu che farai, InuYasha? – affermò la donna, prima di rientrare nella struttura, lasciandolo basito.




Tokyo, 29 dicembre, ore 22.


Kagome spalancò la porta del suo appartamento, quasi lanciando dentro la propria valigia.

12 ore di viaggio*, una jeep, tre treni e un taxi! Era distrutta.

Si gettò sul letto, ancora vestita.

Aveva anche fame, l’intero pacchetto di biscotti che si era mangiata durante il tragitto in taxi dalla stazione fino a casa non era stato sufficiente.

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

Era stata una vera sciocca, ad andarsene in quel modo.
Sicuramente Sango ed Ayame sarebbero state arrabbiatissime.

Aveva agito da codarda, se ne era resa conto. Era scappata, ma proprio non aveva retto alla tensione, dopo aver ricevuto l’ennesima occhiataccia da parte della ragazza di Shiro.

E poi, il modo in cui InuYasha si era arrabbiato con lei… non aveva obbligato nessuno, a raccontarle del suo passato! Avevano fatto tutto loro!

Il colpo di grazia era stato appurare che le accorate parole che aveva rivolto al mezzodemone non fossero servite a niente. Anzi, avevano rovinato tutto.

Lui l’aveva ignorata.

L’aveva ignorata proprio nel momento in cui lei aveva iniziato a capire di provare qualcosa per lui.

L’aveva ignorata, allontanata nel momento in cui lei avrebbe voluto solo… abbracciarlo forte a sé per scacciare via dal cuore di lui tutta la tristezza, i sensi di colpa, il malumore.





 31 Dicembre, ore 23 e 15.


Kagome si ritrasse dallo spioncino, tornando a guardarci dentro una manciata di secondi dopo, convinta di avere le traveggole.

Oddio. Cosa cavolo…

- Kagomeeeee! Lo sappiamo che ci sei! Aprici, avanti – gridò Sango dal pianerottolo.

- È inutile che fai finta di non esserci, Kagomina! Sento il tuo bel cuoricino che batte all’impazzataaa – le fece eco Ayame.

- R-ragazzi?!? M-ma. Che ci fate qui? Voi dovreste essere…- balbettò l’amica, spalancando la porta.

- Lasciamo stare! Sono ancora arrabbiata con te, sappilo – le disse Sango.

- Confermo, Kagome. Non l’ho mai vista così imbufalit-auch! Sanguccia! – si lamentò Miroku, massaggiandosi la nuca colpita.

- Che viaggio, ragazzi! – si lamentò Koga, spaparanzandosi sul divano – Mi ci vorranno due giorni, per riprendermi! Niente aereo a causa di una stupida tempesta di neve. Dopo mezza giornata bloccati in aeroporto, siamo riusciti a prendere il treno notturno delle nove di ieri notte. Siamo arrivati a Ueno alle due del pomeriggio di oggi. Uh! È champagne, questo? Posso? – si illuminò all’improvviso.

- Koga! Siamo qui per una cosa molto più importante! – lo sgridò la fidanzata – e… UHH! Ma.. ma quello è creme caramel?! – trillò, facendo alzare gli occhi al cielo a Sango.

- Vabbè, li abbiamo persi! – ironizzò – Dovrò pensarci da sola! Vieni con me, tu! – ordinò a Kagome, prendendola per un braccio e trascinandola verso la camera da letto.

- Ehi! Sango! Che fai! – protestò l’amica.

- Shht! Non puoi di certo uscire in pigiama! La notte di Capodanno, poi! -.

- No! Sango, non mi va di uscire! Se voi volete andare a festeggiare, andate, io… - io resto qui, stava per dire, ma il sorriso enigmatico che Sango le rivolse la stranì.

- Errore! Noi, restiamo qui. Sei tu che devi darti una mossa. Manca pochissimo, a mezzanotte! – ribattè la ragazza – Ah, e riguardo a questo… AYA! Lasciami un po’ di dolce! Non mangiartelo tutto tu! – urlò, per farsi sentire dalla demone.

- OKKKK!! – le rispose quella, a bocca piena.

- Bene. Ed ora… a noi due! – sibilò maligna Sango, guardando Kagome in modo strano, frugando in un ampio sacchetto che solo allora l’amica aveva notato.

- S-sango-chan? Mi stai spaventando! C-che vuoi fare? E poi, perché dovrei uscire, scusa? – balbettò la corvina.

- Che domande… per andare a sentire cosa ha da dirti quel povero ragazzo che si è fatto un sacco di chilometri dall’Hokkaido fino a qui, sopportando di viaggiare con noi!– le rivelò, facendola sussultare.

Oddio. No, non… era uno scherzo, vero?

- Ah, tanto per la cronaca… Hojo l’abbiamo parcheggiato a casa sua senza tanti complimenti – le fece l’occhiolino Sango – Bene, ed ora… vediamo un po’ cos’hai in questo armadio… Kimono o vestito? Mhh.. vediamo… - considerò.


Mancava un quarto d’ora a mezzanotte.

Una ragazza coperta da un lungo cappotto rosa cipria correva verso il tempio del quartiere**.

Con una punta di ironia pensò che, se il nonno avesse saputo che era a Tokyo e che non stava andando al tempio di famiglia, l’avrebbe inseguita di certo con la scopa!

Si fermò, ansimante, ai piedi della lunga scalinata.

Una figura, appoggiata pigramente con la schiena al corrimano della scala fino ad un istante prima, uscì dalla penombra.

- Ciao… confettino – esordì InuYasha – Quella per il rosa deve essere proprio una bella ossessione, a quanto vedo – la punzecchiò.

Kagome era rimasta ferma ad osservarlo.

Oddio. C’era davvero! Non era una bugia né uno scherzo. Lui era davvero venuto fino a Tokyo!

- Cosa – gracchiò la ragazza, schiarendosi poi rumorosamente la gola che sentiva secca – Cosa ci fai qui? – esalò, continuando a fissarlo ad occhi sgranati.

Lui sorrise, beffardo, chiudendo gli occhi: - Beh, prima di tutto sono in ferie. In secondo luogo, avevo sempre desiderato visitare Tokyo. Terzo – fece una pausa, riaprendo gli occhi e intrappolandola in un mare d’oro – Terzo c’è una ragazza, alquanto goffa e sciocca, che però io ho trattato davvero male, qualche giorno fa. Avrei voluto scusarmi con lei, l’altro ieri – riprese – Peccato che quella ragazza sciocca avesse fatto il coniglio, scappando via – le raccontò, facendo accelerare i battiti del cuore della giovane – Inoltre, quella ragazzina è stata anche un po’ sbadata e non si è accorta di aver perso qualcosa – concluse, alzando una mano e facendo ondeggiare la catenina con il ciondolo a goccia – Ed io sono venuto a restituirglielo -.
    
Kagome era rimasta senza parole, incredula. Come?! Se era solo per la catenina, perché non l’aveva semplicemente data ad Ayame o Sango?

InuYasha sbuffò: - Ehi, che c’è, sei entrata in stato catatonico? Proprio non ti va, di rendermi le cose un po’ più facili, vero, confettino? – brontolò il mezzodemone, alzando gli occhi verso il cielo notturno, incurante dei passanti diretti al tempio che lanciavano loro occhiate stranite prima di procedere oltre, salendo le scale – Sai… beh, direi che è inutile girarci intorno. Vuoi la verità? Sono venuto fino a qui per dirti un po'di cose. Innanzitutto… Scusa. Scusa se ti ho trattato male. Credo di avere solo… avuto paura. Paura di soffrire ancora, di illudermi ancora. E di ammettere perfino a me stesso che… che tu mi piaci e anche tanto – confessò con voce arrochita.

Lei parve rianimarsi di colpo.

C-come?!?

- No, aspetta un momento! Tu… t-tu non puoi pretendere di piombare qui come se nulla fosse e… e… dirmi che… Kami, non ci capisco più niente! – pigolò Kagome, serrando gli occhi.

Il cuore le batteva così forte!

Le sembrò che il mondo stesse oscillando nel momento in cui lo vide fare un passo verso di lei, avvicinandosi.

- La rivuoi o no, questa? – le domandò, ormai di fronte a lei.

Senza attendere la sua risposta però, le prese una mano, ponendole nel palmo la catenina e chiudendole le dita su di essa, senza mai distogliere gli occhi dai suoi.

Sentiva il cuore della ragazza battere furiosamente.

- Kagome? – la chiamò ancora.

- S-sì? – rispose di getto lei.

Si stupì nel vederlo arrossire lievemente.

- Allora… mi perdoni? – le sussurrò.

La ragazza si limitò ad annuire con la testa.

- Per tutto? – insistette ancora InuYasha e lei annuì ancora, come incantata.

- Tutto tutto tutto? – ripetè di nuovo il giovane.

Kagome sbuffò, divertita. Che bambinone!

- Ma si!! Tutto! Contento? – gli rispose - Ti sei fatto un sacco di chilometri per venire qui e non posso di certo rifiutarti il perdono! -.

Gli occhi le si spalancarono ancor di più dalla sorpresa, nel vederlo sorridere furbescamente.

- Bene! Allora mi perdonerai anche per questo. O almeno spero – affermò beffardo, confondendola ancora di più.

Detto questo la baciò.

Sentendola però rigida, si staccò quasi subito, deluso.

A disagio e impacciato come mai prima, distolse lo sguardo e si distanziò da lei di un paio di passi: - Umh… h-ho capito. Scusami, devo aver frainteso tutto e… beh, ciao, allora – borbottò, pronto ad allontanarsi, sentendosi un completo imbecille.

Dannata vecchia Kaede e le strane idee che gli aveva messo in testa con le sue insinuazioni!

Già voltato per metà, si sentì afferrare per la manica del giubbotto e, prima ancora di realizzare la cosa, si ritrovò Kagome arpionata al collo mentre… mentre si tuffava letteralmente sulle sue labbra in un bacio appassionato.

Un colpo di tosse li fece però staccare e i due si guardarono imbarazzati, dopo essere stati rimproverati dall’occhiataccia di un padre di famiglia che si stava dirigendo al tempio con pargoli al seguito tentando di coprire loro gli occhi di fronte a quella scena non adatta alla loro età.

- Oh Kami! Che vergogna! – sussurrò Kagome, serrando gli occhi.
E non si riferiva solo all’uomo, no. Lei… lei aveva praticamente… tramortito InuYasha con un bacio!!! Che cavolo le era saltato in testa!?! L'aveva praticamente assalito! Beh, aveva funzionato, in effetti. Quando, ancora stordita dal meraviglioso calore che le aveva invaso la bocca dello stomaco nel sentire le loro labbra toccarsi, l'aveva visto pronto ad andarsene... era stato istintivo fermarlo in quel modo.

Non riuscì però ad autocommiserarsi oltre perché inaspettatamente il giovane la tirò, cingendole una spalla con un braccio per spostarsi in un angolo un po’ meno “trafficato”.

Nel momento in cui si fermò, Kagome ebbe la malsana idea di guardarlo dritto negli occhi, rimanendo invischiata in quelle pozze color oro che la stavano fissando così intensamente da farle tremare le ginocchia.

La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma da essa non uscì suono.

Al contrario lui si mise a ridere: - Accidenti, baciarmi deve averti fatto uno strano effetto! Cos’è quell’espressione da pesce palla? -.

Quella stupida battuta ebbe il potere di destarla dal torpore: - P-pesce palla?!? Stai forse insinuando che sono grassa? – si indignò lei.

- No, no! Assolutamente no! Cavolo, quanto sei permalosa, ragazzina! – si affrettò a spiegarsi lui – Anche se, con tutti i dolci che mangi… - riflettè canzonandola.

La giovane arrossì, gonfiando le guance: - EH!?! Da come lo dici sembro una che si ingozza di dolci! Non è affatto vero! – si inalberò.

Il mezzodemone la guardò in modo beffardo: - Ah, no? E allora perché senti di… umh… caramello? – ribattè.

Kagome avvampò, portandosi una mano a coprirsi la bocca.
Oddio! Prima di uscire lei… lei… si era dimenticata di lavarsi i denti!

- Tuttavia – continuò InuYasha, come se nulla fosse – si dà il caso che io adori il caramello – sussurrò, prendendola tra le braccia e tirandosela di nuovo contro – Ma, più di tutto, ho scoperto che adoro battibeccare con te solo per il piacere di osservarti mentre fai l’offesa - ammise, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra – E il modo che hai di tentare di tirarmi su il morale. Adoro il fatto che tu riesca a farmi capire che sono un idiota pur senza dirmelo chiaramente. Adoro guardarti mentre sei distratta pensando che sei bellissima. E poi la tua goffaggine è così divertente – ridacchiò.

Lei era senza fiato.

Era una dichiarazione d’amore, quella?

Un sibilo e poi lo scoppio del primo fuoco pirotecnico precedettero di poco le grida festanti che si elevarono.

 Era scoccata la mezzanotte.

Il mezzodemone si staccò appena, lanciando un’occhiataccia al cielo: - Accidenti, no! Non avevo ancora finito, diamine! Stupido tempo che scorre! – borbottò, facendo ridere la ragazza che teneva tra le braccia.

- Buon Anno, idiota di un maestro di sci! – gli disse.

- Buon Anno, confettino! – le rispose, sporgendosi finalmente a baciarla ancora, sentendola emettere un sospiro soddisfatto.




Furano, Hokkaido. Marzo, un anno dopo.


Un raggio di sole si insinuò oltre le tende.

Nella stanza in penombra tutto sembrava tranquillo, o quasi.

Al piccolo angolo cottura un mezzo demone cane fischiettava appena, finendo di disporre su un vassoio due tazze colme di tè e quattro fette di pane tostato.

Prese poi il tutto, avviandosi verso una porta chiusa all'altro lato del piccolo soggiorno dello chalet.

Era già davanti alla porta quando sembrò cambiare idea.

Tornò indietro, posando il vassoio sul basso tavolino davanti al divano. Infine si avviò di nuovo verso la porta chiusa, entrando.

La camera era totalmente immersa nel buio.

Attento a non inciampare, il giovane arrivò alla finestra, aprendo di scatto la tenda.

Il sole del mattino, reso ancora più luminoso dal candore della neve, invase la stanza.

- Sveglia, dormigliona! –.

Qualcosa si mosse sotto le coperte e si udì un mugugno di disapprovazione.

Sorridendo, InuYasha si diresse verso il letto, appoggiando un ginocchio sul materasso.

- Dai, sono le otto e mezza. Che ne dici di uscire da quel bozzolo? -.

Una voce assonnata si udì appena da sotto le coperte: - Mhh… ancora cinque minuti -.

Il giovane si fece assorto per un attimo: - Fammi pensare… mhhh. No! La colazione si fredda, razza di pigrona! – ribatté allegro.

Chinandosi, le scostò di botto il lenzuolo dalla testa, prendendola poi di peso tra le braccia, trascinando con sé tutte le coperte.

- Nooo!!! Fermo! Mettimi giù! – brontolò Kagome, dimenandosi e facendolo ridere.

- Buongiorno, eh? – le rispose il ragazzo, dirigendosi verso il soggiorno.

Arrivato davanti al divano, la mollò, facendola atterrare su di esso.

Degli splendidi occhi marroni lo fulminarono: - InuYasha!!! Ma dico! Sei diventato matto? – brontolò Kagome, alzando la voce e stringendosi al seno il lenzuolo in cui era intrappolata, i capelli un'unica massa corvina arruffata e le guance arrossate di indignazione.

La risposta di lui fu un dolcissimo bacio sulle labbra.

- Mhhh. Finito di fare la lamentona? Bene, fammi spazio! – le disse non appena si staccarono.

Sedendosi accanto a lei, si stupì nel vederla stringersi convulsamente nel lenzuolo, arrossendo.

- Che c'è? Tieni, ecco il tè – le domandò, facendo per prendere una delle tazze.

Inaspettatamente però, lei sbuffò: - Quindi, tutta questa delicatezza da cavernicolo era perché mi hai preparato la colazione? – lo punzecchiò – Ok, aspetta un secondo, però. Non posso mica stare così – affermò, alzandosi e portando con sé le coperte in cui era avvolta.

Non fece molta strada, visto che lui agguantò un lembo di stoffa, tirandola all'indietro, facendosi così finire la ragazza in braccio.

- InuYasha! – lo richiamò per la seconda volta.

- Cosa!! Che diavolo hai, stamattina? Ti sei alzata con il piede sbagliato? – sbuffò, ricevendo in cambio quello che doveva essere un pugnetto sulla spalla, ma che non gli fece assolutamente nulla.

- Ho che... gradirei potermi mettere qualcosa addosso, prima, magari! – sbottò Kagome, imbarazzata.

Trasalì quando il mezzo demone agganciò con la punta di un artiglio Il bordo di tessuto che le copriva il seno, spostandolo appena e sbirciando al di sotto: - Oh, fa vedere? Giusto! Sei nuda. L’avevo scordato, scusa - ammise candidamente. Troppo candidamente. La stava di nuovo prendendo in giro! -. Non venirmi a dire che hai freddo, però. Sei avvoltolata in un lenzuolo felpato e in un piumone! -.

- Ehi! Se hai finito di fare il guardone, Einstein, potresti cortesemente lasciarmi andare? – lo canzonò la ragazza, dandogli uno schiaffetto sul dito e facendogli mollare la presa sul lenzuolo. "Questa poi! Fa pure il finto tonto! Come se non fosse stato lui stesso a spogliarmi, stanotte per... Com'è che aveva detto? Dare un arrivederci come si deve allo chalet?" pensò imbarazzata, perdendosi per un momento nei ricordi poco casti della notte precedente.

- Mamma mia, quanto siamo acide stamattina, confettino! -

- Ti detesto, quando fai così - mormorò debolmente Kagome, appoggiandosi meglio contro il torace del suo ragazzo.

InuYasha rise, baciandole i capelli e beandosi del suo profumo: - Lo so! Ed è per questo che è così divertente! -.

- Scemo! - rise anche lei.

- Oohhh! Finalmente un sorriso! Grazie, eh? -

- Ma sta zitto, uomo impossibile! - lo riprese la giovane, girandosi appena e baciandolo sulle labbra.

Con un sospiro beato InuYasha si lasciò andare al bacio, affondando una mano tra i capelli di lei e approfondendo il contatto tra le loro bocche.

Adorava il suo sapore.

Fu Kagome a staccarsi appena: - Come mai senti di miele? Ok che hai preparato la colazione, però tu lo detesti, il miele! -.

- Forse perché mi sono dovuto accontentare di quello che era rimasto? Mi scocciava, andare dalla vecchia, contando poi che abbiamo il volo per tornare a Tokyo tra quattro ore. Non ci avrebbe mollati più -.

La ragazza gli sfregò il naso contro la curva della mascella: - Ti mancherà, questo posto? E anche Kaede e gli altri - gli chiese, improvvisamente rammaricata.

- Umh... un po' sì, lo ammetto. Però ehi, non li sto mica abbandonando per sempre! Mi avranno ancora tra i piedi, qualche mese l'anno. E poi non mi sto di certo trasferendo in Africa, solo in Honshu! Ed esistono gli aerei, come sai, a cui noi, ormai, siamo quasi abbonati! - scherzò.

Era stato difficile, stare con Kagome, essendo così lontani.

Tuttavia, benché fosse molto più distante territorialmente di quanto all'epoca non fosse stata Kikyo, a differenza di quest'ultima, Kagome si era impegnata strenuamente nel non fargli pesare la lontananza.

Ad ogni occasione buona faceva di tutto per andare da lui, mettendo da parte i soldi per il viaggio invece di spenderli in cose inutili.

Finita la stagione sciistica, poi, era InuYasha a volare a Tokyo, non appena la sua presenza in hotel non fosse stata necessaria.

Seppur con fatica, avevano retto.

Il periodo più difficoltoso era stato sicuramente l'inizio, ma Kagome aveva escogitato un bello stratagemma per avere un motivo per vedersi, prendendo spunto dalla catenina che lui le aveva riportato.

Ad ogni arrivederci, uno dei due lasciava all'altro qualcosa che gli apparteneva, una sciarpa, un maglione, una camicia, per avere la scusa di tornare a riprendersela. E per avere anche qualcosa dell’altro che tenesse loro compagnia nei momenti in cui la nostalgia si faceva sentire e parlarsi per telefono, rigorosamente tutti i giorni, non bastava più.

Era passato un anno e due mesi, da quel capodanno.

Nel frattempo la ragazza si era laureata nell’aprile di quell’anno, prendendo poi in considerazione di essere lei a trasferirsi in Hokkaido, ma InuYasha era stato categorico.

Non gli avrebbe fatto male, cambiare aria e rimettersi in gioco. Dopo tutto, lui non aveva nessuno in Hokkaido, solo Kaede. Al contrario, se fosse stata Kagome a trasferirsi, avrebbe dovuto separarsi da amici e parenti.

- Sei sicuro? – gli aveva chiesto preoccupata la ragazza – A Tokyo non puoi di certo continuare a fare il maestro di sci. Non mi va che tu abbandoni una carriera sicura per…-.

- Frena, frena. Guarda che non so fare solo quello, eh? E poi non abbandono un cavolo! Se per te va bene, posso comunque fare la stagione fino a febbraio, sei mesi là e sei a Tokyo. Anche stando in Hokkaido, da marzo a settembre non faccio di certo il maestro di sci! Aiutavo in albergo, nei mesi estivi! -.

La spinosa questione li fece tra l’altro litigare furiosamente, tanto ognuno si era impuntato sulla propria opinione: Kagome sosteneva fosse una follia, InuYasha voleva invece tentare.

Inaspettatamente la diatriba aveva avuto un punto di svolta alcuni mesi prima, quando il professore di giornalismo di Kagome aveva contattato l’ormai ex allieva, proponendole un incarico: la moglie gestiva una piccola redazione che si occupava di riviste a tema enogastronomico, culturale e geografico e stava cercando un nuovo stagista, che fosse disposto ad occuparsi della rubrica riguardante le località turistiche del Giappone.

Ed ecco la soluzione: durante i mesi invernali, Kagome ed InuYasha sarebbero tornati in Hokkaido e, mentre lui svolgeva le sue solite mansioni da maestro di sci, lei si sarebbe occupata di visitare pian piano i vari luoghi di interesse della regione, raccogliendo informazioni su turismo, tradizioni e gastronomia.

Per scrivere un articolo, bastava disporre di un computer, no? Non necessariamente avrebbe dovuto essere fisicamente in redazione.

Di contro, durante il resto dell’anno, InuYasha avrebbe potuto tranquillamente trovare dei lavoretti o accompagnare la sua ragazza in giro per il resto del Giappone.

Era una sfacchinata, se ne rendevano conto, e non avrebbe nemmeno potuto essere una soluzione a lungo termine. Però meglio di niente e poteva funzionare, per il momento!

La ragazza si riscosse, sentendo il giovane baciarle pigramente una spalla nuda e sussultò quando lui la morse appena, come per dispetto.

- Ahia! Cannibale! Se hai fame, guarda che la colazione è lì davanti – si lamentò, facendolo ridere.

- Spicciati a mangiare, pigrona! Di questo passo non ci muoveremo più da qui! – rispose di InuYasha, prima di ficcarle in bocca una fetta di pane tostato.

Nonostante le pessimistiche previsioni del ragazzo, in mezz’ora lei fu pronta ad uscire.

- Ecco fatto. Pronti a partire – annunciò il mezzodemone dopo aver chiuso per bene lo chalet e mettendosi in spalla i due borsoni con gli effetti personali di entrambi.

Kagome finì di stiracchiarsi, godendosi i raggi del sole di quella mattina di inizio marzo.

- Dai, bradipo! Datti una mossa – la punzecchiò InuYasha, già avanti di una decina di passi – Occhio che stanotte ha ghiacciato. Attenta a non scivolare – la avvisò.

- Ehi! Aspettam-ouch! Ahia!! Che botta! – borbottò la ragazza che, ovviamente, era già scivolata dopo tre passi.

- Santa pazienza! – ridacchiò il ragazzo, tornando indietro – Tutto bene, miss equilibrio?– le domandò – Hai preso una bella sederata, eh? -.

La giovane lo guardò truce, rialzandosi da sola.
Nel breve spazio di un altro passo però sarebbe caduta di nuovo, se non si fosse prontamente aggrappata al ragazzo ancora di fronte a lei.

- E tu avevi preso in considerazione l’idea di trasferirti stabilmente qui? Feh! Nel giro di due settimane saresti finita in ospedale con una gamba rotta, ci scommetto! – ironizzò InuYasha.

- Uffa!! – pigolò lamentosa Kagome, affondando il volto nel giubbotto di lui, rilassandosi e sospirando rinfrancata quando lo sentì percorrerle la schiena in una carezza lenta.

- Dai, mio piccolo disastro ambulante, resta attaccata al mio braccio – le sorrise il mezzodemone, iniziando a percorrere il declivio che li avrebbe portati all’albergo.

- Piano, InuYasha. Rallenta! Non riesco a starti dietro se cammini così veloce – lo ammonì la ragazza.

- Lamentona imbranata! – borbottò lui.

- Che?!? Smettila, antipatico! – gli rispose.

- Uff, ma come ho fatto a mettermi insieme ad una simile acida! -.

- Come?!? Borbottone borioso! -.

- Confettino permaloso! -.

- Mezodemone impossibile! -.

- Ragazzina piagnona! -.

- Aahhh! Ti detesto! – sbottò infine Kagome, staccandosi da lui e precedendolo.

- Ed io ti amo, pensa un po’! – disse a voce alta InuYasha, facendola sussultare.

 Con le guance arroventate ed un ampissimo sorriso, la ragazza bloccò l'epiteto successivo già pronto ad uscire, per rispondergli invece “Ti amo anch’io”, girandosi di scatto.

Troppo di scatto però.

- Ahi!!! Porca miseriaaa! Dannata montagna!! – gridò, dopo essere caduta di nuovo.

- Ahahahahaha! Ci avrei giurato! – rise di cuore l’altro.

E continuarono così, tra cadute, punzecchiamenti e risate fino alla fine della discesa.







 


* questo è il tragitto di un treno diurno da Tokyo per l’Hokkaido. Non sono riuscita a reperire le informazioni di viaggio in senso inverso, scusate! ^^’’’’ facciamo finta che sia lo stesso percorso, eh?
Da Tokyo si prende lo Shinkansen, linea Tohoku fino alla stazione di Shin-Aomori. Il viaggio dura circa 3 ore e mezza.
Dalla città di Aomori si prende poi il treno JR Hakucho Limited express fino ad Hakodate, città situata all’estremo sud dell’isola di Hokkaido. E sono altre 2 ore.
Poi ancora il treno JR Hokuto limited express fino a Sapporo (3 ore e mezza)
Da Sapporo a Furano… in macchina dovrebbero essere due ore e 35 ^^’
Ci sono poi i treni notturni che, dalla stazione di Ueno a Tokyo arrivano a Sapporo ma non sono più di un paio al giorno. E le ore di viaggio diventano 16/17 e costa circa 27000 Yen, contro i circa 23000 dell’opzione diurna.
Capirete che l’opzione migliore rimane l’aereo che costa di più, ovviamente, (sui 36000 Yen) ma almeno in circa 90 minuti, da Narita (prefettura di Chiba) si arriva a Sapporo!


** Come saprete, in Giappone, Natale e Capodanno sono festività importate a seguito dell’adozione del calendario gregoriano, introdotto in Giappone per volontà dell’imperatore Meiji. Ed è proprio in conseguenza all’introduzione di tale calendario dal 1873, che il primo giorno dell’anno viene celebrato il primo Gennaio. Negli anni antecedenti all’era Meiji, il capodanno giapponese seguiva la datazione del calendario cinese.

http://blog.zingarate.com/viveretokyo/come-celebrano-le-festivita-natalizie-e-il-capodanno-i-giapponesi.html

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Capodanno_giapponese
   
 
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