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Autore: agatha    08/01/2016    4 recensioni
L’idea di base di questa storia è una trilogia, che approfondisce il personaggio di Loki sotto diversi aspetti. Il primo è la figura di Loki in qualità di “figlio”, dove ho cercato di dare spazio al suo rapporto con Frigga. La storia inizia dopo gli eventi di “Thor 2: The Dark World” anche se ci saranno dei piccoli cambiamenti rispetto ai film Marvel. A causa di una promessa, Loki si ritrova su Midgard contro il suo volere, vittima dello stessa situazione in cui aveva incastrato suo fratello Thor tempo prima. Ho cercato di mantenere, come nei film Marvel, un po’ di drammaticità ma anche di momenti ironici.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Loki piaceva la pioggia. Da quando si era svegliato aveva notato il cielo coperto da grossi nuvoloni di colore grigio scuro che promettevano acqua a volontà e così era stato. Dopo aver letto un po’ si era fatto una cioccolata e, con la tazza fumante tra le mani, era rimasto in piedi vicino alla finestra aperta, osservando l’orizzonte incurante dell’aria fredda che entrava. L’odore della pioggia era carico di malinconia e lui la inspirava a pieni polmoni. I suoi occhi guardavano le costruzioni midgardiane e cercavano di immaginarsi gli imponenti palazzi di Asgard. I rumori delle automobili erano fastidiosi e tutto gli parevano estraneo. Solo l’odore della pioggia era identico e gli era di consolazione.
Bevve un sorso di cioccolata e il liquido caldo scese giù per la gola, infondendogli un piacevole tepore nello stomaco. Capì allora quello di cui aveva bisogno, pur non volendo ammetterlo ad alta voce: aveva disperatamente voglia di un abbraccio, di sentirsi stringere e assaporare quel calore che sapeva portargli un senso di pace e di conforto nello smarrimento eterno che provava da sempre.
L’unica che aveva quel potere e l’aveva sempre avuto era Frigga.
Gli faceva male al cuore pensare a lei e soprattutto non poter avere sue notizie. Odino era stato contrariato di doverlo mandare in esilio su Midgard perché lo riteneva un grosso favore nei suoi confronti, ma se avesse saputo quanto lo faceva soffrire questa situazione, forse ne sarebbe stato compiaciuto.
 
Una figura che correva sul marciapiede, senza ombrello, attirò la sua attenzione e riconobbe la sua mortale che, evidentemente, stava dando sfoggio di quanto fosse sprovveduta visto che si stava facendo una doccia a cielo aperto. Rimase fermo di fronte alla finestra, senza che fosse rimasto turbato dallo spettacolo a cui aveva appena assistito e si volse solo quando sentì aprirsi la porta di ingresso.
“Che acquazzone, mamma mia” fu il commento di Beth mentre, ferma sul pianerottolo, si stava liberando degli indumenti fradici, comprese le scarpe, prima di entrare in casa.
“L’ombrello è stato inventato apposta per essere utilizzato in queste occasioni, o non lo sapevi?”
Beth storse le labbra in una smorfia di fronte a quella battuta scontata.
“Lo so benissimo, grazie – mormorò a denti stretti – purtroppo l’unico parcheggio che ho trovato era lontano da qui e l’ultima volta che l’ho usato ho scordato di rimetterlo in macchina. O restavo in auto ad aspettare il sereno, ma le previsioni danno pioggia per tutta la settimana, o correvo fino a qui. Ho scelto il minore dei mali”
Loki continuò a sorseggiare la sua cioccolata senza perdere di vista la mortale e approfittandone per osservare da sopra la tazza quell’inaspettato, seppur castigato, spogliarello. Beth si accorse, d’un tratto, di essere fissata e, per quanto fosse ancora vestita, si sentì vulnerabile di fronte a lui. Stava per fargli una battuta quando cominciò a starnutire a ripetizione e decise per una ritirata strategica e poco dignitosa fino alla propria camera.
 
Ci fu una cena molto tranquilla. Loki era ancora preda di quella sensazione di malinconia e solitudine e si era chiuso in un mutismo di cui Beth era stata grata dato che non avrebbe avuto la forza di contrastare il suo cinismo. Si sentiva spossata e probabilmente le stava venendo la febbre, dato che già non stava bene e aver preso tutta la pioggia le aveva dato il colpo di grazia. 
 
*
 
“Cos’hai?”
Beth trasalì, lasciando cadere a terra la compressa di aspirina, perché non si aspettava che lui fosse sveglio alle tre del mattino e sperava di farla franca e non farsi vedere in quello stato pietoso.
“Un infarto fra poco, se continui ad arrivare così all’improvviso e farmi spaventare”
Loki distese le labbra in un pigro sorrisetto di soddisfazione. Adorava cogliere in fallo le persone e, per fortuna, essere sulla terra non aveva sminuito questa sua capacità. Vide l’umana chinarsi, raccogliere qualcosa di bianco e ingoiarlo, bevendo subito dopo un lungo sorso d’acqua, dal bicchiere che teneva in mano. C’era qualcosa di strano nella ragazza, anche se non riusciva a capire cosa fosse.
“Che c’è?” lo aggredì Beth, sentendosi scrutata.
Gli occhi verdi di Loki erano quasi ipnotizzanti e avevano il potere di farla sentire sotto osservazione, come se lui volesse leggerle nei pensieri e nell’anima.
“Sei strana” commentò, inclinando appena il capo, come se avesse davanti un esperimento da studiare.
“Ho un po’ di febbre, non è niente. Torno a letto” rispose bruscamente, alzando il braccio per spostare Loki e passare. Quel movimento però le fece quasi perdere l’equilibrio, dato che le girava la testa e finì addosso a lui, che la sostenne prontamente senza il minimo sforzo.
“Non mi pare che questo si possa definire quasi niente” sottolineò calmo.
Beth puntellò i palmi delle mani contro il petto di Loki, cercando di scostarsi da lui. Quel suo tono così calmo era estremamente irritante.
“Ho la febbre, ho vomitato e mi gira la testa. Vuoi sapere altri particolari disgustosi?” sbottò esasperata e stufa da quell’interrogatorio.
“Morirai?”
Quella era l’ultima cosa che Beth si sarebbe aspettata di sentirsi dire da lui e riuscì ad ottenere l’effetto miracoloso di farla ridere per l’assurdità di quella domanda, fatta con lo stesso tono con cui avrebbe potuto chiederle se voleva un fazzoletto. Iniziò a ridere stupidamente e le mani, che prima si puntellavano per staccarsi da lui, erano appoggiate e, con tutto il busto, lei si era sporta, appoggiandosi a quel corpo solido.
 
Loki corrugò la fronte assistendo a quello strano spettacolo. Prima l’umana stava male e ora sembrava essere così felice da non smettere di ridere. Era tutto assurdo. In mezzo a questi pensieri però, non poteva fare a meno di notare il contatto fra di loro, come lei si appoggiasse tranquillamente  in un atteggiamento di fiducia. Concentrato in queste riflessioni, non si era accorto che Beth aveva gradatamente smesso di ridere e gli aveva appoggiato la fronte tra il collo e la spalla, a contatto con la pelle non coperta dalla maglietta.
“Sei freddo” aveva mormorato.
Quelle due semplici parole lo fecero irrigidire. Era la sua natura avere una temperatura corporea più bassa del normale, era il suo retaggio dell’essere un Gigante di Ghiaccio e non gli piaceva che venisse sottolineato in maniera palese, soprattutto da un’umana.
“Sei meravigliosamente freddo” continuò Beth, all’oscuro dei pensieri che agitavano l’animo di Loki.
“Davvero?” aveva domandato, senza accorgersene, con una punta di stupore.
“Sarà perché ho la febbre. Sei un fantastico sollievo, anche meglio della borsa del ghiaccio”
“Se volevi farmi un complimenti sei stata pessima, sappilo”
“Scusa” mormorò lei, continuando a tenere la fronte premuta contro di lui.
 
Il dio dell’inganno sapeva che la cosa migliore da fare era scostarla da lui, accompagnarla fino al suo letto e lasciare che si arrangiasse da sola. Lui non era un guaritore e non ne sapeva nulla di malattie umane. Su Asgard non esistevano per fortuna, ulteriore segno di come fossero più evoluti ed elevati di grado. Eppure non riusciva a decidersi a mettere in atto quel piano. Qualcosa, dentro di sé, gli diceva di non lasciarla andare, di non spezzare quella strana sensazione che stava provando. Dopo qualche secondo, in cui aveva trattenuto il fiato senza accorgersene, sbuffò stancamente mentre la battaglia nel suo animo, su cosa fare, volgeva al termine. Aveva ancora le mani che le tenevano gli avambracci, serrò la presa e la condusse verso il divano.
“Vieni” le ordinò come se si stesse rivolgendo ad un bambino.
Loki si sedette sul divano e aiutò Beth a fare altrettanto e poi afferrò le gambe della ragazza, adagiandosele in grembo, in modo che lei fosse voltata e appoggiata contro di lui.
Elizabeth si adattò docilmente a quella posizione. Era veramente stanca e sentirsi accudita, provare la sensazione di qualcuno che si stava occupando di lei era così bella che non volevo fare nulla per rovinare quel momento. Si appoggiò a Loki, chiudendo gli occhi, e ascoltando il battito regolare del suo cuore.
“Sei sempre viva?” domandò lui, questa volta per prenderla in giro.
“Non ho intenzione di morire nella prossima ora e perdermi tutto questo”
Beth si accorse, con ritardo, che la febbre la stava rendendo troppo chiacchierona, non avrebbe mai dovuto confidargli che stava bene in quel momento, quasi abbracciata a lui. Loki aveva una considerazione di sé fin troppo elevata, senza che lei contribuisse a renderla ancora più sconfinata.
“Intendevo dire che mi dai sollievo dalla febbre” cercò di giustificarsi, anche se sembrava un ulteriore complimento.
Loki restò in silenzio, una mano era appoggiata sul polpaccio di Beth e l’altra passava intorno alla schiena di lei, ma toccava il bracciolo del divano.
“Sono più freddo perché sono un Gigante di Ghiaccio” le confessò a bassa voce, come se stesse raccontando una fiaba. Nemmeno lui sapeva bene perché avesse detto quelle parole, perché stesse raccontando qualcosa di sé ad un’umana che non poteva comprendere. Forse era la stanchezza, quella strana intimità nella calma della notte o la voglia di non tenersi tutto dentro, dopo aver trovato qualcuno che non l’aveva guardato con ribrezzo per la sua naturale “freddezza”.
“Davvero?”
Beth non stava realmente ascoltando o, più semplicemente, non pensava che lui le stesse raccontando la verità. Fu questa consapevolezza a farlo continuare.
“I Giganti di Ghiaccio risiedono sul pianeta di Jotunheim, una landa desolata e fredda. Mi avevano condannato a morte perché non ero forte come loro, non ero degno di essere uno di loro ma poi Odino mi ha salv… - Loki si interruppe, facendo una smorfia dato che quella parola non era esattamente corretta – mi ha portato via, facendomi crescere ad Asgard”
“Non era bella questa Asgard?”
“Come?”
Loki si era perso a ricordare il passato, quasi dimenticandosi di avere un’ascoltatrice che, a quanto pare, riusciva a fargli le domande che più odiava sentirsi rivolgere. Si prese tutto il tempo prima di rispondere.
“Asgard è la perfezione. E’ il centro di tutti i Nove Mondi, elegante e superba nelle costruzioni. Il pianeta degno di un sovrano”
“E Jotun… l’altro?”
“E’ una terra desolata, spazzata da venti gelidi, composta solo di rocce e ghiaccio”
Beth si passò la lingua sulle labbra asciutte mentre cercava di seguire il racconto di Loki.
“Quindi sei stato fortunato ad essere stato portato via”
Loki guardava davanti a sé, ricordando il giorno in cui aveva scoperto che la verità sulla sua nascita, con la rivelazione che era stato condannato a morire neonato perché ripudiato dalla sua stessa famiglia, ritenuto indegno.
Sarebbe stata preferibile la morte?
No, perché lui voleva vivere. Ma non voleva affrontare quell’argomento, non voleva provare a capire le motivazioni di Odino, né provare un briciolo di gratitudine perché l’aveva salvato. Preferiva ignorare certe riflessioni.
“Non dovresti essere alto almeno 3 metri per essere un gigante?”
La sua mortale cominciava a essere fastidiosa. Quando uno era ferito di solito stava in silenzio, non continuava a fare domande inopportune come lei. Loki non si accorse di averla definita “sua”.
“Non ho nemmeno la pelle blu e gli occhi rossi se è per questo, tranne in casi particolari”
Beth si puntellò con una mano sul petto del dio, per guardarlo negli occhi, come se volesse controllare che non fosse effettivamente diventato di quei colori. Lui si sentì scrutato ma non distolse lo sguardo, controllando a sua volta se l’espressione di lei fosse inorridita o schifata da quanto le aveva raccontato.
“Gli occhi rossi stonano terribilmente. Ci vorrebbe un bianco ghiaccio, sarebbe molto più in sintonia” dichiarò seria.
“Questo è tutto quello che mi sai dire? Di tutte le cose importanti che ti ho raccontato, l’unica degna di nota è il colore che stride?” le rispose in tono un po’ aggressivo, come se si sentisse offeso.
“Era una battuta. Giudichi una persona dal colore della pelle? Io no, o almeno ci provo. C’è tanta gente che pur essendo normale, o bella, sa essere molto crudele, come mia madre. Non è l’uguaglianza esteriore a fare la differenza. Anche se, sono contenta che tu non sia blu” confessò alla fine.
La stanchezza l’aveva resa meno diffidente e incline ad esternare dei pensieri che, da lucida, si sarebbe tenuta per sé, ma l’atmosfera silenziosa e intima sembrava invogliare certi discorsi.
“Come mai? Mi avresti preferito di un altro colore che stesse bene con il bianco ghiaccio?” le domandò con un tono pieno di ironia.
“No, semplicemente mi piace il pallore della tua pelle – mentre lo diceva, alzò una mano e con l’indice percorse il contorno del viso di Loki, dalla fronte fino alla guancia – e il contrasto che fa con i capelli scuri”
L’asgardiano si bloccò, sorpreso da quel contatto inaspettato. Di solito preferiva tenere le distanze da chiunque ma quel tocco delicato gli piaceva ed era curioso di vedere cos’avrebbe combinato la mortale.
“Tutto qui?” la sfidò per spingerla a continuare.
Inaspettatamente la situazione aveva preso una piega imprevista, ma interessante. I complimenti solleticavano il suo ego e negli ultimi tempi non ne aveva quasi ricevuti, i suoi nemici preferivano combattere o cercare di ucciderlo purtroppo.
 
“I tuoi occhi sono…”
“Verdi? – sussurrò lui – oppure stonano terribilmente?” le fece il verso, ricordando il suo commento di poco prima.
Beth sospirò piano, sempre guardandolo e scosse il capo.
“Sono magnetici e ipnotizzanti”
Loki si concesse un sorrisetto soddisfatto, completamente d’accordo con quelle descrizioni. Era nella sua natura ammaliare e ingannare le persone, manipolandole a proprio piacimento e se anche una mortale riconosceva quel potere nel suo sguardo non poteva che esserne compiaciuto.
Si stava ancora crogiolando in quelle riflessioni quando, inaspettatamente, Beth si sporse verso di lui e, dopo avergli appoggiato le dita sulla guancia destra, lo fece gentilmente voltare verso di lei e gli sfiorò le labbra per un fuggevole bacio. Durò solo qualche secondo e poi la ragazza si staccò, rimanendo però a pochi centimetri dal viso del dio.
“Sai di buono” sussurrò con voce roca, prima di rimettersi accoccolata contro il suo petto e chiudere gli occhi.
 
Loki inarcò le sopracciglia mentre realizzava che la mortale gli aveva rubato un piccolo bacio. Si passò la lingua sulle labbra, ricordando il complimento di avere un buon sapore. Forse lo aveva anche lei ma era stato tutto così fuggevole che gli era mancato il tempo di accorgersene. Il respiro regolare e profondo dell’umana sottolineava come si fosse ormai addormentata. Non gli restava che spostarla per poter tornare a dormire ma il suo corpo non si decideva a muoversi e il motivo gli era ben chiaro. La mortale si era abbandonata contro di lui e, senza che se ne fosse accorto, aveva spostato le braccia in modo da tenerlo stretto a sé. Era ironico che proprio poche ore prima stava riflettendo sul fatto che gli mancavano gli abbracci di sua madre e ora c’era una donna che lo stava stringendo. Non erano minimamente paragonabili i due gesti né l’emozione che gli suscitavano eppure stava provando lo stesso una sensazione di conforto, di calore che gli scaldava la pelle e lo stava facendo rilassare. Si mosse piano per trovare una posizione più comoda e sollevò le braccia, non sapendo come metterle. La soluzione più naturale era appoggiarle intorno alla mortale e così fece dopo un momento di esitazione. Si ritrovò a chiudere gli occhi e addormentarsi quasi senza accorgersene, appoggiando la guancia sulla testa della mortale.
  
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