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Autore: Nerhs    08/01/2016    1 recensioni
"E' stato solo un angelo che ha sfiorato le mie labbra"
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«Io non volevo deluderti Cal. Cosa posso darti? Sarebbe tutta un'immensa bugia»
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Day 8

                                                 Musica: Ludovico Einaudi – Lady Labyrinth

Non mi erano mai piaciuti i funerali.
Quando avevo sette anni, mia nonna trascinò me e mia cugina al funerale di una sua vecchia collega di lavoro. Mi guardavo intorno e tutto ciò che vedevo era gente disperata, che era sull’orlo di strapparsi i capelli e piangere tutte le lacrime che avevano in corpo. Non era decisamente stato uno dei miei giorni preferiti, quello lì. Vedere la gente triste non faceva proprio per me. Soprattutto se la gente era triste per causa mia.

Mi poggiai contro lo stipite dell’arcata che divideva il salotto dalla cucina della mia vecchia casa, assistendo ai miei genitori che borbottavano tra loro, mentre si sistemavano i vestiti completamente neri. Ci fu un attimo di silenzio, poi mio padre cambiò stanza e si lasciò cadere affranto sul divano, prendendosi la testa tra le mani. Mia madre perse il coraggio di andarlo a consolare, e restò pietrificata a qualche passo da me.

«Non avrei mai pensato di dover seppellire mia figlia» pianse forte
«D-dobbiamo essere forti, per lei. Sicuramente sarà in un posto migliore, e vorrebbe che noi lo fossimo…»

Mia madre si asciugò le lacrime, era sempre stata lei quella decisa e forte nella famiglia. Sapeva prendere in mano le redini della situazione e risolvere tutto al meglio. Sarei voluta essere lì, solo per darle un ultimo abbraccio, o comunque farle sapere che ci sarei sempre stata.
Si girò e afferrò la propria borsa, se la mise sotto braccio e spronò mio papà ad alzarsi. Uscii insieme a loro e seguii la loro macchina fino alla chiesa.
So di essere sempre stata un po’ strana, ma penso che un po’ tutti alla fine siano un po’ matti. Capita a volte di pensare al proprio funerale, a quanta gente ci sarà, quanti saranno lì a ricordarci, come ci ricorderanno. A me era capitato, pensarci, così per gioco.
Non mi sarei mai aspettata di vedere tutta quella gente fuori dalla chiesa.
Quando arrivai mi guardai intorno ed intercettai facce amiche e sconosciute. I miei genitori si fecero spazio tra la folla ed entrarono nella struttura, fermandosi di tanto in tanto per ricevere delle condoglianze.
Li seguii dentro e pian piano le panche iniziarono ad affollarsi. Iniziai a camminare avanti e indietro, trovando poi il parroco con cui ero cresciuta, colui che mi aveva vista diventare grande, piangere come un bambino. Quando vide arrivare la bara di legno, si alzò e si ricompose e salì sull’altare.
Mi sedetti ai piedi di una colonna di marmo e ascoltai ogni parola del mio funerale.
Sembrava di non essere lì. Le parole che ogni persona pronunciava tra le lacrime, non sembravano riferite a me, ma a qualcun altro. Abbracciai le mie ginocchia quando cominciò il momento delle commemorazioni. I miei genitori stettero seduti a fissare la bara che occupava qualche metro della navata centrale. Era decorata con tante margherite, i miei fiori preferiti. C’era anche una mia foto sopra, sembravo così piccola lì. Nel mio campo visivo poi, apparvero le mie migliori amiche. Passarono accanto alla bara e lasciarono un bacio. Chloe e Sam passarono oltre, mentre Anna si soffermò un po’ di più. Lei era quella sorella che non avevo mai avuto e averla lasciata così, mi faceva male al cuore. Vidi la sofferenza nei suoi occhi, mentre le mie amiche la prendevano per le spalle e la trascinavano via. Si sistemarono sull’altare e Chloe tirò fuori un foglio stropicciato. Iniziò a leggere le prime righe e poi un singhiozzo la costrinse a fermarsi. Lei era sempre stata quella più indipendente tra le quattro, quella dura e spesso fredda, e vederla in quelle condizioni per causa mia, mi lacerò. Tutte quelle persone erano tristi a causa mia. Sam le passò una mano sulla spalla, e continuò a leggere lei. Mi ricordavano come una persona meravigliosa che io non mi sentivo di essere. Dicevano di volermi ricordare col sorriso, mentre loro piangevano per colpa mia.
Quando scesero, Anna si soffermò per poi iniziare un soliloquio sulla nostra lunghissima amicizia. Aveva un sorriso nervoso sulle labbra gonfie a causa del pianto. Tutta la chiesa ascoltava in silenzio le sue parole, che ricordavano i nostri momenti più belli.
Mia madre poi si alzò e l’abbracciò, per poi farla sedere accanto a se. Salirono poi per ricordarmi mia cugina e una delle mie tante zie. Raccontavano di una persona solare e amabile, intelligente e sveglia, che certamente non meritava di essere uccisa. Piangendo andarono via e quella posizione accovacciata che avevo assunto iniziava a darmi fastidio, quindi mi alzai. Il prete fece per parlare, ma una voce che conoscevo fin troppo bene , lo fermò urlando. Calum stava correndo lungo la navata, vestito tutto elegante, con dei jeans neri e una camicia dello stesso colore allacciata fino all’ultimo e una giacca che gli calzava a perfezione. Sorrisi nel vederlo così. Salì sull’altare nello stupore generale e prese il piccolo microfono fisso e si guardò intorno. Quando incrociò il mio sguardo stupito, sorrise e andò avanti.

«Si, ecco, emh, vi starete chiedendo chi io sia, beh, io mi chiamo Calum ed ero un…un amico di Pi-emh Clarisse, ero un amico di Clarisse. Io non l’ho conosciuta nel migliore dei modi e credetemi, avrei voluto conoscerla in circostanze ben diverse, ma lei era ed è molto importante per me. Ecco, lei mi ha fatto capire cose che io prima non capivo e mi ha trascinato via dal baratro in cui ero caduto – si girò verso di me e continuò, guardandomi dritta negli occhi- Non meritava ciò. E probabilmente la colpa è solo mia. Voglio dire…nulla, nulla. Solo, sappiate che lei è sempre qui, lei è ancora qua. La sento, la sua presenza è fondamentale per me. E ora lei non vorrebbe vedervi così, lo giuro. Solo, ricordatela bella e sorridente come è sempre stata, perché, vi giuro, che lei è ancora così» sorrise in generale e si asciugò l’unica lacrima che gli colava sul volto e poi baciò la mia foto che si trovava sulla bara e poi si allontanò, e si fermò alla fine della navata, per assistere al continuo della messa.
Sorrisi fino alla fine, lo stupore di tutti mi faceva ridere. Si stavano tutti chiedendo ancora chi fosse.
Verso la fine della funzione, qualcuno mi toccò il braccio, e spaventata mi voltai velocemente. Era Ashton che sorrideva. Mi passò una mano tra i capelli e mi strinse a se, molto forte, baciandomi il collo e ripetendomi all’infinito che lui era lì con me.

  
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