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Autore: VV_23    08/01/2016    5 recensioni
"Aveva parlato al plurale. Aveva sottinteso un noi. Un minuto prima ero sola, apatica, pronta ad accogliere la morte in ogni istante. Lui, con una semplice parola, aveva reso di nuovo possibile ipotizzare di riaccogliere la vita"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Paint'
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Noi VII

               Capitolo VII


Passano i giorni, e tutto procede con una serenità insperata, puntellata da episodi che riusciamo a gestire meglio: ogni tanto Peeta si isola nel suo mondo e ritorna nella sua casa per dipingere ed allontanare da me le sue crisi; le notti sono spesso occupate dagli incubi, ma Peeta adesso mi stringe ancora più forte – “Così non mi colpirai più!” mi ha detto scherzoso la notte dei quadri, facendo affondare il mio viso sul suo petto e intrecciando entrambe le mani tra i miei capelli – e doma i miei brutti sogni con parole rassicuranti e carezze che accendono tutti i miei nervi. Mi posa le labbra su tutto il viso, in baci leggeri come ali di farfalla, ma non arriva mai alla bocca, come se fosse un azzardo troppo grande. Ancora una volta mi sento divisa tra la mia parte razionale – che sa di non avere alcun diritto di sentirsi offesa da questo suo atteggiamento, ricordandomi continuamente che  noi non siamo una coppia in quel senso – e la parte di me adolescente, che, dopo essersi espressa con tanta gelosia qualche settimana fa, si palesa di nuovo, mettendo in piazza tutta la sua insicurezza. Inizio a pensare che, forse, non gli piaccio più come un tempo – in fondo l'ha detto lui, prima che passassimo la prima notte insieme, che non sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti – e che magari, realizzando che non sono bella come nei quadri che mi ritraggono, ha perso interesse per me. Dovrei accettare definitivamente l'idea che passeremo la vita a sostenerci, a superare i brutti momenti che verranno, a proteggerci a vicenda, senza pretendere niente di più; che poi, forse, questo di più, non potremmo nemmeno sostenerlo. Abbiamo affrontato troppa bruttezza in questo mondo, siamo stati spezzato troppo a fondo, per pensare di provare e vivere sentimenti romantici. Eppure, alle volte, lo sorprendo a guardarmi con occhi quasi adoranti, e sorridermi con una dolcezza tale da mettere in dubbio – e in subbuglio – tutti i miei pensieri.

La panetteria ormai è stata completata. Peeta guarda con orgoglio i muri spessi, le diverse sale, e la sua mente creativa sa già esattamente come dovrà apparire quando sarà aperta al pubblico. Vengono ordinati tutti i macchinari, mentre ci dedichiamo a quella che è la sua parte preferita, ossia ridipingere le pareti. I colori che sceglie vanno dal giallo tenue a quell'arancione tanto simile al tramonto, ed è con entusiasmo quasi infantile che dà la prima passata di pennello sulla parete della sala delle vendite, tra gli applausi di tutti i ragazzi che hanno lavorato a questo progetto. Ci dividiamo le stanze da pitturare: parte di noi vanno al piano superiore, dove c'è il piccolo appartamento funzionale ai giorni di maggiore lavoro; tre dei ragazzi si dedicano alla sala forno e al deposito, mentre io e Peeta rimaniamo soli nella sala principale. Iniziamo a pitturare ognuno la sua parete in silenzio, rilassandoci nel sentire lo strusciare del pennello e il gocciolare della tinta nel secchio, e mi sembra di capire un po' di più Peeta e il suo modo variopinto di affrontare le proprie angosce. Mentre penso distrattamente a questa nuova empatia col ragazzo del pane, ad un tratto sento la sua presenza alle mie spalle, e mi volto: sta osservando la parete con sguardo critico.
“Che c'è?” balbetto appena, e mi rendo conto di essere già sulla difensiva. “Non va bene?”.
“Mh...” mugugna appena lui, piegando di lato la testa. Io m'infiammo in un secondo.
“Senti, non è che va proprio bene quest'atteggiamento!! Non ho mai pitturato niente in vita mia, prima d'ora!” sbotto infastidita dalla sua supponenza. Lui mi guarda serio per qualche secondo, poi scoppia a ridere divertito, al punto che deve portarsi le mani alla pancia.
“Katniss, stavo scherzando!!” dice, tra le risate. Io avvampo. “La parete va benissimo, e poi è solo la prima mano!! Certo che sei permalosetta, eh!!”.
Lo guardo ridere, allegro come non era da troppo tempo, e non riesco a sentirmi offesa per la sua presa in giro. Come potrei, quando i suoi occhi sono tanto accesi da illuminare l'intera stanza?
Senza riflettere, prendo il pennello carico di tinta arancione e in un attimo glielo passo sulla maglia, lasciandogli una striscia di colore obliqua su tutto il torace. Lui mi guarda, con un sorriso stupefatto. Io lo sfido con lo sguardo.
“Così impari!” esclamo con una voce infantile e dispettosa che non riconosco come mia, e di sicuro la mia espressione somiglia più a quella di una bambina capricciosa che a una diciottenne. Non ho il tempo di scappare che lui mi ha già acchiappata per un braccio e spalmato il suo pennello sul collo: da quel momento inizia una vera e propria lotta a colpi di colore, tra risate che mai avrei pensato di emettere o di sentire, nemmeno nei miei sogni più rosei. Per la prima volta in tutta la mia esistenza, sento di avere la mia età, di star vivendo i miei anni, di starmi godendo questi ultimi strascichi di un'adolescenza che non ho mai avuto. E mentre rido, mi sento semplicemente felice. Conserverò il ricordo di questo momento per sempre, penso distrattamente quando mi arrendo alla forza di Peeta, e lo guardo nei suoi occhi sorridenti. Ormai siamo completamente arancioni – sento la tinta fredda sul naso, mentre i suoi capelli somigliano straordinariamente alla parrucca di Effie – quando mi ritrovo stretta tra le sue braccia, con ancora il pennello a fare da spartiacque tra noi due. Ci fissiamo negli occhi, e il sorriso allegro alberga ancora sulle sue labbra mentre mi passa un dito sul naso, raccogliendo parte della tinta. È un tocco così semplice, ma così intimo, che mi sento sciogliere nel suo abbraccio e ricambio il suo sorriso. Vedo i suoi occhi brillare.
“Sei così bella...” mi dice all'improvviso “anche con la faccia arancione”.
Sbuffo appena, ma non perdo il sorriso, mentre la mia mente elabora il suo complimento e mette a tacere tutte le mie insicurezze. Il suo sguardo si fa intenso, mentre sposta la sua mano sulla mia guancia. Avverto appena il rumore, attutito dalla carta di giornale, dei nostri pennelli che cadono a terra, mentre col pollice mi accarezza lentamente il labbro inferiore. Sento che il mio corpo è pervaso da uno strano languore, caldo e brividi si confondono sulla mia pelle, e le gambe sembrano molli. Non ho mai provato niente del genere.
“Katniss...” mormora con voce bassa, leggermente vibrante, mentre fissa la mia bocca. Rimane un attimo in silenzio e fa per avvicinarsi ancora di più; ma, prima che abbia il tempo di realizzare che sta accadendo, un'improvvisa incertezza gli fa aggrottare le sopracciglia e lo tiene a distanza dal mio viso. “Katniss, che cosa stiamo facendo?”.
Un lampo di lucidità passa per la mia mente annebbiata dall'odore di tinta fresca e dal profumo della pelle di Peeta. So che questa sua domanda sussurrata dovrebbe essere un campanello d'allarme per entrambi, dovrebbe avvisarci che siamo vicini a un punto di non ritorno, che stiamo portando all'estremo quella tensione che, ormai da giorni, c'è tra di noi – gli sguardi infuocati, le carezze distratte, le notti stretti in un unico caldo abbraccio. Ma i nostri corpi parlano una lingua completamente diversa, i suoi occhi persi in venerazione sulle mie labbra, la mia mano che si è posata sul suo petto senza che quasi me ne accorgessi, finché non ho sentito il battito accelerato del suo cuore.
“Non...non lo so” ammetto, e sento nella mia voce la stessa vibrazione che ho udito nella sua. Mi guarda negli occhi, mi sento mancare il fiato, e realizzo che forse non sappiamo bene che nome dare a tutto questo, ma di certo è qualcosa che non è possibile sottovalutare – né, tantomeno, a cui vogliamo rinunciare. Non in questo momento, in cui siamo così vicini da condividere la stessa aria, in cui ci sentiamo così giovani.
La sua mano scende sul mio collo, ed emetto un breve sospiro, emozionata come non pensavo mai nella vita. Peeta si avvicina a me, lentamente, e chiude gli occhi mentre un respiro tremulo sfugge dalle sue labbra per infrangersi sulle mie. Brividi puri mi attraversano tutta, smetto completamente di ragionare, mentre mi ritrovo a chiudere gli occhi a mia volta. Tutto assume un nuovo significato quando, dopo mesi di lontananza, le nostre bocche si ritrovano. Ed è tutto diverso, perché non ci sono telecamere o morti o pericoli imminenti.
È come se fosse un altro primo bacio. Tremante. Incerto.
E poi caldo, morbido, dolce, quando assapora delicatamente il mio labbro inferiore; forte, intimo, pieno, quando sento la sua lingua sulla mia; profondo, complice, passionale, quando, una mano possessiva sulla schiena e l'altra artigliata alla nuca, mi piega appena la testa di lato, per affondare meglio lì dove vuole arrivare, toccare i miei denti, mordermi appena le labbra con i suoi. Un suono finora sconosciuto, un gemito – suo, mio, impossibile saperlo – e le mie mani si aggrappano alle sue spalle per avvicinarlo ancora di più a me. Ci separiamo solo quel tanto che basta per prendere aria: con le fronti unite, quando solleva le palpebre ho la visuale privilegiata dei suoi occhi azzurri, che si sono fatti liquidi dal languore, e so senza saperlo che sono lo specchio perfetto del mio sguardo.
Un sospiro profondo – e straordinariamente soddisfatto – mi sfugge dalle labbra, e lui sorride, a metà tra il malizioso e il sereno.
“Già” mi dice, e mi ritrovo a sorridere anche io, sentendomi leggera come una piuma.
Restiamo in quella posizione ancora un paio di secondi, quando qualcuno lo chiama dalla porta che dà al laboratorio. Ci voltiamo ed è Asia, che ci guarda accigliata, tentando invano di far finta di non notare le nostre condizioni. L'orgoglio adolescenziale che mi monta dentro quando realizzo che ha capito benissimo cosa stavamo facendo riesce a inibire persino l'imbarazzo di esser stata colta con le mani nel sacco. Gli chiede di andare a supervisionare le altre stanze, e ci dà le spalle indispettita. Peeta si volta ancora verso di me, un sorriso divertito e gli occhi scintillanti, e mi lascia un altro bacio rapido sulle labbra, prima di allontanarsi. Io, intanto, non sento che un rimescolare di viscere dentro di me, mentre mi porto una mano alla bocca.

Lasciamo la panetteria poco dopo, e Peeta ci mette meno di un secondo ad afferrare la mia mano e intrecciare le nostre dita. È completamente incurante degli sguardi che qualcuno ci lancia; anzi, risponde a qualche saluto, senza mai perdere il suo sorriso, che non è solo di circostanza: è un sorriso sincero, puro, che raggiunge gli occhi e lo fa somigliare tanto al ragazzo brillante che aveva sempre la battuta pronta persino nelle situazioni peggiori. Io, invece, mi sento osservata e sotto pressione. Quella meravigliosa sensazione di leggerezza che mi aveva colta – quando le mie labbra erano ancora gonfie e arrossate da un bacio che era stato in grado di annullare tutto il resto – è completamente svanita, lasciando spazio all'inadeguatezza e al disagio. Tengo gli occhi bassi, lanciando di tanto in tanto uno sguardo circospetto intorno a me, cosa che immagino mi faccia sembrare un po' ridicola. Ma non posso farci niente: è come se mi sentissi addosso tutte le telecamere di Capitol City, è come se ci fosse ancora quel pubblico avido che gioiva nel trafficare nei miei affari personali. Vorrei sparire, diventare invisibile, o semplicemente raggiungere casa nel minor tempo possibile. Peeta mi lancia un'occhiata indecifrabile che dura solo un istante, poi torna a guardare davanti a sé, aumentando leggermente il passo e cingendomi le spalle con un braccio, come a proteggermi dal resto del mondo. Andrà tutto bene, mi dico, devo solo arrivare a casa.
Quando varchiamo la porta, però, mi allontano con troppa fretta dal corpo di Peeta, in un gesto che colpisce persino me stessa. Vedo che adesso lui mi guarda confuso, e mi sento presa da un vago malore.
“Mi...vado a fare una doccia” dice e io annuisco, ma non riesco a guardarlo in faccia. Che diamine ti prende? mi rimprovera una vocina nella mia testa, che non voglio ascoltare. Lo vedo sollevare una mano con l'intento di accarezzarmi, ma il suo braccio si ferma a metà strada, per poi tornare mesto sul suo fianco – e mi sento assurdamente sollevata per aver evitato questo semplice contatto fisico. Solo un paio di secondi, prima che lui lasci rapidamente la stanza.
E quando sono sola, con un freddo inesistente che ha preso possesso del mio corpo, affronto la realtà dei fatti. Il problema non è all'esterno: il problema, ancora una volta, sono io. Non si tratta solo dell'idea che qualcuno ci veda o si intrufoli un'altra volta nelle nostre vite. Quelle imposte che avrei voluto sbattere in faccia al pubblico di Capitol City durante la mia prima Arena, stavolta, le sto chiudendo a me stessa, non mettendo ordine nei miei sentimenti eppure cedendo a un bisogno che il mio corpo sembra aver accettato ben prima che lo facesse la mia testa. Perché, e me ne rendo conto solo adesso, io ho desiderato quel bacio. Ogni mattina, quando Peeta mi ha svegliato con dolcezza; ogni volta che sono arrivata al Distretto, quando, quasi per caso, mi ha regalato una carezza; ogni sera, quando mi ha stretto tra le sue braccia forti e mi ha sussurrato “Buonanotte”. Ho desiderato un suo bacio, nascondendo questo mio volere in un posto remotissimo del mio essere; l'ho agognato con ardore, l'ho aspettato silenziosamente eppure fermamente, con la stessa inconsapevole impazienza di una stupida principessa addormentata sulla torre, come se da esso ne dipendesse la mia esistenza. E, adesso che l'ho avuto – caldo e dolce e passionale, così come Peeta stesso – non so più cosa devo fare.



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Ok ok ok, non odiatemi, vi prego!!! So che sembra tutto molto crudele, ma lo sappiamo, no? che Katniss è fatta così! E sarò un po' sadica, ma devo ammettere che questo capitolo mi ha divertita abbastanza, perché sono una romanticona ma l'angst mi piace assai!! :p
Un milione di grazie a chi continua a seguire questa storia e a chi ha speso un minutino per recensirmi, mi state scrivendo parole bellissime che superano qualsiasi aspettativa, veramente!!!
A prestissimo!!! :)
VV**
  
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