Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Ilebar98    08/01/2016    3 recensioni
Anno 845. Città di Shiganshina. Ciel Phantomhive. Sebastian Michaelis.
Cooooosaaa??? Qua c'è qualquadra che non cosa.
Ebbene, sì: cosa succederebbe se ad un tratto Ciel e Sebby si svegliassero a Shiganshina, precisamente il giorno dell'attacco del gigante colossale? Come affronterà la coppia yaoi più shippata di sempre la nuova minaccia dei titani? L'impeccabilità di Sebastian avrà la meglio anche stavolta? Capitolo dopo capitolo i nostri paladini si avvicineranno sempre di più a scoprire il motivo che li ha condotti in quel luogo, conosceranno Eren, Mikasa, Armin e gli altri, e si uniranno con loro alla legione esplorativa.
Sono particolarmente motivata per questa cross-over, ho un sacco di idee che rimbalzano in testa, e se riceverò commenti positivi contribuirete a motivarmi ancora di più! *^* Che l'esoerimento abbia inizio, e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.RICONOSCENZA


Eren correva all’impazzata tra le macerie. Pensieri disconnessi si affollavano nella sua mente. Per la prima volta in vita sua, stava conoscendo cosa voleva dire avere veramente paura.
Non voglio morire
Non voglio morire
Non voglio morire…

Mikasa era dietro di lui, il respiro affannato. Immediatamente, si pentì di quella sua reazione così egoista: come poteva pensare di fuggire, lasciando indietro coloro che amava? Si diede del codardo. Non era da lui comportarsi in questo modo, e i tristi avvenimenti del passato dei due ragazzi potevano confermarlo.
Mikasa era stata adottata dalla sua famiglia, dopo che lui e suo padre, il dottor Grisha, venuti per una visita, avevano assistito scioccati a ciò che si era presentato loro agli occhi non appena avevano aperto la porta della dimora Ackermann. Entrambi i genitori di Mikasa giacevano a terra, in un lago di sangue, presentando profonde ferite di arma da taglio.
Mentre suo padre si era soffermato ad esaminare i corpi, Eren aveva proseguito nell’esplorazione della casa, e, in una stanza sul retro, vi aveva trovato la ragazzina, legata e semicosciente.
Gli aggressori erano ancora nell’abitacolo. Quando essi si erano accorti della sua presenza, la furia che teneva chiusa dentro si era scatenata, trasformandolo da ragazzino innocente a perfetto omicida.  E lui non aveva esitato nemmeno per un istante a impugnare un coltello e ficcarlo in profondità di quei luridi bastardi, che avevano appena distrutto una famiglia. Inevitabilmente, quando il terzo del gruppo lo aveva sollevato per strangolarlo, anche Mikasa aveva dovuto subire quella metamorfosi.
Perchè questo è un mondo estremamente crudele.
Solo i più forti possono permettersi di sopravvivere.

E lui in quel momento doveva esserlo. Per Mikasa, per la mamma, per suo padre… per tutti.
“Io li eliminerò dalla faccia della terra!! Dal primo all’ultimo!”
Un grido di rabbia impotente gli uscì dai polmoni, e con uno scatto, imboccò la via dove si trovava la sua casa… il luogo in cui era nato.
“Mamma! Sto venendo a salvarti, non preoccuparti!”
Carla Jager era intrappolata fra le travi crollate della piccola abitazione.
“Eren! Mikasa! Non pensate a me, scappate finchè siete in tempo!”
“No mamma! Non ce ne andremo senza di te!” replicò Eren, gli occhi lucidi dalla rabbia e dallo sforzo che stava compiendo per tentare di spostare almeno uno di quei dannatissimi pezzi di legno che le negavano ogni possibilità di fuga.
“ASCOLTAMI! NON POTRESTI FARE QUELLO CHE TI DICO ALMENO PRIMA CHE IO VENGA DIVORATA? Ti prego… ormai ho le gambe spezzate dalle macerie, anche se doveste riuscire a liberarmi sarei solo un peso!”
“Mamma!” Nemmeno con l’aiuto di Mikasa le travi accennavano a muoversi.
All’improvviso, il terreno attorno a loro tremò. Un passo. Due. Tre.
Dall’altro lato della via, un gigante guardava la scena con uno strano ghigno in faccia.
“No! Non adesso, maledizione!” imprecò Eren.
Non c’era tempo per pensare a qualcosa. O quelle travi si spostavano, o per loro non ci sarebbe stato scampo.
Il mostro si faceva sempre più vicino, bramando il suo succulento pasto, la bocca sporca di sangue, evidentemente a causa delle tristi vittime cadute nelle sue fauci.
“Eren! Mikasa! Fuggite e mettetevi in salvo!”. Carla tentò un’ultima volta di convincere i suoi figli ad andarsene da lì, ma i due erano determinati nel loro intento. Non se ne sarebbero andati senza di lei.
Ancora un passo del gigante, e sarebbero stai alla sua portata.
Proprio mentre questo stava per allungare la mano verso sua madre, successe qualcosa di incredibile, che sia lui che Mikasa non avrebbero dimenticato facilmente.
Un lampo corvino guizzò davanti ai loro occhi, per poi spostarsi agilmente dietro al gigante e tagliare di netto la carne sotto la sua nuca in profondità. La bestia, a causa del contraccolpo, cadde in avanti, rischiando di travolgerli tutti e tre se solo si fossero trovati un metro più in là.
Eren non riusciva a capire cosa fosse successo. L’unica cosa che distingueva in mezzo al vapore che emanava il cadavere ciclopico, era la sua smorfia di dolore, catturata al momento della morte.
Per qualche istante non vi fu che un silenzio assordante dettato dall’incredulità dei presenti; poi, una voce profonda emerse dalla nebbia.
“Spero che questo sia abbastanza per ripagarvi della scortesia di prima, e che nessuno di voi si sia fatto male”
Una figura slanciata, seguita da una più minuta al suo fianco, fecero la loro comparsa. Eren e Mikasa si guardarono attoniti: davanti ai loro occhi si ritrovavano quegli strani tizi che avevano incontrato poco prima dell’attacco!
“Sebastian, provvedi a liberare quella donna” disse il ragazzino con la benda sull’occhio.
“Subito, bocchan” asserì l’altro.
Lo spilungone si avvicinò con apprensione a Carla, che era sbalordita ma spaventata allo stesso tempo da quei lineamenti così perfetti, da quella pelle diafana e da quegli occhi cremisi, sui quali credette per un momento di aver visto passare l’ombra di un diavolo. Con un solo movimento del braccio destro, questi sollevò con sorprendente facilità, mantenendosi il più delicato possibile, la prima trave che imprigionava il corpo di Carla, per poi gettarla qualche metro più in là. Così fece anche con la seconda e con le macerie residue.
“Cielo, che disastro” sospirò infine, vedendo in che stato erano ridotte le gambe della donna. “Sembra si siano rotte entrambe. Purtroppo per questo non posso fare nulla, se non scortarvi in salvo fino all’interno del Wall Maria”
“Aspetta!” gridò Eren all’improvviso, facendo sobbalzare Mikasa. “Chi siete esattamente voi due? E perché ci avete aiutato? Ma soprattutto… come diamine hai fatto ad abbattere quel gigante?! Nemmeno i soldati a guardia delle mura erano preparati ad un simile evento!”
Il ragazzo coetaneo di Eren si fece avanti: “Per le spiegazioni avremo tempo dopo. Pare che si stiano avvicinando altri giganti, e non vogliamo attirare l’attenzione più di quanto non lo abbiamo fatto già. Sebastian, ci pensi tu ora?”
“Yes, my lord” rispose il corvino con un leggero cenno del capo. Detto questo, prese con cura Carla tra le braccia, facendola arrossire un poco, poi intimò a Mikasa di salire sulle sue spalle. La ragazza aveva capito che non era tempo di discutere se volevano salvarsi: quei due sembravano intenzionati ad aiutarli, quindi non vedeva alcun motivo per il quale non approfittarne. Si apprestò a salire sulla schiena dell’uomo, quando Eren la trattenne per una mano.
“Mikasa! Non sappiamo nemmeno i loro nomi, come puoi fidarti di degli estranei così?”
“Vedi una soluzione più veloce per scappare da qui? Beh io no, e se te lo sei scordato, quest’estraneo come lo chiami tu ha appena fatto fuori un gigante da solo. Non fare storie Eren”
“E comunque, io sono Ciel Phantomhive, e lui il mio maggiordomo Sebastian Michaelis. Ora sai i nostri nomi.” Intervenne il ragazzo dall’occhio bendato.
“Come se questo bastasse a potermi fidare di voi! Io…”
“Eren! Perché non ascolti mai me e Mikasa? Fa quello che ti dicono questi due e smettila di frignare!” gridò Carla. Questo bastò a limitare un poco la rabbia del ragazzo, che pensò che in fondo avevano ragione: almeno l’uomo più alto, sembrava incredibilmente forte, e non sarebbe stata una cattiva idea dopotutto andare con loro.
“E va bene! Verrò con voi!” sbottò infine.
“Vedo che sei ragionevole, ragazzo. Bene, dunque, sistemati sul mio braccio sinistro, tua madre ora passerà a quello destro. Porterò il padroncino e la ragazzina sulla mia schiena” disse Sebastian.
“Cosa?! Così diventeremo nient’altro che cibo per i giganti!”
“EREN!” Sua madre e Mikasa lo fulminarono all’unisono.
“D’accordo! Eccomi…”
Si sistemò come aveva detto il maggiordomo, e non ebbe nemmeno il tempo di dare un ultimo sguardo a quella città dove forse non sarebbe più tornato, che in un batter di ciglia si trovarono davanti al portone del Wall Maria, dall’altra parte.
Erano salvi.
“Ma cosa…”
“Siamo arrivati. Sebastian facci scendere subito, tranne la donna ovviamente” disse Ciel .
Questi fece come ordinato. Eren e Mikasa non riuscivano a capacitarsi della velocità con la quale quell’uomo li aveva condotti fuori da Shiganshina. Solo qualche secondo fa si trovavano all’inferno, ma nemmeno la certezza di essere vivi poteva sollevare loro l’animo dopo tutto l’orrore a cui avevano assistito. Come se non bastasse, Grisha Jager era partito quella mattina stessa per l’ennesimo viaggio, senza che loro avessero una vaga idea di dove si fosse recato. E ora non sapevano dove rifugiarsi: non era rimasto loro niente.
“Ragazzi… sono così felice che siamo tutti qui assieme..” piagnucolò Carla, ancora sorretta dalle braccia di Sebastian.
“Non tutti mamma” rispose Mikasa “Papà non è qui”
“Sono sicura che vostro padre sta bene, ovunque se ne sia andato”
Un gemito di dolore le sfuggì dalle labbra.
“Hey spilungone! Cerca di non fare movimenti bruschi, altrimenti ti riempio di pugni!” esclamò Eren.
“Evidentemente non sai chi è Sebastian, altrimenti non parleresti così, barbone” disse il ragazzo dall’iride blu. Quel ragazzino presuntuoso… chi si credeva di essere? Gli dava proprio sui nervi che lo chiamasse così. Comunque questa volta si limitò a sbuffare contrariato, dato che qualcosa di più importante gli premeva che litigare con quel moccioso in quel momento: avere delle risposte.
“Sentite, adesso per favore vorreste spiegarmi…”
“UN GIGANTE ANOMALO SI STA AVVICINANDO AL WALL MARIA!!!”
Il grido di qualcuno fece raggelare il sangue nelle vene al gruppetto. Non era ancora finita. Per quanto tempo avrebbero dovuto continuare a nascondersi come egli animali in trappola?
“TUTTI I CIVILI SONO PREGATI DI DIRIGERSI VERSO I BARCONI ORMEGGIATI SUL CANALE DI TRASPORTO MENTRE LE AUTORITA’ RESPINGERANNO L’ATTACCO, SALPERANNO AL PIU PRESTO VERSO IL WALL ROSE!”
Un soldato venne loro incontro urlando a squarciagola, sollecitando la folla che si era creata ad avviarsi nella direzione indicata. Prima che venissero schiacciati dalla massa, il maggiordomo fece nuovamente la sua mossa: pochi istanti dopo l’avvertenza erano i primi ad essere a bordo del primo barcone messo a disposizione per la fuga.
“Beh, sembra che per ora dovremmo separarci” ammise Ciel Phantomhive con sguardo severo. “Andiamo, Sebastian”
“Yes, my lord”
“Aspettate! Dove avete intenzione di andare?” domandò Carla incredula “Ormai anche il Wall Maria è perduto! Non vi resta che fuggire con tutti noi!”
“Andremo a sconfiggere quel gigante” rispose il ragazzino.
Eren non poteva credere alle sue orecchie. Quei due erano davvero fuori di testa. Era andata bene una volta, ma non era detto che questa ne sarebbero usciti vivi. Per di più, ora si trattava di un anomalo, un gigante che non si comportava come gli altri, e per questo, più difficile da abbattere.
Non avevano alcuna speranza di farcela.
Prima che potesse proferire parola, Ciel e Sebastian si erano già volatilizzati.

“Che significa quando un gigante è anomalo?”
“Che il suo comportamento e il suo modo di attaccare differiscono da quello dei normali giganti. Non penso sia un problema comunque per me”
Sebastian portava in braccio il suo padroncino mentre pronunciava questa frase sicura, apprestandosi ad arrampicarsi sul Wall Maria. Non aveva potuto fare nulla per la città di Shiganshina: i giganti che erano entrati erano troppi da affrontare anche per un demone come lui, anche se in realtà non costituivano un pericolo. Sembravano non essere interessati a lui, precipitandosi solo alla ricerca di esseri umani da divorare. Davvero disgustoso.
Aveva innanzitutto pensato a proteggere il suo bocchan: non poteva permettere che lo mangiassero senza assaporarne la vera essenza. Per questo, aveva cercato di portarlo immediatamente al sicuro al di la del muro, ma si erano imbattuti in vari titani durante il tragitto che avevano sottratto loro del tempo prezioso.
Ovunque avesse cercato di colpirli, questi automaticamente si rigeneravano, ed era una delle poche volte che Sebastian si era ritrovato ad affrontare una situazione di crisi del genere.
Finchè ad un certo punto i soldati non avevano sparato con i cannoni: aveva potuto osservare che, anche se i giganti non morivano definitivamente, se veniva fatta saltare loro la testa rallentavano la loro avanzata. Il loro punto debole doveva essere in qualche modo collegato al cervello (a patto che ce l’avessero), oppure…
Alla colonna vertebrale.
Le sue ipotesi erano divenute tesi quando aveva colpito un gigante che stava per balzare loro addosso appena sotto la nuca, cercando di tagliare molto in profondità.
Bingo.
D’altronde, era comprensibile che quello potesse essere il loro tallone d’Achille… avendo una struttura corporea simile a quella degli umani, era piuttosto prevedibile che, se colpiti al principio della colonna vertebrale, da dove partivano tutti i fasci di nervi che si propagavano al resto dell’organismo, questi sarebbero periti. Era un particolare che doveva tenere a mente.
In seguito avevano incontrato quella famiglia. Anche se inizialmente Ciel aveva proposto di lasciarli in balia del loro destino, Sebastian aveva chiesto di aiutarli per due motivi: scusarsi per l’incontro di poco fa (che andava tutto a sfavore del piccolo lord a parer suo), e inoltre aveva fatto notare al padroncino che sarebbero stati loro utili per muoversi in quello strano mondo dove si erano trovati di punto in bianco.
Il conte Phantomhive aveva dato l’ordine proprio nell’istante in cui quel gigante stava per deliziarsi col suo banchetto. E così li avevano salvati.
Sebastian si riscosse dai suoi pensieri quando arrivarono in cima al muro. “Che vista splendida, non trovate bocchan?” Un sorriso sarcastico passò sul suo volto.
“Smettila. Mi dai i brividi. Piuttosto, pensa a quello
Ciel indicò un punto non molto distante, dove si stagliava un gigante di una quindicina di metri. Era diverso dagli altri che avevano incontrato fino ad allora: sembrava essere ricoperto in ogni punto del corpo da una corazza durissima. Inoltre, dalla posa, pareva stesse per prendere una rincorsa per scagliarsi contro il muro, quasi stesse pensando.
Infatti fu proprio quello che fece.
Ma non ebbe il tempo di arrivare al muro, perché Sebastian si subito lanciò contro il colosso, in uno scontro senza precedenti.
Il maggiordomo puntò dritto al punto vitale, ma quando tentò di tagliare la collottola, non riuscì a scalfirla nemmeno un po’: era dunque vero che la sua pelle era indurita per proteggerlo dagli attacchi nemici, quasi avesse sviluppato quella particolare abilità essendo consapevole che avrebbero potuto colpirlo li.
Sebastian rimbalzò per il contraccolpo, ma fu immediatamente pronto a un nuovo attacco. Stavolta avrebbe provato frontalmente.
Si fiondò sul petto del gigante, cercando di colpirlo con tutta la forza che aveva. Tuttavia, nemmeno questo riuscì a penetrare la sua corazza.
Questa volta fu più veloce l’altro.
Con uno scatto disumano, afferrò Sebastian per le caviglie, e lo scaraventò con violenza addosso al Wall Maria. Uno schizzo di sangue colpì Ciel in pieno volto: non fece una piega.
“Ai ai ai bocchan…” Sebastian si stava velocemente riarrampicando, una ferita profonda gli squarciava il petto e perdeva copiosamente sangue dalla testa.
“Smettila di giocare alla guerra Sebastian. Appena ce ne andremo da questa città provvedi a darti subito una ripulita come si deve” ordinò Ciel.
“Certamente. Tuttavia, non credo ci sia molto che possa fare contro il nostro amico. Il territorio del Wall Maria è perso per sempre… o almeno fino a quando non avremo trovato una soluzione più efficace”
Avremo? Guarda che hai sbagliato persona. Sono loro che si dovranno dare una mossa, altrimenti si estingueranno. E per quell’ora io sarò già in Inghilterra a sorseggiare te e ad annoiarmi. Raggiungiamo i ragazzi sul barcone, anche io esigo delle spiegazioni.”
“Oh? Bocchan, non la facevo così egoista…” Una risata di scherno si dipinse sul viso del demone.
“Questo non è egoismo. Diciamo solo che non è il massimo non sapere dove ci si trova ne il perché.”
“Io mi sto divertendo molto invece… Comunque, come desidera, my lord”
Con un balzo felino, si sollevarono dal muro proprio mentre il gigante corazzato sferrava l’ennesimo attacco contro l’umanità.



Angolo dell'autrice
Sono tornataaaa :D anche con la scuola iniziata, sono riuscita a pubblicare il terzo capitolo!! ^^ *si applaude da sola* #chemodestiailedavvero #bravabrava
Che dire... che risvolti inaspettati! La madre di quell'attaccabrighe antipatico di Eren... salvata da Sebby *___* vorrei essere stata al suom posto mlml xD
E sottolineo con che nonchalance Sebby affronta i giganti, tanto per lui è normale, è una cosa che fa tutti i giorni appena si sveglia u.u (madoveeeeeee)
Cosa aspetterà i nostri ragazzuoli dopo questi tragici eventi? Chi lo sa :3
Buonanotte fiorellini <3 e buona lettura *^*
   
 
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