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Autore: SofiFlo    09/01/2016    1 recensioni
Regina ed Emma sono due ragazze distanti dal mondo che si sono ritrovate ad abitare; ma forse sarà questo a far stringere le distanze tra loro.
[Swanqueen]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Cora, Emma Swan, Regina Mills, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Emma si ritrovò ansimante sul pavimento. L’aria era tornata nei suoi polmoni, ma si sentiva ancora meno in grado di respirare, le sembrava quasi che l’ossigeno se ne fosse andato con le due donne. Si alzò a fatica, e, senza guardare nessuno negli occhi, andò in camera da letto. Si sentiva confusa, ferita, ma anche terribilmente in colpa per aver parte delle responsabilità per le quali Regina era nei guai. Emma sentiva di dover fare qualcosa, ma provava un’emozione che credeva di aver dimenticato, che credeva di aver esiliato per sempre dalla propria vita. Emma aveva paura, e questo la faceva stare male perché si sentiva debole, si rendeva conto che solo quando si ha qualcosa da perdere si ha paura, e che si teme solo per coloro a cui si vuole bene. E lei aveva sempre detestato affezionarsi alle persone. L’amore, qualunque tipo di amore, era una debolezza, lo sapeva.

Si sentì come se la terra le tremasse sotto i piedi, mentre si dirigeva verso la porta. La testa le girava per la fretta con cui aveva preso la decisione, riusciva a malapena a vedere davanti a sé, ma non si sarebbe fermata. Perché sapeva di non doversi arrendere di fronte a qualcosa che riteneva giusto, di non dover accettare le ingiustizie, ma soprattutto di non poter lasciare che fossero altri a imporsi in alcune scelte. E  il coraggio di Emma soffocò la sua paura.

Aperta la porta di trovò di fronte la cameriera del locale, una ragazza giovane, con i capelli castani lunghi, e una mantellina rossa che Emma era certa non averle mai visto indossare. “Buongiorno signorina” esordì timidamente “noi crediamo che si debba andare a prendere Jean, e abbiamo pensato di diglielo perché crediamo che lei voglia essere dei nostri.” Emma le gettò le braccia al collo, notando solo in quel momento, alle sue spalle, sette nani, Robin, e una ragazza che si presentò come Mary Margaret. Le faceva piacere, in fondo, avere qualcuno pronto ad aiutarla.
***
Si fissava il ricamo del vestito, senza interesse, nel tentativo disperato di scacciare i brutti pensieri. Aveva sempre saputo quale sarebbe stata la vita che l’aspettava, eppure fingeva di poter cambiare il proprio destino quando lo avrebbe voluto. Si buttò all’indietro, sul letto, cercando di non pensare, cercando di non sentire. La finestra era aperta, lasciava entrare un po’ d’aria, ma on permetteva via d’uscita, essendo incantata per impedire a chiunque di uscire.  Era stanca di quell’unico contatto con il mondo, di quell’unica visione appena possibile di una foresta. Eppure sapeva di non poter fare altro. Si era arresa, ma non conosceva alternativa.

Stava per addormentarsi, quando sentì un rumore metallico alla finestra. Vide un arpione, chiaramente saldato al suo davanzale. Lo vide, lo osservò un attimo, e capì subito chi lo aveva lanciato, ma non mosse un dito. Passarono massimo cinque minuti prima che Emma entrasse nella sua stanza, e la trovò sdraiata sul letto, impegnata solo a respirare. “Regina!” il sospiro di Emma che urlava il suo nome era il rumore più forte che aveva sentito nelle ultime ore. Regina si mise a sedere. “Cosa ci fai qui?” sembrava spenta, priva di qualunque emozione. Emma, quasi come se non se ne accorgesse, la abbracciò. “Come facevi a sapere che ero qui?”
“Ho, ho lasciato qualche nano venire avanti e ti hanno vista alla finestra e ora siamo arrivati e sono salita. Non puoi uscire di qui, vero? Beh, sì, troveremo un altro modo, fa niente.” Gli occhi verdi incrociarono per un secondo lo sguardo della mora, rimanendo confusi “Cosa c’è che non va? Stai bene? Oh mio Dio, non ti ho neanche chiesto se è tutto okay, cosa è successo, Regina?”

“Cosa c’è che non va? Seriamente? Tu e non so chi arrivate sotto la mia finestra senza motivo e dopo quello che è successo. Come se non avessi sempre saputo che non avevo alternativa a questa vita, che non sarei rimasta a lungo. Come se non avessi sempre saputo che sarei diventata la moglie soprammobile da esibire a qualche ballo del primo principe che avrebbe chiesto la mia mano. Come se non sapessi che non conta quello che posso aver desiderato perché non posso volere qualcosa di diverso da questa vita. Sai. Chi. Sono. Sai cosa farò e sai benissimo che non dovresti essere qui, perché non farai altro che peggiorare le cose. Non posso neanche morire, Emma, non posso decidere neanche questo. Lasciami essere il burattino che sono nata, lasciami stare!” il tempo sembrò quasi fermarsi, Emma sentì la terra mancarle sotto i piedi, per un secondo. Quella Regina era una sconosciuta, quella ragazza in piedi di fronte a lei, con le lacrime agli occhi e rossa di rabbia era una sconosciuta, quasi un fantasma, pallida e irremovibile, rassegnata. Dovette prendere un respiro prima di rispondere.

“Davvero? Davvero non puoi nemmeno volere altro? Davvero accetti tutto quel che ti cade addosso, senza alzare un dito, senza nemmeno pensare di fare altro? Sei sicura di essere Regina Mills? Perché altrimenti dovrebbe farsi delle domande la ragazza che ho conosciuto al Granny’s, che forse è veramente un’altra persona, Jean Flag, o come preferisce chiamarsi. Perché io credo che tu sia Jean. E che tu decida di essere sempre e comunque anche Regina. E credo che questa non sia nessuna delle due. Di cosa hai paura? Credevo avessi smesso di temere, perché non avevi niente da perdere. Che cosa ti frena? Non pensavo fossi disposta a farti fermare ancora.” La prese per le spalle, in un abbraccio e in una stretta di mani che la spingeva, che la portò fino alla parete, con gli occhi puntati nei suoi. “Hai dimenticato tutto? Non esiste più la ragazza di cui mi sono innamorata?” Un attimo di pausa, guardando il pavimento. “Non ti sto chiedendo di amarmi, Regina! Ti sto chiedendo di vivere, perbacco! Non ti sto chiedendo di considerare che io esista, ma solo di uscire di qui, e fare tutto quel che sognavi. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo? COSA?”

Regina stava piangendo, anche se mai avrebbe dato importanza alle lacrime che le rigavano il volto, anche se avrebbe sempre finto che non ci fosse niente che la turbava. “No. Esisto. E non conta assolutamente niente. Posso esistere finché voglio, ma questo non ha importanza. Credevo di non aver paura, credevo che non mi sarei fermata, ma io ho paura. Io sono ferma. E avere qualcuno da perdere non aiuta. Lasciami qui. Vai via. Esci subito, prendi il corridoio sulla destra, scendi le scale fino in fondo ed esci dalla finestra della cucina. Vai. E fingi di non avermi mai conosciuta.”

“Non chiedermelo. Sai che non lo farò. Non sto cercando di salvare la giovane donna di cui mi sono innamorata, ma la ragazza che ho visto aver terrore di sua madre. Non dovrebbe essere così. E non potrò mai vivere tranquilla, sapendo che è così. Regina ascoltami, per favore.”
“Ascolta tu! Ci tengo davvero a te, ma non posso permettermi di avere debolezze. Non posso cambiare quello che sono né la mia situazione quindi vai. Vai via!
“NO!”
“Non era una domanda. Non è il tuo corpo quello che stanotte ha sentito ogni centimetro della sua pelle infuocato, bruciato dall’acido, punto da migliaia di spilli e congelato allo stesso tempo. Non dire di non potertene andare, perché puoi farlo, e anzi, gioveresti solo, facendolo.” Sentì la testa di Emma cedere, abbandonata sulla sua spalla, e la voce della bionda implorarla di non restare lì. I loro corpi schiacciati contro la parete non avevano bisogno di parole per capirsi. Emma le prese la mano, e la guidò fuori da quella camera, senza voler sentire altre ragioni. “Fuggi con me.” Solo una stretta di mano fu necessaria, come risposta.
Regina guidò Emma dove le aveva indicato, ma sapeva che lei non sarebbe potuta uscire , non senza essere notata. Sapeva però altrettanto bene di avere qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno che la amava in modo semplice, protettivo. “Emma, promettimi che correrai ed uscirai di qui se te lo dico.” “Non farmi fare promesse che non manterrò” Cercò di scherzare la bionda, ottenendo solo uno sguardo severo come risposta “Lo prometto, ma questo non significa che non tornerò.” E questa promessa non richiesta fece sorridere Regina, la fece sorridere davvero, perché per quanto desiderasse che Emma fosse al sicuro, non poteva negare di amare averla al suo fianco. Regina sorrise, prima di andare da suo padre.

[N.d.A. Buonasera a tutti! (E buon anno in ritardo) Mi spiace che il capitolo sia arrivato così tardi, soprattutto perché l’ho scritto quasi tutto una settimana fa, ma sono nel caos più totale, ho un sacco di impegni, di preoccupazioni, di delusioni e insuccessi che continuano a tormentare  la mia vita mortale. Paradossalmente, la scuola ultimamente è il meno peggio, perché nonostante mi impegni tanto da stressarmi e mi riempia di scocciature è l’unica a sembrare non volermi deludere e demoralizzare. Okay, la smetto di stressarvi.
Penso che il prossimo capitolo sarà l’ultimo, perché veramente credo che la storia stia per finire, anche se mi spiace non essere arrivata nemmeno a dieci capitoli (l’idea iniziale era di scriverne undici)
Ho cercato in questo capitolo di tener conto dei vostri consigli, mi hanno fatto tutti molto piacere, e spero di averli sfruttati al meglio. Se vi va, ditemi cosa ne pensate. 
Grazie di cuore a tutti quelli che leggono e a chi recensisce. Mi strappate sempre un sorriso.
•Sofia]
 
   
 
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