Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Amor31    10/01/2016    2 recensioni
Quando a infuriare è la battaglia finale, sono poche le speranze che tutti i soldati tornino a casa.
Allora bisogna accettare la morte e affrontarla a viso aperto: la voce della persona che ami ti accompagnerà nel viaggio verso l’aldilà.
---------------------------------------------------------------------
- ATTENZIONE! CONTESTO SPOILEROSO PER CHI NON È IN PARI CON LE SCAN -
- Storia partecipante al “Flash Contest – Who’s gonna watch you die?” indetto da Stareem sul Forum di EFP -
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sospiro di morte

È andato tutto perduto in questa guerra assurda. Non ci sono vincitori né vinti: si possono contare solo i morti. Nessuno potrà mai restituire il sangue che gli innocenti hanno versato nella speranza di riconquistare una terra in cui non vige legge, se non quella della violenza.
Tu, Jean, lo sapevi bene. L’hai sempre saputo, del resto. E anche adesso, mentre infuria la battaglia finale, non puoi fare a meno di pensare che, comunque vada, il genere umano ha perso se stesso.
Il Comandante Erwin è stato trucidato dal Titano Bestia; il Capitano Levi ha vendicato il suo superiore con una furia cieca e devastatrice, ma è rimasto lui stesso vittima della propria forza. Ferito e allo stremo delle forze, è morto combattendo, esattamente come si addice all’uomo più forte dell’umanità. Il comando dell’esercito è passato a Hanji, ma, nonostante la sua preparazione, gli uomini sono andati allo sbaraglio. Perdite innumerevoli si possono contare su entrambi i lati del campo di battaglia – ovunque ci sono carcasse di Titani che evaporano e soldati sventrati che costituiranno la portata principale con cui banchetteranno i corvi – anche se nulla è paragonabile allo sfinimento che i superstiti provano di fronte a una scena di tale desolazione.
Ne hai abbastanza, Jean. Non vuoi più essere un soldato, non vuoi più essere testimone dello sterminio dei tuoi commilitoni: desideri semplicemente tornare a casa e riposare, augurandoti di poter dimenticare tutto l’orrore a cui hai assistito. Ma come si può scordare l’uccisione di amici e nemici? Come si può far finta di nulla, quando le proprie mani sono sporche di sangue?
È un pensiero che si fa avanti proprio adesso, in occasione di questa assurda guerra di logoramento. Per giorni il Corpo di Ricognizione ha assediato Shingashina, per giorni ha combattuto senza sosta eliminando un Titano dopo l’altro, ma a quale prezzo? Più della metà degli uomini sono morti e le speranze di vittoria sono meno che nulle. Cosa rimane da fare, ora che la battaglia si è spostata sul campo aperto, lontano dalle Mura? Tu come ti senti?
Mentre ti getti all’assalto del mostro che ha divorato Connie, ti viene in mente una frase apparentemente senza senso. Non ricordi dove l’hai sentita. Forse l’hai letta in uno di quei libri a cui ti piaceva tanto dare un’occhiata molto prima che decidessi di arruolarti, forse l’hai estrapolata da una delle canzoni che tua madre cantava quando si sentiva un po’ depressa. Sta di fatto che, nel momento in cui la collottola del Titano salta via, quelle cinque parole ti attraversano la testa come un fulmine a ciel sereno: amore è vedere qualcuno morire.
Pensi a quante persone sono trapassate: ne hai viste tante, troppe. Ma nessuna, tra quelle che ora non ci sono più, ti ha fatto battere il cuore. Tu stesso hai scelto di non amare nessuno, se non lei. E adesso sei alla resa dei conti.
Davanti a te, Titani. Dietro di te, Titani. A destra, a sinistra, quelle inquietanti creature circondano te e ciò che rimane della tua Squadra. È la fine, adesso sai che è giunta. Vedrai altri morire, tra pochi secondi.
Chi sarà il primo a cadere?
Nel bagno di sangue che sta per consumarsi, preghi che non sia lei. Preghi che scappi, che riesca a tornare alle Mura, nonostante sia troppo tardi. Ti rifiuti di credere che anche Mikasa – la ragazza che ha riempito i tuoi sogni, la ragazza che ti ha regalato la speranza, la ragazza che ti ha infuso il coraggio di affrontare anche questo momento – morirà, esattamente come migliaia prima di lei. Il solo pensiero ti sconvolge e vorresti urlare al mondo la rabbia che ti porti dentro. Poi, di nuovo, quella frase torna a bussare alle porte della tua mente.

Amore è vedere qualcuno morire.
Forse, stavolta, vedrai davvero l'altra metà della tua anima accasciarsi al suolo, mentre il suo sangue bagna l'erba e irriga la dura terra su cui il Corpo di Ricognizione ha rivendicato il diritto dell'umanità.
Scuoti la testa. Continui a combattere, volteggiando nell'aria e dando fondo agli ultimi residui di gas della Manovra Tridimensionale; le spade fendono l'ennesima collottola, la vita – si può chiamare così, quella? – scivola via dal gigantesco corpo del Titano che hai appena abbattuto. Torni a terra, provi a riprendere fiato, studi in una frazione di secondo la situazione: Eren ha perso i sensi e non può essere d'aiuto in questa maledetta battaglia. Il suo corpo giace a ridosso di un albero – le spalle appoggiate al tronco, la testa che pende sul torace – ed è quel punto che Mikasa sta difendendo con tutta se stessa. I Titani arrivano di corsa, ma la ragazza non si lascia cogliere impreparata: pondera il gas, si rialza in volo, uccide un Anomalo. Non c'è un secondo di tregua in questa caccia a senso unico.
La guardi, Jean. La guardi e sai che è disposta a scambiare la sua stessa vita pur di sapere salva quella di Eren. Sospiri e un sorriso malinconico lambisce le tue labbra: non sarà mai tua. Non lo è mai stata. Ma tu, tu sei stato suo. Lo sarai sempre. Lo hai promesso.

Amore è vedere qualcuno morire. E allora chi guarderà te morire, se dovessi cadere? Chi ci sarà a piangerti sul campo di battaglia, se nessuno dei superstiti ti ha mai amato? Ecco cosa ti chiedi.
-Jean!-.
Il grido non ti ha raggiunto in tempo; il tuo urlo di dolore non copre lo scricchiolio sinistro delle ossa che si frantumano.
Le tue gambe sono strette nella morsa di un Titano che ti ha colto di sorpresa, alle spalle, in quell’unico momento di distrazione. Il cervello non riesce a muoverle e non hai bisogno di realizzare cosa sta per accadere. Ti resta solo il tempo di vedere le fauci del mostro avvicinarsi sempre di più, mentre l'alito caldo e fetido soffia sul tuo viso. Rimani in silenzio e accogli il tuo destino: oggi non vedrai nessun altro morire. E sentendoti sollevato da questo pensiero, i denti del Titano ti strappano via la gamba destra. Il sangue defluisce, la testa ti gira, il dolore che provi ti appanna i sensi; preghi che tutto finisca in fretta, preghi che il dolore si fermi presto. E d'improvviso – non sai come né perché – ti ritrovi a fluttuare nell'aria, il corpo pesante che cade a terra.
Quando impatti nel terreno, senti i polmoni frenare contro il torace. Non hai neanche la forza di tossire eppure – miracolo – sei ancora vivo. Non sai ancora per quanto, ma la morte non è venuta a prenderti, sebbene il sangue continui a sgorgare come un fiume alla sorgente. Sei immobile e fissi il cielo, ora coperto dal velo dei tuoi occhi offuscati, consapevole di trovarti stretto nella morsa – adesso allentata – del Titano che ti ha afferrato. E il mostro, come te, si è accasciato al suolo, privo di vita.
-Jean!-.
Di nuovo quella voce. La conosci bene, conosci chi la possiede, ma pensi che sia solo un'illusione, l'ultimo sogno prima di chiudere per sempre le palpebre. È come se quella voce ti stesse accompagnando serenamente nel mondo dei defunti; è come se, ascoltando il tuo stesso nome venir pronunciato con tono così alto, ti sentissi rassicurato.
È quando stai per far tua l'idea di essere prossimo alla morte che qualcuno si inginocchia al tuo fianco. Senti delle mani chiudersi a pugno all'altezza di ciò che rimane della tua coscia destra, le senti premere sulla carne per tamponare l'emorragia per cui ormai non c'è nulla da fare. Percepisci agitazione e paura in quei gesti concitati, paura di non essere in grado di salvarti.
-Jean, Jean! Va tutto bene, resisti!-.
È la sua voce. È la voce di Mikasa che ti dà la forza di riaprire le palpebre, ora pesanti come macigni sprofondati in quel mare che non hai mai conosciuto – e che sai non vedrai mai. Ascolti il suono delle sue parole e sorridi – o almeno credi di averlo fatto; in realtà non ne sei completamente convinto: è bello sentire il tuo nome lasciare le sue labbra. Ti illude di baciarla come non hai mai osato fare.
-Jean, mi senti? Jean!-.
La ragazza preme ancora sulla ferita mortale. Sai che il tuo sangue sta imbrattando la sua camicia candida e provi pena per lei. Non vorresti – e non avresti mai voluto – che la sua pelle bianca si coprisse di quella porpora viscosa che non smette di scorrere dall'arteria recisa. Allora tendi una mano verso il suo viso, verso quei capelli che in un passato lontano hai sfiorato solo con lo sguardo, e richiami la sua attenzione nello sforzo di essere abbastanza lucido per vedere l’espressione del suo volto.
Mikasa è sconvolta. I suoi occhi sono spalancati e pieni di terrore, la sua voce invoca ancora una volta il tuo nome. Uno schizzo rosso le segna una guancia e ti domandi se quello non sia il tuo sangue.
-Jean, ti prego, rispondi!-.
Ma è difficile soddisfare quella richiesta. Dalla tua gola non trapela alcun suono. Forse l’unica cosa che la ragazza che ami sta ascoltando è un rantolo soffocato, segno che la fine sta arrivando a grandi passi. La morte verrà a prenderti per mano e ti scorterà dai compagni che si trovano già dall’altra parte.
-M-Mik…-.
Cerchi di pronunciare almeno il suo nome: sarà la tua ultima preghiera. Compi uno sforzo immane per riuscirci, mentre la testa prende a vorticare ancora più in fretta e farfalle nere si posano sulle tue ciglia per abbassarti le palpebre e indurti al sonno eterno.
-M-Mikasa…-.
La tua mano è ancora tesa verso di lei, ma adesso inizia a tremare. Le forze ti abbandonano.
-Non andartene, Jean! Resta con me, andrà tutto bene, ti riporterò a casa!-.
A quelle parole vorresti sorridere, ma la stanchezza ora è troppa. Il dolore ti sommerge come un’onda e ti opprime il petto, impedendoti di respirare. Sei in affanno, pallido per il sangue perso; eppure, quando le mani di Mikasa si allontanano dalla coscia maciullata per raggiungere e stringere le tue dita, senti una stilla di sollievo riempirti di nuovo d’aria i polmoni.
Quel gesto ti riporta alla mente la domanda che ti sei posto subito prima di essere attaccato dal Titano: chi guarderà te morire? Chi sarà al tuo fianco quando l’oscurità della morte prenderà il posto della flebile luce che ancora ti illumina gli occhi? C’è Mikasa, adesso, ma lei non ti ha mai amato. No, lei ha sempre lottato per Eren; fino a poco fa l’hai vista uccidere qualsiasi nemico per proteggere il corpo esausto del ragazzo che anni fa le ha salvato la vita. Ma allora perché ora si trova accovacciata alla tua destra? Perché è corsa da te?
Solo allora realizzi che, se sei ancora abbastanza vivo da pensare a tutto questo, lo devi a lei; capisci che Mikasa si è lanciata in tuo soccorso quando ti ha visto in pericolo. È lei ad aver urlato il tuo nome per metterti in guardia, per avvisarti che un Titano incombeva alle tue spalle. È lei che ha ucciso quell’ammasso di carne disumana per provare a salvarti. Ed è sempre lei che, alla vista del sangue zampillare dall’arteria femorale, ha premuto le sue mani sulla tua pelle per provare a fermare quel flusso irruento.
-Jean? Jean!-, ti chiama di nuovo, scuotendoti nella speranza di ascoltare ancora la tua voce.
Sono lacrime quelle che vedi scorrere sulle sue guance? Non ne hai l’assoluta certezza, ma ai raggi del sole che tramonta lontano ti sembrano due gemme pure e trasparenti. Non vuoi vederla piangere, non vuoi che soffra per causa tua. È tutto così dannatamente irreale, un incubo da cui vorresti poterti svegliare, ma purtroppo questa è la realtà. E con il passare dei minuti – quanti ne saranno trascorsi? Uno? Due? – vedi la fine avanzare sempre più spedita. Osservare Mikasa singhiozzare, però, rappresenta davvero il colpo di grazia: il tuo cuore si lacera nel rimorso, nel rimpianto, nel desiderio irrealizzato di rivelarle quanto l’hai amata. Ma ormai è tardi.
-Grazie per essere rimasta con me-, dici soltanto, radunando le ultime forze. -Grazie per avermi fatto diventare quello che sono-.
L’ora del riposo è giunta. Le tue ultime parole sono un sospiro di morte che forse la ragazza non è riuscita a cogliere. Ora che le hai lasciate scivolare via dal tuo cuore, però, ti senti finalmente in pace con te stesso, nella speranza che lei capisca cosa tu abbia davvero voluto dire. Allora ti abbandoni all’abbraccio della morte, giunta infine al tuo cospetto, e la segui nel cammino che ti porterà dalle altre vittime di questa guerra senza senso.
-Non lasciarmi, Jean-.
Con il dolore della perdita che le trafigge la gola, Mikasa veglia il corpo del suo compagno di Squadra. Ha dimenticato Eren, ha scordato di aver lasciato la difesa del fratello ad Armin; in questo momento spera solo che il ragazzo appena spirato abbia ascoltato la sua supplica. La verità è però un’altra, crudele come il mondo contro cui  i sopravvissuti saranno costretti a combattere fino all’istante della loro morte.

E tu, Jean, non saprai mai che quel giorno per lei l’amore è stato vedere te morire
.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Amor31