Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: kleines licht    10/01/2016    1 recensioni
Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Written by: kleines licht & lastbreath
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Impala, Jo, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: I may I look I'm crazy, I should know right from wrong.
Fandom: Supernatural
Rating: Giallo
Avvertenze: Probabili modifiche alla cronologia della trama
Beta: lastbreath.
Trama: Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Note:
Buon anno nuovo lettori e lettrici! Le due autrici vi augurano un anno pieno di nuovi ricordi e bei momenti, nella speranza che troviate anche un picoclo istante per lasciarvi il vostro parere ^^ Supportate gli scrittori, lasciate una recensione ;)

@Image credits: tumblr; I personaggi rappresentati non ci appartengono. Questa fanfiction non ha alcun scopro di lucro.


 
Pov Jo

Ero stata una sciocca a credere che per lo meno Dean mi ascoltasse. Sapevo perfettamente a che cosa andavo incontro, eppure avevo comunque sperato che anche lui provasse ad accettare il mio sforzo. Eppure non era successo niente, e in pratica, mi aveva cacciata.
Sapevo di aver sbagliato nei suoi confronti, e visto che ciò che avevo fatto continuava a pesarmi sullo stomaco in maniera incontrollabile, volevo almeno provare a fare, una delle poche volte della mia vita, un passo indietro. Evidentemente tenevo a Dean più di quanto potessi pensare razionalmente, tanto era vero che il mio cuore subito mi aveva spinta nella sua stanza per provare a chiarire. Quella era una delle poche volte in cui avevo messo davanti i miei sentimenti rispetto a tutto il resto, ed ero rimasta di nuovo fregata. C'era quindi un motivo perché continuavo da anni ad essere scontrosa e fintamente superficiale: era quello il modo per andare avanti. L'unico che mi permettesse di non perdere pezzettini di me stessa per strada.
Consapevole che con la chiusura di quella porta si chiudeva anche il nostro rapporto, cercai qualcosa che mi portasse a riprendere la strada di prima: la caccia. Avevo sentito di un gruppo di vampiri che, con ogni probabilità, si era stanziato in un paese a poco meno di 150 km dalla Roadhouse. C'erano state numerose uccisioni da un paio di settimane a questa parte, e il modo in cui le persone erano state ritrovate combaciavano con i classici attacchi di vampiri.
Così presi le chiavi della macchina e in meno di un'ora fui lì, rintracciando un paio di capannoni sul limite dei confini della piccola cittadina. Non fu difficile coglierli di sorpresa, ma per la prima volta durante una caccia coi vampiri, non ne uscii illesa. I mostri morirono tutti, con le teste rotolanti per terra, mentre io ero stata ferita al fianco dopo aver perso, per un attimo che mi era stato quasi fatale, il machete. Fortunatamente ebbi il tempo di raggiungere  il bosco e di ricucirmi nei sedili posteriori della macchina. Non erano state molte le volte in cui mi era capitato, ma non ero mai stata ferita in maniera così profonda; fu il motivo per cui cercai di essere il più minuziosa possibile per essere sicura che i punti non saltassero con facilità. Dopo essermi riposata un paio d'ore, nascosta nel bosco e leggermente annebbiata da qualche birra, svuotata  una dietro l'altra, tornai a casa che era già pomeriggio inoltrato. Sapevo di dover "finire" il mio periodo lì, per poi tornare a correre sulle strade. Quella caccia mi era servita per distrarmi almeno un po', e a non pensare, almeno per tre o quattro ore, a quello che era successo. Dean sembrava essere un ricordo lontano, forse anche per via del dolore e dell'alcool che avevo assunto. Ma non potevo permettermi di fermarmi proprio adesso, per quanto i punti bruciassero e mi sentissi quasi immobilizzata sul lato sinistro, dove avevo i punti.
Mia madre aveva bisogno di me e ne ero perfettamente conscia, visto che potevo darle una mano solo ogni tanto, e non mi stupii che, non appena mi vide, mi disse di andare a prendere un paio di casse di birra nel magazzino.
-Perfetto- sussurrai, uscendomene poco dopo dall'atrio del locale e andando nel magazzino stesso. Non avevo voglia di dire a mia madre che cosa era successo: sarebbe andata in paranoia, la conoscevo troppo bene. C'era un motivo per cui non avevo mai parlato delle mie "ferite di guerra".
Arrivata in magazzino, mi tolsi il giubbotto di pelle per facilitarmi i movimenti, e presi nella maniera più delicata possibile la prima cassa. La prima arrivò a destinazione con facilità e non mi sembrò neanche che i punti si fossero in qualche modo allentati o altro.
Con la seconda, però, le cose si complicarono leggermente. Dopo aver fatto qualche passo, sentii una fitta lancinante al fianco stesso e fu così forte che, di riflesso, mollai la cassa in maniera istintiva. Si girò praticamente tutto il locale, visto che ero quasi arrivata al bancone, e sospirai, cercando di sistemare alla bell'e meglio il casino di vetro e di alcool che avevo combinato. Avevo sottovalutato il "potere" di quella ferita, evidentemente.
Dopo aver raccolto tutti i cocci di vetro, mi alzai di scatto e avvertii un forte giramento di testa che mi costrinse ad appoggiarmi ad uno sgabello. Sentii mia madre blaterare un qualcosa del tipo "Jo, non ti senti bene?", ma io feci finta di non sentire e mi alzai semplicemente, andando lentamente nella mia stanza, con le scale che sembravano infinite e per la prima volta in vita mia, dovetti appoggiarmi al corrimano. Solo quando mi parai davanti allo specchio della mia stanza, mi resi conto che la maggior parte dei punti sulla mia pelle erano semplicemente spezzati, mostrando gran parte della carne lacerata. Non feci in tempo a dirigermi verso la cassetta del pronto soccorso sotto al letto, che un altro capogiro mi investì. Poi divenne tutto nero, improvvisamente.

 
Pov Dean

Sapevo bene che Jo era simile a me e che non si sarebbe più riavvicinata a me. Non di sua spontanea volontà per lo meno e per quel che mi riguardava non intendevo nemmeno forzarla. Stavo ottenendo esattamente ciò che volevo, per quanto quel senso di sollievo tanto agognato non sembrasse sul punto di arrivare. Ero convinto che mi sarei sentito particolarmente bene, sollevato e felice. Pensavo che sarebbe successo immediatamente ma evidentemente questa volta era tutto diverso. Pensai semplicemente che fosse colpa del sonno, anche se come scusa con me non reggeva granché, e semplicemente mi trascinai fuori dal letto appena il sole cominciò ad entrare dalla finestra.
Decisi di concentrarmi unicamente su me stesso: mi concessi due fette di torta, un pranzo spazzatura come si doveva e poi mi concentrai per tutta la giornata sulla mia piccola. Non mancava molto per farla ripartire a dire il vero, per quanto temessi che potesse distruggersi nuovamente. Era una macchina delicata, aveva sicuramente bisogno di parecchie attenzioni e ultimamente me ne ero in parte dimenticato.
Per colpa di Sam, di quei casini nelle cacce con Jo avevo dimenticato di fare quei piccoli riti quotidiani che mi facevano stare bene, come lucidare le canne delle mie armi e controllare per bene la mia macchina. Ero forse fin troppo preoccupato per quel genere di cose ma ero contento di avere i miei riti, le mie routine che sapevano controllarmi.
Avevo semplicemente bisogno di una routine, di avere qualcosa di mio da poter ripetere quando volevo, capace di tranquillizzarmi e di darmi sicurezza. Non era da uomo sicuro e forte, e evitavo di farlo notare o di farlo semplicemente di fronte alle altre persone. Solamente Sam  ne era a conoscenza, per forze di cose, e probabilmente non lo avrei mai mostrato a nessun altro.
Non feci poi altro che aggiustare tutto quanto e pulire ogni angolo di quella macchina. Non era una semplicemente macchina, non più, e oltre quel che riguardava Sam ormai era diventato simbolo concreto di tutta la mia vita. Era qualcosa di mio, punto e basta, qualcosa che semplicemente non potevo dimenticare o ignorare. Ero cosciente del fatto che nessuno avrebbe mai potuto capire, che quella per tutti gli altri era una semplice macchina, come molte altre.
Forse Jo avrebbe capito … o una persona come lei magari. Ma in realtà mi sembrava una cosa praticamente incredibilmente infattibile e stupido, in quanto pensavo semplicemente che fosse una cosa stupida pensare qualcosa di così “importante” di una ragazzina: pensavo che fosse una conseguenza della stanchezza, del sole e dello stress e del nervoso, dato da Sam e da quella biondina che mi aveva semplicemente fatto venire i nervi.
Fu abbastanza facile distrarsi a dire il vero, molto più di quanto pensassi: se quella ragazzina non mi ronzava intorno era più che semplice dimenticare di averla conosciuta, dal momento che non avevo la sua faccia costantemente di fronte. Era quasi un sollievo non dover penare a difendermi da qualcuno e cominciai a apprezzare nuovamente la solitudine: era come se infondo fosse una di quelle cose che stavo quasi dimenticando.
Non odiavo le persone, io le salvavo … ma avevo sempre pensato che proprio il salvarle mi giustificasse in tutto il resto, mi giustificasse a rimanere principalmente solo. A parte la mia famiglia non avevo mai e poi mai concesso a qualcun altro di avvicinarsi a sufficienza ed ero sempre più convinto di aver fatto bene.
Ritornai nel locale solo nel pomeriggio inoltrato. Ellen era stranamente gentile nei miei confronti, per quanto con lei avessi fin da stupido mantenuto un atteggiamento distaccato e corretto. Mi dispiaceva per quel che aveva fatto John, ma non sapevo nemmeno come scusarmi. Avevo stupidamente pensato che aiutare Jo avrebbe migliorato le cose anche per Ellen, che l’avrebbe sollevata da parte del suo peso e avrebbe attenuato il dolore. Ma quella ragazzina forse non ci sarebbe mai arrivata.
Non fu necessario, purtroppo, controllare chi fosse appena entrata: quando Jo varcò la soglia fu come sentirlo addosso, come se il mio corpo avesse capito la sua vicinanza e quel che stava succedendo. Ero nervoso, qualcosa che personalmente nemmeno riuscivo a capire: mi infastidiva sentire cose del genere, e speravo almeno che lei fosse sottoposta alla stessa tortura.
Purtroppo ero un cacciatore, e cominciai a dare colpa ai miei sensi fin troppo sviluppati sia del sentirla così tanto, anche se eravamo lontani, sia per il percepire stanchezza e sforzo nei suoi movimenti, anche solo con la coda dell’occhio. Notai anche solo dai suoi movimenti che era stranamente provata e collegai –velocemente, come ero sempre abituato a fare- ogni segnale con l’altro, rendendo fin troppo chiaro dove fosse sparita: evidentemente era stata a caccia e non era andato tutto come sperato.
Per questo, nel momento in cui avvertii il suo corpo cedere fui pronto a scattare e reggerla in piedi. Mi convinsi che fosse semplicemente spirito di sopravvivenza, che non lo avessi sicuramente fatto volutamente e non intendevo aiutarla, lo avrei fatto con chiunque. Ero bravo a convincermi da solo, evidentemente.
Incontrai gli occhi di Ellen e per quanto mi costrinsi a lasciarla andare, a permettere a Jo di salire per le scale nonostante tutto, annuii silenziosamente e la seguii. Nonostante quel che era successo rimaneva una persona che stava male, e io aiutavo tutte le persone che si trovavano in pericolo. Avrei fatto per questo lo stesso con lei e non intendevo fare altro che aiutarla, come avrei fatto con chiunque. O forse solamente con Sam.
Zittii ogni pensiero e la seguii in silenzio, provando a non farmi notare anche se ero praticamente sicuro che non avrebbe in nessun modo sentito, scombussolata come sembrava essere. La seguii fino alla sua stanza e aprii la porta esattamente nel momento in cui il suo corpo perse equilibrio e stabilità, crollando pesantemente verso il basso.
Imprecai a bassa voce, fiondandomi su di lei e prendendola al volo per la seconda volta nel giro di qualche minuto. – Ragazzina sei pesante lo sai? Vedi di prendere presto questa nuova abitudine di cadere ai miei piedi- ironizzai, anche se probabilmente nemmeno poteva sentirmi. La adagiai poi lentamente sul letto, provando a studiare rapidamente il suo corpo e non fu difficile notare la causa del suo malessere: una ferita piuttosto ampia e profondamente le squarciava il fianco, e da quel poco che potevo intuire dai suoi vestiti mi sembrava piuttosto evidente che, se anche fosse stato suturato, sicuramente i punti erano totalmente andati al diavolo.
Sospirai profondamente e la spoglia in fretta, per poter controllare in maniera più accurata la ferita e purtroppo i miei dubbi vennero totalmente confermati. Non ero troppo felice di quel che mi si parò di fronte e decisi che disinfettare tutto da capo mi sembrò l’idea migliore. Approfittai del fatto che Jo fosse svenuta, più che altro, per fare qualcosa che sicuramente non avrebbe permesso di fare da sveglia. Coperta solamente dall’intimo la portai in bagno, dove raccattai il necessario per disinfettarla a dovere.
Una volta sicuro che la ferita fosse quantomeno pulita la riportai sul letto, stendendola in una posizione almeno comoda. Avevo ricucito me e mio fratello almeno un milione di volte, con ferite alle volte peggiori di quelle. Non dubitavo –strano ma vero- della sua capacità di ricucirsi, perché era chiaro che ci avesse provato, ma mi sembrava evidente che non fosse abituata a trovarsi di fronte a ferite come quella. Mi concentrai unicamente sul mio lavoro: con il filo che trovai nella cassetta sotto al letto, provando semplicemente a fare un lavoro preciso, pulito, efficace e meno invasivo possibile.
Probabilmente se fosse stato chiunque altro –tranne mio fratello- mi sarei poco curato di non farle del male, o almeno non mi sarei concentrato così tanto dopo le giornate che stavo pensando. Non volevo che stesse male, ironicamente, forse perché non volevo averla intorno di nuovo mentre si lamentava di qualcosa che le avevo fatto per la poca attenzione.
Per quanto fosse una ferita profonda e mi preoccupasse non poco, la ricucii velocemente per poi fasciarle l’addome abbastanza stretto per evitare che la ferita si aprisse di nuovo. Smisi addirittura di pensare a lei, troppo interessato a quel che stavo facendo, e non mi resi nemmeno conto del suo risveglio.
Quando alzai gli occhi mi ritrovai addosso i suoi, tremendamente fermi e sicuri, forse stranamente liquidi e provati da quel che aveva passato. Mi ritrovai quasi istintivamente a domandarmi da quanto fosse sveglia ma mi risposi semplicemente che non fosse importante, e che non avrebbe dovuto interessarmi.
-Non sei una grande infermiera. Ricordami di non fidarmi mai di te, nemmeno di fronte all’Apocalisse, di farmi medicare da te, nel caso- la pungolai semplicemente, per poi riordinare semplicemente la cassetta, rimettendola sotto il letto, per poi alzarmi da terra, aggiustandomi distrattamente la giacca sulle spalle.
L’assenza di una risposta effettiva, l’assenza di una battutina qualunque, mi fece pensare che fosse particolarmente stanca o forse particolarmente provata da quel che stava passando. Non avrei sicuramente dovuto fare qualche cazzata simile, l’esperienza avrebbe dovuto insegnarmi a ignorarla e lasciarla a sé. Lo avrei fatto, ma probabilmente la sorpresa di vederla in quel modo, il fatto di essere preso così tanto in contropiede, mi portò ad avvicinarmi pericolosamente a lei e non feci altro che sfiorare le sue labbra con le mie.
Avevo appena firmato il mio contratto con l’Inferno. Per la seconda volta. E questa volta aveva le sembianze di Jo Harvelle.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: kleines licht