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Autore: Lost In Donbass    10/01/2016    2 recensioni
Tom è un agente dell'Anticrimine, squattrinato, con poca fortuna nelle relazioni, trasognato e tropo romantico. Bill è un mercenario, tossico, ficcanaso, malizioso e dannatamente sexy.
In una Berlino troppo calda, in mezzo a serial Killer psicotici, poliziotti indolenti, trafficanti poco raccomandabili e coinquilini fuori di testa, sarà mai amore tra i due ragazzi? O finiranno anche loro vittime del giro di sangue che ha avvolto Berlino nella sua morsa?
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
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CAPITOLO DICIOTTO: SESTO SENSO, GATTINO
Tre settimane dopo la risoluzione del caso.
 
-E ora che hai intenzione di fare?
Georg bevve rumorosamente un sorso del caffè bollente e acquoso delle macchinette. Ormai era giugno, avrebbe preferito volentieri un qualcosa di fresco, ma il Dieci era ancora troppo indietro rispetto agli altri distretti per potersi permettere qualcosa che non fosse la vecchia macchinetta che faceva solo caffè annacquati e dava barrette energetiche scadute da tre mesi.
-Mi ha chiesto di trasferirmi da lui.
Tom assunse un’espressione sognante, guardando il suo riflesso nello schermo rigato del computer, quello di un ragazzo rasta senza divisa che poteva sembrare tutto meno colui che era riuscito a risolvere il caso del serial killer delle croci. Aveva avuto orribili incubi durante la prima settimana dopo che la squadra aveva fatto irruzione nella casa maledetta; si erano trovati davanti un salotto caldissimo, impregnato di fumo da dare la nausea, con il cadavere del loro assassino ancora sorridente e spiritato, Tom semi svenuto sulla poltrona in stato confusionale, e la finestra distrutta, come se qualcuno ci si fosse buttato contro. Non era stato un bello spettacolo. Era riuscito a superare il trauma, ovviamente, dopo che aveva saputo che Bill stava bene e che non gli sarebbe successo niente per quella strana cosa degli “Intoccabili d’Inchiostro”. Non aveva chiesto spiegazioni dettagliate, gli era solo bastato il “Bill-chan sta bene, Tom-sama. Oserei dire, meglio di prima” che gli aveva detto July per telefono. Si erano potuti vedere solamente dopo una settimana dal fatto. Certo, Bill aveva una faccia poco in salute, abbastanza scioccata e Tom non poteva dargli torto. Anzi, si meravigliava invece di quanta forza d’animo aveva in realtà il suo angelo per essere riuscito addirittura a uccidere il suo incubo. Forse stava maturando anche lui, e July non avrebbe più potuto dire che era debole. Ce ne voleva di forza, coraggio e disperazione per fare quello che aveva fatto, per cancellare senza rimorsi il passato e aprirsi a un nuovo presente, per eliminare senza mezzi termini la propria fonte di paura. E Bill aveva superato anche quella fase; si poteva dire che fosse risorto a nuova vita, dopo che era incappato in Tom, quella calda notte di maggio. Era cambiato dentro, senza in realtà cambiare mai. Aveva rimarginato una ferita che continuava a sanguinare e a infettarsi, l’aveva chiusa una volta per tutte superando dolori indicibili nel farlo. Avrebbe fatto male, certo, anche in futuro. Ma gli avrebbe comunque permesso di fare tutto ciò che voleva senza sentirsi legato al sangue che scorreva copioso da essa.
-E tu che pensi di fare?- chiese Gustav, addentando con gusto un panino al salame.
-Mi trasferirò da lui, è ovvio!- Tom rise. Era così felice quando glielo aveva chiesto, col suo sorriso dolce e malizioso, abbassando la testa e arrossendo deliziosamente, come se fosse una cosa così difficile e pericolosa da dire.
-Quindi i ragazzi dovranno trovarsi un altro coinquilino che abbia il coraggio e la follia di sopportarli.- ridacchiò Georg.
-Non credo proprio.- Tom si alzò, aprendo la finestra della stanza – Queste due settimane sono state ricche di avvenimenti per tutti noi; a parte il mio prossimo trasferimento, Claudia e Raghnild hanno trovato un piccolo appartamento a poco prezzo vicino al bar dove lavora Cla e hanno deciso di trasferirsi lì. Non dovranno condividere la casa con investigatori svitati e svedesi naziskin e si faranno la loro vita in pace. Per quanto riguarda Kalle, mi ha detto che torna in Svezia. È riuscito ad aprirsi uno studio di tatuaggi a Goteborg, e poi Eva Lisa e Eva Lotta, sapete, le sue due fidanzate gemelle, sono incinte.
-Cosa?! Non ci dire che quello svitato, razzista, casinista, tossicomane, neo nazista, folle ragazzino con quei fottutissimi capelli blu diventa padre!.- urlarono in perfetta sincronia Georg e Gustav, lasciando cadere caffè e panino.
-Che vi devo dire, è la vita. E poi lui è contentissimo. Sembreranno una comune hippy.- Tom sorrise, infilandosi il suo fido berretto da skater – Quindi la casa rimane vuota. E chissà che non troverà qualche altro ospite matto come lo siamo noi quattro.
-Dove vai ora?- grugnì Georg, cominciando a mettere a posto le pratiche sbuffando. Aveva chiesto a Heike di uscire, quel piovoso pomeriggio, ma lei non si era ancora decisa a dirgli sì o no. E questo lo mandava in bestia: cioè, ma era così difficile dargli una risposta senza mezzi termini? Avrebbe preferito un no secco, a tutta quella snervante attesa costellata dai commenti idioti alla Gustav.
-Al negozio, July mi aveva detto di andare lì per le cinque che mi deve fare una sorpresa. Non oso immaginare cosa abbia combinato.- Tom continuava a sorridere con aria ebete. Quella sera sapeva che sarebbe andato a dormire da Bill, ed era ben tre settimane che non dormivano insieme. Ammetteva che a volte di notte si sentiva solo, e abbracciare il suo orso di peluche non serviva a sostituire l’appiccicosa presenza del suo adorato angioletto infernale.
-Ah, e di a Bill che però la prossima volta farebbe meglio a non uccidere i nostri indagati. Non è stato semplice mascherare l’omicidio.- gli urlò dietro Gustav.
Già, l’omicidio. Tom prese il maggiolino più scasso del mondo, che sapeva sempre di cioccolato, caffè, inchiostro e sigarette, il suo profumo preferito, e ripensò a quando era arrivato in ufficio, il giorno dopo, e il commissario capo Mann lo aveva preso da parte e gli aveva detto con aria grave
-Senti, Kaulitz, si può sapere che è successo in quella casa? Chi ha ucciso quel bastardo? E perché la finestra era distrutta?
Tom si era sentito in dovere di raccontare tutto all’anziano commissario, per filo e per segno. Si fidava di lui, in fondo era stato il suo mentore e nonostante le lavate di capo, le minacce di cacciarlo per sempre dalle forze dell’ordine, e i vari insulti che gli urlava dietro ogni momento, lo aveva aiutato e spalleggiato per qualunque cosa. E poi ormai che era tutto finito, poteva anche raccontare a qualcuno tutto il casino in cui si era cacciato, anche se comunque omise la presenza di July nella scena. Lo accennò solo, per sentito dire. Ormai si era affezionato anche allo Scorpione, era diventato suo amico, non poteva tradirlo così, anche andando contro ai suoi principi morali di una vita. Ma tanto, a quel punto, ne aveva ancora di principi morali?
Il commissario Mann gli aveva dato un pugno in testa alla fine del racconto e se ne era andato borbottando “sti giovinastri d’oggi …”; però poi, non si sa come, su tutti i rapporti venne trovato scritto che Wilhelm Schadenwalt si era suicidato con la pistola che era stata trovata sul tavolino, e che la finestra era già rotta prima dell’intervento dell’Anticrimine. Non veniva menzionato da nessuna parte che un certo Bill Schadenwalt lo aveva ucciso e poi, appena sentito il trambusto dell’arrivo della Polizia, aveva rotto la finestra con un calcio ed era scomparso di corsa per i tetti di Berlino. E di questo Tom fu immensamente grato al buon, vecchio, antiquato ma pur sempre buono commissario capo.
Arrivò davanti al negozio “Carabattole e Ammennicoli vari” e posteggiò il vecchio maggiolino dietro a una Porsche Cayenne a due posti nuova di zecca. Sbuffò. I soliti riccastri che si potevano permettere gioiellini simili … lui, come minimo, avrebbe continuato fino alla morte a guidare quel benedetto maggiolino che perdeva i pezzi oppure a fare inseguimenti su Berta. No, come al solito, niente aumento di stipendio per l’agente Kaulitz, anche se aveva scoperto il serial killer di Berlino. Erano o no il Distretto Dieci, quello dei ritardatari, del casi clinici, degli sfigati e soprattutto, quello sempre in bolletta da quando era nato?
-Annyeonghaseyo, Tom-sama. Sei stato veloce a venire.
La voce melodiosa e cantilenante di July lo accolse non appena mise piede nel buio pesto del negozio. La solita lampada cinese era accesa in fondo alla stanza, i soliti incensi e droghe appesantivano l’aria, i soliti mandarini ti squadravano dall’alto delle loro nuvolette celesti. Ma ora a Tom non facevano più paura.
-Annyeonghaseyo, July.- “buongiorno” era l’unica parola coreana che Bill era riuscito a fargli imparare dopo lotte furibonde con suoni che le corde vocali di Tom si rifiutavano di assimilare – Mi hai cercato?
-Ho un regalo per te.
July scivolò silenziosamente vicino a lui, spingendolo verso l’uscita con le sue manine ingioiellate, le unghie lunghe e dipinte di viola acceso con le strisce zebrate. Il kimono nero con gli angeli della cosmologia giapponese gli cadeva troppo grosso sul corpo, come al solito. Accanto a lui comparvero, dalle oscurità più recondite del negozio, June e May, entrambe perfettamente pettinate, truccate, e abbigliate come due splendide e letali geishe. Sorrisero a Tom, abbracciandolo forte e il rasta ricambiò impacciato l’abbraccio, sorridendo nervosamente allo sproloquio che gli rovesciarono addosso saltellando. Era inutile che tentasse di raccontarsela: le due ragazze continuavano a fargli un po’ paura, come fossero due tigrotti ammaestrati che comunque in qualsiasi momento avrebbero potuto azzannarlo e divorarlo.
-Perché mi avresti dovuto fare un regalo?- chiese Tom, non sapendo se essere contento della cosa o leggermente spaventato.
-Beh, Tom-sama, intanto hai salvato il nostro piccolo Bill-chan e questo è una cosa encomiabile. Hai avuto abbastanza coraggio da rischiare la tua stessa vita per lui; e nel nostro regolamento quando qualcuno fa una cosa del genere per salvare un familiare di uno dei Signori con cui non è imparentato, insomma, viene giustamente ricompensato.
July sogghignò vedendo l’espressione ancora infantile di Tom. Perché in fondo era ancora un bambino dentro, un buffo, coraggioso, eroico, innocente bambino.
-Ehi, però io non sono uno di voi! Sono un agente dell’Anticrimine, non un malavitoso!- sbottò il rasta, sentendosi avvampare sotto gli sguardi divertiti dei tre coreani.
-Certamente, Tom-sama. Non ne abbiamo mai dubitato. E poi anche perché hai ucciso il mio adorabile gattino siamese. Era impazzito del tutto, povero caro.- July ghignò sinistramente, sussurrando qualcosa alle sue sorelle, che si limitarono a ridere forte, ondeggiando sui sandali da geisha.
-Ma io non l’ho ucciso. L’ha fatto Bill.- corresse Tom, grattandosi la guancia.
-E’ come se l’avessi fatto tu; senza il tuo aiuto, Bill-chan non ne sarebbe stato in grado. Sentiti importante, per quello che hai fatto. Hai salvato e tirato fuori dall’orrore un’anima candida.- July si girò, prendendogli le mani tra le sue, fissandolo con i suoi grandi occhi neri ricoperti di glitter e brillantini – Tu hai recuperato quel piccolo gattino solitario, lo hai fatto vivere di nuovo, gli hai mostrato un nuovo presente e gli hai tolto le cicatrici del passato. Prenditi cura di lui, Tom-sama. Non abbandonarlo mai. Non sarebbe in grado di reggere anche la tua scomparsa; devi esserci sempre per lui. Devi amarlo per sempre. Bill vive per te. Non lasciarlo morire.
Tom si ritrovò ad annuire come uno scemo, congelato dalla ferrea stretta del ragazzo, perso in quelle iridi nere, come se un flusso di qualcosa di inumano gli stesse fluendo dentro. Si sentì trasportato in un’altra dimensione paradigmatica, dove c’erano dragoni cinesi, e geishe ridenti, e mandarini che lo scrutavano dall’alto delle loro nuvolette. E poi c’era Bill, seduto su un altare, che sorrideva e gli tendeva la mano, lo chiamava dolcemente, e lui scalava le nuvole e correva da lui, sotto lo sguardo di July, che non era da nessuna parte ma era allo stesso tempo dappertutto, come se fosse un dio. Il dio.
-No, non lo lascerò mai. Lo amo, e lo amerò tutta la vita. Sarò il suo tutto, ora e sempre.- sussurrò Tom più a se stesso che altro, vedendo se stesso arrivare ad afferrare la manina di Bill, farsi tirare su quell’altare e ritrovarsi tra le braccia del suo angelo, l’altare che si tramutava in una specie di carrozza trainata da un dragone rosso e verde che solcava i cieli, e le geishe, i draghi, i mandarini che applaudivano e si inchinavano al loro solenne passaggio, e di nuovo la sensazione che July stesse manovrando dall’alto del suo mondo le fila della loro carrozza.
-Bravo, Tom-sama. Ora guarda!
Tom aprì gli occhi, leggermente trasognato da quella visione lampo ma estremamente pregnante, e vide July che sorrideva radioso insieme a June e May che gli mostravano la Porsche Cayenne a due posti dietro cui aveva posteggiato.
Il rasta si grattò i dread, spalancando gli occhi.
-Ehm, sì, la macchina del riccone … perché?
-E’ il tuo regalo, sciocchino. La Porsche è un piccolo gesto della nostra eterna gratitudine.- July sorrise sardonicamente.
Tom spalancò la bocca, boccheggiando più volte.
-Cioè, fatemi capire. Ora ho una Porsche Cayenne?!
-Sì, Tom-sama.
-Ho una Porsche. Mio Dio, la Porsche dei miei sogni!
Tom si spalmò sul cofano della vettura argentata, sentendo il suo cuore aumentare i battiti e un sorrisone farsi largo sul suo viso. Addio maggiolino, addio Berta, addio agente squattrinato. Aveva la macchina sportiva che sognava da quando era un bambinetto che dormiva coi peluche! Beh, non che ora non ci dormisse.
-Ho sentito della scommessa fatta da te e Bill prima che iniziasse questa scottante faccenda.
Tom si immobilizzò, girandosi con lentezza e con una smorfia sconvolta sul viso.
-Qu… quale scommessa?
-Ma quella in cui tu avevi detto che se fossi riuscito a ottenere una macchina nuova alla fine del caso, Bill si sarebbe dovuto vestire con uno dei nostri cosplay da cameriera, mentre se non ce l’avessi fatta ti saresti dovuto presentare in centrale truccato.
-E tu come fai a saperlo?- Tom assunse un’espressione abbastanza ingenua.
-Nel negozio ci sono mille occhi e mille orecchie, Tom-sama. Niente di quello che accade mi sfugge.- July sogghignò, dando un delicato buffetto sulla guancia del rasta.
Vero, Tom se l’era già quasi scordata quella scommessa. Con tutto quello che era successo, non ci aveva minimamente pensato. Certo che sarebbe stato in guai grossi se Bill se lo fosse ricordato … non osava immaginare la sua entrata in ufficio con la faccia impiastricciata di trucco. L’avrebbero preso in giro fino alla morte, sarebbe rimasto negli annali del Dieci per secoli e secoli. E con la sua fortuna, sarebbe stato proprio il giorno in cui il sovraintendente sarebbe andato a controllare come funzionava il distretto più sfigato di Berlino.
-Ma allora me l’hai regalata anche per farmi vincere?
-Certamente; sai, Bill-chan ha la brutta abitudine di vincere qualsiasi scommessa e questo dopo un po’ può essere snervante. Non mi sembrava una brutta idea quella di farti vincere.- July gli indicò il sedile del passeggero, dove vi era accuratamente piegato e incartato il vestito da cosplay che aveva scatenato l’interesse di Tom qualche tempo prima.
-Wow, cioè, grazie mille, non so che dire- Tom si passò una mano sul viso, gli occhi brillanti di gioia. Non vedeva l’ora di andare a casa di Bill con la sua nuova, bellissima, fantastica macchina. – Io le perdo tutte le scommesse che faccio …
-E allora buona fortuna, Tom-sama. A proposito, sappi che per due mesi circa il negozio lo gestirà Bill da solo. Ce ne andiamo.
Tom si girò con la bocca aperta verso i tre coreani, sbattendo le palpebre
-Ve ne andate? E dove? Ma poi tornate, vero?
-Torniamo a Pyongyang per affari e perché ci manca casa. Ma tra qualche mese torneremo, certamente. Quindi buona fortuna, Tom-sama. Sindeul-i hamkke issda.
Gli posò la mano sul cuore, sorridendo, e Tom si sentì nuovamente avvolgere da quella strana sensazione di leggerezza e magia che lo avvolgeva ogni qualvolta che July lo toccava. C’era qualcosa di strano e magico, in lui, anche se non sapeva cosa.
-Ulineun dangsi-eul salanghabnida!- strillarono May e June, abbracciandolo di nuovo. Ah, quello Tom sapeva che voleva dire ti vogliamo bene.
-Anche io vi voglio bene.- rispose, riabbracciandole a sua volta. – Ci si vede presto.
-Forza, vai da Bill-chan, Tom-sama. Ti starà aspettando.
Tom annuì contento, saltando al volante della sua nuova, bellissima, macchina. Chissà che faccia avrebbero fatto Georg e Gustav quando lo avrebbero visto arrivare sgommando di fronte all’Anticrimine.
Si diresse verso la Amburg Strasse, guardando la strada sognante e non vedendo l’ora di dare il vecchio e malconcio maggiolino a Claudia, l’unica che veramente stravedeva per lui. Pioveva, ma non gli importava. Nonostante la strada dove abitava l’angelo, e dove si sarebbe trasferito a breve (e questo pensiero gli dava sempre dei brividi di gioia), fosse piena come sempre di scarti umani, sporcizia di ogni genere, sangue rappreso per strada e altre brutture, a Tom sembrò luminosissima, di una luce nuova e splendida. Anche il caldo era diventato più accettabile del solito, come anche l’umidità terribile e l’afa pesante.
Posteggiò gongolante la Porsche proprio sotto la finestra di Bill, non vedendo l’ora di dirgli che aveva perso la scommessa. Prese il vestito e si diresse quasi di corsa su per le scale strette e puzzolenti di vinaccia, superando le solite robe che costellavano le rampe, evitando con grazia le bottiglie rotte per terra, e lanciando un’occhiata quasi affettuosa al vecchio e mostruoso ascensore che aveva assistito al loro primo bacio. Sì, certo, non era quello che si chiama posto romantico, ma è stato pur sempre un posto importante per la loro buffa e sregolata storia d’amore. E poi, come esisteva l’archeologia industriale, poteva esistere anche  il romanticismo industriale, no?
Si fermò davanti alla porta di legno scuro, poco stabile e prese un profondo respiro. Non sapeva nemmeno bene lui perché, ma Bill gli continuava a fare l’effetto devastante della prima volta che lo aveva incontrato. Lo sfasava, lo bistrattava, lo sconvolgeva. Era qualcosa di cui ormai il corpo e il cervello di Tom non potevano più farne a meno, erano la sua droga, la sua overdose. Bussò delicatamente, calcandosi meglio il berretto in testa e schiarendosi la voce. Nemmeno fossero al loro primo appuntamento, doveva darsi una calmata, accidenti.
-Tommuccio, finalmente sei arrivato, temevo te ne fossi dimenticato!
La voce deliziosamente acuta di Bill si ripercosse nel pianerottolo, e davanti a Tom apparve in tutto il suo splendore di trucco appena rifatto e capelli perfettamente lisciati che gli ricadevano sulle spalle magre. Però aveva addosso solo una vestaglia di seta rosa con lo jabot. E questo non andava bene per la sanità mentale di Tom. Era qualcosa di troppo. Gli occhioni delineati da strati di trucco erano ancora più belli di prima, come fossero una cascata stellare. Se prima erano un fiume turbinoso e intenso, bloccato prima di cadere nell’abisso e tempestoso di mille pensieri e mille problemi, ora erano una cascata splendida e gioiosa, sollevata dalla pesantezza del passato e dei ricordi. Scorreva libera da qualsiasi trappola, sorrideva al mondo, riconosceva la sua libertà che così faticosamente aveva conquistato. Ora Bill sembrava veramente felice, ancora di più. Sembrava completo.
-Ho avuto un fortunato contrattempo, tesoro.- Tom lo prese in braccio, stampandogli un sonoro bacio sulle labbra carnose.
-Uhm, che genere di contrattempo?- miagolò Bill, sistemandosi meglio tra le braccia di Tom e appoggiandogli la testa sul petto, giocherellando con i suoi tubi e col berretto.
-Ti ricordi la nostra scommessa?- il rasta lo trasportò fino alla finestra del salottino, affacciandosi e strofinando il naso nei suoi capelli incredibilmente profumati.
-La scommessa! Me ne ero quasi dimenticato!- Bill rise, battendo le manine – E quindi, mio bellissimo rasta? L’hai conquistata la macchina nuova o hai sempre quel macinino catorcio?
Gli leccò il lobo sogghignando e Tom si sentì invadere da una doppia eccitazione. Perché lui l’aveva la macchina nuova, caro il mio Bill!
-Quindi, mio bellissimo angioletto, ti posso portare dove ti pare visto che quella Porsche lì sotto è del sottoscritto.
Sentì Bill irrigidirsi completamente tra le sue braccia e saltare giù, affacciandosi pericolosamente alla finestra e guardare la macchina con la sua carrozzeria brillante e lucida di pioggia.
-Quella macchina è tua?!- strillò poi, girandosi verso Tom con gli occhi fiammeggianti.
-Pare di sì.- Tom rise, dandogli una sonora pacca sul fondoschiena, grattandosi le guancia – La scommessa l’ho vinta io, Billuccio del tuo Tom.
-Tu non hai tutti quei soldi!- strepitò l’angelo furibondo, cominciando a gesticolare nervosamente. Colpito e affondato bambolotto, pensò sogghignando il rasta.
-Infatti è un regalo; non avevi specificato come dovevo ottenerla. Accetta la sconfitta.
Bill grugnì, squadrandolo e aveva una smorfia arrabbiata così tenera che a Tom venne quasi da ridere. Il suo piccolo, dolce, Bill.
-Immagino sia stato July a dartela, no?- mugugnò.
-Esatto. E mi ha dato anche questo, visto che ho vinto.- Tom sventolò il pacco del cosplay ridendo a più non posso – Forza, caro, mettitelo. I patti sono patti.
-I patti sono patti.- ripeté Bill, strappandogli il pacco di mano con una smorfia di orgoglio ferito e si avviò a passo di carica nell’altra stanza.
Tom si lasciò andare a un sospiro divertito, legandosi i dread in una coda alta. E così Bill era veramente abituato a vincere le scommesse … beh, un altro nuovo inizio col botto. D’ora in avanti avrebbe trovato pan per focaccia con Tom al fianco. “Tom, razza di coglione, a chi vuoi darla a bere? Questa sarà la prima e ultima volta che fregherai Bill, ricordatelo” lo zittì come al solito la sua acida coscienza.
-Sei contento adesso?
Tom alzò la testa verso Bill, appena entrato nella stanza, il mitico cosplay da cameriera addosso. La camicetta con le maniche a sbuffo gli stava un po’ larga sul petto, ma la gonnellina inguinale gli andava letteralmente perfetta, così come il grembiulino bianco. Tom fece un fischio di apprezzamento, beccandosi uno schiaffetto sulla guancia.
-Sembri una di quelle tipo che disegnava Kalle. Quelle dei come si chiamano …
-Manga, gattino, si chiamano manga. E sì, è un cosplay, no?
Bill fece una giravolta, scostandosi i capelli dal viso.
-Ti piaccio?
-Accidenti se mi piaci.- Tom lo guardò con la bavetta da cane alla bocca.
-Allora è un peccato che tra poco non lo indosserò più … - fece Bill sfarfallando le ciglia con fare allusivo mentre appoggiava una mano sul petto di Tom, spingendolo delicatamente verso il divano. Tom indietreggiò e cadde seduto sul vecchio divano, gli occhi comicamente dilatati. Bill gli si sedette addosso a cavalcioni, leccandosi le labbra con un sorriso malizioso, mentre sbottonava con esasperante lentezza la camicia del rasta. – Ma poi, chi l’ha detto? Posso sempre tenermi il grembiulino. Che ne dici, gattino?
Tom emise un mugolio strozzato che si trasformò in un gemito quando le lunghe unghie laccate di Bill iniziarono a solleticargli i capezzoli.
-Allora? Ti piace l’idea? –Bill leccò con golosità il lobo dell’orecchio del ragazzo sotto di lui, guadagnandosi un altro gemito eccitato, mentre finiva di sfilargli la camicia lanciandola da qualche parte sul pavimento. Tom non riuscì ad impedirsi di spingere i fianchi contro l’inguine del ragazzo seduto sopra di lui, la deliziosa frizione che lo faceva andare sempre più su di giri. Gli affondò le mani tra i capelli e gli tirò il viso verso il proprio, catturandogli le labbra in un bacio passionale. Si baciarono a lungo, le lingue intrecciate in una danza sensuale, sempre più eccitati. Le mani di Tom viaggiarono sulla schiena di Bill, giù, fino alla cintura del gonnellino e quindi sotto, ad afferrare i glutei sodi. Bill mugolò e scese a baciargli la mascella e la clavicola fino a succhiargli quel punto speciale sul collo che sapeva far impazzire Tom, succhiando e leccando fino a che fu certo di lasciare il suo marchio.
-Cazzo, Bill … - imprecò Tom che a quel punto rischiava di venire nei pantaloni. Cercò di ribaltare il ragazzo ma si ritrovò le mani bloccate dietro la schiena. Ci mise qualche secondo a realizzare di essere ammanettato.
-Bill! Ma … le mie manette?! Cosa ….
Bill sorrise malefico e lo spinse indietro sul divano.
-Ora facciamo a modo mio …. Puoi chiamarmi Padrone, se ti va, gattino!
Ogni eventuale rimostranza di Tom venne spenta sul nascere dalla bocca di Bill che si schiudeva sulla sua colossale erezione. L’ultima cosa che pensò prima che il suo cervello partisse per un viaggio interstellare fu che le sue vecchie manette non erano mai state usate in modo migliore.
 
Quando Tom si svegliò, avvolto nel piumone nero di Bill, si sentiva particolarmente rilassato. Un sorriso ebete, il tipico sorriso che gli decorava le labbra ogni mattina che si svegliava accanto al suo angelo, apparve sul suo viso. Aprì lentamente gli occhi, ricordando con piacere tutto quello che avevano fatto la sera prima. Da quella elettrizzante scopata sul divano, alla cena fatta di wurstel e crauti (le uniche cose che effettivamente Tom mangiava senza piagnistei) con Bill che lo imboccava con una dolcezza e un’amorevolezza quasi magica, il mattone romantico che avevano visto la sera (cioè, che aveva visto Bill. Tom aveva pensato bene di addormentarsi dopo il primo quarto d’ora), l’altro round di scopata celestiale sul letto e finalmente il sonno, leggero e senza incubi, la dormita migliore dopo quasi un mese di semi insonnia, dove c’erano solo lui e il suo angelo nel loro amore. E basta.
Si girò tra le coperte, grattandosi i dread che gli ricadevano scompigliati sulle spalle, sentendo i loro due profumi mischiati sul lenzuolo. Se ne sarebbe drogato, di quell’odore che adesso era diventato la sua casa.
-Ehi, Billuccio … - mormorò con voce roca, vedendo Bill raggomitolato tra le coperte che ticchettava con le lunghe dita su un computer, ancora nudo come si era addormentato la notte prima.
-Buongiorno, amore, finalmente ti sei svegliato.- Bill gli fece un largo sorriso, lasciandosi dare un bacio sulle labbra ma continuando imperterrito a scrivere.
-Che stai facendo?- grugnì Tom, mettendosi seduto e accarezzandogli i capelli corvini tutti arruffati. Cercò di vedere la schermata del computer, ma vide solamente della roba scritta in inglese. E lui di inglese ci capiva poco e niente, come di tutte le lingue del resto.
-Sto progettando la nostra vacanza.- Bill sorrise ancora – Dopo tutto quello che è ci è successo, dopo tutto quello che abbiamo affrontato, mi pare giusto farcene una, no?
-Beh, sì, wow, ma con che soldi?- Tom non era mai andato in vacanza da quando aveva quindici anni e andava con i suoi in campeggio dalle parti di Colonia.
-Con i miei, cucciolotto del tuo Bill. Non sono mica uno squattrinato come te, sai?
-Ehi!
Si diedero qualche schiaffo e cuscinata a vicenda, ridendo come due bambini. E Tom si sentiva così dannatamente felice vicino a lui che tutto sembrava scomparire.
-E dove andremo?
Tom si sporse di nuovo verso il computer, ma Bill lo chiuse di scatto, ridendo e rovesciandolo sul letto
-Andiamo in un posto che ti piace tanto.
-Un posto che mi piace? Che posti mi piacciono?- borbottò Tom, assumendo un’aria vagamente stranita.
Bill rise forte, chinandosi su di lui e stringendolo in un forte abbraccio
-Andiamo a Malibù, Tommuccio.
Tom sfarfallò gli occhi. Aveva capito bene? Il posto dei suoi sogni? Quello dove viveva tutte quelle situazioni assurde nella sua mente contorta?
-E come hai fatto a capire che è la spiaggia dei miei sogni?
Bill rise ancora dolcemente, posando le labbra sul sulle sue in un dolcissimo, innamorato, tenero bacio, mettendoci tutto quello che erano loro due insieme.
-Sesto senso, gattino.
 
****
Ciao a tutte splendori!
Eccoci qui alla fine di questa storia, iniziata nel bollente agosto 2015 e finita nell'altrettanto caldo gennaio 2016 ... che dire? Mi mancherà. Mi mancheranno questo Bill e questo Tom, mi mancheranno July, June e May, mi mancheranno i coinquilini, mi mancherà il Dieci con i G&G e Heike, mi mancherà questa Berlino, mi mancherà anche Will. E' tanto che non concludevo una storia, e devo dire che in questa ci ho proprio messo il cuore e tutta la mia passione da detective e fan di Criminal Minds. Vi voglio ringraziare tutte, chi ha recensito, chi ha messo tra preferite/ricordate/seguite, chi ha letto e basta, siete state gentilissime tutte! Credo non ci sia più niente da dire, penso che i personaggi abbiano già parlato abbastanza da soli. Ditemi cosa ne pensate, se anche voi vi siete immedesimate come ho fatto io nelle situazioni vissute da questi ragazzi svitati e illogici.
E qui chiude la vostra Charlie, mandandovi un bacione :*

P.S.1 l'ultima cosa che July dice a Tom significa "Possano gli dei proteggerti".
P.S.2 tra più o meno un'oretta scarsa pubblicherò la mia nuova ff long assolutamente twincest e assolutamente romantica. Se qualcheduno volesse farci un salto sarà più che benvenuto; cliccate sul mio profilo perchè il titolo non lo so ancora XD

 
  
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