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Autore: SoGi92    10/01/2016    1 recensioni
Dalla storia:
"Nell'Italia del diciannovesimo secolo, in un territorio confinante con il Regno di Sardegna, il conte Giuseppe Miroglio attendeva con impazienza la nascita del suo primo erede. Che fosse maschio o femmina poco gli importava. Desiderava solo la sua salute.
-Conte!Conte!...- urlò Caterina  -Conte…  il momento è giunto, vostra figlia è nata!-"
"Intanto nelle cucine del palazzo la servitù stava festeggiando la nascita della contessina… -Sono molto felice per il conte e la contessa- disse Anna, una delle loro più fide domestiche, - Dopo tanto tempo anche loro hanno un piccolo angelo.-
- Non capisco cosa ci sia da agitarsi tanto- disse il piccolo Roberto, il figlio di Anna, - È solo nata una bambina… non è niente d’eccezionale!-."
Contessa e stalliere. Due mondi diversi, destinati ad incontrarsi...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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7

 

-Isabella… sei proprio tu… - esclamò Roberto, piegando le labbra in un sorriso e avvicinandosi alla ragazza come per abbracciarla. Malgrado le parole dure che aveva pronunciato qual pomeriggio, in cuor suo non stava più nella pelle all’idea di rivedere dopo tutto quel tempo l’amica d’infanzia.

 

Isabella lo fulminò con lo sguardo e Roberto si immobilizzò.

-Come osi rivolgerti alla tua padrona in questo modo!?- sibilò lei tra i denti.

 

Sconvolto più dal tono che dalle parole usate da Isabella, il ragazzo cercò di posare la sua mano sul braccio della ragazza.

-Isabella… ma che ti prende? – chiese, venendo bruscamente respinto e notando che la contessina stava arretrando aumentando la distanza fra loro.

 

-Non permetterti mai più di toccarmi, hai capito! Altrimenti giuro che ti faccio cacciare da questo palazzo! –

 

Isabella sentiva le lacrime pungerli gli occhi, non avrebbe resistito ancora molto tempo prima di scoppiare e piangere. Con uno scatto si mise a correre verso l’ingresso del palazzo, senza che Roberto la fermasse.

 

Giunse a grandi passi nella sua stanza e si gettò sul letto, potendo dare finalmente sfogo al pianto. Sapeva che il momento in cui avrebbe rivisto Roberto sarebbe giunto, ma non avrebbe mai immaginato che potesse essere così doloroso.

 

***

 

La mattina seguente Anna si diresse nelle cucine per preparare, come ogni giorno, la colazione per i padroni e i colleghi. Solitamente si occupava lei del primo pasto della giornata in quanto Maffeo ogni sera restava in piedi fino a tardi per poter lavare le stoviglie e aveva bisogno di riposo.

 

Entrando nella stanza si sorprese nel trovare seduto accanto al tavolo suo figlio che, sentendo dei passi, si voltò verso di lei.

 

Le profonde occhiaie che il ragazzo aveva lasciavano intuire che quella notte non avesse chiuso occhio. La donna, però, fece finta di nulla.

-Già alzato Berto? – gli chiese, sorridendogli amorevolmente, prendendo posto accanto a lui.

 

-Non ho chiuso occhio… - le rispose, incrociando le braccia sul tavolo e appoggiandoci la fronte. –Non mi sono sentito molto bene. – mentì –devo aver esagerato con il vino ieri… -

 

-Povero il mio bambino… - disse Anna, alzandosi e dirigendosi verso un secchio di latta su di uno scaffale. – Sai cosa mi diceva sempre mia madre? – chiese, voltandosi nuovamente verso il figlio. Il ragazzo, scorgendo nelle parole della madre un certo divertimento, avvertì un brivido percorrergli la schiena. –Diceva che non c’è niente di meglio che un po’ di sano lavoro per far passare i sintomi di una sbronza! –

 

-C…come scusa? –

 

-Dovresti andare nella stalla, mungere e portarmi il latte per la colazione. - terminò, sorridendo e porgendogli il secchio, facendo avverare i timori di Roberto.

 

-Starai scherzando spero! – chiese, sgomento, il ragazzo facendo ricadere la testa sul tavolo.

 

-Nessuno scherzo. – riprese Anna, con tono serio –Questa è la punizione giusta per essere mancato ieri al ritorno di Isabella. Ti è sembrata un’azione corretta nei confronti della padroncina? – si mise la mani sui fianchi – Anche se non lo ha dato a vedere, sono certa che l’assenza tua, e anche quella di Diego, l’abbiano ferita molto! -

 

Roberto si appoggiò allo schienale e incrociò le braccia al petto. – Non credo proprio. – disse, puntando gli occhi in quelli della madre, quasi in gesto di sfida, ma desistendo subito. Sospirando si mise in piedi e, con passo deciso, prese il secchio di mano alla donna uscendo, lasciando la donna sbigottita: solo in quel momento si era resa conto che il figlio aveva uno strano segno rosso sulla guancia sinistra…

 

***

 

 

In pochi minuti Roberto raggiunse la stalla. La mungitura non era una delle sue mansioni preferite, ma in quel momento avrebbe svolto qualunque lavoro, pur di tenere la mente occupata.

 

Prese lo sgabello accanto alla porta e si avvicinò alla prima delle bestie legate in fila e iniziò il lavoro.

 

-Berto! – al suono del suo nome il ragazzo fece un piccolo sobbalzo, cercando il proprietario della voce. Dala porta si fece avanti il vecchio Guido, sorretto da un bastone. –Devo star sognando! Tu già in piedi a quest’ora e che ti occupi di mungere le vacche? –

 

Vedendo l’amico, Roberto sorrise. – Ebbene sì… purtroppo oggi questo increscioso compito è toccato a me. –

 

-Avevi per caso le pulci nel letto, che lo hai lasciato così presto? –

 

-Magari amico mio! Magari fosse questo! Questa notte il letto non l’ho proprio visto! –

 

-Oh bontà divina! – esclamò Giudo, arrossendo lievemente –Cosa devono sentire le mie orecchie! –

 

Il giovane scoppiò un una fragorosa risata. –No, non è come pensi tu. Non riuscivo a prendere sonno, così ho passato la notte sulla panchina nel cortile. –

 

Il vecchio annuì e gli si avvicinò un poco, strizzando gli occhi. –Come ti sei fatto quel segno sulla guancia? – gli chiese, prendendogli il mento fra le mani e voltandolo per esaminare meglio il livido.

 

-Ehm… nulla… - disse Roberto, scostandosi dalla presa – Ieri sera ho bevuto un po’ troppo e uscendo dalla locanda ho urtato contro la porta. – rise e riprese il lavoro.

 

-Dovevi essere davvero ubriaco, per dare far colpire la guancia, anziché la fronte… - replicò, dubbioso, l’altro.

 

Roberto deglutì rumorosamente – G…già… sono stato proprio uno stupido… -

 

-Bene… - continuò Giudo – Vedo che hai molto lavoro da fare per ora. Ti aspetterò in cucina per la colazione, così potremmo iniziare subito con il lavoro nei campi. – terminata la frase, il vecchio uscì lasciando Roberto solo.

 

***

 

-Trovo che sia una splendida idea. – disse Clelia, rivolta al marito, che annuì soddisfatto. L’uomo aveva proposto alla moglie di organizzare un ballo in onore della figlia. Inoltre i conti avrebbero approfittato dell’occasione per far sì che Giacomo, il promesso sposo di Isabella, e la ragazza passassero un poco ti tempo insieme.

 

-Vedrai, anche Ferdinando sarà felice di questo. - riprese il conte – Ormai i ragazzi hanno quindici anni, l’età giusta per poter organizzare un matrimonio. –

 

-Oh caro… - esclamò la donna, portandosi una mano alla bocca –Non credi sia troppo presto? In fondo i ragazzi si sono visti un'unica volta da bambini… -

 

-So bene che l’idea non ti piace cara, ma pensa al bene di nostra figlia. – disse Giuseppe, alzandosi e avvicinandosi alla finestra – I marchesi De Fiore sono molto facoltosi, e Giacomo assicurerà un futuro più che sereno per Isabella. –

 

Clelia sospirò. – Hai ragione caro… solo non so come potremmo dirlo a nostra figlia… -

 

Proprio in quel momento Isabella entrò nella stanza, attirando su di sé gli sguardi dei genitori.

 

-Oh tesoro… - esclamò Clelia – Vieni, siedi qui. – le disse, indicando alla ragazza la sedia accanto a lei.

 

Isabella obbedì. Fortunatamente la notte, passata quasi insonne e in lacrime, non aveva lasciato segno troppo evidenti sul viso della ragazza, che non poté che esserne sollevata. Non avrebbe dovuto dare spiegazioni ai genitori.

 

-Vedi cara, tuo padre ed io abbiamo qualcosa da dirti… -continuò la donna, volgendo lo sguardo al marito.

 

-Ditemi… -

 

-Ecco… - iniziò Giuseppe – Avevamo intenzione di organizzare un ballo in tuo onore… -

 

Ad Isabella si illuminarono gli occhi – Un ballo? –

 

Giuseppe annuì - Non solo quello, però… ci sarà anche un ospite speciale, che verrà solo per te. –

 

La ragazza guardò il padre incuriosita. –Posso chiedere di chi si tratta? –

 

-Del marchesino Giacomo De Fiore. – rispose il padre.

 

-Ti ricordi di lui? – intervenne la madre – Vi siete conosciuti alcuni anni fa. Ora è divenuto un giovanotto bello e sano. Sia lui che suo padre non vedono l’ora di rivederti. –

 

Isabella rifletté alcuni istanti, fino a quando un lampo le illuminò la mente. Malgradi si sforzasse non le riusciva proprio di immaginare Giacomo De Fiore, che ricordava come un bambino viziato e antipatico, come un bel ragazzo. Decise, comunque, di sorridere alla notizia. –Sarei lieta di rivederli. –

 

Senza dubbio anche il giovane marchese doveva essere cambiato molto e, di sicuro, si sarebbe rivelato un’ottima compagnia.

 

 

N.d.A.: Ecco, dopo un secolo, il settimo capitolo!! ^^

Spero vi sia piaciuto! Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggerlo! ^^ E mi scuso peri continui ritardi nell’aggiornamento! -.-‘

Grazie a tutti!!

Un bacione!

SoGi

   
 
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