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Autore: Rota    11/01/2016    1 recensioni
Capita per uno sbaglio di Makoto, che interpreta male le parole di Haruka, che il giovane Nanase venga scelto come campione per la scuola Iwatobi al Torneo TreMaghi che coinvolge le tre grandi scuole acquatiche del paese.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. Capitolo cinque -

So open up your heart and just let it begin

 

 

 

L'uovo della prima prova conteneva un pezzo di mappa assolutamente fondamentale per la seconda prova. Makoto ha dovuto insistere parecchio perché Haruka prendesse sul serio il fatto di doverlo aprire, quel benedetto guscio, e per fortuna a un certo punto il ragazzo gli ha pure dato retta: senza quell'oggetto, sarebbe praticamente impossibile raccapezzarsi su dove andare e cosa fare.
Il punto della prova è arrivare al centro, dove si trovano due aiuti per la terza e ultima prova. Due, non tre.
Il labirinto è stato costruito, in modo magico, all'interno di una delle caverne che scavano la scogliera che si innalza da un lato della costa non troppo distante dalla scuola di Iwatobi. Acqua e terra per cunicoli sempre più bui e sempre più interni, dove è facile entrare ma difficile uscire, e il senso dell'orientamento è confuso dalla luce che si infrange e si riflette in posti impossibili e il senso della gravità che gioca davvero brutti scherzi.
La mappa non è disegnata in tutti i particolari, ma da delle indicazioni più o meno vaghe e dei precisi punti di riferimento. Come il grande stalattite di luce bluastra davanti a cui Haruka si è dovuto fermare, preda del proprio stesso panico. Si deve sedere sull'umido, quasi totalmente al buio, e ascoltare il cadere ritmico dell'acqua dai ciuffi dei suoi capelli – l'isolotto di sabbia bagnata emerge da una pozzanghera profonda di acqua mezza salata e mezza dolce, entro cui si è totalmente perso.
Non ha idea di quanto sia il tempo passato, entro quelle mura sghembe di pietra, e il piccolo mulinello sotterraneo in cui è capitato non lo ha aiutato per niente a mantenere la calma.
Non sa dove siano i suoi avversari, non sa dove sia l'entrata e dove sia l'uscita.
Ricorda a spanne il sorriso della professoressa Amakata, che lo ha incoraggiato prima che la sirena dell'inizio gara permettesse loro di entrare all'imbocco della caverna. Kisumi è veloce, su terra: ha delle gambe svelte e neppure Rin riesce a raggiungerlo facilmente, e con questo compensa la sua discreta capacità di nuoto. Lui ha scelto la via della roccia, a differenza sua e del campione della Samezuka, perché più conforme alle sue abilità. Non si lascia intimidire da nulla, e questo gli piace abbastanza.
Haruka si impone di respirare piano.
I suoi occhi vedono davvero poco, in quell'ombra così cupa. Riconosce a stento, attorno a sé, il contorno delle pareti di roccia da cui cadono piccoli rivoli di fluido chiaro. Il corridoio di acqua da cui è arrivato buca la pietra alla sua sinistra, in un arco tondo quasi perfetto, cui sui si infrange il riflesso di piccole onde. L'umidità gli si appiccica addosso e dona al suo spirito già abbastanza provato brividi tutt'altro che piacevoli.
Il ritmo placido con cui tutto si muove, in quel posto, riesce a fargli tornare il respiro regolare, e a donargli un poco di lucidità mentale; la luce che emette lo stalattite luminoso permette di guardare un po' di particolari in più della grotta in cui è finito.
Il soffitto è altissimo, quasi non si vede a occhio nudo.
Haruka si alza sulla sabbia, immergendo in quella massa bagnaticcia metà dei propri piedi. La mappa indicava un piccolo sentiero sotto l'acqua, che avrebbe portato più vicini a una zona di luce, non troppo lontano dalla meta verso cui lui è diretto.
Decide di immergersi, e di tentare la sorte. Questa volta Makoto ha anche insistito per insegnargli alcuni incantesimi per respirare meglio sott'acqua, quindi non corre alcun tipo di pericolo in tal senso. Spera solo di riuscire a riemergere da qualche parte, una volta entrato nel labirinto di cunicoli e roccia.
L'acqua è fredda, ma non del tutto spiacevole. Haruka deve usare per forza la bacchetta ancora una volta, perché rischia di andare a scontrarsi con qualcosa senza neanche saperlo.
Gli manca il respiro quando non vede il fondo: non è abituato ad acqua così profonda. Il panico si insinua di nuovo all'altezza delle tempie, e quindi decide di nuotare veloce prima di rimanere bloccato lì, immobile nel nulla.
Si dice che la prova più ardua contro cui un labirinto ti mette è la tua stessa persona, Haruka comincia a credere che sia tremendamente vero.
Immergendosi un poco di più, nota nella parete rocciosa un'incanalatura più spessa e larga, entro cui entrano ed escono frammenti di luce vaganti. Si dirige in quella direzione, e riconosce il passaggio cercato. È stretto, e deve nuotare con attenzione per non graffiarsi troppo con la roccia. Applica una bolla alla propria bocca quando si accorge di essere a corto di ossigeno, anche a causa dell'ansia che lo sta divorando. Apre la bocca più che può, e respira forte.
La luce si vede, in fondo al buio. Haruka nuota più velocemente, andando anche a far sbattere la propria caviglia contro la parete di pietra e facendosi male. Alla fine, esce dal cunicolo di acqua e si ritrova in una grande caverna ben più luminosa di quella da cui proviene, con il fondo pieno di alghe. Emerge completamente dall'acqua, e vede a diversi metri di distanza l'isola di sabbia in cui si erge un piccolo tempio – e una gemma luminosa rimanente, che altro non può essere che il centro del labirinto. Qualcuno è già arrivato prima di lui, ma non importa.
Una strana euforia lo prende, prima di sentire rumore di passi. Si accorge, voltando la testa nella direzione del suono, che Kisumi è arrivato come lui alla meta. Sembra piuttosto provato: non corre veloce come all'inizio, e ha un evidente livido sul fianco, già di un brutto colore violaceo. Scivola, però, ad un certo punto, sulla lastra scura su cui poggia i piedi.
Annaspa sul pelo dell'acqua, per qualche secondo, e non riemerge più.
Haruka ha un blocco notevole. Aspetta ancora qualche secondo prima di rendersi conto di quello che sta accadendo. Nuota velocissimo in quella direzione, e solo immergendo la testa dentro l'acqua, per più metri, riesce a vederlo: le alghe hanno allungato delle braccia, verso Kisumi, e lo stanno trattenendo sott'acqua per le caviglie.
Nuota ancora più velocemente. Le alghe sono veloci, prendono anche il suo piede, proprio quello che gli fa male. Si dimena un poco e decide di lanciare un incantesimo verso quella creatura verde – l'alga si ritrae, lanciando un grido di dolore.
Nuota ancora, verso Kisumi; il ragazzo non si dimena più, pare essere svenuto: non è riuscito a fare alcun incantesimo per respirare sott'acqua, e ora solo piccole bolle di aria gli scivolano dai lati della bocca.
Lo libera con una discreta dose di rabbia, prendendolo per il braccio e riemergendo con lui, a ridosso della parete. Ha ancora diversi metri da percorrere, prima di arrivare al centro. Si arrampica sulla roccia prima che le alghe lo prendano ancora, e trascina con sé anche il corpo privo di sensi di Kisumi. Crea una lastra di ghiaccio sopra la superficie dell'acqua con un lungo e faticoso incantesimo, imprigionando così il proprio nemico in un luogo dove non può prendere né lui né l'altro campione.
Kisumi si sveglia, sputando acqua da tutte le parti. Lo guarda con due occhi spersi, sorridendo appena con gli angoli della bocca in modo istintivo e naturale.
-Nanase-kun...
Si alza a stento, sorretto da Haruka per un braccio. Insieme, camminano lenti verso la gemma luminosa.
Kisumi sorride ancora, quando si ritrovano davanti alla pietra, e implicitamente si tira indietro.
-Complimenti per aver superato la seconda prova, Nanase-kun.
Haruka lo guarda, così malconcio nello stato attuale – tutti i suoi capelli, così solitamente perfetti, sono impiastrati di sabbia e alga, lisciati dall'acqua non ancora asciutta. Non lo ha portato lì per avere poi pietà di lui.
-Possiamo toccarlo assieme, se vuoi.
Kisumi lo guarda con occhi spalancati, incredulo e abbastanza meravigliato. Non si aspettava neanche di arrivarci, su quella piccola spiaggia, men che mai ricevere una gentilezza proprio dal suo avversario.
Nel silenzio, Haruka trova giusto precisare qualcosa.
-Dovrebbe essere valido comunque.
Kisumi quindi supera il proprio stato confusionale, e al posto del sorriso esibisce una smorfia di divertimento, che scioglie i suoi muscoli dallo stesso dolore. Gli brilla lo sguardo, poi.
-Davvero lo faresti? Sei gentile.
Allungano la mano entrambi, nello stesso momento. E, assieme, conquistano il secondo posto.

 

 

***

 

 

Un guizzo di luce illumina il profilo del suo viso, e si incastra facilmente tra le pieghe delle labbra, che sono curve in un sorriso dolce. Lo vede bene, perché è nitido alla sua vista.
-Haru-chan, vieni qui...

Vorrebbe dirgli che non gli piace essere chiamato così – lo detesta, in verità, con tutto il proprio cuore – ma prima che riesca a parlare lui è andato lontano, con la precisa intenzione di farsi seguire. Haruka non pensa neanche: placidamente, va dove lui lo conduce. Sale in superficie, e fa un salto un po' goffo, un po' strano; ride come solo lui sa ridere. Haruka lo guarderebbe male, se le sue sopracciglia gli permettessero un movimento simile, quindi prende la rincorsa e si mostra in un grande salto eseguito alla perfezione. Lui ride ancora di più, quando lo raggiunge di nuovo.
-Haru-chan, sei più bravo tu.
Gli dona una carezza leggera. Il suo palmo, sopra la pelle, è caldo e piacevole, molle di sincera premura.
Vorrebbe davvero stringere quelle dita, in un modo o nell'altro. Fa un cerchio nell'acqua, pieno di frustrazione.
Lui gli sorride di nuovo e si porta lontano, sicuro che lo seguirà. Non va mai a fondo, non si permette di scendere troppo e separarsi dal contatto con la superficie – è sicuro che non lo faccia per se stesso ma per lui solamente, e questa piccola attenzione è più che gradita.
La luce che filtra tra i fluttui in movimento gli accarezza le spalle e la schiena, illuminando il suo corpo in fasci chiari e brillanti. I suoi capelli appena lunghi si disperdono attorno al viso a ogni movimento, come una corona verdastra.
È ancora molto giovane, e la sua fanciullezza si vede tutta nei tratti del viso e nella sua voce un poco acuta. E pure quella tenerezza così disinibita e innocente con la quale si confida a lui, quasi sottovoce.
-Sai, Haru-chan? Mi piacerebbe restare con te per sempre. Proprio così.
Ha gli zigomi un po' rossi, le guance appena rosate. Lo sguardo sottile, di chi ha appena detto qualcosa di ragionevolmente troppo imbarazzante. Non si rimangia niente, però.
Continua, dopo un silenzio che dura qualche secondo.
-Nuotare con te mi rilassa. E anche giocare con te.
Fa una piroetta in acqua, e gli si para davanti; ancora le sue mani sopra di lui, calde come prima. La temperatura dell'acqua non lo tocca, gli lascia solo i polpastrelli delle dita un poco grinzosi e nulla più.
Gonfia il petto, a quella terribile confessione.
-Tutto ha più senso, da quando Haru-chan è con me.

Si china a baciarlo, sopra gli occhi.
Haru segue con lo sguardo la scia delle sue mani, che formano un'ombra sopra il suo viso e lo proteggono dalla luce del sole per qualche secondo.
Quanto, quanto vorrebbe stringere quelle dita...
-Haru?
Si sveglia aprendo gli occhi di fretta, come se stesse annaspando appena sotto la superficie dell'acqua. Si accorge di avere il braccio alzato nel vuoto, perpendicolare al resto del corpo, e la mano protesa verso qualcosa che non può afferrare perché non esiste.
Makoto è accanto a lui, disteso su di un fianco.
-Haru, stai... piangendo?
Haruka impiega qualche secondo a riprendere la propria sensibilità fisica.
È nel letto di Makoto, come ogni mattina degna di questo nome; tra le gambe, il suo ginocchio, e addosso oltre che il suo sguardo preoccupato anche una coperta color senape.
Abbassa la mano e si asciuga gli occhi.
-Ho fatto un sogno strano.
-Triste?
-No, strano.
Makoto gli abbraccia la vita, cominciando a baciargli il viso. Haruka si lascia tranquillamente coccolare, godendo delle carezze delle sue mani lungo i fianchi.
La sensazione del contatto è più piacevole, ora, e non gli da alcun senso di insoddisfazione latente.
Gli prende le dita tra le proprie e le conduce alle proprie labbra, per baciargliele piano. Tutto di lui ha un buon profumo: immerge il naso nel suo palmo, respirando forte.
Forse toccato da questa voglia di affetto, Makoto si concede un poco di commozione e va a nascondere il viso nell'incavo caldo del suo collo.
-Mi dispiace.
-Ti ho detto che non era triste.
Lo coccola un altro poco prima di far finta di lasciarlo andare, tutto d'un tratto – e Haruka rivede ancora le mani di lui che si allontanano dal proprio corpo.
Non lo regge.
-Se non hai bisogno di me allora me ne vado.
Subito lo riprende, afferrandolo e trascinandolo addosso a sé. Makoto gli cade addosso, senza però fargli male: gli piace giocare con lui, anche in questo modo.
Ma prima di permettergli di baciarlo ancora, Haruka deve puntualizzare qualcosa di assolutamente fondamentale.
-Non era triste.
Makoto sorride, e torna a coccolarlo come prima.

 

 

***

 

 

Il ragazzo si lascia andare in avanti, sbattendo piuttosto forte il capo contro la superficie orizzontale del tavolo di legno. Si lamenta non poco, a quel punto, sia per il dolore sia per la iniziale frustrazione che gli ha fatto abbandonare la penna ancora piena di inchiostro sul foglio di pergamena che tenta di riempire da ormai due ore.
-Odio pozioni.
Rei, accanto a lui, sobbalza di sorpresa, e gli rivolge una smorfia di disappunto. Mentre Haruka rimane immobile al suo posto, con lo sguardo perso nel movimento stesso delle proprie dita, Makoto cerca di calmare la situazione ancora prima che possa iniziare a degenerare.
-Nagisa, non dire così.
Il ragazzo si alza sui gomiti quasi all'improvviso, volgendo verso di lui gli occhi grandi.
-Ma è vero! Odio pozioni! A cosa mi servirebbe distillare un prodotto che libera dalle pustole dei nani da giardino? Mica sono un medico! E non ho neanche un giardino, quindi niente nani da giardino!
Makoto lo guarda disperarsi contro il tavolo della sala comune senza trovare niente che possa fermarlo, in quel preciso momento. Ha un sorriso di circostanza sulle labbra, ma niente di più: è abbastanza sconcertato, più o meno come tutte le volte che Nagisa rivela di avere una logica tutta sua per la quale lamentarsi di continuo.
Rei fa sentire la propria voce, e questo non migliora affatto le cose.
-La perfetta combinazione degli elementi è in se stessa qualcosa di magico. Non capisci, Nagisa-kun? L'unione dei diversi elementi, la reazione che ha un elemento piuttosto che un altro, le quantità che si accorpano e si miscelano per poi formare qualcosa di completamente nuovo, con un significato tutto suo! Non ti sembra di capire il mondo, attraverso questo?
Il silenzio che segue a questo lungo monologo non copre, come dovrebbe, di imbarazzo Rei: quasi lo innalza a vero professore dell'unica verità.
La poca attenzione di Nagisa viene subito recuperata da un più comprensibile Makoto.
-Tutto quello che studiamo poi ha una sua funzionalità, nel quadro generale delle cose. Abbi fede in questo.
E il ragazzo non perde l'occasione per distrarsi completamente – si allunga sul tavolo e guarda le formule che il prefetto ha ripetuto sopra la pergamena, per ricordarsi a memoria le parole esatte da dire.
-Tu cosa studi, Mako-chan?
-Incantesimi.
-Oh. Sembra più interessante di quello che stiamo facendo noi.
-È anche più difficile. Guarda.
Alzala bacchetta in precedenza messa accanto alla boccetta dell'inchiostro. La punta proprio contro questo, e formulando con una lingua morbida la formula giusta, comincia a sollevare sempre più liquido scuro, fino a creare una piccola sfera nera sopra la boccetta. Da questa comincia a muoversi un filo di liquido nella direzione che le ordina la bacchetta, e cristallizza in aria una figura artistica non troppo raffinata, per quanto precisa nel dettaglio. Con la stessa delicatezza, il ragazzo fa tornare l'inchiostro lì dove lo ha prelevato.
Non è qualcosa di estremamente faticoso, ma la concentrazione deve essere tenuta ben salda per un periodo di tempo piuttosto lungo, e al minimo sbaglio si può far più danno del dovuto. Nagisa e Rei questo lo intuiscono, quindi la loro ammirazione è più che sincera.
-Tu sei bravissimo in incantesimi, Mako-chan.
-Frequenti un corso avanzato di incantesimi, vero? Ti ammiro tantissimo, Makoto-senpai!
Makoto sorride, piuttosto contento dei complimenti.
Capiti che Haruka sbuffi, per la noia, con un rumore più alto degli altri, e questo fa girare gli occhi agli altri tre. Nagisa guarda lui e il foglio mezzo vuoto che sta ancora colorando.
-Haru-chan, tu stai studiando oppure no?
-Chiesto da te, mi sembra uno scherzo.
-Quindi è un no.
Lo guarda male, prima che l'altro riesca a rubargli la pergamena da sotto gli occhi. La prende in realtà senza aspettarsi di trovare niente di eccezionale, perché mai è successo.
Si ritrova ad ammirare una strana sirena particolareggiata, distesa su uno scoglio appena abbozzato. Con lui, anche Rei.
-Oh! Ma che bei disegni, Haruka-senpai!
-È vero, Haru-chan! Sei fantastico!
Ne seguono altri complimenti, più o meno appropriati. Haruka punta lo sguardo al proprio foglio, perché non desidera altro, anche se a poco a poco le parole dei due ragazzi più giovani lo toccano.
Makoto lo nota e sorride.
-Haru è molto bravo a trasfigurazione, dove bisogna aver chiaro in mente l'apparenza dell'oggetto finale dell'incantesimo.
-Trasfigura qualcosa, Haru-senpai!
-Fallo, fallo!
-Vi divertite con così poco, voi due?
Sospira, piuttosto annoiato dalla faccenda – ma con tutti quegli sguardi addosso è un po' difficile ignorare il tutto. Quindi prende la propria bacchetta e la punta contro l'inchiostro di Makoto, che in pochi secondi diventa una piccola stella marina che bagna tutto, specialmente il foglio dei compiti del prefetto. E mentre Makoto si preoccupa di recuperare quello che può, scostando la bestia agonizzante, Nagisa emette un piccolo fischio, con annessa gomitata al compagno accanto a lui.
-Rei-chan, dovresti far dare qualche consiglio. Tu sei proprio una schiappa in trasfigurazione!
-Non dirlo così, Nagisa-kun...
I due ragazzi continuano a scambiarsi opinioni simili, quand'ecco che il prefetto si rende conto di un dettaglio che prima non ha avuto modo di constatare: si guarda attorno, accorgendosi di aver puntati addosso sguardi davvero irritati degli altri studenti.
Cerca di calmare gli altri ragazzi, come meglio può, pur non potendo ormai fare molto di più.
-Forse è meglio non fare troppo rumore...

   
 
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