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Autore: Emma Fantasy Wilkerson    11/01/2016    0 recensioni
Il mondo è intatto. L'Eruzione non esiste.
Quando riescono a scappare dalla C.A.T.T.I.V.O, Thomas torna a Beacon Hills dove scopre di chiamarsi Stiles, che suo padre è un poliziotto e sua madre è morta.
Pian piano anche i ricordi tornano a galla e tutto sembra tornare com'era prima della C.A.T.T.I.V.O. ... beh, fatta eccezione per tutto il sovrannaturale che quella città sembra attirare.
La vita di Thomas è completamente incasinata. Pensa che non potrebbe andare peggio di così, ma si sbaglia.
E l'unica cosa che può aiutarlo ad attraversare quei momenti di difficoltà, è il ricordo di un ragazzo dai capelli biondi e della sua promessa.
Ambientato durante la 3B.
Genere: Angst, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Newt/Thomas, Teresa, Thomas
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Che diavolo è uno Stiles?
 
 
POV NEWT
 
Se solo avesse potuto, Newt sarebbe corso incontro al ragazzo per abbracciarlo, fregandosene del fatto di essere in classe e di ciò che gli altri avrebbero potuto dire. Fortunatamente gli era rimasto un po’ di buon senso e si limitò a guardarlo, con il cuore che gli batteva a mille, finché il professore non chiese loro di tornare ai propri posti. In quel momento si pentì di essersi seduto in prima fila, o meglio, provò un istinto omicida per i suoi amici che lo avevano costretto a sedersi lì.
-C’è una scarsa possibilità che Thomas sia proprio nella nostra prima classe,- aveva detto Minho e tutti avevano concordato. E invece no, Tommy era proprio lì, seduto in modo scomposto al suo banco, i capelli castani più lunghi e scompigliati di come li ricordasse, gli occhi da cerbiatto ancora più luminosi di quanto già non lo fossero... ma sembrava diverso in qualche modo. Certo, tutti loro lo erano: un’esperienza come la loro ti segnava fino alla fine dei tuoi giorni, anche se dopo riuscivi finalmente a trovare il tuo posto nel mondo e un po’ di felicità. Ma per Thomas era come se si trovasse ancora nel limbo tra una situazione e l’altra.
Si voltò un’ultima volta per guardarlo incontrando ancora i suoi occhi. Dannazione, avrebbe potuto stare così tutta l’ora, ma si costrinse a rompere il contatto visivo e a prestare attenzione alla lezione. Di sicuro avrebbe potuto parlargli dopo.
Se non avesse avuto di nuovo la memoria intatta, avrebbe trovato storia un pochino interessante; invece si ritrovò a lamentarsi mentalmente di dover stare a scuola. Non ricordava nemmeno di chi era stata quella brillante idea di iscriversi alla Beacon Hills High School; probabilmente l’avevano deciso tutti e quattro senza nemmeno parlarne. Dopotutto era il modo migliore per scovare Thomas.
Quando finalmente la campanella suonò, Newt si affrettò a infilare le sue cose nello zaino e si alzò dal banco con l’intenzione di raggiungere l’amico, il quale lo stava già guardando.
-Beh, che fai ancora qui impalato?- sentì Gally dire dietro di sé.
Stava già muovendo un passo quando un altro ragazzo bruno, con la mascella un po’ storta –notò il biondo- e probabilmente di origini ispaniche, si avvicinò a Thomas e cominciò a parlargli. Non sapeva cosa si fosse aspettato, che non avesse amici? Che fosse completamente solo? No... Tommy era un tipo abbastanza amichevole quando voleva. Allora perché ci era rimasto male?
-Stiles, mi stai ascoltando?- disse l’ispanico schioccando le dita davanti alla sua faccia, e gli occhi da cerbiatto che fino ad allora erano rimasti fissi su di lui, si spostarono verso... –Scusa, Scott. Cosa hai detto?-
Scott. Sembrava il nome di un cane.
Newt non riuscì a fare a meno di storcere le labbra mentre cominciava ad avvicinarsi, ma prima che riuscisse a raggiungerli, Scott prese per un braccio Thomas e lo trascinò fuori dall’aula. Quest’ultimo si voltò a lanciargli un’ultima occhiata dispiaciuta prima di seguirlo e sparire in corridoio.
-Davvero?- sbottò Minho con un tono di voce che trasudava sarcasmo. –Te lo sei lasciato scappare cosi?-
Newt alzò gli occhi al cielo oltrepassandolo per uscire: -Chiudi quella bocca, Min.-
-Secondo voi quello è il migliore amico di cui mi aveva parlato?- chiese Teresa.
-Shh, T. Non vedi quanto è geloso? Peggiorerai le cose- ribatté il ragazzo, strappando una risata agli altri, fatta eccezione del biondo che non sembrava affatto divertito.
-Quale parte di “chiudi quella bocca” non capisci?-
-Suvvia Newtie, ti sto solo prendendo in giro!-
-L’ho notato- gli diede un pugno sul petto. –E non chiamarmi Newtie.-
-Okay, Newtie.-
Scosse la testa con esasperazione. Adorava i suoi migliori amici, quei due anni passati insieme come una famiglia li avevano fatti avvicinare più di quanto già non lo fossero, e quando i ricordi erano tornati erano diventati praticamente inseparabili. Tuttavia, quando si parlava di Thomas, Newt non riusciva a farli stare zitti. Insomma, non che fosse un segreto il fatto che gli piacesse, anzi era anche piuttosto evidente, ma non sopportava quando glielo rinfacciavano.
-Oh, eccolo di nuovo- sussurrò Gally con un sorrisetto divertito, alzando le sue folte sopracciglia in direzione del biondo, il quale seguì il suo cenno della testa giusto in tempo per vedere il bruno armeggiare con il lucchetto del suo armadietto. Sembrava avesse qualche difficoltà ad aprirlo.
Ancora una volta, il ragazzo provò ad avvicinarsi, ma anche in questa occasione dovette fermarsi perché vide Tommy drizzare di scatto la schiena e guardarsi intorno, prima di abbassare la testa del suo amico e trascinarlo via verso un’aula vuota.
Newt aggrottò la fronte a quella scena e lottò contro l’intenzione di andare a controllare cosa stesse succedendo, ma alla fine decise di non fare nulla. Sarebbe arrivato il momento, prima o poi.
Gli altri stavano scuotendo la testa con fare contrariato. Li ignorò bellamente.
 
* * *

Non lo incontrarono più per il resto della giornata, e una volta a casa quella sera Newt si lanciò sul letto coprendosi la testa con il cuscino. Avevano affittato una casa dopo una settimana in cui erano rimasti in hotel, pensando che probabilmente, ora che erano tornati da Thomas, non si sarebbero più mossi. Dopotutto lì lui aveva una famiglia, loro non avevano trovato nessuno. Avevano girato per tutta l’America in cerca dei loro parenti senza avere successo, sembrava che si fossero volatilizzati. Teresa aveva fatto del suo meglio sforzandosi di ricordare qualche dettaglio sulla loro vita precedente, dato che lei lavorava con i Creatori e ogni tanto riusciva a estorcere qualche informazione dai computer, ma neppure quello era servito. Così, una volta esaurite tutte le possibilità, avevano deciso di raggiungere Beacon Hills.
-Ehi, posso entrare?- una voce femminile lo riportò alla realtà. Teresa era in piedi accanto alla porta, un sorriso gentile disegnato sulle sue labbra. C’era voluto un po’ prima che Newt la perdonasse per tutto quello che aveva fatto e non provasse più gelosia per lei, ma ora poteva dire che fosse come una sorella per lui. Gli era sempre stata accanto quando aveva gli incubi, rassicurandolo, tanto che il biondo aveva cominciato a fidarsi abbastanza da raccontarle cosa era successo a Denver. Solo loro due e Thomas lo sapevano, mentre Minho e Gally non ne avevano la più pallida idea.
Newt si mise a sedere facendole segno di avvicinarsi e prendere posto accanto a lui.
-Tutto okay?- chiese lei dopo averlo fatto. Aspettò che il ragazzo annuisse prima di continuare: -Mi dispiace che tu non sia riuscito a parlare con Tom, oggi.-
Lui scrollò le spalle con noncuranza, aveva ancora tutto il semestre per farlo. –Non importa, ci proverò domani.-
Rimasero in silenzio per un po’, osservando la stanza ancora completamente vuota: non avevano abbastanza soldi per permettersi tutti i mobili, quindi avevano comprato solo lo stretto necessario. Speravano di riuscire a trovare dei lavori per pagare l’affitto e tutto il resto, almeno.
-Che cosa diavolo è uno Stiles, comunque?- chiese Newt dopo un po’, facendo ridacchiare Teresa.
-Non è il suo vero nome- spiegò lei, che ovviamente sapeva. Lei sapeva sempre tutto. –Ma siccome sarebbe impronunciabile, si fa chiamare così.-
-Penso che continuerò a chiamarlo Tommy.-
-Credo fosse sottointeso.- lei gli sorrise scherzosamente, scompigliandogli i capelli. Poi la sua espressione si addolcì: -Hai già deciso cosa gli dirai?-
Newt aggrottò la fronte. –Riguardo a cosa?-
-Lo sai cosa.-
Ovviamente lo sapeva. Aveva solo troppa paura di parlarne. –Non so, T. E se non si sentisse allo stesso modo? Sono passati due anni.-
-Vale la pena discuterne lo stesso. Non penso che comincerà a urlarti contro, non è il tipo.-
Storse le labbra abbassando il capo. Tutto ciò che voleva al momento era abbracciare Thomas e sentire di nuovo la sua voce, il resto sarebbe venuto da sé: -Ci penserò.- disse allora.
Teresa annuì e gli diede un bacio sulla fronte prima di alzarsi e dirigersi verso la porta. –Buonanotte, Newt.-
-Notte, Teresa.-
E quando lei fu scomparsa, si coprì di nuovo la testa col cuscino, addormentandosi dopo qualche secondo.

* * *

La mattina dopo non vide Thomas fino all’ora di economia, durante la quale si sedette alla sua sinistra senza avere però il tempo di parlargli, visto che era arrivato in ritardo. Non ascoltò nemmeno una parola di ciò che usciva dalla bocca del coach, troppo impegnato a guardare il bruno scrivere sul suo quaderno. Aveva notato subito che qualcosa non andava: il suo sguardo era vacuo, come se non si rendesse nemmeno conto di cosa stesse facendo. Che diavolo gli stava succedendo?
D’un tratto il fastidioso e stridulo suono di un fischietto riempì la classe. Newt dovette tapparsi le orecchie.
-Stilinski!-
Thomas alzò di scatto la testa per guardare il coach. Evidentemente quello era il suo cognome.
-Sì, coach?-
-Ti ho fatto una domanda.-
-Mi scusi... che cos’era?-
L’uomo lo guardò visibilmente seccato dal suo comportamento: -Oh, era “Stai prestando attenzione, lì dietro, Stilinski?”-
Thomas sbatté un paio di volte le palpebre e si strofinò il collo con una mano, in un modo che –Newt pensò- lo fece sembrare ancora più tenero. –Oh, ehm... ora sì, credo.-
Sarcastico. Da quando Tommy era sarcastico?
-Stlinski, smettila di ricordarmi perché bevo, tutti i giorni- gli disse il coach, prima di rivolgersi di nuovo alla classe, ma Newt non stava ascoltando di nuovo. La sua attenzione era rivolta alla breve conversazione che si stava tenendo fra il ragazzo e Scott: -Sto bene,- sentì dire a Thomas. –Mi sono solo addormentato un attimo.-
-Amico... non stavi dormendo.- nel viso dell’ispanico c’era evidente preoccupazione mentre indicava il quaderno sul suo banco. Newt allungò il collo senza farsi notare, per leggere cosa c’era scritto.
Una parola era ripetuta su tutto il foglio: “Svegliati”.
Okay, quella situazione stava diventando veramente strana. Si accorse che il bruno si era voltato a guardarlo solo quando incontrò il suo sguardo, e in tutta risposta alzò entrambe le sopracciglia.
Thomas scosse semplicemente la testa, quasi impercettibilmente, prima di tornare a comportarsi come se niente fosse. E ancora non avevano parlato.
La lezione terminò e i due amici uscirono velocemente dall’aula parlottando sottovoce. Newt si diresse verso la mensa per incontrare gli altri e pranzare insieme a loro: doveva assolutamente raccontare loro ciò che era appena successo. Qualcosa non andava in Tommy, e aveva intenzione di scoprire cos’era.
Immerso nei suoi pensieri, non si accorse di un ragazzo piuttosto enorme che si era avvicinato a lui, spingendolo di proposito a terra. Sentì solo qualcuno urlare un “Ehi!” in lontananza quando era già troppo tardi.   
 
   
 
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